Revisione dei prezzi previsti nel contratto d'appaltoInquadramentoNel contratto d'appalto il corrispettivo può essere espressamente determinato al momento della conclusione del contratto nel suo preciso ammontare, come può anche, in accordo tra le parti, essere fissato il criterio al quale occorre attenersi per precisarne l'ammontare in un tempo successivo, e cioè nel corso dell'esecuzione dell'opera ovvero ad opera ultimata. Si parla di appalto a corpo, quando il compenso dovuto all'appaltatore è “chiuso”, ossia stabilito al momento della conclusione del contratto per tutti i lavori da svolgersi come definiti nel capitolato senza, di regola, possibilità di variazioni. In tal caso è opportuno che l'intervento da realizzare sia descritto in maniera il più possibile dettagliata, affinché l'appaltatore non sia esposto al rischio di imprevisti. Nell'appalto a misura (o a prezzi unitari) il corrispettivo viene calcolato applicando ad ogni lavorazione un prezzo unitario. Considerando che, nello svolgimento di lavori commissionati in appalto, specie laddove questi abbiano una durata piuttosto lunga, possono verificarsi una serie di situazioni che diano luogo alla necessità di variare il prezzo concordato, esistono una serie di disposizioni normative che si applicano laddove le parti non abbiano previsto una disciplina “speciale”. Se la regola in materia di appalto è l'immodificabilità del prezzo, in quanto l'appaltatore che esegue i lavori deve assumersi il rischio economico (art. 1655 c.c.) dell'eventualità di un costo superiore a quello convenuto vi sono, all'interno del codice civile, una serie di norme che consentono, in determinate ipotesi (che, a loro volta, potranno essere declinate diversamente dalle parti), di adeguare il corrispettivo a fronte di una variante progettuale, di difficoltà nell'esecuzione o di un aumento dei costi intervenuti successivamente. FormulaClausola di revisione dei prezzi in un contratto di appalto di opere private ART. ... REVISIONE DEL CORRISPETTIVO D'APPALTO Fermo quanto detto alla precedente clausola ... [in tema di Variazione delle opere, oggetto di contratto, concordata tra le parti [1] ], nel caso in cui nel corso dell'esecuzione delle opere di cui alla predetta clausola, e prima che le stesse siano ultimate, intervenga un aumento dei prezzi d'acquisto delle materie prime o del costo della manodopera, ai sensi dell'art. 1664 c.c., l'appaltatore potrà chiedere la revisione del corrispettivo, documentando che l'aumento dei costi di cui sopra abbia avuto un'incidenza superiore al decimo complessivo del corrispettivo d'appalto. In caso di variazione del corrispettivo d'appalto ai sensi dell'art. 1664 c.c., resta inteso che i termini di pagamento di cui alla clausola ... [in tema di Corrispettivo d'appalto – termini di pagamento e decadenza dai termini [2] ] rimangono fermi, e l'aumento verrà ripartito, pro quota in parti uguali, sulle singole rate. In caso di contestazione sull'importo della revisione da aggiungere al corrispettivo originariamente stabilito, rimarrà comunque fermo il pagamento stabilito alla clausola 10), salvo il maggior credito vantato dall'appaltatore a fronte della revisione del corrispettivo d'appalto. Clausola contrattuale in cui si dichiara che le parti possono ammettere la revisione prezzi anche nel caso in cui gli aumenti o le diminuzioni del costo dei materiali e della mano d'opera non determinino un accrescimento o una defalcazione superiori al decimo del prezzo convenuto. Il prezzo convenuto quale corrispettivo dell'opera prestata dalla ditta appaltatrice (ditta XY) sarà revisionato, in deroga a quanto stabilito dall'art. 1664, comma 1 c.c., con esclusione di qualsiasi alea. In sede di liquidazione di ogni stato di avanzamento dei lavori è in facoltà della ditta appaltatrice presentare l'elenco dei nuovi prezzi aggiornati per i materiali utilizzati e per le opere svolte, così come risultano dall'ultimo listino delle opere edili edito dalla Camera di commercio di ... : i prezzi aggiornati potranno essere così sostituiti a quelli previsti e allegati al presente contratto. Modello di clausola di revisione dei prezzi da inserire in un contratto di appalto di opere pubbliche ART. ... – CORRISPETTIVI. A fronte del servizio erogato secondo le modalità previste nel presente contratto, l'Amministrazione corrisponderà all'Aggiudicatario/i l'importo così come pattuito nella/e Offerta/e economica/economiche del ... per un importo annuale di € ... (riportare anche in lettere), IVA esclusa (per ogni singolo lotto), e per un totale quinquennale pari ad € ... (riportare in lettere) IVA esclusa. Il pagamento sarà effettuato, con le modalità indicate dal successivo art. ... Al fine dell'adeguamento dei prezzi, ex art. 115 d.lgs. n. 163/2006, saranno sottoposti a revisione periodica i prezzi dei servizi e/o forniture sulla base dei dati di cui all'art. 7, comma 4, lett. c) e comma 5. L'ISTAT cura la rilevazione e l'elaborazione dei prezzi di mercato dei principali beni e servizi acquisiti dalle amministrazioni aggiudicatrici, provvedendo alla comparazione tra questi ultimi ed i prezzi di mercato (art. 17 Revisione dei prezzi del Capitolato Speciale d'oneri). 1. Il cui contenuto potrebbe essere del seguente tenore: “Le variazioni alle modalità d'esecuzione delle opere di cui alla clausola ...), contenute nell'allegato ... al contratto, potranno essere fatte dall'appaltatore solo a fronte di autorizzazione scritta dalla committente, e previa sottoscrizione da parte della committente e dell'appaltatore del nuovo progetto (e/o disegno) contenente le nuove specifiche tecniche di esecuzione delle opere. Per tali variazioni l'appaltatore ha diritto al compenso corrispettivo, da determinarsi per iscritto tra le parti al momento di concordare le variazioni, con i relativi termini di pagamento. Variazioni non potranno essere richieste unilateralmente dalla committente”. 2. Il cui contenuto potrebbe essere del seguente tenore: “Il prezzo dell'appalto è stabilito in complessivi € ... (lettere), oltre IVA ... Il pagamento del prezzo d'appalto dovrà essere effettuato in nn. ... rate, di pari importo, pagabili con assegni (e/o contanti) aventi le seguenti rispettive scadenze: € ... al ... ; € ... al ... ; € ... al ... . Il mancato pagamento anche di una sola rata alla scadenza stabilita, determinerà la decadenza della committente dai termini di pagamento ancora a scadere, con facoltà per l'appaltatore di richiedere immediatamente il pagamento delle rate ancora a scadere. La committente, inoltre, sarà considerata decaduta dai termini di pagamento sopra indicati nei casi previsti dall'art. 1186 c.c., sia nel caso in cui subisca protesti, ingiunzioni di pagamento, sequestri, pignoramenti”. CommentoLa revisione dei prezzi nel contratto d'appalto privato I prezzi di un appalto sono spesso soggetti a mutazioni nell'arco del tempo e, quindi, il corrispettivo pattuito inizialmente tra appaltatore ed impresa esecutrice potrebbe variare. Per tenere conto di tali circostanze si ricorre al meccanismo di revisione dei prezzi in corso d'opera. In linea generale l'art. 1664 c.c. (Onerosità o difficoltà dell'esecuzione) prevede che, se per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d'opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al 10% del complessivo convenuto, l'appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il 10%. Se nel corso dell'opera si manifestano difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non previste dalle parti, che rendono notevolmente più onerosa la prestazione dell'appaltatore, questi ha diritto ad un equo compenso. Il primo comma dell'articolo 1664 riconosce, quindi, ad entrambe le parti (committente e appaltatore) la possibilità di richiedere una revisione del corrispettivo definito nel contratto qualora la variazione dei costi in aumento o in diminuzione sia superiore a una soglia determinata dalla norma stessa, vale a dire il 10% del corrispettivo originariamente pattuito, e solo per la parte eccedente tale soglia. La revisione, peraltro, può essere richiesta solo nei casi in cui la variazione dei costi riguardi almeno uno dei profili richiamati dalla disposizione codicistica, ossia i materiali e la mano d'opera. Con riferimento ai materiali, la variazione del costo può riguardare sia la materia prima utilizzata, che le voci accessorie della stessa (per esempio, le spese del trasporto) e può trattarsi sia di un aumento generalizzato sul territorio, che di una variazione limitata al solo luogo di approvvigionamento dell'esecutore; allo stesso modo, nei costi di mano d'opera sono ricompresi sia i costi collegati alle retribuzioni dei lavoratori, che quelli per assicurazioni sociali e per i vari oneri posti dalla legge a carico dell'appaltatore in qualità di datore di lavoro. La riportata disposizione non ha carattere vincolante per le parti. Queste, pertanto, possono derogare alla norma, fissando convenzionalmente un diverso limite di aumento dei costi ovvero rimuovendo lo stesso limite legale o escludendo dalla revisione l'aumento del costo di alcune prestazioni. La clausola con la quale si escluda, in deroga all'art. 1664 c.c., il diritto dell'appaltatore a ulteriore compenso per le difficoltà impreviste incontrate nell'esecuzione dell'opera (cosiddetto appalto “a forfait”) non comporta alcuna alterazione della scrittura ovvero della funzione dell'appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo, pur così ulteriormente allargato, esorbiti dall'alea normale di questo tipo contrattuale (Cass. II, n. 4198/2014). Le parti, oltre che prevedere nel contratto una soglia diversa da quella legale al superamento della quale operare la revisione del prezzo concordato, possono anche limitare la revisione del prezzo ad alcune voci di spesa, nonché escludere qualsiasi diritto alla revisione, privando il committente, in caso di diminuzione dei costi, della possibilità di ottenere una riduzione di quanto promesso e ponendo interamente a carico dell'appaltatore, in caso di variazione in aumento delle spese, il rischio di sostenere (qualsiasi) costo aggiuntivo e non preventivato, anche se dovuto ad eventi straordinari ed imprevedibili e tale da determinare un'eccessiva onerosità dell'esecuzione dell'opera (Cass. n. 25762/2015). Le variazioni dei costi devono essere dovute a circostanze non prevedibili al momento della conclusione del contratto e, comunque, estranee ad entrambi i contraenti: non possono cioè dipendere dal ritardo dell'appaltatore, che, al contrario, potrà essere condannato al risarcimento del danno cagionato alla controparte. Di conseguenza, nulla potrà essere preteso dall'appaltatore per la mancata effettiva previsione di fattori di per sé prevedibili al momento della conclusione del contratto secondo la media diligenza e perizia (Cass. n. 5951/2008). Non è necessario, però, che si tratti di eventi straordinari (diversamente da quanto previsto dall'articolo 1467 c.c.), potendo le variazioni dipendere anche da eventi di natura ordinaria. Secondo la giurisprudenza di legittimità, l'aumento dei rischi a carico dell'appaltatore non trasforma automaticamente il contratto da commutativo ad aleatorio e ciò neanche nell'ipotesi di esclusione totale della revisione dei prezzi negli appalti cd. a forfait (Cass. n. 4198/2014). Una clausola che, in deroga all'art. 1664 c.c., escluda qualsivoglia ipotesi di operare in corso di esecuzione del rapporto una variazione del corrispettivo concordato per aumento dei costi di materiali e mano d'opera non è considerata dalla giurisprudenza come vessatoria a norma dell'art. 1341, ma la relativa volontà dei contraenti deve essere espressamente manifestata, non essendo sufficienti semplici formule di stile, o desumersi da fatti concludenti, come, per esempio, l'accettazione da parte dell'appaltatore, a conclusione dei lavori, del corrispettivo originariamente pattuito senza avanzare alcuna ulteriore richiesta. Infine, la Suprema Corte ha stabilito che, in un contratto di appalto a corpo o a forfait, il prezzo convenuto è invariabile, se è stato rispettato dalle parti l'obbligo di comportarsi secondo buona fede, per cui l'impresa è stata edotta di ogni elemento idoneo ad influire sull'offerta: in questo caso “grava sull'appaltatore il rischio per la quantità di lavoro necessaria rispetto a quella prevedibile, dovendosi ritenere che la maggiore onerosità dell'opera rientri nell'alea normale del contratto, con conseguente deroga all'articolo 1664 del Codice Civile”. Pertanto, nulla potrà essere preteso dall'appaltatore per il pagamento dei lavori straordinari di cui abbia eventualmente fatto ricorso per adempiere alle proprie prestazioni contrattuali (Cass. n. 11478/2016). Gli orientamenti della Suprema Corte in tema di revisione di prezzi nell'ambito dell'appalto privato Ai fini dell'applicazione dell'art. 1664 c.c., il diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi è subordinato al duplice accertamento che vi sia stato un aumento, in misura superiore al decimo del prezzo convenuto, del costo dei materiali e della mano d'opera impiegati e che tali aumenti fossero imprevedibili al momento della conclusione del contratto, potendo, peraltro, l'imprevedibilità del mutamento riguardare, in epoca di instabilità monetaria, anche la sola misura del mutamento, quando si verifichi un improvviso salto inflattivo, rispetto all'andamento della svalutazione manifestatosi negli anni precedenti, dovuto a particolari contingenze (Cass. S.U., n. 12076/1992). La disposizione di cui all'art. 1664 c.c. (relativa alla revisione del prezzo del contratto di appalto), senz'altro applicabile anche agli appalti pubblici, non ha carattere vincolante per le parti, le quali, pertanto, possono legittimamente derogarvi, con la conseguenza che, in caso di contrasto tra esse circa la reale portata delle clausole contrattuali sul punto della applicabilità o meno della norma de qua, è demandato al giudice di merito, al fine di accertare la reale volontà dei contraenti (se abbiano, cioè, voluto o meno escludere la revisione del prezzo del contratto di appalto), il compito di ricostruirne il comune intento negoziale avvalendosi dei comuni criteri di ermeneutica contrattuale, a partire da quello collegato all'elemento letterale delle clausole negoziali, considerando, all'uopo, che l'intento di derogare alla norma contenuta nell'art. 1664 c.c. non richiede l'uso di particolari espressioni formali, potendo per converso risultare, oltre che da una clausola espressa, anche dall'intero assetto negoziale nel suo complesso (Cass. I, n. 5267/2018). Ne discende che la clausola con la quale si escluda, in deroga all'art. 1664 c.c., il diritto dell'appaltatore all'ulteriore compenso per le difficoltà impreviste incontrate nell'esecuzione dell'opera (cosiddetto appalto a forfait), non comporta alcuna alterazione della struttura ovvero della funzione dell'appalto, nel senso di renderlo un contratto aleatorio, ma solo un ulteriore allargamento del rischio, senza che questo esorbiti dall'alea normale di questo tipo contrattuale. Né in relazione a tale clausola la volontà delle parti di rinunciare alla revisione dei prezzi deve estrinsecarsi in particolari espressioni formali, purché chiaramente manifestata (Cass. II, n. 3013/1992). La norma di cui all'art. 1664 c.c., per le fattispecie da essa contemplate, presenta carattere speciale rispetto alla disposizione di cui all'art. 1467 c.c., della quale impedisce l'applicabilità, in quanto non prevede la risoluzione del contratto, ma solo la revisione dei prezzi o, nel caso di cui al secondo comma, il diritto dell'appaltatore ad un equo compenso (Cass., I, n. 28812/2013). Nel contratto di appalto stipulato tra privati, quando il corrispettivo sia stato determinato a corpo e non a misura, l'appaltatore non può invocare la revisione dei prezzi, di cui all'art. 1664 c.c., per le variazioni di costo intervenute in corso di esecuzione e dipendenti da fattori che al momento della stipula del contratto potevano essere preveduti; quando, invece, gli aumenti siano dipesi da fattori del tutto imprevedibili al momento della stipula del contratto, la revisione dei prezzi è dovuta anche nell'appalto con corrispettivo a corpo, a meno che le parti, nell'esercizio della loro autonomia, non vi abbiano inequivocabilmente rinunciato (Cass. II, n. 1494/2011). Al fine di stabilire la sussistenza del diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi secondo l'ipotesi prevista dall'art. 1664 c.c., il giudice del merito deve in primo luogo accertare se, nel periodo considerato, vi è stato un aumento del costo dei materiali e della mano d'opera impiegati nella specifica attività considerata in misura superiore al decimo del prezzo convenuto, e poi affrontare il problema della prevedibilità di tali eventi in relazione anche al precedente andamento di quei prezzi e ai restanti elementi conoscitivi, fra cui si colloca altresì il vario andamento della complessiva svalutazione monetaria, a sua volta condizionata (quantomeno nella estrema variabilità delle sue fluttuazioni percentuali) da fattori causali non necessariamente legati all'andamento dei mercati (Cass. I, n. 19655/2006). Il diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi in presenza delle condizioni oggettive previste dall'art. 1664 c.c., essendo un elemento naturale del contratto, opera anche se non sia stato espressamente ribadito in occasione della sua stipulazione, ferma peraltro la facoltà delle parti di accordarsi per la sua esclusione o per una diversa disciplina (Cass. II, n. 4779/2005). Il credito dell'appaltatore per revisione prezzi diviene liquido ed esigibile solo con la sentenza che ne accerta la sussistenza e ne determina l'ammontare, sicché non possono spettare interessi moratori prima della liquidazione, che rende esigibile il pagamento, nemmeno quando il compenso revisionale costituisce parte del prezzo di un contratto di compravendita (Cass. I, n. 9520/1995). Da ultimo, va segnalato che la disposizione di cui all'art. 1664 c.c. (relativa alla revisione del prezzo del contratto di appalto), senz'altro applicabile anche agli appalti pubblici, non ha carattere vincolante per le parti, le quali, pertanto, possono legittimamente derogarvi, con la conseguenza che, in caso di contrasto tra esse circa la reale portata delle clausole contrattuali sul punto della applicabilità o meno della norma de qua, è demandato al giudice di merito, al fine di accertare la reale volontà dei contraenti (se abbiano, cioè, voluto o meno escludere la revisione del prezzo del contratto di appalto), il compito di ricostruirne il comune intento negoziale avvalendosi dei comuni criteri di ermeneutica contrattuale, a partire da quello collegato all'elemento letterale delle clausole negoziali, considerando, all'uopo, che l'intento di derogare alla norma contenuta nell' art. 1664 c.c. non richiede l'uso di particolari espressioni formali, potendo per converso risultare, oltre che da una clausola espressa, anche dall'intero assetto negoziale nel suo complesso. In applicazione di tale principio, Cass. I, n. 5267/2018, ha ritenuto che correttamente il giudice di merito avesse accertato la deroga convenzionale in esame, con riferimento ad un contratto di appalto avente ad oggetto la costruzione di una strada, per aver l'appaltatore assunto il c.d. "rischio geologico", inerente la possibilità che fosse necessario estrarre un quantitativo di roccia da mina eccedente quello previsto nel progetto, e ciò in ragione della previsione contrattuale per la quale i prezzi sarebbero rimasti "fissi ed invariabili per qualsiasi eventualità". La revisione dei prezzi negli appalti di opere pubbliche Con riferimento alla revisione dei prezzi, con l'entrata in vigore del nuovo Codice appalti (d.lgs. n. 50/2016) sono state introdotte delle modifiche per i contratti relativi a: 1. Forniture e servizi; 2. Lavori. Secondo il vecchio Codice appalti (d.lgs. n. 163/2006), per i lavori pubblici, in linea di principio, non si poteva procedere alla revisione dei prezzi (art. 133, comma 2) e non si applicava l'art. 1664 c.c. In particolare, per le variazioni di prezzo dei lavori si adottava il prezzo chiuso (art. 133, comma 3), che consiste nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d'asta, aumentato di una certa percentuale (pubblicata dal Mit entro il 30/06 di ogni anno), da applicarsi nel caso in cui la variazione tra il tasso di inflazione reale e quello programmato dell'anno precedente fosse superiore al 2%. In alcuni casi, tuttavia, si poteva derogare a tale regola: qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, avesse subito variazioni in aumento o diminuzione superiori al 10%, si applicava una compensazione del prezzo per la percentuale eccedente tale 10% (art. 133, comma 4). Per Cass. I, n. 24095/2018, la clausola del capitolato speciale di appalto in forza della quale non può essere oggetto di revisione l'importo dei lavori previsti da eseguirsi nell'anno decorrente dalla data di aggiudicazione delle opere e risultante dal programma dei lavori, né quello corrispondente all'anticipazione, fermo restando che l'importo di tali lavori concorre alla determinazione del costo complessivo dell'opera, è legittima in quanto conforme al disposto dell'art. 33 l. n. 41/1986 - nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alla modifica di cui all'art. 3 d.l. n. 333/1992, conv. con modif. dalla l. n. 359/1992 -, poichè il momento dell'accertamento del diritto alla revisione dei prezzi va distinto da quello della quantificazione dell'importo revisionale, dovendosi a quest'ultimo scopo assumere, come base del calcolo della percentuale della cosiddetta alea revisionale del dieci per cento, la totalità della prestazione, senza esclusione di alcuna voce. E' opportuno, in proposito, evidenziare che il contratto che, attraverso il capitolato speciale, non si limiti a fissare astrattamente i criteri per l'individuazione delle prestazioni dovute dall'appaltatore, rimettendone la concreta determinazione ad atti successivi dell'Amministrazione o ad ordini di servizio della direzione dei lavori, ma richiami, per converso, un progetto prestabilito, quantificando ab origine l'importo complessivo correlato, non è qualificabile come "appalto aperto". Tale figura presuppone, infatti, la pattuizione della prestazione dell'appaltatore con riferimento ad un arco di tempo e per interventi non predeterminati nel numero, ma solo nel genere, ed individuati di volta in volta in base alle necessità della stazione appaltante, entro un limite massimo di spesa e senza la preventiva fissazione del corrispettivo per l'appaltatore, destinato ad essere determinato nell'importo solo ex post, in base ai criteri stabiliti nel contratto ed alle prestazioni concretamente richieste (Cass. I, n. 23323/2018). Va, peraltro, chiarito che, ancorché la P.A. committente corrisponda acconti revisionali in corso d'opera, il diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi sorge solo quando, a lavori compiuti, la P.A. adotti un espresso provvedimento attributivo della revisione e determini il compenso revisionale spettante all'appaltatore il quale, fino a tale momento, è portatore di un interesse legittimo pretensivo, sicché, come non vi è un diritto dell'appaltatore di pretendere la revisione, così non vi può essere un diritto della P.A. di ripetere le somme versate a titolo di acconto, poiché l'ammontare della revisione potrà essere determinato solo quando la P.A. avrà deciso se ed in che misura corrisponderla (Cass. I, n. 24096/2018). Qualora l'accordo intervenuto tra le parti per l'esecuzione di nuovi lavori non ecceda un quinto del valore dei lavori originariamente pattuiti, non se ne può presumere, solo per tale caratteristica, la natura accessoria al contratto principale, essendo compito del giudice del merito verificare se possa valere come presupposto logico-giuridico per la configurabilità di un accordo nuovo od autonomo (Cass. I, n. 30886/2018). In linea generale, il nuovo Codice (art. 106, comma 1) prevede la possibilità per tutte le tipologie di appalto (forniture, servizi e lavori) di inserire nei contratti clausole di revisione prezzi che siano a) chiare, b) precise e c) inequivocabili. In particolare, i contratti di appalto nei settori ordinari e nei settori speciali possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento, se le modifiche sono state previste nei documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise ed inequivocabili di revisione dei prezzi (allo stesso modo delle forniture). A proposito della necessità di inserire apposite clausole di revisione, seppure con riferimento al d. lgs. n. 163/2006, si veda TAR Bari II, n. 1375/2023. Tali clausole fissano la portata e la natura di eventuali modifiche, nonché le condizioni alle quali esse possono essere impiegate. Le clausole non possono alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro, ma devono quantificare e definire le modifiche facendo riferimento alla variazione dei prezzi e dei costi standard, ove definiti. In pratica, sia la decisione se ricorrere o meno alla procedura della revisione dei prezzi, sia i meccanismi di revisione del prezzo sono determinati dalla stazione appaltante, che deve darne evidenza nei documenti di gara. Inoltre, relativamente ai contratti di forniture e servizi, restano ferme le disposizioni di cui all'art. 1, comma 511 l. 208/2015 (legge di stabilità 2016), la quale prevede che, in caso di variazione dei prezzi, in aumento o in diminuzione, superiore al 10%, l'appaltatore o il soggetto aggregatore ha facoltà di richiedere una riconduzione ad equità o una revisione del prezzo medesimo. La variazione di prezzo in aumento o in diminuzione segue regole ben precise: deve essere valutata sulla base dei prezzari di riferimento e si applica una franchigia del 10%; è possibile, infatti, variare il prezzo solo per l'eccedenza in aumento o in diminuzione rispetto al 10% del prezzo originario e nella misura pari alla metà dell'eccedenza. Da notare che questi limiti si applicano solo ai lavori e non alle forniture. Gli orientamenti della Suprema Corte in tema di revisione di prezzi nell'ambito dell'appalto privato La revisione prezzo è ammessa nei contratti ad esecuzione continuata e periodica fin dalla l. n. 537/1993 e con la successiva l. n. 724/1994, prevedendo che tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. Ciò sta a significare che, ai sensi dell'art. 44, comma 4, l. n. 724/1994, per tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, relativi a servizi o forniture, è obbligatoria l'inserzione di una clausola di revisione periodica del prezzo da operare sulla base di una istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell'Amministrazione e che, conseguentemente, sono nulle le clausole contrattuali che escludono la revisione del canone. Nelle gare pubbliche l'istituto della revisione prezzi è preordinato alla tutela dell'esigenza primaria dell'Amministrazione pubblica di evitare che il corrispettivo del contratto subisca aumenti incontrollati nel corso del tempo, tali da sconvolgere il quadro finanziario sulla cui base è intervenuta la stipulazione del contratto, e solo in via mediata alla tutela dell'interesse dell'impresa a non subire l'alterazione dell'equilibrio contrattuale conseguente alle modifiche dei costi sopraggiunte durante l'arco del rapporto (Cons. St. V, n. 6275/2014). L'istituto della revisione prezzi ha, dunque, natura imperativa, applicabile pure in mancanza o contro la volontà contrattuale manifestata che dev'essere modificata ed integrata, secondo il meccanismo di sostituzione automatica di cui al combinato disposto degli artt. 1339 e 1419 c.c. (avendo il meccanismo revisionale lo scopo di tutelare il pubblico interesse a che le prestazioni di beni e servizi da parte degli appaltatori della pubblica Amministrazione non subiscano con il tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidendo sulla percentuale di utile stimata al momento della formulazione dell'offerta, così sconvolgendo il quadro finanziario sulla cui base è stato stipulato il contratto). In conformità a detto principio, la clausola che pone a carico dell'appaltatore le variazioni dei prezzi entro la pattuita alea contrattuale non è conforme alla predetta disposizione e va sostituita ed integrata con la disposizione di legge imperativa che non contempla alcuna franchigia (T.A.R. Sicilia, Catania III, n. 207/2018). In definitiva, nonostante l'assenza di un'apposita clausola contrattuale (ovvero in presenza di una clausola contrattuale difforme), l'istituto della revisione dei prezzi opera di diritto. Infatti, il riferimento normativo alla clausola revisionale, avente carattere di norma imperativa e al quale si applicano gli artt. 1339 e 1419 c.c., non attribuisce alle parti margini di libertà negoziale, ma impone di tradurre sul piano contrattuale l'obbligo legale, definendo anche i criteri e gli essenziali momenti procedimentali per il corretto adeguamento del corrispettivo. Nondimeno, tale principio non comporta anche il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma solo che l'Amministrazione proceda agli adempimenti istruttori normativamente sanciti; la posizione dell'appaltatore è, quindi, di interesse legittimo, quanto alla richiesta di effettuare la revisione in base ai risultati dell'istruttoria, poiché questa è correlata ad una facoltà discrezionale riconosciuta alla Stazione Appaltante che deve effettuare un bilanciamento tra l'interesse dell'appaltatore alla revisione e l'interesse pubblico connesso al risparmio di spesa e alla regolare esecuzione del contratto aggiudicato. I risultati del procedimento di revisione prezzi sono, quindi, espressione di facoltà discrezionale, che sfocia in un provvedimento autoritativo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge. In particolare, il diritto dell'appaltatore alla revisione dei prezzi, sia con riguardo al quantum della revisione, sia con riguardo alla responsabilità dell'amministrazione per interessi ed eventuale maggior danno sulla somma dovuta, sorge soltanto dal momento del riconoscimento della revisione medesima da parte dell'Amministrazione, per il tramite dell'organo dell'ente pubblico abilitato a manifestare la volontà, con la conseguenza che tale riconoscimento non può mai considerarsi pacifico tra le parti, e perciò non abbisognevole di prova, anche in mancanza di contestazione, atteso che non possono considerarsi pacifici tra le parti i fatti per i quali la legge richieda un atto scritto ad substantiam o ad probationem (Cass. I, n. 23071/2016). Il divieto di inserire nei contratti di appalto di opere pubbliche la clausola che preveda come obbligatoria la revisione dei prezzi (di cui all'art. 2 l. n. 37/1993) si applica anche nel caso in cui l'appaltante sia una società concessionaria dello Stato o di altro ente pubblico (Cass. I, n. 5065/2017). D'altra parte, è nulla la clausola del contratto di appalto, ai sensi della quale il canone pattuito è "fisso per l'intero periodo del contratto”. L'art. 115 d.lgs. n. 163/2006 è una norma che non può essere derogata da parte delle Pubbliche Amministrazioni committenti, per cui, come si è detto, trova applicazione, ai sensi dell'art. 1339 c.c., anche in caso di mancata previsione in sede contrattuale e/o in caso di previsione di un'apposita clausola contrattuale contrastante con la suddetta norma. Negli appalti pubblici la revisione prezzi riveste carattere periodico — operando con cadenza annuale, a decorrere dal compimento dell'anno successivo alla stipula del contratto di appalto di servizi — e si collega alla corretta determinazione dei compensi contrattuali, i quali devono essere corrisposti annualmente, previa espressa richiesta dell'interessato; inoltre, data la natura di debito di valuta propria del compenso a titolo di revisione dei prezzi in materia di contratti ad esecuzione periodica o continuativa, lo stesso è soggetto alla corresponsione degli interessi di mora per ritardato pagamento dal momento in cui sono dovuti e sino all'effettivo soddisfo, in applicazione del d.lgs. n. 23/2002, di attuazione della direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento della Pubblica amministrazione nelle transazioni, mentre non è dovuta la rivalutazione monetaria in mancanza della prova da parte dell'impresa creditrice di avere subito un danno maggiore dell'importo corrispondente agli interessi legali (T.A.R. Puglia, Lecce II, n. 1518/2017). Il meccanismo legale di aggiornamento del canone degli appalti pubblici di servizi e delle pubbliche forniture prevede che la revisione dei prezzi venga operata a seguito di un'istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell'acquisizione dei beni e dei servizi sulla base dei dati rilevati e pubblicati semestralmente dall'ISTAT sull'andamento dei prezzi dei principali beni e servizi acquisiti dalle Amministrazioni Appaltanti. A fronte, tuttavia, della mancata pubblicazione da parte dell'ISTAT di tali dati, la revisione prezzi deve essere calcolata utilizzando l'indice (medio del paniere) di variazione dei prezzi per le famiglie di operai e impiegati (cd. Indice FOI), mensilmente pubblicato dal medesimo ISTAT, trattandosi di parametro generale al quale al momento si deve fare riferimento, potendo l'appaltatore solo in casi eccezionali affermare il suo diritto ad un maggior compenso revisionale fondato su criteri differenti, ma sempre tale da non superare i valori ottenibili con i predetti parametri. L'utilizzo dell'indice F.O.I. per la revisione del corrispettivo dell'appalto non esonera la stazione appaltante dal dovere di istruire il procedimento, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto, al fine di esprimere la propria determinazione discrezionale, ma segna il limite massimo oltre il quale, salvo circostanze eccezionali che devono essere provate dall'impresa, non può spingersi nella determinazione del compenso revisionale; laddove, pertanto, l'impresa dimostri, durante l'istruttoria, l'esistenza di circostanze eccezionali che giustifichino la deroga all'indice F.O.I., la quantificazione del compenso revisionale potrà effettuarsi con il ricorso a differenti parametri statistici. Profili fiscali In tema di imposte sui redditi, l'art. 63 d.P.R. n. 597/1973, prevede che le opere pattuite come oggetto unitario e con tempo di esecuzione ultrannuale in contratti di appalto devono essere comprese tra le rimanenze di ciascun periodo d'imposta al termine del quale sono in corso di esecuzione e tra le giacenze iniziali del periodo successivo per il valore complessivo della parte eseguita, da determinarsi sulla base dei corrispettivi pattuiti, e delle maggiorazioni di prezzo richieste in applicazione di disposizioni di legge o di clausole contrattuali si tiene conto, finché non siano definitivamente stabilite, in misura non inferiore al 50%, e, pertanto, le "riserve" di revisione prezzi formulate dall'appaltatore nel corso dei lavori non comportano alcuna maggiorazione del valore delle rimanenze se risultano prive di fondamento giuridico (Cass. trib., n. 6084/2001). Va qualificato come contratto a prezzo indeterminato, tassabile con l'imposta di registro a norma dell'art. 77 d.P.R. n. 634/1972, un contratto di appalto con la clausola di revisione dei prezzi e conseguentemente anche i successivi e relativi contratti di sottomissione, che non possono essere qualificati indipendentemente dal contratto principale, soggiacciono alla medesima disciplina (Comm. trib. centr. XVI, n. 3371/1980). |