Il contratto di affitto di azienda agricolaInquadramentoIl contratto di affitto di azienda agricola si caratterizza per avere ad oggetto l'azienda agricola, ossia quel complesso di beni organizzati dall'imprenditore agricolo per l'esercizio della propria attività. La circostanza che l'affitto abbia in questo caso ad oggetto un'azienda agricola comporta l'insorgere di una serie di problematiche in ordine all'individuazione della disciplina ad esso applicabile, considerata l'ampia portata dell'art. 27 l. n. 203/1982 (“Norme sui contratti agrari”), che sembra ricondurre ogni contratto che abbia ad oggetto la concessione in godimento di fondi rustici ad unico paradigma contrattuale, disciplinato dalle norme inderogabili dettate dalla medesima legge. Al contempo, le peculiarità strutturali e disciplinari dell'istituto dell'azienda determinano l'insorgenza di dubbi in ordine al fatto se debba prevalere oppure no in questo caso la norma speciale sui contratti agrari. Le peculiarità della disciplina speciale e inderogabile che governa questi ultimi hanno quindi comportato che l'attenzione degli interpreti fosse concentrata sulla problematica della astratta ammissibilità della stipula di un contratto di affitto di azienda agricola, che non fosse in tutto e per tutto assimilabile al contratto di affitto di fondo rustico attrezzato e, quindi, alla verifica in ordine alla compatibilità delle norme che disciplinano l'affitto di azienda in generale con l'affitto di azienda in oggetto. FormulaIn data ... tra i Sigg.ri: ... nato/a a ... , in data ... , residente in ... , alla via ... , c.f. ... - CONCEDENTE – E ... nato/a a ... , in data ... , residente in ... , alla via ... , c.f. ... - AFFITTUARIO - SI CONVIENE E STIPULA QUANTO SEGUE: 1. Il Sig. ... (di seguito Concedente), in qualità di titolare dell'azienda agricola denominata ... avente ad oggetto la coltivazione/la produzione/la trasformazione e il commercio di ... , esercitata in ... , sul fondo denominato (eventuale) ... , riportato nel Nucleo Catasto Terreni del Comune di ... al n. ... , foglio ... , particella ... , nonché nell'adiacente fabbricato riportato nel Catasto del Comune di ... al n. ... , foglio ... , particella ... , come da autorizzazione del ... , con la presente scrittura privata, concede in affitto la predetta azienda al Sig. ... (di seguito Affittuario), iscritto al n. ... del registro delle imprese agricole [1] , che accetta. 2. Dei beni mobili e immobili che compongono l'azienda viene redatto inventario dettagliato, che si allega alla presente scrittura privata e, specificamente sottoscritto dalle parti, ne costituisce parte integrante. 3. Il presente contratto di affitto avrà durata di anni ... con decorrenza dal ... al ... e dovrà intendersi tacitamente rinnovato qualora non sia comunicata disdetta da effettuarsi mediante raccomandata con avviso di ricevimento dodici mesi prima della data di scadenza prevista. 4. Il canone di affitto viene concordato in rate annue dell'importo di € ... , che l'affittuario si obbliga a corrispondere in rate mensili anticipate dell'importo di € ... da corrispondere mediante bonifico bancario su conto corrente con IBAN n. ... intestato al Concedente entro il giorno 5 di ogni mese. 5. Il ritardo nel pagamento del canone di oltre un mese darà diritto alla risoluzione immediata del contratto oltre al risarcimento dei danni. 6. L'Affittuario si impegna, ai sensi dell'art. 2561 c.c., ad esercitare l'azienda sotto la ditta che la contraddistingue al momento della stipula del presente contratto. 7. L'Affittuario si impegna, altresì, a gestire l'azienda senza modificarne la destinazione, né l'organizzazione. 8. È fatto espresso divieto all'Affittuario di subaffittare o concedere in comodato l'azienda oggetto di affitto o i singoli beni che la compongono, così come di cedere a terzi la propria posizione contrattuale. 9. L'Affittuario subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda che non abbiano carattere personale. Il Concedente non risponde, in ogni caso, dell'eventuale recesso dai contratti in essere esercitato da parte di terzi contraenti ai sensi dell'art. 2558, comma 2 c.c. Sono da considerarsi a carico dell'Affittuario tutti i debiti scaturenti dall'esercizio dell'azienda sorti successivamente alla stipula del presente contratto; analogamente sono da considerarsi a favore dell'Affittuario tutti i crediti scaturenti dall'esercizio dell'azienda sorti successivamente alla stipula del presente contratto. Sono da considerarsi a carico del Concedente tutti i debiti scaturenti dall'esercizio dell'azienda sorti anteriormente alla stipula del presente contratto; analogamente sono da considerarsi a favore del Concedente tutti i crediti scaturenti dall'esercizio dell'azienda sorti anteriormente alla stipula del presente contratto. Il Concedente si impegna, per tutta la durata del presente contratto, a non iniziare né direttamente, né mediante interposta persona, una nuova impresa agricola che, per oggetto, collocazione o altro, sia idonea a sviare la clientela dell'azienda affittata. Sono a carico dell'Affittuario le spese per la manutenzione e le riparazioni ordinarie necessarie ad assicurare l'efficienza degli impianti e delle dotazioni dell'azienda. I tributi derivanti alla gestione dell'azienda, così come le spese derivanti dal presente atto sono poste a carico dell'Affittuario. Il Concedente, in caso di vendita dell'azienda, si impegna a preferire l'Affittuario a parità di prezzo. Per tutto ciò che non è espressamente previsto nel presente contratto l'accordo è regolato dalle disposizioni di cui agli artt. 2135 e ss. c.c. e della l. n. 203/1982[2] . Redatto in n. ... copie originali, letto, confermato e sottoscritto. Luogo e data ... Sottoscrizione ... Il concedente Sottoscrizione ... L'affittuario 1. A seguito dell'entrata in vigore dell'art. 2 del d.lgs. n. 228/2001, recante norme in tema di “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo” anche le imprese agricole sono soggette all'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese. 2. Come si evidenzierà dettagliatamente nel commento alla presente formula la principale problematica in tema di contratto di affitto di azienda è costituita proprio dall'individuazione della disciplina prevalente da applicare, stante l'ampia formulazione dell'art. 27 l. n. 203/1982 che sembra prevedere l'applicazione generalizzata delle disposizioni inderogabili previste da tale legge a tutti i contratti agrari, compreso quindi quello in oggetto. CommentoL'evoluzione legislativa della nozione di azienda agricola Per comprendere le peculiarità del contratto di affitto di azienda agricola e, soprattutto, i tratti distintivi che lo differenziano dal contratto di affitto di azienda in generale e dal contratto di affitto di fondo rustico, anche con relative pertinenze, è opportuno prendere le mosse dal concetto di azienda agricola. Quest'ultima, che può essere definita come il complesso di beni organizzati dall'imprenditore agricolo per l'esercizio della propria attività di impresa, presuppone, a propria volta, che si faccia riferimento alla figura dell'imprenditore agricolo e di impresa agricola. A tal fine viene in soccorso la definizione contenuta nell'art. 2135 c.c., che, nella sua formulazione originaria, definiva al primo comma l'imprenditore agricolo come colui che “esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”; il contenuto di tali attività, dette “principali”, era specificato dal successivo secondo comma, secondo il quale “Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine”. Infine, il terzo comma dell'art. 2135 definiva le c.d. “attività connesse” richiamate nel primo comma come quelle attività “esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi, mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”. Sempre nell'ambito della delimitazione dei confini della figura dell'imprenditore agricola deve osservarsi che il d.lgs. n. 228/2001, recante norme in tema di “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”, ha previsto, all'art. 1, comma 2, che “Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'art. 2135 comma 3 c.c., come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico”. Inoltre, in seguito alle modifiche introdotte con l'art. 1, commi 1094 e 369 l. n. 296/2006 (c.d. “Finanziaria 2007”), la nozione di impresa agricola è stata ulteriormente integrata prevedendosi che, qualora essa sia gestita da società di persone o a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, sono considerate attività agricole quelle esclusivamente volte alla “manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci”, prescindendosi, quindi, in questo modo, dal necessario svolgimento di fasi del ciclo biologico. Inoltre, sempre in conseguenza di tali disposizioni, viene ad essere considerata attività agricola anche “la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli”. L'ampliamento della definizione di impresa agricola operata in virtù delle disposizioni da ultimo richiamate è particolarmente rilevante perché tramite essa si afferma la possibilità di considerare imprese agricole anche quelle che hanno ad oggetto attività che non richiedono necessariamente lo sviluppo del ciclo biologico che, invece, tradizionalmente costituiva l'elemento distintivo ed imprescindibile dell'impresa agricola (si pensi al processo di coltivazione di piante e di allevamento di animali con messa in commercio dei relativi frutti e prodotti). L'affitto di azienda agricola e figure affini: elementi comuni e differenziali La definizione normativa di impresa agricola rende, quindi, evidente che, affinché ci si possa trovare in presenza di una azienda agricola, occorre che sussistano una pluralità di condizioni, sia di tipo soggettivo, che attengono, come evidenziato, alla qualità di imprenditore agricolo del soggetto che esercita l'attività di azienda, sia di tipo oggettivo, che riguardano i beni e gli strumenti mediante i quali viene esercitata l'attività di azienda, sia alle modalità di esercizio dell'attività, come si evince dal riferimento espresso, almeno nella formulazione iniziale, ad attività di conservazione e trasformazione di prodotti agricoli. In questa prospettiva è allora evidente che il concetto di azienda agricola presenta un contenuto più ampio ed articolato di quello che normalmente caratterizza i rapporti agrari, contraddistinti dall'utilizzo produttivo di un fondo rustico. Al contempo, costituendo di regola l'utilizzo di un fondo rustico uno degli strumenti attraverso i quali viene ad essere svolta concretamente l'attività delle aziende agricole, l'attenzione della dottrina e della giurisprudenza si è concentrata proprio sull'esame degli elementi che differenziano l'affitto di azienda agricola dall'affitto di fondo rustico, specialmente allorquando a quest'ultimo si accompagni l'utilizzo di beni pertinenziali al fondo, poiché in questo caso è, almeno apparentemente, più difficile la distinzione con l'affitto di azienda agricola. In questa prospettiva, allora, si è posto in evidenza come la concessione in affitto di fondo rustico, anche qualora sia accompagnata dall'utilizzo di altri beni strumentali e connessi, dia luogo in realtà ad un'ipotesi diversa dall'affitto di azienda e inquadrabile nell'istituto della pertinenza, atteso che viene in rilievo un rapporto di natura accessoria tra il bene principale, ossia il terreno agricolo destinato alla coltivazione e, quindi, alla produzione di prodotti agricoli, ed i beni accessori, quali attrezzi e finanche fabbricati, come la casa colonica dove tendenzialmente abita l'imprenditore agricolo e coloro i quali partecipano all'attività necessaria per lo svolgimento dell'attività agricola. La concessione in godimento del fondo rustico, quindi, anche qualora ricomprenda beni accessori e strumentali, di natura pertinenziale, costituisce una fattispecie diversa dall'affitto di azienda agricola, nella quale viene in rilievo la cessione di un insieme di beni e rapporti dei quali, peraltro, potrebbe anche non fare parte necessariamente l'attribuzione di un terreno agricolo, considerato l'ampliamento intervenuto nel corso del tempo della figura dell'impresa agricola che, nella richiamata e più estesa formulazione attuale, risulta finanche disancorata dallo svolgimento necessario di fasi del ciclo biologico. In una prospettiva più moderna e al passo con i tempi del concetto di impresa e di azienda agricola, è allora destinata a perdere di importanza la questione relativa alla distinzione tra affitto di azienda agricola ed affitto di fondo rustico, ed in particolare anche il problema relativo alla necessità o meno di applicare alla prima le norme speciali e inderogabili che governano il contratto di affitto di fondo rustico; ciò se solo si considera che l'esercizio dell'azienda agricola, e quindi anche la stipula di un contratto di affitto che l'abbia ad oggetto, potrebbe, alla luce di quanto appena osservato, anche prescindere in concreto dalla concessione in godimento di un fondo rustico. Ciò non toglie che l'esatta delimitazione dei confini tra affitto di fondo rustico ed affitto di azienda agricola costituisca una problematica tuttora di grande attualità, come conferma il fatto che proprio in ordine ad essa si concentra il maggior numero di pronunce giurisprudenziali che si sono occupate della fattispecie contrattuale in esame. Così la giurisprudenza di merito, nel tracciare i confini tra le due figure, ha valorizzato quale elemento discretivo il ruolo preminente e/o sostanzialmente paritetico rispetto alle altre componenti che assume l'attribuzione in godimento del terreno agricolo nell'ambito della complessiva operazione che le parti intendono realizzare con l'accordo raggiunto; in questa prospettiva, quindi, si sarà in presenza di un contratto di affitto di fondo rustico quando il godimento del fondo, anche se accompagnato dall'attribuzione dell'utilizzo di attrezzi pertinenziali e strutture edilizie accessorie, comunque strumentali ad assicurare la produttività del suolo, assume rilievo preminente, laddove, invece, ricorre un'ipotesi di affitto di azienda agricola quando l'oggetto principale del contratto è proprio la concessione dell'utilizzo di tutta una serie di macchinari e attrezzature che sono utilizzate dall'imprenditore cedente per esercitare le attività connesse a quella agricola primaria (App. Messina 18 ottobre 1990, n. 450). Ancora, in termini analoghi, si è affermato che “L'affitto di azienda agraria si distingue dall'affitto di fondo rustico per il fatto che il primo ha per oggetto un'organizzazione aziendale in cui l'immobile costituisce solo uno dei beni aziendali mentre il secondo ha per oggetto un fondo rustico con gli accessori delle pertinenze inerenti ad una determinata cultura” (App. Bologna 22 ottobre 1992, n. 1352). Il criterio preferenziale per stabilire se l'accordo raggiunto dalle parti - che preveda anche l'attribuzione in godimento di un fondo rustico - dia luogo o meno ad un'ipotesi di contratto di affitto di azienda agraria piuttosto che di affitto di fondo rustico è, quindi, rappresentato proprio dalla verifica circa il ruolo preponderante o meno che svolge tale attribuzione nell'ambito della più ampia operazione posta in essere dalle parti, laddove la posizione paritetica che assume la concessione in godimento del fondo rispetto ad altre attribuzioni operate con l'accordo raggiunto consente invece di affermare che si sia in presenza di un affitto di azienda agricola (in questi termini anche App. Roma 10 ottobre 1990). In realtà, tenuto conto della definizione normativa e considerate anche le applicazioni giurisprudenziali, che pongono al centro della diversa qualificazione giuridica del contratto il ruolo paritetico che deve assumere la concessione in godimento del fondo rispetto agli altri beni che compongono l'azienda agricola ceduta in affitto, occorre che tra tutte queste componenti sussista in concreto una posizione di sostanziale equivalenza. Ciò comporta anche che, in una prospettiva parzialmente diversa, perché possa ritenersi integrato lo schema tipico del contratto di affitto di azienda agricola, è necessario che l'utilizzo del terreno non finisca con l'assumere un ruolo meramente residuale rispetto alle altre componenti dell'azienda come impianti attrezzati e scorte vive, dovendosi, in questo caso, escludere che si sia in presenza tanto di un contratto di affitto di fondo rustico, quanto piuttosto di un contratto di affitto di azienda agricola e ricorrendo, piuttosto, un'ipotesi di affitto di azienda commerciale (Trib. Lucera 14 maggio 1994). Secondo una diversa ricostruzione dottrinale, invece, assumerebbe carattere dirimente la verifica in ordine all'individuazione del soggetto che imprime in concreto il dinamismo all'esercizio dell'impresa agricola nel senso che si sarà in presenza di un contratto di affitto di fondo rustico, allorquando l'impulso allo sviluppo dell'attività agricola viene dato dall'affittuario, in nulla condizionato dall'utilizzo precedente dal fondo, mentre, invece, si sarà in presenza di un affitto di azienda agricola allorquando è stato proprio il precedente titolare dell'attività di impresa a dare impulso all'attività produttiva, al punto tale che ciò che si verifica con l'affitto di azienda è, in realtà, una mera sostituzione del titolare dell'attività il quale risulta vincolato, anche nella scelta del tipo di impresa da svolgere, dalla direzione concretamente impressa dal precedente titolare, in conformità al vincolo di destinazione derivante dalla disciplina dell'azienda in generale (artt. 2651 e 2652 c.c.). La distinzione tra contratto di affitto di fondo rustico e contratto di affitto di azienda agricola assume rilievo pratico specialmente se si parte dall'assunto che solo in relazione al primo contratto trovano applicazione le norme inderogabili che disciplinano i contratti agrari, tra le quali primaria rilevanza svolgono quelle sulla durata minima dei contratti (artt. 1 e 2 l. n. 203/1982) e sui criteri predeterminati per la individuazione della misura canone di affitto (artt. 8 e ss. l. n. 203/1982). Intervenuta sul punto, la Corte di Cassazione, Sezione III, con la importante decisione n. 5942 del 27 maggio 1993, ha però adottato una diversa soluzione, affermando che: “L'art. 27 n. 230/1982, stabilendo che a tutti i contratti agrari stipulati dopo la sua entrata in vigore, aventi ad oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici si applicano le norme regolatrici dell'affitto di fondi rustici, enuncia un principio applicabile non solo ai contratti agrari tipici, storicamente determinati, ma a tutti i contratti aventi ad oggetto la concessione o, comunque, il conferimento di un fondo rustico, che assuma a tal fine preminente rilevanza, anche se facente parte di una più complessa azienda. Pertanto, anche all'affitto di un'azienda agraria, comprendente il conferimento di un fondo, rimangono applicabili le norme sull'affitto di fondi rustici, comprese quelle relative alla durata legale e sulla determinazione del canone”. Secondo il principio di diritto affermato dalla decisione richiamata, quindi, anche nel caso in cui si sia in presenza di un contratto di affitto di azienda agricola, nel quale, quindi, la concessione in affitto del fondo rustico costituisce soltanto una delle componenti della più ampia e complessiva operazione economico-giuridica posta in essere dalle parti, devono trovare applicazione le norme inderogabili che regolano i contratti agrari e in particolare i contratti di affitto di fondo rustico. Ciò, più specificamente, è possibile in virtù dell'ampia portata dell'art. 27 l. n. 203/1982, che impone l'applicazione delle norme che disciplinano l'affitto di fondo rustico a tutti i contratti agrari nei quali la concessione in godimento di un fondo rustico, pur non costituendone l'oggetto principale, rientra comunque tra le prestazioni dedotte in contratto (“o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici”), come appunto si verificherebbe nel caso di affitto di azienda agricola. Secondo questa ricostruzione, peraltro, la stipulazione di un accordo di natura sostanzialmente agrario che non osservi lo schema contrattuale dell'affitto di fondo rustico non darebbe luogo ad un'ipotesi di nullità tout court del contratto ai sensi dell'art. 58 l. n. 203/1982 ma, proprio in virtù della previsione contenuta nel già citato art. 27 della predetta legge, determinerebbe l'applicazione delle norme che regolano il contratto di affitto di fondi rustici, con sostituzione di queste ultime a tutte le clausole difformi contenute nella convenzione conclusa dalle parti (Cass. III, n. 6360/1995). Con l'ulteriore conseguenza che solo qualora l'accordo contenga ulteriori clausole rispetto alle quali non possano trovare applicazione, in via sostitutiva, le norme inderogabili regolatrici dell'affitto di fondi rustici, la nullità parziale di queste ultime potrebbe inficiare la validità dell'intero contratto, sempre che risulti, dal tenore complessivo del contratto, che i contraenti non lo avrebbero stipulato senza le disposizioni colpite da nullità, in ossequio alla regola generale di cui all'art. 1419, comma 1 c.c. Valutazione, quest'ultima, che l'interprete sarà tenuto ad effettuare in concreto, caso per caso, ricostruendo la volontà delle parti alla stregua di tutte gli elementi probatori a sua disposizione. A questa ricostruzione della disciplina applicabile dell'azienda agricola, che ha ricevuto l'autorevole avallo della Corte di Cassazione con la citata decisione del 1993, se ne contrappone una diversa, essenzialmente di derivazione dottrinale, che si ricollega a propria volta alla concezione unitaria, storicamente contrapposta a quella c.d. atomistica in tema di azienda. Tale opzione interpretativa prende le mosse dal presupposto che l'azienda in generale costituisca un'universalità di beni, ovvero una pluralità di beni di varia natura unificata sotto il profilo della destinazione funzionale, come si evince, tra l'altro, dagli artt. 2556,2561 e 2562 c.c. e 670, n. 1 c.p.c., in relazione alla quale, quindi, assume rilievo prevalente il profilo del complessivo legame teleologico che avvince i beni che ne fanno parte, derivante dall'organizzazione conferita dall'imprenditore, rispetto ai singoli beni considerati individualmente. Ciò comporta, quindi, secondo questa prospettiva, che la disciplina che governa l'azienda nel suo complesso prevalga su quella dei singoli beni che la compongono, con la conseguenza, ad esempio, che la circolazione dei beni che compongono l'azienda dovrà sempre avvenire osservando la forma scritta, ai sensi dell'art. 2556, comma 1 c.c., anche laddove i beni che ne fanno parte possano circolare senza particolari formalità; analogamente, l'applicazione di tale disciplina speciale comporta che in caso di cessione dell'azienda operi il divieto di concorrenza ai sensi dell'art. 2557 c.c.; ancora, regole speciali, dettate dall'art. 2558 c.c. in difformità a quella prevista in generale dall'art. 1406 c.c. governano la cessione dei contratti inerenti l'esercizio dell'azienda, così come una disciplina speciale è prevista per la cessione dei crediti aziendali (art. 2559 c.c.) rispetto a quella ordinaria di cui all'art. 1264 c.c. L'insieme di tali disposizioni viene, quindi, valorizzato da parte della dottrina per mettere in luce la natura unitaria dell'azienda e, al contempo, la specialità e specificità della stessa rispetto ai beni che la compongono. Nel senso della natura unitaria del bene “azienda” si sono espresse di recente proprio le Sezioni Unite della Corte di Cassazione Civile con la sentenza n. 5087/2014 in ordine alla discussa problematica dell'usucapione dell'azienda, stabilendo che l'azienda va considerata quale bene “unitario”, fatto salvo il caso in cui vi siano espresse disposizioni di segno contrario che la considerino alla stregua di una serie di beni isolatamente ed atomisticamente considerati. Tale premessa logico-giuridica è indispensabile per comprendere le ragioni per le quali, secondo tale opzione interpretativa, debba escludersi la riconducibilità del contratto di affitto di azienda agricola al paradigma del contratto di affitto di fondo rustico che, secondo la formulazione del richiamato art. 27 della l. n. 203/1982, costituirebbe allo stato attuale l'unico tipo di contratto agrario consentito, ossia l'unico tipo di contratto che le parti possono concludere quando il relativo oggetto è costituito (anche) dall'utilizzo di un fondo rustico. Infatti, proprio sulla scorta della particolare natura dell'azienda, anche di quella agricola, caratterizzata dall'essere costituita da un complesso eterogeneo di beni, e che si sostanzia, quindi, in un'entità a se stante rispetto ai beni che la compongono, capace, quindi, di circolare, come evidenziato, in base a regole proprie non sovrapponibili a quelle dei beni che ne fanno parte e regolata da disposizioni speciali, dovrebbe escludersi che la cessione dell'azienda agricola sia in tutto e per tutto assimilabile al contratto di affitto di fondo rustico, con conseguente prevalenza delle disposizioni inderogabili che disciplinano quest'ultimo su quelle speciali che regolamentano la cessione azienda. Secondo quest'impostazione interpretativa, quindi, l'affitto di azienda agricola dà luogo ad una fattispecie ben distinta dall'affitto di fondo rustico, proprio perché le due fattispecie sono strutturalmente differenti, tant'è che soltanto nel primo caso l'affittuario deve ritenersi vincolato a conservare la specifica destinazione conferita dal concedente ai beni che compongono l'azienda agricola, in base alla previsione desumibile dagli artt. 2561 e 2562 c.c. secondo cui l'affittuario deve gestire l'azienda “senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni delle scorte”, laddove nel caso di affitto di fondo rustico tale vincolo non può considerarsi operante. Il principale ostacolo a questa interpretazione è rappresentato, a ben vedere, dall'ampia formulazione dell'art. 27 l. n. 203/1982 che, come si è evidenziato, considera agrari tutti i contratti che abbiano ad oggetto la concessione di fondi rustici o che comunque ricomprendano quest'ultima tra le prestazioni che ne costituiscono il contenuto. Si è però osservato, argomentando in senso contrario, che nel caso di affitto di azienda agricola, la concessione in godimento di fondo rustico non può essere considerato né come l'oggetto del contratto, rappresentato, appunto, dalla attribuzione in godimento dell'azienda intesa come complesso di beni e, quindi, come entità distinta rispetto a quelli che la compongono (compreso quindi il fondo rustico), né come una delle prestazioni dedotte in contratto, atteso che la prestazione che svolge il concedente dell'azienda deve considerarsi in realtà unica, sostanziandosi nella messa a disposizione del complesso aziendale, come tale non scomponibile in tante distinte prestazioni, proprio perché unico e unitario è il bene azienda considerato come tale. In questa prospettiva, quindi, che si ricollega più in generale alla premessa valorizzazione dei tratti peculiari del bene azienda, l'art. 27 l. n. 203/1982 non trova applicazione al contratto di affitto di azienda agricola che resta, quindi, assoggettato alle norme che regolano l'azienda in generale e la cessione/affitto di azienda in particolare. Profili fiscali Il contratto di affitto di azienda agricola, ai sensi dell'art. 10, comma 1, n. 8 del d.P.R. n. 633/1972 è esente da IVA. È pertanto assoggettato, trattandosi di contratto da registrare entro un termine fisso, all'imposta di registro con aliquota proporzionale. La base imponibile è costituita dal canone di affitto e le aliquote da applicare sono il 3% sulla quota di canone riferibile alla parte mobiliare dell'azienda e del 2% su quella riferibile alla parte immobiliare dell'azienda oggetto del contratto. Sotto un distinto profilo, in deroga alla regola generale per la quale l'ammortamento è dedotto dal reddito del soggetto che ha sostenuto i costi di acquisto o produzione del bene, per le aziende date in affitto sussiste il diritto dell'affittuario di dedurre le quote di ammortamento commisurate al costo originario dei beni iscritto nella contabilità dell'affiliante e deducibili nella parte di costo non ancora ammortizzato. I canoni di affitto sono deducibili dalla base imponibile anche IRAP dell'affittuario e costituiscono reddito per l'affiliante. |