Contratto di vendita di cosa altruiInquadramentoLa vendita di cosa altrui è prevista dagli articoli 1478 e ss. c.c. e ricorre quando il venditore trasferisce un diritto che appartiene ad altri. Se al momento del contratto la cosa venduta non era di proprietà del venditore, questi è obbligato a procurarne l'acquisto al compratore. Il compratore diventa proprietario nel momento in cui il venditore acquista la proprietà dal titolare di essa. Si tratta di una vendita obbligatoria: il consenso delle parti ha, infatti, un effetto meramente obbligatorio e produce unicamente l'obbligo del venditore di procurare la proprietà al compratore, senza trasferimento della proprietà; l'effetto traslativo, invece, è rimandato al momento in cui il venditore riesce ad acquistare la proprietà della cosa dal terzo (trasferimento che ha quindi efficacia ex nunc). Ciò significa che al momento in cui il venditore acquista la cosa dal terzo si ravvisano due passaggi di proprietà: il primo dal terzo al venditore della cosa altrui; il secondo dal venditore della cosa altrui al compratore. Prima del trasferimento della cosa al compratore si ritiene applicabile, in quanto compatibile, la disciplina della vendita condizionata e in particolare gli artt. 1357 e 1358 c.c. Dopo il trasferimento è applicabile l'ordinaria disciplina della vendita, compresa la disciplina della risoluzione e della rescissione. Alla vendita va apposto, di norma, un termine finale, il quale, se manca, può essere fissato dal giudice. La responsabilità del venditore quando il terzo si rifiuti di alienare la cosa presuppone la colpa del primo. Invero, essendo l'istituto inquadrato nell'ambito della cosiddetta vendita obbligatoria, ciò implica che nel negozio stipulato tra le parti è ravvisabile un vero e proprio “obbligo” di procurare la proprietà al compratore ai sensi dell'arti. 1476 n. 2 c.c. (e del resto ribadito dall'art. 1478 c.c.); tale obbligo non può che essere trattato alla stregua di qualsiasi altra obbligazione. FormulaContratto preliminare di vendita di cosa altrui Tra - Sig. ... nato a ... il c.f. ... , residente in ... , alla via ... n. ... , - Promittente venditore - e - Sig. ... , nato a ... , il ... , c.f. ... , residente in ... , alla via ... n. ... , Promissario acquirente ... PREMESSO CHE - Il Promittente venditore intende vendere il seguente bene mobile/immobile: ... di proprietà del Sig. ... ; - Il Promissario acquirente intende acquistare il predetto bene, previo trasferimento della proprietà del bene medesimo in capo al Promittente venditore. Tutto ciò premesso e richiamato come parte essenziale, inscindibile e integrante della propria volontà e della pattuizione, le parti convengono e stipulano quanto segue 1) Il presente contratto ha per oggetto la promessa di trasferimento, in favore del Promissario acquirente, del seguente bene mobile/immobile, come meglio descritto in premessa; 2) Il bene oggetto del presente contratto non è attualmente di proprietà del Promittente venditore, il quale si obbliga ad acquistarlo dal proprietario entro il termine di ... dalla sottoscrizione del presente contratto; 3) Il prezzo complessivo del bene pattuito dalle parti è di € ... (€ ... / ... ); 4) Il prezzo, come sopra indicato, verrà corrisposto nei termini e con le modalità seguenti: a) € ... (€ ... / ... ), pari al ... % dell'intero prezzo convenuto, vengono corrisposti dal Promissario acquirente, contestualmente alla sottoscrizione della presente scrittura, al Promittente venditore, il quale ne rilascia ampia quietanza; tale importo s'intende versato a titolo di caparra confirmatoria; b) € ... (€ ... / ... ), a saldo del prezzo, verrà versato alla data di stipula dell'atto notarile; 5) La stipula dell'atto definitivo di compravendita avrà luogo in ... entro e non oltre l'indifferibile termine di ... dalla data del presente atto; termine il cui mancato rispetto, rivestendo natura di termine essenziale, costituirà inadempimento di grave entità; 6) Si conviene espressamente la competenza esclusiva del Foro di ... per qualsiasi controversia inerente, connessa e conseguente questo contratto; 7) Le spese di registrazione e, ove necessario, di trascrizione con autentica delle firme della presente scrittura sono a carico della parte acquirente; 8) Per quanto non previsto nel presente contratto si applicano le disposizioni del codice civile. Letto, approvato e sottoscritto Luogo e data ... Firme ... CommentoLa vendita di cosa altrui La vendita di cosa altrui possiede un'efficacia potenzialmente traslativa, pur se differita, sicché le parti non assumono l'impegno di concludere una futura vendita, ma sono obbligate immediatamente: il venditore è tenuto a trasferire il diritto, il compratore a pagare il prezzo convenuto, senza necessità della formazione di un nuovo consenso. Al contrario, la promessa di vendita di un bene altrui (v. postea), anche se non obbliga le parti alla stipula di un futuro contratto di vendita di cosa altrui, obbliga tuttavia il promittente venditore a procurare l'acquisto del diritto finale al promissario acquirente mediante un negozio ad immediati effetti reali. In caso di vendita (o preliminare di vendita) di cosa altrui, l'alienante (o promittente venditore) può adempiere l'obbligazione anche provocando un diretto trasferimento dal terzo al compratore (promissario acquirente), tramite un negozio solutorio, un negozio — cioè — con il quale il terzo adempie ad un obbligo altrui. Si è al cospetto di un adempimento diretto da parte del terzo titolare, il quale adempirebbe così direttamente l'obbligo traslativo del venditore nei confronti del compratore (o promissario acquirente). Peraltro, se è anche il terzo a stipulare la vendita definitiva nei confronti del compratore, le obbligazioni tipiche del contratto restano a carico del venditore (cfr., Cass. n. 3963/1984; Cass. n. 1694/1984; Cass. n. 6977/1986; Cass. n. 15035/2001; Cass. S.U., n. 11624/2006). Pertanto, nel caso di vendita di cosa altrui avente effetti meramente obbligatori, l'obbligazione del venditore di far acquistare al compratore la proprietà della cosa può essere adempiuta non solo mediante l'acquisto della cosa da parte del soggetto obbligato con l'effetto legale (art. 1478, comma 2 c.c.) di far divenire proprietario l'acquirente, ma anche con il procurare la stipulazione della vendita direttamente con il terzo proprietario al compratore, inserendo all'uopo nel contratto apposita clausola che preveda come obbligatoria la cooperazione del compratore (il quale in mancanza non sarebbe tenuto a prestarla), senza che tale clausola possa ritenersi contraria a norme imperative in materia fiscale (con riguardo all'imposta di registro dovuta per ogni trasferimento del bene) operando sul diverso piano dell'adempimento dell'obbligo del venditore di cosa altrui ed inserendosi in funzione strumentale in uno dei modi di adempimento del suddetto obbligo (Cass. II, n. 7054/1990). Gli articoli da prendere in considerazione nel caso di specie sono il 1478 c.c. e il 1479 c.c. Il primo regola la vendita di cosa dichiaratamente altrui, cioè la vendita in cui l'acquirente è messo a conoscenza dell'altruità del bene, e decreta la nascita, a carico del venditore, dell'obbligazione di fare acquistare la proprietà della cosa al compratore. Conseguentemente l'acquirente, consapevole dell'alienità del bene al momento del contratto, avendo convenuto con l'altra parte un'efficacia meramente obbligatoria, dovrà attendere il decorso del termine concesso al venditore per adempiere, prima di esperire l'azione di risoluzione e chiedere il risarcimento di eventuali danni. Il secondo, al contrario, regola la vendita di cosa altrui venduta come propria (cioè la vendita in cui l'acquirente non è messo a conoscenza dell'altruità del bene, risultando così violata immediatamente l'obbligazione a carico del venditore) e dispone che l'acquirente può immediatamente chiedere la risoluzione del contratto: egli infatti, non essendo consapevole dell'alienità del bene, intendeva concludere un contratto a efficacia reale immediata e non differita (Cass. n. 2656/2001; Cass. n. 11624/2006, cit.). Nella vendita (o nella promessa di vendita di cosa altrui), la quale non integra una promessa del fatto del terzo, in quanto con essa il venditore (o il promittente venditore) assume in proprio l'obbligazione del trasferimento del bene, il diritto alla risoluzione del contratto ed all'eventuale risarcimento del danno spetta non soltanto al compratore (o al promittente compratore) che ignori l'altruità del bene, secondo la previsione dell'art. 1479 c.c., ma anche al compratore (o al promittente compratore) che sia consapevole di tale altruità, in applicazione dei principi generali fissati dagli artt. 1218,1223 e 1453 c.c., qualora sia scaduto il termine fissato dal contratto o dal giudice, entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto, salvo che il venditore (o il promittente venditore) non provi che il suo inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. II, n. 12410/2001). Peraltro, mentre in quest'ultima ipotesi il compratore o il promissario acquirente deve attendere la scadenza del termine convenzionalmente stabilito o fissato dal giudice per l'adempimento del venditore o del promissario venditore, nell'ipotesi considerata dall'art. 1479 c.c. il compratore o il promissario acquirente può agire illico et immediate per la risoluzione, salvo che, prima della domanda di risoluzione, la situazione sia stata sanata con l'acquisto del diritto da parte del venditore (o promittente venditore) o con la vendita direttamente effettuata dal terzo titolare a favore del compratore (o del promissario acquirente; Cass. n. 2656/2001, cit.). Allorquando la vendita di cosa altrui non sia stata convenuta come tale, ignorando il compratore che la cosa non era di proprietà del venditore (art. 1479 c.c.), si realizza un'ipotesi di inadempimento di quest'ultimo all'obbligo di trasferire la proprietà, il cui rimedio per il compratore è quello della risoluzione del contratto, per evitare la quale il venditore ha l'onere di far acquistare all'altro contraente la proprietà della cosa, senza che il compratore abbia diritto ad ottenere, anche coercitivamente, questo risultato (Cass. II, n. 2827/1987). In definitiva, il diritto di chiedere la risoluzione del contratto non è precluso all'acquirente consapevole dell'alienità (o parziale alienità) della cosa al momento della conclusione del contratto, essendo tale diritto riconducibile alla mancata attuazione dell'effetto traslativo, cioè all'inadempimento di una delle obbligazioni principali ed essenziali del venditore, ovvero quella di far acquistare al compratore la proprietà della cosa o il diritto, così come prescrive l'art. 1476, n. 2 c.c. Tuttavia, il diritto dell'acquirente consapevole dell'altruità della cosa venduta alla risoluzione ed al risarcimento del danno è subordinato all'avvenuto decorso di un termine (fissato dal contratto o dal giudice) entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto (Cass. II, n. 12953/2000). Il diritto alla risoluzione del contratto ed all'eventuale risarcimento del danno, pertanto, spetta anche al compratore che sia consapevole di tale altruità, in applicazione dei principi generali fissati dagli artt. 1218,1223 e 1453 c.c., in relazione all'art. 1476 n. 2 c.c., qualora, scaduto il termine (fissato dal contratto o dal giudice) entro il quale il venditore deve procurarsi la titolarità del bene venduto, il venditore medesimo non superi la presunzione di colpa nell'inadempimento, fornendo la prova che lo stesso sia determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile (Cass. S.U., n. 1676/1982). Ciò non esclude che il compratore che al momento della conclusione del contratto ignorava che la cosa compravenduta non era di proprietà del venditore possa restringere la sua pretesa, ove il venditore non gli abbia fatto acquistare nel frattempo la proprietà della cosa, al solo risarcimento dei danni, in tal senso dovendo essere intesa la salvezza del disposto dell'art. 1223 c.c. contenuta nel comma 2 dell'art. 1479 c.c. (Cass. II, n. 1600/1993). L'art. 1479 c.c. – che prevede espressamente che l'azione di risoluzione e di risarcimento sia proposta dal compratore in buona fede, ossia che al momento della conclusione del contratto ignorasse l'appartenenza ad altri della cosa venduta – non comporta che al compratore in mala fede siano precluse le predette azioni, dovendosi ritenere soltanto che, in tale ipotesi, il compratore non possa chiedere subito la risoluzione del contratto e non possa sospendere il pagamento del prezzo, poiché occorre dar tempo e modo al venditore (salvo che sia stabilito un termine, di procurarsi la cosa venduta). Quando il contratto non sia stato stipulato a rischio e pericolo del compratore e non vi sia stata esplicita rinunzia convenzionale alla garanzia, l'azione ordinaria di responsabilità per l'inadempimento, da parte del venditore di cosa altrui, dello obbligo di procurare la cosa stessa al compratore, può essere esperita dallo stesso promittente compratore (anche se consapevole della alienità della cosa; Cass. II, n. 9112/1987). L'estinzione per prescrizione del diritto del compratore a vedersi procurato l'acquisto della cosa da parte del venditore, non può ritenersi operante allorquando, dopo la scadenza del relativo termine, il venditore acquisti la proprietà dal titolare di essa, senza alcuna manifestazione di volontà intesa ad elidere gli effetti che derivano ai sensi dell'art. 1478, comma 2 c.c., cioè il conseguente automatico acquisto della proprietà da parte del suo avente causa, ponendo così in essere un vero e proprio adempimento spontaneo della obbligazione posta a suo carico dal comma 1 di detto articolo, con un comportamento inconciliabile con la volontà di avvalersi della prescrizione a termini dell'art. 2937 c.c. (Cass. II, n. 6977/1986). Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui. Al contratto preliminare di compravendita di cosa parzialmente altrui (nella specie, un fondo indiviso) si adatta la disciplina prevista dagli artt. 1478 e 1480 c.c., con la conseguenza che il promittente venditore resta obbligato, oltre che alla stipula del contratto definitivo per la quota di sua spettanza, a procurare il trasferimento al promissario acquirente anche di quella rimanente, o acquistandola e ritrasferendola al promissario acquirente, oppure facendo in modo che il comproprietario addivenga alla stipulazione definitiva (Cass. II, n. 26367/2010 e, più di recente, Cass. II, n. 26833/2023, anche con riferimento alla possibilità di agire ex art. 2932 c.c. anche prima dell'acquisto dal parte del promittente, a condizione che poi si perfezioni in corso di causa ). L'obbligo del promittente venditore di procurare l'acquisto della proprietà della cosa può essere, quindi, adempiuto anche mediante vendita diretta della cosa medesima dal terzo a detto promissario, purché tale trasferimento abbia luogo in conseguenza di una attività svolta dallo stesso promittente alienante nell'ambito dei suoi rapporti con il proprietario e che quest'ultimo manifesti, in modo chiaro e inequivoco, la volontà di vendere il bene al promissario acquirente e in ragione dell'adempimento degli obblighi assunti nei confronti del promittente venditore. In applicazione di tale principio, Cass. II, n. 13987/2010 , ha confermato, sul punto, la sentenza di merito che aveva escluso potesse ricondursi all'attività del promittente alienante l'acquisto da parte del promissario acquirente in quanto avvenuto a seguito di partecipazione ad un'asta pubblica e successiva aggiudicazione (in senso conforme, cfr. Cass. n. 14751/2006 e Cass. n. 15035/2001). In particolare, il previo acquisto da parte del venditore o promittente venditore della proprietà del bene costituisce solo il modo ordinario, e non esclusivo, di adempimento dell'obbligo di procurare l'acquisto della proprietà al compratore; esso, infatti, in realtà può essere attuato in tutti i modi che permettano al compratore di raggiungere il risultato che intendeva conseguire e che il venditore o promittente venditore si era impegnato a fargli ottenere: l'acquisto, cioè, del diritto senza ulteriori oneri e rischi. Conseguentemente, per evitare un doppio trasferimento il venditore o promittente venditore può esattamente adempiere adoperandosi affinché il promissario acquirente acquisti il diritto direttamente dal terzo proprietario. In tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa altrui, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario. Da ciò discende, da un lato, che il promissario acquirente che ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, potendo il promittente venditore, fino a tale momento, adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela; dall'altro che è solo dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, che può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ex art. 2932 c.c., essendo venuta meno l'altruità della "res", fatto ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato (Cass.II, Ordinanza n. 28856/2021) . Il contratto preliminare di compravendita di cosa parzialmente altrui è valido, benché insuscettibile di esecuzione in forma specifica ai sensi dell'art. 2932 del c.c. e obbliga il promittente venditore, oltre che alla stipula del contratto definitivo per la quota di sua spettanza, a procurare il trasferimento, al promissario acquirente, anche di quella rimanente (o acquistandola e ritrasferendola al promissario acquirente, oppure facendo in modo che il comproprietario addivenga alla stipulazione definitiva), rimanendo tale contratto assoggettato all'ordinario regime risolutorio per il caso di inadempimento della obbligazione assunta dal promittente venditore (Cass. II, n. 20701/2017). In caso di preliminare di vendita di cosa altrui può essere pronunciata sentenza di esecuzione specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., dal momento in cui il venditore acquisisce la proprietà della cosa promessa in vendita, venendo meno il fatto (ossia l'altruità della res) ostativo alla sentenza traslativa con effetto immediato (Cass. II, n. 8417/2016). Come detto, in tema di contratto preliminare di vendita, il promittente venditore di una cosa che non gli appartiene, anche nel caso di buona fede dell'altra parte, può adempiere la propria obbligazione procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario. Pertanto, il promissario acquirente, il quale ignori che il bene, all'atto della stipula del preliminare, appartenga in tutto od in parte ad altri, non può agire per la risoluzione prima della scadenza del termine per la conclusione del contratto definitivo, in quanto il promittente venditore, fino a tale momento, può adempiere all'obbligazione di fargli acquistare la proprietà del bene, acquistandola egli stesso dal terzo proprietario o inducendo quest'ultimo a trasferirgliela (Cass. II, n. 4164/2015). Peraltro, il promittente alienante può adempiere le proprie obbligazioni procurando l'acquisto del promissario direttamente dall'effettivo proprietario, anche quando al momento della conclusione del preliminare il promissario avesse in buona fede ignorato la non appartenenza del bene al promittente (Cass. S.U., n. 11624/2006). Invero, l'art. 1479 c.c., almeno per la parte che consente al compratore di buona fede di chiedere la risoluzione del contratto, non è applicabile al contratto preliminare, perché la disposizione in esame è coerente con la natura di vendita definitiva, destinata nell'intenzione delle parti ad esplicare l'immediato effetto traslativo stabilito dall'art. 1376 c.c., che però è impedito dall'altruità della cosa; altruità che, invece, non incide sul sinallagma instaurato con il contratto preliminare, il quale ha comunque efficacia solo obbligatoria, essendo quella reale differita alla stipulazione del definitivo, sicché nessun danno, fino alla scadenza del relativo termine, ne deriva per il promissario acquirente. Conseguentemente, il promissario acquirente, anche se non consapevole dell'altruità del bene, non è abilitato ad agire per la risoluzione se l'altra parte, nel momento in cui vi è tenuta, è comunque in grado di fargli ottenere l'acquisto (Cass., n. 925/1997; Cass. n. 13330/2000; Cass. n. 2656/2001; Cass. n. 15035/2001; Cass. n. 21179/2001, Cass., n. 24782/2005). Di conseguenza, non può essere accolta la domanda con la quale si chieda di dichiarare la nullità del contratto per mancanza dell'oggetto, non trattandosi di invalidare il contratto, bensì di chiederne la risoluzione dopo la scadenza del termine per la conclusione del definitivo, qualora l'obbligo del venditore sia rimasto inadempiuto (Trib. Reggio Calabria 2 maggio 2006, n. 561). Peraltro, nell'ipotesi in cui alla stipulazione di un contratto preliminare di vendita di cosa altrui, con la clausola "per sé o per persona da nominare", abbia fatto seguito un contratto di vendita stipulato direttamente tra il proprietario della cosa ed il terzo beneficiario della stipulazione preliminare, per un prezzo superiore a quello pattuito nel preliminare e senza alcun riferimento a quest'ultimo contratto, ed in particolare alla caparra versata all'atto della stipulazione dello stesso, il promissario acquirente può invocare la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento e richiedere la restituzione della caparra al promittente venditore (App. Cagliari 6 giugno 1997). È importante evidenziare che, poiché, ai sensi dell'art. 1755 c.c., per atto conclusivo dell'affare deve intendersi qualsiasi operazione che comporti un'utilità economica, spetta la provvigione al mediatore se, per effetto del suo intervento, le parti abbiano stipulato un contratto preliminare di vendita di cosa altrui, che, ripetesi, non è nullo né annullabile, ma fa sorgere a carico del promittente venditore l'obbligo di acquistare dal proprietario il bene, al fine di ritrasferirlo al promissario acquirente (Cass. II, n. 8555/2006). Il contratto preliminare di vendita di cosa altrui rimane pur sempre una fattispecie bilaterale tra promittente venditore e promissario acquirente, sicché il proprietario che vi aderisca non assume alcun obbligo diretto nei confronti del promissario acquirente, restando obbligato esclusivamente verso il promittente alienante (Cass. II, n. 18097/2014; Cass. S.U., n. 11624/2006). Ciò in quanto non è parte del preliminare di vendita di cosa altrui (altrimenti si avrebbe un preliminare di vendita di cosa propria), ma assume un obbligo esclusivamente nei confronti del promittente alienante (o, come più spesso capita, riconosce un preesistente obbligo nei confronti di questi). Pertanto, non essendovi alcuna obbligazione dell'effettivo proprietario del bene nei confronti del promissario acquirente di cosa altrui, quest'ultimo non può effettuare alcuna diffida ad adempiereex art. 1454 c.c. nei confronti del primo, ma esclusivamente nei confronti del promittente alienante. Il promissario acquirente, il quale ignorava che, al momento della stipula del contratto preliminare, la cosa promessa non apparteneva al promittente venditore, bensì ad un terzo, può sia proporre l'eccezione di inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., sia chiedere, ai sensi dell'art. 1479 c.c., la risoluzione del contratto per inadempimento del promittente (Cass. II, n. 8434/1995). L'alienità dei beni promessi in vendita costituisce un limite invalicabile al diretto trasferimento del diritto dominicale dal promittente venditore, in quanto non proprietario dei beni, alla promissaria acquirente, potendo, pertanto, il promissario acquirente di cosa altrui agire esclusivamente nei confronti del suo promittente alienante. Quest'ultimo è, quindi, legittimato, a sua volta, ad esperire i rimedi di legge nei confronti dell'effettivo proprietario che, essendosi obbligato in tal senso, non voglia successivamente prestare il proprio consenso al trasferimento del bene (Trib. Nola II, 6 ottobre 2012). Al fine di non pregiudicare la posizione dell'acquirente, il quale, nel caso in cui alla stipula del contratto definitivo provveda direttamente l'effettivo proprietario del bene, si troverebbe garantito per quanto riguarda le garanzie tipiche della vendita da un soggetto diverso da quello su cui aveva fatto affidamento, la giurisprudenza prevalente è orientata nel senso che la conclusione del definitivo, per tali profili, non assorbe né esaurisce gli effetti del preliminare, il quale continua a regolare i rapporti tra le parti, sicché il promittente alienante resta responsabile per le garanzie di cui si tratta (Cass. n. 7054/1990; Id. n. 2091/1999; Id. n. 3963/1984). In definitiva, anche nel caso in cui il diritto venga trasferito direttamente dal terzo proprietario, il contratto di compravendita intercorre tra gli originari contraenti e il venditore è pur sempre il promittente la vendita, di modo che su di lui ricadono tutte le obbligazioni connesse a tale sua qualità, come quella della consegna della cosa, della garanzia per l'evizione e della garanzia per i vizi (Cass. n. 3058/1973). In quest'ottica, il promissario acquirente è inadempiente se rifiuta l'adempimento della prestazione quando questa sia eseguita direttamente dal terzo proprietario, non vantando un interesse giuridicamente rilevante all'adempimento personale da parte del promittente venditore, il quale, come detto, conserva la posizione di unico venditore obbligato a prestare le garanzie di legge. In mancanza di dubbi in ordine al reale significato delle dichiarazioni contrattuali, la vendita di un bene immobile effettuata dal promissario acquirente dello stesso si configura come vendita di cosa altrui, e non come cessione del contratto preliminare (Cass. III, n. 15035/2001). In un contratto preliminare di compravendita, il fatto che le parti diano atto che il bene in questione è di proprietà controversa, in quanto oggetto di una lite pendente tra il venditore e un terzo, non costituisce, di per sé, prova del carattere aleatorio del contratto, sia perché l'aleatorietà può aversi solo quando il fattore di pura sorte svolga un'efficacia di tipo causale, sia perché, in difetto di clausola contraria, il venditore rimane tenuto all'obbligo di trasferimento della proprietà e soggiace, in caso di inadempimento, alla relativa responsabilità (Cass. II, n. 1567/2011). È invalido il contratto preliminare di compravendita di un bene appartenente ad una società di capitali, allorché i promittenti venditori siano soltanto alcuni soci, a nulla rilevando sotto questo profilo la qualificazione del contratto come promessa di vendita di cosa altrui ovvero come promessa del fatto del terzo. Sia nell'una che nell'altra ipotesi, per potere realizzare il trasferimento occorrerebbe pur sempre una delibera societaria che autorizzasse (nel primo caso) la vendita del bene dalla società ai promittenti venditori, affinché possano trasferirla poi alla promissaria, com'è nello schema della promessa di vendita di cosa altrui, ovvero (nel secondo caso) la vendita da parte della società direttamente ai promissari acquirenti, com'è nello schema della promessa del fatto del terzo (Cass. II, n. 14346/2000). La vendita di quota di bene in comproprietà Il contratto con cui uno dei comproprietari di un immobile da costruire ne promette la cessione (per l'intero) a un terzo configura una promessa di vendita di cosa parzialmente altrui e futura, con efficacia interamente obbligatoria, disciplinata dagli artt. 1472 e 1478 c.c.. Con un tale atto, il promittente venditore rende edotta la controparte che l'oggetto del contratto stesso è da costruire (quindi futuro), per cui egli assume l'obbligo sia di farlo venire in esistenza con le caratteristiche pattuite sia, in quanto (ove costruito) di proprietà parzialmente altrui, di farne acquistare la proprietà al proprio acquirente o acquistando egli direttamente la parte di proprietà altrui, o procurando il consenso degli altri comproprietari alla vendita. Consenso che, trattandosi di un preliminare, il promittente venditore ha tempo di ottenere fino alla stipula del contratto definitivo cui è, parimenti, obbligato (Cass. II, n. 16362/2007). In materia di proprietà, il principio generale che regola il regime giuridico della comunione pro indiviso è quello della libera disponibilità della quota ideale, sicché è ben possibile che ciascun comunista autonomamente venda o prometta di vendere la sua quota, valido essendo il contratto anche nell'ipotesi in cui il bene sia dalle parti considerato un unicum inscindibile, risultando in tal caso l'alienazione meramente inopponibile al comproprietario che non ha preso parte alla stipula dell'atto. In applicazione di tale principio, Cass. II, n. 4965/2004, nel rigettare la doglianza della ricorrente concernente la mancata declaratoria da parte del giudice del merito della nullità del negozio, ha ritenuto nel caso corretta la qualificazione da questi operata, in termini di preliminare di vendita di cosa parzialmente altrui a formazione progressiva, del contratto originariamente sottoscritto da una sola delle comproprietarie e recante la dichiarazione, inserita in epoca successiva, di consenso anche dell'altra comproprietaria. Qualora il compratore, ignorando la comunione del bene vendutogli, abbia inteso acquistare la cosa comune come se fosse interamente propria del venditore (che la comunione non abbia manifestato), si versa in materia di vendita di cosa proporzionalmente altrui, onde lo stesso compratore, non potendo ottenere, finché perdura la comunione, la proprietà esclusiva di alcuna parte determinata della cosa, può subito chiedere la risoluzione del contratto, la quale in tale ipotesi, come in quella di buona fede del compratore contemplata nell'art. 1479 c.c., trova la sua giustificazione nell'inadempimento del venditore all'obbligo di trasferire subito il diritto, come effetto immediato del puro e semplice consenso (Cass. II, n. 2575/1983). La vendita di un bene in comunione è di norma considerata dalle parti come un unicum inscindibile e non come somma delle vendite delle singole quote che fanno capo ai singoli comproprietari, per cui questi ultimi costituiscono una unica parte complessa e le loro dichiarazioni di vendita si fondono in un'unica volontà negoziale tranne che dall'unico documento predisposto per il negozio risulti chiaramente la volontà di scomposizione in più contratti in base al quale ogni comproprietario vende la propria quota all'acquirente senza nessun collegamento negoziale con le vendite degli altri (Cass. II, n. 11986/1998). Una costruzione su suolo parzialmente altrui, in mancanza di contrario atto scritto, pur se in piani distinti, è comune ai proprietari dei rispettivi suoli, in base alla disciplina stabilita dagli artt. 934 e 939 c.c., proporzionalmente alla parte di essi occupata; perciò, il trasferimento ad un terzo, da parte di un comproprietario, di singole unità immobiliari dell'edificio, ha effetti reali per la parte che corrisponde alla quota dell'alienante, ed effetti obbligatori per quella altrui (art. 1478 c.c.), con la conseguenza che l'acquirente della quota – e non il suo dante causa – è legittimato passivo dell'azione di scioglimento della comunione esperita dagli altri comproprietari (art. 784 c.p.c.; Cass. II, n. 11154/1997). La vendita, da parte di due nipoti, di immobili di proprietà di una loro zia, prima della morte della stessa, può integrare, ai sensi dell'art. 1478 c.c., l'ipotesi di una vendita di cosa altrui, qualora, secondo la comune intenzione delle parti, il contratto debba produrre l'effetto obbligatorio, suscettibile di immediata esecuzione, di vincolare i venditori a procurare al compratore l'acquisto del bene venduto. In tale ipotesi la vendita non è nulla e l'effetto reale del negozio si verifica automaticamente quando, alla morte della zia, i venditori ne abbiano acquistato la proprietà. La vendita è, invece, nulla, configurando un patto successorio, ove risulti accertato che il suo oggetto sia stato considerato dalle parti come compreso in una possibile successione (Cass. III, n. 527/1974). Profili fiscali Nel preliminare di vendita di cosa altrui, il promittente alienante, tenuto a procurare la proprietà del bene al promissario acquirente, può liberarsi della propria obbligazione sia acquistando la cosa dal terzo proprietario, sia conseguendo il consenso di quest'ultimo al trasferimento: in quest'ultimo caso, l'acquirente dell'immobile che, in forza del privilegio gravante sul bene ai sensi dell'art. 28 del d.P.R. n. 643/1972, sia stato escusso per il pagamento dell'INVIM dovuta dal venditore ed abbia effettuato il pagamento, ha diritto di rivalersi non già nei confronti del promittente alienante, ma di colui che risulti venditore dall'atto di compravendita (Cass. II, n. 17458/2009). Nel caso di vendita di cosa altrui avente effetti meramente obbligatori, l'obbligazione del venditore di far acquistare al compratore la proprietà della cosa può essere adempiuta non solo mediante l'acquisto della cosa da parte del soggetto obbligato con l'effetto legale (art. 1478, comma 2 c.c.) di far divenire proprietario l'acquirente, ma anche con il procurare la stipulazione della vendita direttamente con il terzo proprietario al compratore, inserendo all'uopo nel contratto apposita clausola che preveda come obbligatoria la cooperazione del compratore (il quale in mancanza non sarebbe tenuto a prestarla), senza che tale clausola possa ritenersi contraria a norme imperative in materia fiscale (con riguardo all'imposta di registro dovuta per ogni trasferimento del bene) operando sul diverso piano dello adempimento dell'obbligo del venditore di cosa altrui ed inserendosi in funzione strumentale in uno dei modi di adempimento del suddetto obbligo (Cass. II, n. 7054/1990). In particolare, nell'ipotesi di vendita di cosa altrui, prevista dall'art. 1478 c.c. si è in presenza di una vendita meramente obbligatoria, che non attua cioè alcun trasferimento del bene, ma comporta solo il sorgere in capo al venditore dell'obbligo di procurarsi la proprietà del bene per trasferirla al compratore; non sussiste, pertanto, alcuna operazione imponibile ai fini dell'Iva, in difetto di una cessione di beni, ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. n. 633/1972 (Comm. trib. reg. Piacenza III, 5 agosto 1989, n. 19). La stipula di un contratto preliminare per l'acquisto di un immobile in corso di costruzione non è idonea a trasferire il diritto reale d'uso dell'immobile in capo al promissario acquirente che, di conseguenza, non può essere assoggettato all'ICI, tutte le volte in cui, come nel caso di specie, il promittente venditore non sia proprietario del suolo e non abbia ancora ottenuto la necessaria concessione edilizia, poiché in tal caso il contratto assume la sostanza di una vendita di cosa altrui (Comm. trib. reg. Bari XV, n. 96/2005). L'art. 40 d.P.R. n. 131/1986 ha sancito il principio dell'alternatività, rispetto all'imposta di registro, dell'IVA. In forza di tale principio, nella necessità di trovare il necessario coordinamento fra le due imposte, si dà prevalenza al detto ultimo tributo, con applicazione dell'imposta di registro in misura fissa. Perché tale principio operi, peraltro, è necessario che in concreto l'atto sia assoggettabile a IVA, perché in caso contrario a esso deve applicarsi l'imposta di registro, in misura proporzionale. Correttamente, pertanto, è ritenuto soggetto a imposta di registro (e non a IVA) il contratto definitivo di vendita di cosa altrui con il quale il rappresentante senza poteri abbia ceduto a un terzo un immobile di proprietà di una società (Cass. trib., n. 15768/2005). |