Contratto di cessione di prodotti agricoli ad imprenditori o professionistiInquadramentoL'art. 62 del d.l. n. 1/2012 in tema di liberalizzazioni ha dettato una disciplina speciale in materia di contratti di cessione di prodotti agricoli o agroalimentari tra imprenditori e/o professionisti. La disciplina, che riguarda un ambito di applicazione specifico delimitato sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, appare finalizzata soprattutto ad evitare nei rapporti tra imprenditori l'applicazione di condizioni economico-contrattuali che, in virtù del maggior peso commerciale e contrattuale di una delle parti, risultino gravose per una o più di esse e finiscano, quindi, con il danneggiare ingiustificatamente la posizione di uno dei contraenti a favore dell'altro. In questo senso, quindi, la disciplina pare ricollegarsi ad altre ipotesi di discipline speciali, come quelle dettate dal d.lgs. n. 231/2012 in tema di ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali e dalla l. n. 192/1998 in tema di subfornitura, finalizzate a salvaguardare l'equilibrio economico-contrattuale dei contraenti anche nei rapporti tra imprese, nella prospettiva della tutela dell'imprenditore c.d. “debole” rispetto a quello dotato di maggior “forza” contrattuale. Sotto quest'angolo visuale, allora, si comprende perché la disciplina speciale in questione intervenga su più piani e in primo luogo sul terreno dei rapporti individuali tra contraenti, in relazione ai quali è fatto oggetto di specifica disciplina sia il momento genetico della stipulazione contrattuale, per il quale si intende tutelare soprattutto la trasparenza e la certezza nella predeterminazione delle pattuizioni negoziali con la previsione della forma scritta a pena di nullità, sia il momento esecutivo, con la previsione, tra l'altro, di una specifica disciplina in tema di ritardato pagamento dei corrispettivi. Sotto altro versante la disciplina speciale si caratterizza per intervenire anche sul piano “pubblicistico” della tutela del mercato - e in ciò si coglie, quindi, la correlazione con la tematica delle liberalizzazioni nel cui più generale ambito è stata emessa la disciplina in questione - prevedendo una serie di ipotesi di condotte sleali sanzionate specificamente sanzionate attraverso conseguenti ipotesi di illecito amministrativo. Tale disposizione è stata integralmente abrogata dall'art. 12 del d.lgs. n. 198 del 2021, attuativo della direttiva (UE) 2019/633 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 aprile 2019, in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare nonché dell'art. 7 della legge 22 aprile 2021, n. 53, in materia di commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari. Il decreto, entrato in vigore il 15 dicembre 2021, contiene una puntuale disciplina volta a contrastare tutte le pratiche commerciali poste in violazione dei principi di buona fede e correttezza, assicurando ai produttori (agricoltori e imprese di piccole/medie dimensioni) una maggiore tutela in virtù della loro posizione di debolezza contrattuale rispetto agli altri attori della filiera. Al riguardo, infatti, la direttiva UE è finalizzata ad assicurare una tutela minima comune a tutta l'Unione europea nell'ambito delle relazioni commerciali tra acquirenti e fornitori di prodotti agricoli ed alimentari, con esclusione di quei soli rapporti contrattuali direttamente conclusi tra fornitore e consumatore (l'ambito applicativo è pertanto quello dei contratti "business to business", non anche di quelli "business to consumer"). La recente disciplina nazionale, finalizzata a garantire una maggiore trasparenza ed efficienza nel settore agroalimentare, stabilisce che talune prescrizioni costituiscano norme imperative, prevedendone la prevalenza su qualsiasi altra disciplina di settore con esse contrastante e sanzionando con la nullità ogni pattuizione o clausola contrattuale contraria. FormulaC ONTRATTO DI FORNITURA DI PRODOTTI AGRICOLI/ALIMENTARI Con la presente scrittura -La società ... con sede legale in ... alla ... P.IVA ... , iscritta nel Registro delle Imprese di ... n. ... , in persona del legale rappresentante p.t. ... , nato/a a ... il ... e residente a ... alla ... , C.F. ... (d'ora in poi anche “Parte venditrice”) E -Il/la sig./sirg.ra ... , nato/a ... il ... , residente in ... alla ... , C.F. ... , ( d'ora in poi anche “Parte acquirente”) Premesso che le parti del presente contratto si impegnano a relazionare reciprocamente in maniera responsabile, in buona fede e con diligenza professionale SI STIPULA E SI CONVIENE QUANTO SEGUE 1) Il presente contratto ha per oggetto la cessione dei seguenti prodotti agricoli/alimentari da perfezionarsi anche mediante distinte consegne di cui al successivo punto 2): a) ... ; b) ... ; c) ... . 2) Il presente contratto avrà durata pari a ... (I) 1 ; 3) I prodotti oggetto di vendita con il presente contratto hanno le seguenti caratteristiche - ... ; - ... ; - ... (II) 2; 4) I prodotti di cui al precedente punto 1) dovranno essere ritirati a cura e spese della parte acquirente presso il ... della Parte venditrice ubicato in ... . Al momento di ciascuna consegna dovrà essere redatto un apposito documento di consegna; 5) Il prezzo di vendita dei prodotti di cui al punto 1) viene concordemente pattuito in complessivi € ... , determinato nella misura di € ... per ... , maggiorato dell'IVA di legge (III) 3 ; 6) Il pagamento del prezzo delle forniture di cui al precedente punto 5) dovrà essere effettuato dalla Parte acquirente alla parte venditrice entro il termine di ... giorni a decorrere dalla fine del mese di ricevimento della fattura inviata via posta certificata/EDI al seguente indirizzo ... a mezzo bonifico bancario da effettuarsi alle seguenti coordinate ... Laddove la parte non invii la fattura tramite posta certificata/EDI il pagamento di cui sopra dovrà avvenire entro ... gironi dalla consegna della merce;
Luogo e data ... IL VENDITORE ... L'ACQUIRENTE ... [1] Per la presente consegna / oppure per le consegne del mese di ... / oppure per le consegne dell'anno ... . [2] Indicare la qualità o le caratteristiche particolari ed indicare se sono deteriorabili o non deteriorabili. [3] Ad esempio sulla base dei prezzi di mercato rilevati presso la Camera di Commercio di ... nella settimana della consegna / oppure stabilito mediante listino comunicato nel mese precedente. CommentoCon l'art. 62 d.l. n. 1/2012, convertito con modificazioni dalla l. n. 27/2012, il legislatore ha inteso dettare una disciplina “ad hoc” dei contratti di cessione di prodotti agricoli e alimentari finalizzata, in primo luogo, ad assicurare, nel momento iniziale della stipula di questo tipo di accordi, la trasparenza degli stessi, attraverso la previsione in particolare dell'obbligo di osservare la forma scritta a pena di nullità e di predeterminare anche il contenuto di tali accordi attraverso l'indicazione espressa di una serie di elementi la cui presenza è richiesta anch'essa a pena di nullità. Prima di esaminare in maniera più specifica le conseguenze derivanti dall'operatività di tale disciplina, è necessario, tuttavia, trattandosi di una disciplina speciale, individuarne con precisione l'ambito di applicazione; sul punto è indispensabile fare riferimento anche alle prescrizioni specifiche contenute nel successivo decreto attuativo del 19 ottobre 2012 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali che hanno integrato alcuni profili della disciplina, tra i quali proprio quello concernente l'ambito di applicazione della stessa, soltanto accennati dal d.l. n. 1/2012. Il comma primo dell'art. 62 in esame prevede che “I contratti che hanno ad oggetto la cessione dei prodotti agricoli e alimentari, ad eccezione di quelli conclusi con il consumatore finale, sono stipulati obbligatoriamente in forma scritta e indicano la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. I contratti devono essere informati a principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, con riferimento ai beni forniti”. Da tale disposizione è, quindi, possibile ricavare, in primo luogo, una chiara delimitazione dell'ambito di operatività della disciplina in esame sotto il profilo soggettivo; essa, infatti, non trova applicazione nei casi in cui controparte sia un “consumatore finale”. Nel silenzio della legge deve ritenersi che con l'espressione “consumatore finale” si faccia riferimento alla nozione di consumatore come definito dalla disciplina dettata dal Codice del Consumo (d.lgs. n. 206/05), che definisce consumatore la persona fisica che acquista i prodotti (nel caso di specie agricoli e/o alimentari) per scopi estranei alla propria attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Sotto il profilo soggettivo, quindi, la disciplina in questione si caratterizza per applicarsi esclusivamente ai rapporti tra imprenditori o professionisti, il che giustifica anche la previsione di alcune disposizioni che saranno esaminate nel prosieguo come quelle in tema di condotte sleali inquadrabili nella più ampia tematica della tutela della concorrenza e del mercato. Sotto il profilo oggettivo la disposizione in esame limita la relativa applicazione ai contratti che abbiano per oggetto la cessione di “prodotti agricoli e alimentari”. Questi ultimi sono a propria volta definiti attraverso il rinvio all'allegato I di cui all'art. 38, comma 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea, che identifica i prodotti agricoli nelle seguenti tipologie di beni e precisamente: animali vivi; carni e frattaglie commestibili; pesci, crostacei e molluschi; latte e derivati del latte; uova di volatili; miele naturale; budella, vesciche e stomachi di animali, interi o in pezzi, esclusi quelli di pesci; prodotti di origine animale, non nominati né compresi altrove; animali morti dei capitoli 1 o 3, non atti all'alimentazione umana; piante vive e prodotti della floricoltura; legumi, ortaggi, piante, radici e tuberi, mangerecci; frutta commestibile; scorze di agrumi e di meloni; caffè, tè e spezie, escluso il matè (voce n. 0903); cereali; prodotti della macinazione; malto; amidi e fecole; glutine; inulina; semi e frutti oleosi; semi, sementi e frutti diversi; piante industriali e medicinali; paglie e foraggi; pectina; strutto ed altri grassi di maiale pressati o fusi; grasso di volatili pressato o fuso; sevi (della specie bovina, ovina e caprina) greggi o fusi, compresi i sevi detti «primo sugo»; stearina solare; oleo-stearina; olio di strutto e oleomargarina non emulsionata, non mescolati né altrimenti preparati; grassi e oli di pesci e di mammiferi marini, anche raffinati; oli vegetali fissi, fluidi o concreti, greggi, depurati o raffinati; grassi e oli animali o vegetali idrogenati anche raffinati, ma non preparati; margarina, imitazioni dello strutto e altri grassi alimentari preparati; residui provenienti dalla lavorazione delle sostanze grasse, o delle cere animali o vegetali; preparazioni di carni, di pesci, di crostacei e di molluschi; zucchero di barbabietola e di canna, allo stato solido; altri zuccheri; sciroppi; succedanei del miele, anche misti con miele naturale; zuccheri e melassi, caramellati; melassi, anche decolorati; zuccheri, sciroppi e melassi aromatizzati o coloriti (compreso lo zucchero vanigliato, alla vaniglia o alla vaniglina), esclusi i succhi di frutta addizionati di zucchero in qualsiasi proporzione; cacao in grani anche infranto, greggio o torrefatto; gusci, bucce, pellicole e cascami di cacao; preparazioni di ortaggi, di piante mangerecce, di frutti e di altre piante o parti di piante; mosti di uva parzialmente fermentati anche mutizzati con metodi diversi dall'aggiunta di alcole; vini di uve fresche; mosti di uve fresche mutizzati con l'alcole (mistelle); sidro, sidro di pere, idromele ed altre bevande fermentate; alcole etilico, denaturato o no, di qualsiasi gradazione, ottenuto a partire da prodotti agricoli compresi nell'allegato I, ad esclusione di acquaviti, liquori ed altre bevande alcoliche, preparazioni alcoliche composte (dette estratti concentrati) per la fabbricazione di bevande; Aceti commestibili e loro succedanei commestibili; residui e cascami delle industrie alimentari; alimenti preparati per gli animali; tabacchi greggi o non lavorati; cascami di tabacco; sughero naturale greggio e cascami di sughero; sughero frantumato, granulato o polverizzato; lino greggio, macerato, stigliato, pettinato o altrimenti preparato, ma non filato; stoppa e cascami (compresi gli sfilacciati); canapa (Cannabis sativa) greggia, macerata, stigliata, pettinata o altrimenti preparata, ma non filata; stoppa e cascami (compresi gli sfilacciati). Per quanto concerne i prodotti alimentari, il legislatore sul punto rinvia all'articolo 2 del Regolamento CE n. 178 del 28 gennaio 2002 che, a propria volta, definisce come prodotto alimentare “qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato ad essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani”. All'interno dei prodotti alimentari, sempre in base alla disciplina comunitaria, sono ricomprese anche le bevande, le gomme da masticare e qualsiasi sostanza, compresa l'acqua, intenzionalmente incorporata negli alimenti durante la loro produzione, preparazione e trattamento. Ne deriva, “a contrario”, che da tale ambito sono esclusi, invece, i mangimi, i vegetali prima della raccolta e gli animali vivi, fatto salvo il caso in cui non siano destinati al consumo umano. L'elencazione di cui sopra è piuttosto articolata ed ampia e consente, quindi, di cogliere la portata notevole della disciplina in esame che appare idonea a ricomprendere, - in presenza di una serie di ulteriori condizioni attinenti al tipo di accordo che deve intervenire tra le parti e che si esaminerà da qui a breve -, tutti i rapporti commerciali che abbiano ad oggetto la vendita di prodotti agricoli e alimentari e che coinvolgano soggetti aventi natura imprenditoriale o professionali, quali non solo gli agricoltori e le industrie che si occupano della trasformazione e produzione, ma anche i commercianti all'ingrosso, quelli al dettaglio, e più in generale, tutti coloro che, purché non aventi la qualità di consumatore, stipulino accordi di cessione che hanno ad oggetto questa tipologia di beni. Si tratta, quindi, di una disciplina di ampia portata, a carattere quasi omnicomprensivo, che appare tesa ad intervenire sulle operazioni commerciali compiute da tutti i soggetti, tradizionali e moderni, che fanno parte della filiera agroalimentare; il che si giustifica se si considera che la finalità della disciplina in questione è rappresentata proprio dall'esigenza di intervenire all'interno di tale filiera commerciale per assicurare una maggiore trasparenza e correttezza delle relative prassi commerciali che spesso, sotto forma di accordi manifestamente iniqui, riflettono lo squilibrio nelle posizioni economico-contrattuali dei diversi soggetti coinvolti. Sempre in tema di delimitazione dell'ambito oggettivo la disciplina in esame trova applicazione con riferimento alle cessioni di prodotti agricoli e alimentari, da intendersi come fattispecie che hanno ad oggetto il trasferimento della proprietà di questo tipo di prodotti dietro pagamento di un corrispettivo e sempre che la relativa consegna avvenga nel territorio della Repubblica Italiana. Ciò comporta, quindi, sotto il profilo pratico, che la disciplina in esame non troverà applicazione per le ipotesi di esportazioni di prodotti agricoli e/o alimentari in tutti quei casi in cui la consegna di beni pur prodotti in Italia avvenga al di fuori del territorio nazionale. Altro presupposto che delimita l'ambito di applicazione di tale disciplina e che può desumersi dal primo comma è costituito dal fatto che essa trova applicazione nei soli casi in cui la consegna della merce e il pagamento del corrispettivo siano differiti rispetto al momento della stipulazione dell'accordo, con la conseguenza che essa, al contrario, non sarà applicabile nelle ipotesi in cui le cessione di prodotti agricoli e alimentari siano istantanee, ossia risultano caratterizzate dalla contestualità e sincronicità tra la consegna della merce ed il pagamento del corrispettivo. Ne consegue, quindi, che la disciplina speciale non è destinata ad operare nei casi in cui, a titolo esemplificativo, il titolare di un'attività di ristorazione acquisti un determinato quantitativo di merce da un dato pagandolo e ritirandolo contestualmente o quando con le medesime modalità avvenga, sempre a titolo esemplificativo, un acquisto all'ingrosso di prodotti alimentari da parte di un soggetto che poi procederà alla relativa distribuzione. Da ciò si desume, quindi, che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la speciale disciplina in esame tutte quelle ipotesi nelle quali vi è una scissione temporale tra il momento della conclusione del contratto di vendita e quello successivo della consegna della merce e del pagamento del corrispettivo; tale scelta deriva, presumibilmente, dal fatto che in questi casi, producendo l'accordo tra le parti effetti differiti nel tempo, nel senso che l'accordo troverà completa esecuzione soltanto in un momento successivo alla stipula, è maggiore l'esigenza di assicurare che i termini dell'accordo siano predeterminati dalle parti con estrema precisione, onde poter verificare successivamente, nel momento dell'attuazione, il rispetto di quanto concordato, ad esempio in termini di qualità e quantità della merce consegnata. Ciò giustifica, quindi, la previsione di rilievo centrale contenuta nell'art. 62, comma 1, del d.l. n. 1/2012, in virtù della quale tali contratti devono essere obbligatoriamente stipulati in forma scritta e devono prevedere, come elementi essenziali a pena di nullità (rilevabile d'ufficio): la durata, le quantità e caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo e le modalità di consegna e pagamento. Come si evince dalle specificazioni contenute nel Decreto attuativo del 19 ottobre 2012, l'obbligo di forma scritta si intende rispettato anche quando le condizioni innanzi indicate siano incluse non solo in singoli contratti, ma anche in accordi quadro, accordi interprofessionali, o anche in altri documenti scritti come documenti di trasporto, fatture, ordini di acquisto. In questo caso vanno in realtà distinte due ipotesi: nella prima vi è la possibilità che tali documenti siano emessi successivamente alla stipulazione di un contratto quadro al quale sono riconducibili, accordo quadro che dovrà quindi contenere i termini essenziali come previsti dal primo comma dell'art. 62 del d.l. n. 1/2012 ed al quale i singoli documenti come fatture, documenti di trasporto e di consegna dovranno rinviare specificamente eventualmente integrandone e precisandone alcuni elementi. Nella seconda ipotesi vi è invece la possibilità che siano proprio i singoli documenti come documenti di trasporto, di consegna fatture e documenti simili, anche in mancanza di un accordo quadro a monte, a contenere tutti gli elementi prescritti a pena di nullità dall'art. 62, comma 1, purché in quest'ultimo caso rechino la dicitura “Assolve gli obblighi di cui all'art. 62 comma 1 d.l. n. 1/2012, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 27/2012”; si tratta, quest'ultima, di una modalità che appare certamente più vicina alla prassi dei rapporti commerciali, specialmente tra piccole imprese e che, quindi, in questo modo viene salvaguardata prevedendosi, al contempo, che essa avvenga comunque nel rispetto delle prescrizioni formali essenziali dettate dalla disciplina in materia. Inoltre, sempre sulla base del Decreto attuativo, è stato precisato che per “forma scritta” si intende anche “qualsiasi forma di comunicazione scritta, anche trasmessa in forma elettronica o a mezzo telefax, anche priva di sottoscrizione, avente la funzione di manifestare la volontà delle parti di costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale avente ad oggetto la cessione di prodotti”, nel caso di specie agricoli e/o alimentari. Sul punto potrebbe essere fonte di problematiche l'espressa previsione in ordine alla possibile mancanza di sottoscrizione che sembra contrastare, per certi versi, con la stessa previsione generalizzata della forma scritta prevista a pena di nullità in tali fattispecie, atteso che il requisito formale di regola investe anche la sottoscrizione. Una interessante ricostruzione di tale requisito formale è stata effettuata recentemente dalla giurisprudenza di merito; si è affermato, in particolare, che il requisito della forma scritta previsto dall'art. 62 d.l. n. 1/2012 va inteso in correlazione con l'elemento funzionale e non strutturale del contratto; si tratta, quindi, di un requisito finalizzato a tutelare il contraente debole attraverso la sua informazione e ciò nel presupposto che egli sia pregiudicato dalla fisiologica asimmetria della sua posizione sul mercato. Ciò comporta, quindi, che, a differenza che nelle ipotesi codicistiche in cui è previsto il rispetto della forma scritta ad substantiam per esigenza di certezza sia delle dichiarazioni contenute nel documento contrattuale, sia della riconducibilità di tali dichiarazioni ai loro sottoscrittori, nel caso in esame determinante è la verifica del rispetto della finalità informativa del contenuto del contratto, con la conseguenza che risultano secondarie le modalità di esteriorizzazione della volontà (C.d.A. Trento, 27 maggio 2019, n. 62). Sempre sotto il profilo oggettivo deve osservarsi che sono inoltre escluse dall'ambito di applicazione della disciplina in esame le seguenti ipotesi: i conferimenti di prodotti agricoli e/o alimentari effettuati alle cooperative, ai sensi dell'articolo art. 1, comma 2, d.lgs. n. 228/2001, da parte dei soci delle cooperative stesse, i conferimenti di prodotti agricoli e/o alimentari effettuati alle organizzazioni di produttori, ai sensi del d.lgs. n. 102/2005, da parte dei soci delle organizzazioni stesse, nonché i conferimenti di prodotti ittici effettuati tra imprenditori ittici, ai sensi dell'art. 4 d.lgs. n. 4/2012. Fatta eccezione per l'ultima ipotesi, che sembra inquadrarsi nella più generale deroga che incontra la disciplina dei prodotti ittici rispetto alla materia agro-alimentare in generale, si tratta, in realtà, di fattispecie in cui non è ravvisabile un vero e proprio rapporto contrattuale tra imprese; ciò che viene in considerazione, infatti, nelle fattispecie espressamente escluse è l'ipotesi peculiare della cessione di prodotti effettuata da soci della medesima cooperativa o organizzazione destinataria della stessa in cui viene in rilievo comunque un rapporto di immedesimazione tra il socio e la cooperativa di cui fa parte o tra il socio e l'organizzazione di cui è parte; è evidente, allora, che non sussiste in questi casi il rischio di rapporti economici tra operatori della filiera agroalimentare caratterizzati da un significativo squilibrio nelle rispettive posizioni di forza commerciale, che è invece alla base della “ratio” della disciplina speciale in esame. Oltre alla previsione della forma scritta e della predeterminazione, quindi, di alcuni degli elementi essenziali del contratto, la tutela contrattuale perseguita dal legislatore del 2012 si riflette anche nell'espressa disciplina dettata in ordine ai termini di pagamento dal comma terzo dell'art. 62. Tale norma prevede che per i contratti di cui al comma primo, il pagamento del corrispettivo deve essere effettuato, per le merci deteriorabili entro il termine legale di trenta giorni dalla consegna o dal ritiro dei prodotti medesimi o delle relative fatture, ed entro il termine di sessanta giorni per gli altri prodotti; in entrambi i casi il termine decorre dall' “ultimo giorno del mese di ricevimento della fattura”. La norma in esame sancisce, quindi, specificamente il termine entro il quale deve essere effettuato il pagamento della prestazione, effettuando una distinzione rilevante a seconda che i prodotti alimentari oggetto di cessione siano o meno deteriorabili; nel primo caso, infatti, il termine di pagamento è di trenta giorni, il che si giustifica proprio con il fatto che, trattandosi di prodotti deteriorabile, è ben prevedibile che l'acquirente li consumi in tempi brevi (ossia prima del loro deterioramento) e, quindi, possa, a propria volta, conseguire il corrispettivo della loro cessione a terzi (si pensi ad un'attività di ristorazione) in tempi altrettanto ridotti. È importante, pertanto, richiamare la definizione di prodotti alimentari deteriorabili, oggetto di espressa elencazione contenuta al quarto comma dell'art. 62 in esame; tale disposizione prevede che per prodotti alimentari deteriorabili “si intendono i prodotti che rientrano in una delle seguenti categorie: a) prodotti agricoli, ittici e alimentari preconfezionati che riportano una data di scadenza o un termine minimo di conservazione non superiore a sessanta giorni; b) prodotti agricoli, ittici e alimentari sfusi, comprese erbe e piante aromatiche, anche se posti in involucro protettivo o refrigerati, non sottoposti a trattamenti atti a prolungare la durabilità degli stessi per un periodo superiore a sessanta giorni; c) prodotti a base di carne che presentino le seguenti caratteristiche fisico-chimiche: aW superiore a 0,95 e pH superiore a 5,2 oppure aW superiore a 0,91 oppure pH uguale o superiore a 4,5; d) tutti i tipi di latte”. Diversamente, per i prodotti non deteriorabili il termine entro il quale il pagamento deve intervenire è di trenta giorni. Con riferimento al termine di pagamento un problema interpretativo è sorto con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 192/2012, che ha recepito la direttiva 2011/7/UE, modificando così la precedente disciplina dettata dal d.lgs. n. 231/2002 in tema di ritardo nei pagamenti delle transazioni commerciali: in base alla nuova disciplina, oltre a prevedersi il termine massimo per il pagamento tendenzialmente di sessanta giorni, è previsto che, nei contratti tra imprese, le parti possano derogare con accordo a tale termine, a meno che la clausola sul termine non sia iniqua per il creditore; ciò, quindi, ha posto un problema di coordinamento con la disciplina speciale dettata dall'art. 62, comma 3, che non contempla in ordine a tale aspetto analoga possibilità di deroga. Appare opportuno segnalare che sul punto, rispondendo ad un quesito interpretativo specifico formulato dagli operatori economici, il Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi della Presidenza del Consiglio dei Ministri, con comunicazione del 31 luglio 2013, sulla scorta di un esame complessivo delle fonti interne e comunitarie, ha suggerito che la soluzione preferibile appare quella dettata non dal criterio cronologico, che comporterebbe la prevalenza del d.lgs. n. 192/2012, ma del criterio della specialità della materia disciplinata, con conseguente prevalenza delle disposizioni dettate dal d.l. n. 1/2012; il che esclude, quindi, la possibilità di derogare alla tempistica dei pagamenti come prevista dal comma terzo dell'art. 62. Sempre nella prospettiva della tutela individuale dei singoli contraenti il medesimo comma 3 dell'art. 62 prevede che gli interessi decorrono automaticamente dal giorno successivo alla scadenza del termine, con ciò, quindi, ricollegando la decorrenza degli interessi alla previsione precedente contenuta nello stesso comma relativa all'individuazione del termine entro il quale deve essere effettuato il pagamento. Inoltre, si prevede che il saggio degli interessi è automaticamente maggiorato di due punti percentuali con previsione espressamente indicata come inderogabile: poiché la norma non fa riferimento all'indicazione di un tasso specifico predeterminato dalla legge, deve ritenersi che la determinazione della relativa misura sia rimessa alla libera scelta dei contraenti i quali potranno, quindi, stabilirne la misura oppure rinviare, anche implicitamente in mancanza di espressa previsione, ad un tasso legale; nel primo caso, è però previsto dal decreto attuativo un limite, costituito dal fatto che il tasso non deve risultare iniquo per il creditore. Ne consegue che l'aumento di due punti percentuali è generalizzato e predeterminato indipendentemente dalla misura del tasso base. Ciò comporta, quindi, che, trovando applicazione, trattandosi di operazioni commerciali concluse tra professionisti e imprese, la disciplina speciale in tema di ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali (d.lgs. n. 231/2002 come modificato a propria volta dal d.lgs. n. 192/2012), che prevede a propria volta, mediante il rinvio agli interessi legali di mora, che essi siano calcolati sulla base di una componente variabile, derivante dalla politica monetaria della BCE, e comunicata ogni semestre mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, e di una componente fissa nella misura di sette punti percentuali, che sul saggio d'interesse così determinato andrà quindi applicato l'ulteriore aumento nella misura di due punti percentuali previsto dalla disciplina in esame e che per espressa previsione normativa è considerato inderogabile. Si tratta, quindi, di un saggio d'interesse che, a meno che le parti non abbiano concordato specificamente una misura fissa e più ridotta rispetto a quella derivante dall'applicazione del d.lgs. n. 231/2002 (ora d.lgs. n. 192/2012), risulterà sempre superiore a quest'ultimo in virtù della generalizzata maggiorazione di due punti percentuali. Di particolare interesse è la specifica previsione secondo cui la violazione di alcune delle più rilevanti previsioni speciali introdotte dalla legge in esame in materia contrattuale comporta conseguenze anche sotto il profilo sanzionatorio. Infatti, l'art. 62, d.lgs. n. 1/2012, al quinto comma, prevede, per il caso di violazione degli obblighi di forma contrattuale, che: “Salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 1 è sottoposto alla sanzione amministrativa pecuniaria da € 516,00 a € 20.000,00. L'entità della sanzione è determinata facendo riferimento al valore dei beni oggetto di cessione”; e al settimo comma, con riferimento alla violazione degli obblighi derivanti dai termini di pagamento, stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto, da parte del debitore, dei termini di pagamento stabiliti al comma 3 è punito con sanzione amministrativa pecuniaria da 500 € a 500.000 €. L'entità della sanzione viene determinata in ragione del fatturato dell'azienda, della ricorrenza e della misura dei ritardi”. Si tratta, quindi, di vere e proprie ipotesi di illeciti amministrativi ex l. n. 689/1981, il cui accertamento è attribuito in particolare all'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato che, dalla disposizione espressa contenuta nell'ottavo comma dell'articolo 62, è incaricata di vigilare sull'applicazione della legge medesima e di procedere all'irrogazione delle sanzioni per le violazioni innanzi indicate, al cui accertamento, peraltro, l'Autorità di vigilanza provvede o su segnalazione di soggetti interessati o d'ufficio. Queste disposizioni rendono evidente come la disciplina in questione si inquadri in una più ampia prospettiva tesa a tutelare non solo la dimensione più spiccatamente individuale del commercio agricolo e alimentare, ma anche e soprattutto la dimensione collettiva e pubblicistica dello stesso, all'interno del più generale perseguimento di obiettivi di trasparenza e correttezza nella prospettiva della tutela del mercato e della concorrenza. Proprio in quest'ottica si inquadrano, quindi, le disposizioni contenute nella disciplina in esame tese a individuare e sanzionare determinate condotte di natura sleale che si possono riscontrare nei rapporti tra imprenditori commerciali. E così l'articolo 62, al secondo comma, prevede specifiche condotte che possono astrattamente assumere gli imprenditori in materia e che devono considerarsi sleali, considerando tali quei comportamenti tesi a: “a) imporre direttamente o indirettamente condizioni di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose, nonché condizioni extracontrattuali e retroattive; b) applicare condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; c) subordinare la conclusione, l'esecuzione dei contratti e la continuità e regolarità delle medesime relazioni commerciali alla esecuzione di prestazioni da parte dei contraenti che, per loro natura e secondo gli usi commerciali, non abbiano alcuna connessione con l'oggetto degli uni e delle altre; d) conseguire indebite prestazioni unilaterali, non giustificate dalla natura o dal contenuto delle relazioni commerciali; e) adottare ogni ulteriore condotta commerciale sleale che risulti tale anche tenendo conto del complesso delle relazioni commerciali che caratterizzano le condizioni di approvvigionamento”. Tra le varie fattispecie richiamate, particolare rilievo assume la previsione, piuttosto ampia, contenuta nella lettera a) del comma in esame, che sanziona l'imposizione di condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose. In questo ambito, infatti, il decreto attuativo del 19 ottobre 2012 ha fatto rientrare, tra l'altro, la previsione di clausole che escludano l'applicazione di interessi di mora a danno del creditore o che prevedano l'obbligo per il venditore di attendere un termine minimo soltanto decorso il quale è possibile emettere fattura, il che è in evidente contrasto con al disciplina sui termini di pagamento che appare tesa, invece, a dettare una disciplina generalizzata e finalizzata proprio ad evitare che possano esservi slittamenti nell'individuazione dei termini di pagamento, ai quali sono poi connessi i termini per l'applicazione degli interessi. Anche in questo caso la violazione delle disposizioni specificamente dettate comporta l'applicazione di sanzioni; l'art. 62, al comma 6, prevede infatti che: “Salvo che il fatto costituisca reato, il contraente, ad eccezione del consumatore finale, che contravviene agli obblighi di cui al comma 2 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da € 516,00 a € 3.000,00. La misura della sanzione è determinata facendo riferimento al beneficio ricevuto dal soggetto che non ha rispettato i divieti di cui al comma 2”. Anche con riferimento alle ipotesi di comportamenti che integrino delle vere e proprie condotte sleali, quindi, il legislatore ha inteso introdurre delle specifiche ipotesi di illeciti amministrativi al cui accertamento, come si è evidenziato, è preposta l'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato. Per quanto concerne, infine, l'applicazione “ratione temporis” della disciplina, deve in primo luogo osservarsi che, in base alle previsioni contenute nel decreto attuativo, le disposizioni di cui all'art. 62, comma secondo (condotte sleali) e terzo (termini di pagamento e conseguente applicazione di interessi come specificamente disciplinati in caso di ritardo) si applicano a decorrere dal 24 ottobre 2012, data di entrata in vigore della disciplina. Per quanto concerne le altre norme - tra le quali, quindi, assumono particolare rilievo quelle contenute al comma primo relative alla forma e al contenuto essenziale dei contratti di cessione - è stato previsto che, per i contratti già stipulati in forma scritta prima dell'entrata in vigore della nuova disciplina e ancora vigenti dopo tale data, questi siano completati e adeguati, nel caso in cui non contengano tutti gli elementi previsti dal comma primo dell'art. 62, entro il 31 dicembre 2012. Diversamente, per i contratti conclusi oralmente, la cui possibilità è quindi preclusa in radice dalla nuova disciplina che al comma 1 prevede l'obbligo di forma scritta a pena di nullità, i contraenti, anche per evitare di incorrere nelle sanzioni applicabili in base al combinato disposto dell'art. 62, comma 1 e comma 5, dovranno necessariamente stipulare i relativi accordi in forma scritta conformandosi al contenuto previsto dalla legge con decorrenza dal 24 ottobre 2012. Con l'entrata in vigore del d.lgs. n. 198 del 2021, volto ad introdurre nuove regole relative alla commercializzazione dei prodotti agricoli e alimentari, il legislatore ha abrogato l'art. 62 del d.l. n. 1 del 2012, riformulandone la relativa disciplina. In conformità con la previgente normativa del 2012, si richiede che i rapporti contrattuali siano informati ai principi di trasparenza, correttezza, proporzionalità e reciproca corrispettività delle prestazioni, prescrivendosene l'osservanza in tutte le fasi del rapporto commerciale (pertanto anche in quella antecedente e successiva all'instaurazione del vincolo). Altresì, il contratto deve essere obbligatoriamente concluso in forma scritta - prima della consegna dei prodotti ceduti – e vi devono essere indicati durata (che attualmente non può essere inferiore ai 12 mesi, salvo deroga motivata anche in ragione della stagionalità dei prodotti), quantità e caratteristiche del prodotto venduto, prezzo, modalità di consegna e di pagamento. La forma scritta, inoltre, può essere sostituita da forme equipollenti, quali documenti di trasporto o di consegna, fatture, ordini di acquisto con i quali l'acquirente commissiona la consegna dei prodotti, purché le parti si siano accordate su taluni elementi essenziali di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 3. Al fine di dare attuazione alla normativa dell'Unione europea, e pertanto di assicurare l'omogeneità e il livello minimo di tutela, all'art. 4 sono stilate delle liste contenenti l'elenco delle pratiche commerciali sleali vietate (cd. lista nera) e di quelle (comma 4 del medesimo articolo) presunte tali (cd. lista grigia), dunque vietate salvo diverso accordo tra le parti; all'art. 5 vengono indicate poi ulteriori condotte scorrette. Risultano, pertanto, vietate quelle condotte contrarie ai principi di buona fede e correttezza, nonché quelle unilateralmente imposte da una parte nei confronti dell'altra; ciò sulla scia di quanto già previsto dal legislatore del 2012 e in un'ottica di maggior rafforzamento della tutela apprestata ai fornitori quali parte debole delle relazioni commerciali qui in esame. Il d.lgs. individua, inoltre, nell'ICQRF (Dipartimento dell'Ispettorato centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi dei prodotti agroalimentari del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali) l'autorità nazionale deputata all'accertamento delle violazioni delle prescrizioni di cui agli artt. 3, 4 e 5 (elementi essenziali del contratto e condotte che costituiscono pratiche commerciali sleali) e all'irrogazione delle conseguenti sanzioni. Sono, in ogni caso, fatte salve le funzioni attribuite all'Autorità garante della concorrenza e del mercato previste dalle leggi vigenti. Tra le norme di maggior impatto rispetto alla previgente disciplina, occorre fare riferimento ai nuovi termini di pagamento. Mentre l'art. 62 del d.l. n. 1 del 2012 prevedeva che il pagamento del corrispettivo dovesse essere effettuato entro 30 giorni dalla consegna o dal ritiro di tutti i prodotti "deteriorabili" (aventi una durata non superiore a 60 giorni) ed entro il termine di 60 giorni per tutte le altre merci, l'attuale normativa - avendo, in ogni caso, recepito il duplice termine di 30 o 60 giorni a seconda delle caratteristiche delle merci in commercio - ha limitato l'applicazione del suddetto termine più breve di 30 giorni unicamente alla vendita dei prodotti “deperibili”, vale a dire quelli “che per loro natura o nella fase della loro trasformazione potrebbero diventare inadatti alla vendita entro 30 giorni dalla raccolta, produzione o trasformazione”. Profili fiscali L'art. 34 del d.P.R. n. 633/1972 contempla un regime speciale IVA per gli agricoltori, dei quali gli stessi possono sempre beneficiare, ove non esercitino l'opzione per il regime generale IVA. Le peculiarità di tale regime si compendiano in un regime speciale di detrazione dell'Iva, in quanto la stessa non avviene in modo analitico in base all'IVA a pagata ai fornitori ma viene determinata in via forfettaria mediante l'applicazione delle percentuali di compensazione sull'ammontare delle cessioni di prodotti agricoli. Tale regime opera esclusivamente per la cessione di prodotti agricoli ed ittici compresi nella tabella A, parte I allegata al d.P.R. 633/1972. Rientrano nel regime speciale anche la commercializzazione di prodotti agricoli acquistati, da parte di imprese agricole, presso terzi, purché non sia prevalente rispetto alla commercializzazione di prodotti propri. Il regime speciale si applica inoltre: • alla manipolazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione diretta dei propri prodotti; • alla manipolazione, conservazione, trasformazione e commercializzazione di prodotti acquisiti da terzi, a condizione che sia rispettato il principio della prevalenza, e cioè che l'ammontare di questi ultimi prodotti non sia superiore a quelli provenienti dal proprio fondo. Sotto il profilo soggettivo sono ammessi al regime speciale i produttori agricoli in senso stretto, ossia i soggetti che esercitano individualmente o in forma associata le attività agricole previste dall'art. 2135 c.c. e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane a prescindere dal volume d'affari realizzato nell'anno solare precedente; - gli organismi agricoli di intervento, o altri soggetti per loro conto, che effettuano cessioni di prodotti in applicazione di regolamenti della Unione europea concernenti l'organizzazione comune dei mercati dei prodotti stessi; - le cooperative e loro consorzi di cui all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 228/2001; le associazioni e loro unioni costituite e riconosciute ai sensi della legislazione vigente, che effettuano cessioni di beni prodotti prevalentemente dai soci, associati o partecipanti, nello stato originario o previa manipolazione o trasformazione, nonché gli enti che provvedono per legge, anche previa manipolazione o trasformazione, alla vendita collettiva per conto dei produttori soci. Occorre ricordare, per altro verso, che sono esonerati dall'IVA gli imprenditori agricoli aventi un volume d'affari inferiore all'importo di € 7.000,00. |