Contratto di cessione del credito pro solutoInquadramentoLa cessione di credito rappresenta una delle principali ipotesi di modificazione soggettiva, dal lato attivo, di un rapporto obbligatorio. L'art. 1260 c.c. prevede, infatti, che il titolare di un credito può trasferire a titolo oneroso o gratuito tale diritto, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Vi è possibilità di escludere la cedibilità di un determinato credito, ma tale patto non è opponibile al cessionario se non si prova che al momento della cessione avesse contezza di ciò. La collocazione dell'istituto nell'ambito della disciplina generale delle obbligazioni anziché tra i contratti tipici ha posto il problema di stabilire se la cessione integri un negozio con causa propria ovvero un effetto proprio di altre fattispecie negoziali, nell'ambito delle quali il diritto di credito viene ad atteggiarsi come oggetto dell'operazione giuridico-economica (per esempio il trasferimento del credito potrebbe costituire l'effetto della compravendita o di una donazione). A tal proposito secondo una prima tesi, la cessione non può essere considerata un autonomo tipo negoziale poiché deve essere valutata di volta in volta idonea ad operare il trasferimento in quanto effetto di un separato negozio presupposto nel quale deve essere individuata la causa della cessione. Secondo una diversa tesi, invece, la collocazione sistematica della cessione nel codice civile nel titolo dedicato alle obbligazioni sarebbe conferma del fatto che la cessione non è più considerata come un effetto della vendita o di altro negozio, bensì come negozio autonomo. Salvo diverso accordo tra le parti, il cedente non risponde della solvenza del debitore e la cessione si intende effettuata pro soluto. Formula
CONTRATTO DI CESSIONE DI CREDITO PRO SOLUTO TRA la Società ...., con sede legale in ...., via ...., in persona del .... e legale rappresentante pro tempore Sig. ...., munito dei necessari ai sensi dello statuto sociale (di seguito anche “Cedente”), E la Società ...., con sede legale in ...., via ...., in persona del .... e legale rappresentante pro tempore Sig. ...., munito dei necessari ai sensi dello statuto sociale (di seguito anche “Cessionario”). Cedente e Cessionario congiuntamente nel prosieguo definite anche congiuntamente “Parti” e singolarmente “Parte”. PREMESSO CHE - il Cedente è creditore nei confronti di .... di una somma pari a € ...., di cui € .... per capitale e € .... per interessi 1 (di seguito “Credito”); - il Cessionario intende acquistare il Credito secondo le modalità e termini di cui al presente contratto. Tutto quanto sopra premesso, tra le Parti come sopra rappresentate si conviene e stipula quanto segue. 1. Il Cedente dichiara di essere creditore nei confronti di .... di una somma pari a € ...., di cui € .... per capitale e € .... per interessi, recato dalle seguenti fatture ...., nonché regolarmente riportato nelle relative scritture contabili (di seguito “Credito”). 2. Con la sottoscrizione del presente contratto, il Cedente cede pro soluto al Cessionario, che accetta, il Credito di cui al precedente art. 1. Dalla data di sottoscrizione del presente contratto, quindi, la Cessionaria diventa a tutti gli effetti di legge proprietaria del Credito ceduto. Il Credito viene trasferito al Cessionario con tutti i privilegi, garanzie personali, garanzie reali e con gli altri accessori ivi comprese eventuali pattuizioni contrattuali inerenti di cui all'art. 1263, comma 1, c.c. 3. Il prezzo della cessione è convenuto tra le Parti in € ...., che viene corrisposto dal Cessionario al Cedente in un'unica soluzione al momento della sottoscrizione del presente contratto a mezzo ..... Il Cedente rilascia con la sottoscrizione del presente contratto quietanza liberatoria del suddetto pagamento, salvo buon fine del titolo consegnato. 4. Le Parti convengono che la cessione del Credito viene effettuata pro-soluto e, per l'effetto, il Cedente viene liberato da ogni responsabilità in ordine alla solvibilità del debitore ceduto, rispetto a cui non presta alcuna garanzia. 5. Il Cedente dichiara e garantisce al Cessionario di essere l'unico titolare del Credito ceduto e di averne la piena e incondizionata disponibilità in quanto non oggetto di precedenti cessioni a terzi né sottoposto a sequestri, pignoramenti, vincoli, privilegi, compensazioni o a quant'altro possa limitarne in ogni modo la disponibilità. Il Cedente garantisce, inoltre, al Cessionario che il Credito ceduto è esistente, nonché liquido, certo ed esigibile rispetto alle scadenze contrattuali riportate sui documenti comprovanti la sua esistenza. 6. Per effetto della presente cessione, il Cedente surroga la Cessionaria nelle eventuali azioni intraprese avverso il debitore ceduto, impegnandosi a sottoscrivere qualsiasi atto necessario e/o utile a consentire l'incasso del Credito ceduto. 7. Il Cedente dichiara che i documenti allegati al presente contratto, che il Cessionario dichiara di avere esaminato e conoscere, costituiscono tutti i documenti probatori del Credito ceduto ai sensi dell'art. 1262 c.c. e della cui consegna da parte del Cedente il Cessionario dà atto con la sottoscrizione del presente contratto 2 . 8. Contestualmente alla sottoscrizione del presente contratto, il Cedente si obbliga a provvedere a propria cura e spese alla notifica della comunicazione di cui all'art. 1264 c.c. al debitore ceduto nonché ai suoi eventuali avallanti, garanti e/o obbligati in solido ceduti, impegnandosi a porre in essere quant'altro fosse necessario affinché i destinatari prendano debita nota dell'intervenuta cessione del Credito. 9. Per quanto non espressamente disposto dal presente contratto, le Parti intendono rinviare alle disposizioni del Codice Civile e alle norme di legge applicabili. Per qualsiasi controversia derivante dal presente contratto o collegata allo stesso sarà esclusivamente competente il Tribunale di .... 3 . Luogo e data .... Firma il Cedente .... Firma il Cessionario .... [1] [1]Indicare la documentazione attestante l'esistenza del credito. [2] [2]Se è stata ceduta solo una parte del credito, il Cedente è tenuto a dare al Cessionario una copia autentica dei documenti probatori. [3] [3]Le parti possono prevedere che la risoluzione delle controversie derivanti dal contratto o collegate allo stesso possano essere definite da un Collegio Arbitrale (clausola compromissoria). CommentoPremessa La cessione del credito è un contratto bilaterale con efficacia consensuale che si realizza mediante un accordo tra creditore e terzo cessionario. Si è, dunque, in presenza di un contratto ad effetti reali dal quale è del tutto estraneo il debitore ceduto. Infatti, la natura consensuale di tale accordo comporta il trasferimento del credito dal patrimonio del cedente a quello del cessionario per effetto dell'accordo, mentre l'efficacia e la legittimazione del cessionario a pretendere la prestazione dal debitore (in quanto alla semplice conoscenza della cessione da parte di costui si ricollega l'unica conseguenza che il debitore non viene liberato nel caso in cui paghi al cedente) conseguono alla notificazione o all'accettazione della cessione al contraente ceduto. A tal proposito, una prima tesi identifica la notificazione come un istituto di ordinamento processuale e, quindi, soggetta alla forma scritta con data certa ovvero realizzabile con l'intervento dell'ufficiale giudiziario; secondo un diverso orientamento, invece, la notificazione non si identificherebbe con gli istituti dell'ordinamento processuale e quindi non sarebbe sottoposta a particolari discipline o formalità ma rientrerebbe del novero degli atti a forma libera, sicché ove tale notificazione, consistente in una dichiarazione recettizia, venga fatta in forma scritta, non dovrebbe essere necessariamente sottoscritta dal creditore cedente, essendo sufficiente che vi siano inequivoci elementi indicanti la relativa provenienza, in modo che risulti al debitore ceduto pienamente assicurata la prova e la non problematica conoscenza dell'avvenuta cessione (Cass. n. 22280/2010). La vicenda circolatoria del credito, avente ad oggetto un bene la cui esistenza non è di agevole accertamento, è accompagnata da un regime di garanzie, a tutela dell'acquirente, in sintonia con quanto predisposto in tema di compravendita. Sul punto, occorre distinguere l'ipotesi di cessione a titolo oneroso, da quella a titolo gratuito. Nel primo caso il creditore cedente dovrà garantire la sussistenza del credito al tempo della cessione, ovvero garantire il nomen verum del credito (art. 1266, comma 1 c.c.) sempre che le parti non abbiamo espressamente escluso tale garanzia; se invece la cessione avviene a titolo gratuito il cedente garantirà l'esistenza del credito nelle forme e con i limiti in cui la garanzia di evizione è posta a carico del donante (art. 1266, comma 2 c.c.), ossia quando egli ha espressamente assunto tale impegno, quando la perdita del diritto di credito dipenda dal dolo o dal fatto personale del cedente ovvero quando la cessione imponga oneri al cessionario. La comunicazione al ceduto dell'avvenuta cessione non determina alcuna conseguenza in ordine all'efficacia della stessa nei rapporti tra cedente e cessionario, producendo il solo effetto di rendere opponibile al debitore l'avvenuta cessione e di precludere l'efficacia liberatoria del pagamento eseguito nelle mani del creditore originario dopo l'accettazione da parte del debitore ovvero dopo la comunicazione allo stesso dell'avvenuta cessione (art. 1264 c.c.). Il descritto regime di garanzie discende in via automatica in conseguenza della semplice stipulazione del negozio di cessione e viene comunemente riassunto nel concetto di cessione pro soluto, per differenziarlo dalla diversa ipotesi pro solvendo, che si verifica ogni qual volta il cedente si impegni a garantire anche la solvibilità del debitore ceduto, ossia il nomen bonum del credito (art. 1267 c.c.). Quest'ultima garanzia, infatti, non costituendo un effetto naturale dell'accordo di cessione (come, invece, è quella attinente all'esistenza del credito) deve essere frutto di un apposito patto sottoscritto dalle parti nello stesso negozio. Ne deriva di conseguenza che, ove il debitore ceduto non adempia al cessionario la prestazione dedotta nel rapporto obbligatorio, il cedente sarà tenuto a restituire ciò che ha ricevuto dal cessionario come corrispettivo della cessione del credito, nonché gli interessi maturati sulla somma ricevuta e le spese della cessione, oltre al risarcimento del danno. Occorre, inoltre, precisare che non tutti i diritti di credito possono costituire oggetto di cessione. Sono, infatti, come sopra accennato, intrasferibili i crediti la cui cedibilità è esclusa dalla legge ovvero dalla volontà delle parti, nonché quelli aventi carattere strettamente personale: l'incedibilità è comunque funzionale alla tutela degli interessi del debitore, per il quale – in considerazione della natura e/o del contenuto della prestazione da eseguire – non è indifferente la persona del creditore. L'effetto traslativo Nonostante qualche isolato dissenso, la dottrina pressoché unanime ritiene applicabile alla cessione del credito il principio del c.d. consenso traslativo (art. 1376 c.c.): il trasferimento del diritto di credito, pertanto, si verificherà nel momento stesso della conclusione del relativo accordo tra cedente e cessionario. Anche la Suprema Corte ha condiviso l'opinione secondo cui la cessione del credito si perfeziona, nei confronti del cedente e del cessionario con il solo consenso espresso (Cass. n. 17590/2005 conf. Cass. n. 7919/2004). Di conseguenza, il cessionario – quale unico ed esclusivo titolare del diritto di credito – può legittimamente trattenere quanto ricevuto dal debitore ceduto ad estinzione dell'obbligazione su quest'ultimo gravante e, a differenza del mandatario, non deve versare al cedente quanto riscosso dal solvens (Cass. n. 12672/1998). La causa della cessione La giurisprudenza aderisce alla tesi secondo cui la cessione del credito è un negozio a causa generica che deve essere accompagnato da una causa specifica variabile, la quale può assolvere a diverse funzioni (ad esempio vendita, donazione, adempimento o garanzia) e può essere anche solo presunta e non essere indicata nello stesso negozio (Cass. n. 18016/2018 conf. Cass. n. 3004/1973). Pertanto, il cessionario che agisca nei confronti del debitore ceduto è tenuto a dare prova soltanto del negozio di cessione, quale atto produttivo di effetti traslativi, e non anche a dimostrare la causa della cessione stessa; né il debitore ceduto può interferire nei rapporti tra cedente e cessionario, in quanto il suo interesse si concretizza nel compiere un efficace pagamento liberatorio, così che egli è soltanto abilitato ad indagare sull'esistenza e sulla validità estrinseca e formale della cessione, specie quando questa gli sia stata notificata dal solo cessionario (in tal senso Cass. n. 18016/2018; Cass. n. 13691/2012; Cass. n. 14610/2004). L'oggetto della cessione Qualunque situazione giuridica rilevante che costituisca titolo ad una prestazione nei confronti di una persona determinata e qualificata può costituire oggetto di cessione. In sostanza, tutti i diritti a contenuto patrimoniale possono formare oggetto di cessione. Al riguardo, si rileva che i crediti derivanti da contratti a prestazioni corrispettive sono cedibili anche quando la controprestazione non sia stata adempiuta, benché il cessionario sia esposto a tutte le eccezioni contrattuali, ivi compresa l'eccezione di inadempimento. Sono passibili di cessione, inoltre, i diritti potestativi, i crediti derivanti da promesse unilaterali, da illecito aquiliano o contrattuale, i crediti restitutori, i crediti sottoposti a termine iniziale o a condizione sospensiva, i crediti compensabili o prescrittibili, quelli derivanti da titoli annullabili o che siano contestati in sede giudiziale. Sono cedibili anche i crediti futuri, purché siano determinabili con riguardo ad uno specifico rapporto. Rispetto a tali cessioni, è necessario, tuttavia, che al momento in cui la medesima si perfeziona il rapporto da cui il credito trae origine sia già esistente e in tal caso l'effetto traslativo si verificherà solo quando il credito ceduto venga ad esistenza (Cass. n. 19501/2009 conf. Cass. n. 6422/2003). Si deve, però, considerare che precedentemente, la Suprema Corte aveva sostento che rientrerebbe nel concetto di credito futuro, suscettibile di cessione, anche un credito semplicemente sperato, ossia meramente eventuale, senza che l'aleatorietà che in tal caso caratterizza il contratto di cessione ne comporti l'invalidità, essendo insita nella nozione di cosa futura, espressamente prevista come possibile oggetto di prestazione dall'art. 1348 c.c. (in tal senso Cass. n. 404/1990). Il credito futuro può, però, costituire oggetto di cessione a titolo oneroso, atteso che un''eventuale cessione a titolo gratuito non si sottrarrebbe alla sanzione della nullità per violazione del divieto di donare beni futuri (Cass. n. 8333/2001). Anche i crediti sorti per effetto di obbligazioni naturali possono essere oggetto di cessione, ma in questi casi il cessionario non può pretendere l'adempimento dal debitore ceduto e può solo trattenere quanto da questi spontaneamente corrisposto. In ordine ai crediti aventi ad oggetto prestazioni divisibili è ammessa la cessione parziale. Anche il diritto di credito relativo al risarcimento del danno non patrimoniale può essere oggetto di cessione, tenuto conto che il medesimo è trasmissibile iure hereditatis e non presentando carattere strettamente personale (Cass. n. 22601/2013). Le ipotesi di incedibilità del credito L'incedibilità può essere oggettiva o soggettiva; la prima dipende dalla natura del credito, mentre la seconda dai divieti di acquisto posti a carico di determinati soggetti. A sua volta l'incedibilità può essere legale o convenzionale in ragione della fonte da cui discende. Sul piano letterale la norma distingue tra incedibilità derivante dalla natura strettamente personale del credito e incedibilità derivante dai divieti stabiliti dalla legge, ma a ben vedere anche i crediti che ricadono nella prima specie sono incedibili in ragione di una prescrizione legislativa, almeno indiretta, e dunque ricadono nella categoria dell'incedibilità legale seppure implicita La giurisprudenza, ai fini di rendere opponibile al cessionario il patto che vieta la cessione, richiede la conoscenza effettiva di detto patto al tempo della cessione (Cass. n. 825/2015). Il regime delle garanzie Come già precisato, la cessione del credito può essere a titolo oneroso o a titolo gratuito. Tale distinzione è sancita dall'art. 1266 c.c. il quale precisa che il cedente è tenuto a garantire al cessionario l'esistenza del credito al tempo della cessione, ossia il nomen verum del credito, salvo espresso patto di esclusione della garanzia. In detta ipotesi, tuttavia, il cedente resta, comunque, obbligato per il fatto proprio, ossia se il cessionario non consegua o perda il credito a causa di un atto dispositivo dello stesso cedente o imputabile alla sua sfera giuridica. In caso di cessione a titolo gratuito, secondo quanto previsto dall'art. 1266, comma 2 c.c. la garanzia è dovuta solo nei casi e nei limiti in cui la legge pone a carico del donante la garanzia per evizione (art. 797 c.c.) e quindi: i) quando il cedente ha espressamente proposto la garanzia; ii) se l'evizione dipende dal dolo o dal fatto personale del cedente stesso e iii) se ricorre l'ipotesi di donazione che imponga oneri al donatario ovvero di donazione remuneratoria. La garanzia dell'esistenza del credito è finalizzata a salvaguardare il risultato traslativo della cessione, rendendo il cedente responsabile ogni qual volta il cessionario non consegua la titolarità del credito ceduto (Cass. n. 9428/1987). La cessione pro soluto Sempre in tema di garanzie, l'art. 1267 c.c. stabilisce che il cedente non risponde della solvenza del debitore ceduto (c.d. nomen bonum del credito) se non nel caso in cui abbia assunto la relativa garanzia; in quest'ultima ipotesi si configura una cessione del credito “pro solvendo”. Pertanto, se nulla si stabilisce, la cessione si intende “pro soluto” e quando si usa l'espressione “pro solvendo” si intende garantire il pagamento effettivo da parte del debitore, nel senso che se il debitore non paga ne risponde colui che ha ceduo il credito, mentre con l'espressione “pro soluto” si intende che la prestazione esaurisce tutti gli obblighi di chi la esegue, a prescindere poi dall'effettivo pagamento del debito, cosicché è il cessionario che si assume il rischio che il debitore non paghi. Nella cessione di credito pro soluto, il cedente deve, però, garantire non solo che il credito è sorto, ma anche che non si è ancora – per qualunque ragione, compresa quella data dall'avvenuta prescrizione – estinto al tempo della cessione. In tali ipotesi, la liberazione del cedente avviene nel momento stesso del trasferimento. La cessione pro soluto di crediti determinando il trasferimento di ogni rischio connesso all'adempimento dei debitori ceduti e la surrogazione in ogni azione civile intrapresa in capo al cessionario, legittima, quindi, passivamente quest'ultimo rispetto alla domanda volta alla declaratoria di nullità di un contratto dal quale sorgerebbe il credito ceduto e alla restituzione di quanto versato in via transattiva. Nell'ipotesi di cessione pro soluto, il debitore ceduto non può opporre al cessionario le eccezioni relative al rapporto di cessione poiché gli sono indifferenti i vizi inerenti al rapporto causale sottostante, il suo interesse concretandosi nel compiere un efficace pagamento liberatorio. Le parti possono prevedere nella cessione anche una clausola di riacquisto che non può considerarsi avulsa dall'intero contesto contrattuale e, quindi, dall'insieme delle altre clausole volute dalle parti. Ne consegue che, in armonia con il carattere pro soluto attribuito al contratto di cessione, l'operatività del patto di riacquisto deve ritenersi non indipendente da ogni evento condizionante, ma ricollegabile al ricorso di specifiche e significative circostanze, espressive di una patologia dello svolgimento contrattuale, diverse dal mero inadempimento dei debitori ceduti. Il patto di riacquisto è, quindi, qualificabile in questi casi giuridicamente come contratto preliminare unilaterale al quale non può che attribuirsi carattere obbligatorio, conseguendone in caso di inadempimento non già la restituzione dell'equivalente, ma soltanto il risarcimento del danno. Profili fiscali Sul piano dell'IVA, le operazioni di cessione di crediti, sia pro-soluto che pro-solvendo, sono considerate esenti ex art. 3, comma 2, n. 3 (che va correlato all'art. 10 n. 1) d.P.R. n. 633/1972. Si tratta, infatti, di prestazioni di servizi aventi ad oggetto prestito di denaro a titolo oneroso, che comprende, oltre allo sconto di crediti e titoli di credito, tutte le operazioni aventi causa di finanziamento, incluse quelle attuate con cessione di credito. Le operazioni di cessione di credito pro-soluto non aventi causa di finanziamento ma effettuate in conto pagamento di preesistenti obbligazioni, sono invece fuori dal campo d'applicazione dell'IVA ex art. 2 d.P.R. n. 633/1972. La Circolare 1/E/2013 dell'Agenzia dell'Entrante ha chiarito che, con riferimento al regime dell'IVA per cassa, di cui art. 32-bis d.l. n. 83/2012, la cessione del credito non realizza il presupposto dell'esigibilità dell'imposta. Pertanto, l'incasso del prezzo di cessione del credito non è in alcun modo assimilabile al pagamento del corrispettivo delle operazioni originarie. Il cedente, quindi, dovrà versare l'imposta relativa alle fatture che hanno generato crediti ceduti, solamente nel momento in cui il debitore pagherà effettivamente il corrispettivo al cessionario e non quando percepisce il corrispettivo della cessione del credito. Il cessionario, di conseguenza, dovrebbe aggiornare puntualmente il cedente dell'avvenuto incasso del credito ceduto, poiché è solo in questo momento che l'IVA relativa all'operazione diventa esigibile e deve essere versata. Nulla vieta che però, prudenzialmente, il cedente possa versare l'IVA relativa all'operazione originaria, direttamente nella liquidazione del periodo in cui è avvenuta la cessione medesima. Anche sul piano dell'imposizione diretta, il trattamento fiscale si differenzia a seconda del tipo di cessione di credito. Occorre a riguardo premettere che, di norma, la cessione avviene ad un prezzo inferiore al valore contabile del credito, e che questo determina una perdita in capo al cedente, data dalla differenza tra prezzo e valore contabile del credito. Nell'ipotesi di cessione pro-solvendo, tale perdita non è deducibile, in quanto mancano i presupposti di certezza e definitività previsti dall'art. 101 comma 5 del TUIR, sicché il cedente potrà dedurre la perdita su crediti solo nel momento in cui si verificano gli elementi certi e precisi derivanti dall'insolvenza del debitore. Per le cessioni pro-soluto il rischio di insolvenza passa in capo al cessionario, per cui si può ritenere che la perdita in capo al cedente sia certa e definitiva: ciò nonostante l'Agenzia delle Entrate, con circolare 26/E/2013, condiziona la deducibilità della perdita alla circostanza che la cessione sia effettuata ad una banca o altro intermediario finanziario abilitato, residente in Italia o in paesi white list (che consentono cioè lo scambio di informazioni) e che siano “terzi” rispetto a creditore e debitore. In queste ipotesi, infatti, la valutazione del credito eseguita dall'istituto finanziario acquirente riflette con attendibilità l'ammontare effettivamente esigibile. La perdita da cessione di crediti, inoltre, rileva se di importo inferiore alle spese che si sarebbero sostenute per il recupero. |