Compromesso per arbitrato irrituale

Rosaria Giordano

Inquadramento

Mediante la convenzione d'arbitrato le parti possono devolvere una controversia già insorta o controversie che potrebbero insorgere in relazione ad una vicenda negoziale alla decisione di uno o più arbitri. Nell'esemplificazione proposta, la formula riguarda un compromesso, ossia una convenzione arbitrale stipulata dopo che una determinata controversia è già insorta. Si tratta, inoltre, di un compromesso per arbitrato irrituale con il quale è rimessa espressamente agli arbitri ex art. 808-ter c.p.c. la decisione della lite mediante una determinazione negoziale. Tale scelta comporta l'improponibilità della domanda dinanzi all'autorità giudiziaria. La decisione degli arbitri, nell'ipotesi di arbitrato cd. libero, è impugnabile dinanzi al giudice di primo grado per vizi della volontà ovvero nelle ipotesi indicate dal secondo comma dello stesso art. 808-ter c.p.c. Il lodo irrituale non è idoneo, invero, ad acquisire effetti di sentenza e non può essere munito di exequatur.

Formula

I sottoscritti [1] :

Sig. ... , nato a ... , residente in ... , codice fiscale ...

E

Sig. ... , nato a ... , residente in ... , codice fiscale ... [2]

Tra i quali è insorta controversia avente il seguente oggetto: ...

CONVENGONO

di deferire la decisione di tale controversia alla decisione di ... [3] , da nominarsi a cura del Presidente del tribunale di ... ovvero ... .

L'organo arbitrale deciderà secondo ... [4] , in via irrituale, all'esito di un procedimento caratterizzato dalla libertà delle forme, nel rispetto, peraltro, del principio del contraddittorio e della parità delle armi tra le parti [5] .

Il lodo, avente valenza negoziale, dovrà essere depositato entro giorni ... [6] dalla proposizione della domanda d'arbitrato.

L'arbitrato ha sede presso ...

Luogo e data ...

Sottoscrizione ...

Sottoscrizione ...

[1] 1. La convenzione d'arbitrato deve intervenire tra i soggetti parte della lite già insorta. Le persone fisiche acquistano la capacità di compromettere in arbitri col compimento della maggiore età. Le persone giuridiche possono compromettere a mezzo dei loro rappresentanti, nel rispetto delle forme e alle condizioni stabilite da leggi speciali, statuti o regolamenti: a riguardo, è dominante la tesi secondo cui la stipula di una convenzione d'arbitrato è atto non eccedente l'ordinaria amministrazione e pertanto possa essere validamente sottoscritta anche dall'amministratore con poteri limitati.

[2] 2. La necessità che la convenzione d'arbitrato venga redatta in forma scritta ad substantiam non implica, tuttavia, che la volontà negoziale debba essere espressa, come nell'esemplificazione proposta, in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo eventualmente realizzarsi anche in atti separati e non coevi purché la seconda sottoscrizione sia contenuta in un documento inscindibilmente collegato nei contenuti al primo (Cass. I, n. 20504/2010) e dagli scritti risulti in modo chiaro e univoco la volontà di compromettere (Cass. I, n. 10000/2014).

[3] 3. Occorre indicare il numero degli arbitri, in uno o tre.

[4] 4. Specificare se la decisione avverrà secondo diritto ovvero equità.

[5] 5. La funzione non giurisdizionale dell'arbitrato irrituale esplica infatti riflessi sulla struttura stessa del processo, la quale non si configura necessariamente di stampo giudiziale, risultando piuttosto rimessa alla scelta delle parti la determinazione dei caratteri relativi, all'unica e imprescindibile condizione, però, che sia sempre garantito il rispetto del principio del contraddittorio. Pertanto, il procedimento deve svilupparsi nelle forme vincolanti declinate nel patto d'arbitrato o, eventualmente, in quelle che il giudicante reputa maggiormente confacenti alla fattispecie, purché mai non manchi la garanzia della parità dei poteri esplicativi del diritto di difesa, implicante la possibilità di rappresentare la propria posizione e di conoscere compiutamente quella altrui, ancorché al di fuori del rigore di fasi progressive, non imbrigliante in tempi e modi determinati l'attività assertiva e deduttiva di parte (Cass. I, n. 18049/2004). E' stato chiarito che la decisione del giudice ordinario che affermi o neghi l'esistenza o la validità di un arbitrato irrituale e che dunque, nel primo caso, non pronunci sulla controversia dichiarando che deve avere luogo l'arbitrato irrituale e, nel secondo, dichiari che la decisione del giudice ordinario può avere luogo, non è suscettibile di impugnazione con il regolamento di competenza, in quanto la pattuizione dell'arbitrato irrituale determina l'inapplicabilità di tutte le norme dettate per quello rituale, ivi compreso l'art. 819 ter c.p.c. (Cass. I, n. 33149/2022).

[6] 6. Sul punto la S.C. ha recentemente precisato che, in tema di arbitrato irrituale, l'inutile decorso del termine stabilito dalle parti per il deposito del lodo determina l'estinzione del mandato conferito agli arbitri ai sensi dell'art. 1722, comma 1, n. 1 c.c., salvo che le stesse non abbiano inteso in modo univoco conferire a detto termine un valore meramente orientativo. In applicazione del citato principio, la Corte di legittimità ha cassato la sentenza che, applicando erroneamente l'art. 816-sexies c.p.c., che riguarda il solo arbitrato rituale, aveva sospeso il termine di deposito del lodo, stante l'avvenuta trasformazione della società parte del giudizio in ditta individuale (Cass. I, n. 9924/2018).

Commento

L'arbitrato si fonda sulla volontà delle parti che si manifesta mediante la convenzione d'arbitrato che ha le proprie forme principali nel compromesso, disciplinato dall'art. 807 c.p.c., e relativo ad una determinata controversia già insorta tra le stesse, e la clausola compromissoria, inserita in un contratto con riferimento, in genere, a tutte le controversie derivanti dall'interpretazione ed esecuzione del medesimo.

In entrambe le ipotesi, la convenzione d'arbitrato è un negozio mediante il quale le parti deferiscono ad arbitri la decisione di una o più controversie che tra di esse siano insorte o possano insorgere in relazione ad un determinato rapporto giuridico sostanziale, di natura contrattuale o non contrattuale, e che preclude loro la possibilità di far ricorso alla giurisdizione statale per la risoluzione delle controversie che ne sono oggetto.

La convenzione di arbitrato deve essere redatta in forma scritta ad substantiam .

La determinazione del contenuto del compromesso ovvero della lite che si intende deferire agli arbitri, è anch'essa richiesta a pena di nullità, al fine di poter individuare i limiti della cognizione arbitrale, sebbene le parti possano limitarsi ad un'indicazione generica, purché inequivoca, dell'oggetto della controversia e quindi specificarne la portata con la sola domanda di arbitrato.

Le parti che sottoscrivono la convenzione d'arbitrato, oltre a dover coincidere con quelle titolari del rapporto controverso, devono essere titolari della capacità giuridica di esercitare il diritto sostanziale oggetto della lite e capaci di prendere parte all'eventuale e successivo procedimento arbitrale.

Occorre evidenziare che mediante la novella realizzata dal d.lgs. n. 40/2006 l'arbitrato irrituale è stato espressamente disciplinato sul piano normativo dall'art. 808-ter c.p.c.

Con il compromesso per arbitrato irrituale le parti devono stabilire espressamente che la controversia tra esse insorta sia decisa dall'arbitro unico o dal collegio arbitrale mediante determinazione contrattuale che le parti medesime si impegnano ad accettare come espressione della propria volontà.

In mancanza di tale specificazione, trovano applicazione le norme dettate dal codice di procedura per l'arbitrato rituale.

In particolare, l'arbitrato irrituale o libero presuppone, alla stregua della nozione di cui all'art. 1703 c.c., un mandato, senza rappresentanza, conferito congiuntamente da una pluralità di parti (minimo due) a uno o più arbitri (Cass.  I,  n. 11270/2012) e preordinato alla stipula di un accordo contrattuale, il cui oggetto può essere avvicinato a una composizione amichevole, conciliativo-transattiva della lite o a un negozio di accertamento (Cass. I,  n. 7574/2011).

La P.A. non può avvalersi, per la risoluzione delle controversie derivanti da contratti conclusi con privati, dello strumento del cd. arbitrato irrituale o libero poiché, in tal modo, il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti (gli arbitri irrituali) che, oltre ad essere individuati in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, pertanto, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta, sarebbero pure destinati ad operare secondo modalità parimenti non predefinite e non corredate dalle dette garanzie (Cass. III, n. 7759/2020).

La scelta dell'arbitrato irrituale comporta, secondo quanto espressamente previsto dall'art. 808-ter c.p.c., un'opzione volta ad escludere che il lodo ex art. 824-bis c.p.c. abbia efficacia di sentenza e che, ai sensi del successivo art. 825 c.p.c., possa ottenere l'exequatur e quindi costituire titolo esecutivo.

Se nonostante la stipula di una convenzione per arbitrato irrituale, le parti adiscono l'autorità giudiziaria la domanda è improponibile (ricorrendo, invece, un'ipotesi di incompetenza del giudice statale nell'ipotesi di convenzione per arbitrato rituale: cfr. Cass. I, n. 10332/2016).

 In accordo con l'orientamento tradizionale della S.C. il lodo irrituale è impugnabile dinanzi al giudice di primo grado per vizi della volontà, trattandosi di determinazione negoziale.

L'art. 808-ter, comma 2 c.p.c., dopo la riforma realizzata dal d.lgs. n. 40/2006, ha stabilito che il lodo contrattuale è annullabile dal giudice competente, da individuarsi secondo le disposizioni del libro I del codice di procedura civile, nelle seguenti ipotesi:

1) se la convenzione dell'arbitrato è invalida, o gli arbitri hanno pronunciato su conclusioni che esorbitano dai suoi limiti e la relativa eccezione è stata sollevata nel procedimento arbitrale;

2) se gli arbitri non sono stati nominati con le forme e nei modi stabiliti dalla convenzione arbitrale;

3) se il lodo è stato pronunciato da chi non poteva essere nominato arbitro a norma dell'art. 812;

4) se gli arbitri non si sono attenuti alle regole imposte dalle parti come condizione di validità del lodo;

5) se non è stato osservato nel procedimento arbitrale il principio del contraddittorio. Al lodo contrattuale non si applica l'art. 825.

Stante la tassatività di tali motivi di impugnazione del lodo irrituale, in sede applicativa si è ritenuto che è inammissibile l'azione di accertamento della nullità o di annullamento del lodo arbitrale di natura irrituale fondata sull'eccesso di mandato, manifesta iniquità, violazione e falsa applicazione delle norme in materia di mandato, poiché tale censura non è riconducibile ad alcuno dei motivi di impugnazione tassativamente previsti dall'art. 808-ter c.p.c. (Trib. Roma III, 5 luglio 2017, n. 13681, in dejure.giuffre.it).

Tuttavia, la Corte Costituzionale, nel ritenere manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 808-ter c.p.c., censurato, per violazione degli artt. 3,24,101 e 111 Cost., nella parte in cui limita l'impugnabilità del lodo, reso all'esito dell'arbitrato irrituale, ai casi di gravame in esso previsti, tra i quali non figurano i vizi del consenso, l'incapacità e l'omessa motivazione, ha, con riferimento ai primi, osservato che il giudice remittente non aveva tenuto conto dell'orientamento consolidato della Corte di cassazione, fondato sui principi della disciplina contrattuale, in base al quale il lodo irrituale è soggetto al regime delle impugnative negoziali in ragione della sua natura di negozio di accertamento (Corte cost. n. 196/2016).

In sostanza, la natura di determinazione negoziale del lodo arbitrale irrituale ne implica, a prescindere da quanto previsto oggi dall'art. 808-ter, comma 2 c.p.c., l'impugnabilità per vizi della volontà.

E' stato più volte ribadito nella giurisprudenza di legittimità che il procedimento speciale di liquidazione delle spese e degli onorari degli arbitri, previsto dall'art. 814 c.p.c. per l'arbitrato rituale, non è applicabile, nemmeno in via analogica, all'arbitrato irrituale, in quanto quest'ultimo è sfornito dell'elemento che caratterizza l'arbitrato rituale, ossia l'attitudine a divenire "sentenza" a seguito del deposito del lodo e posto che il compenso dovuto agli arbitri irrituali non si connota come spesa ma come debito "ex mandato", per l'adempimento coattivo del quale è attivabile un ordinario giudizio di cognizione (Cass. n. 2159/2021; Cass. n. 7623/2006).

Per completezza, occorre considerare che la perizia contrattuale si differenzia dall'arbitrato irrituale in quanto viene negozialmente conferito ad uno o più soggetti terzi, scelti per la particolare competenza tecnica, “non già la composizione di contestazioni insorte o che possono insorgere in ordine al rapporto giuridico, bensì la formulazione di un apprezzamento tecnico, che le parti si impegnano ad accettare come espressione della loro determinazione volitiva. Ne deriva che la differenza tra le due figure attiene unicamente all'oggetto del contrasto che le parti intendono risolvere, essendo detto contrasto eminentemente giuridico nel caso di arbitrato irrituale e tecnico nel caso di perizia contrattuale, e non comporta invece pratiche conseguenze giuridiche. In entrambi i casi, infatti, l'inquadramento va effettuato nell'ambito del mandato finalizzato a risolvere una lite su basi conciliative-transattive e creando un nuovo assetto di interessi, e la differenza tra le due figure non incide sul regime impugnatorio delle decisioni dell'arbitro o del perito tecnico, restando in un caso e nell'altro la decisione sottratta all'impugnazione per nullità ex art. 828 c.p.c. e potendo detta impugnazione essere posta in essere solo sul piano delle invalidità negoziali (cfr., tra le più recenti, Trib. Brindisi 3 aprile 2018, in dejure.giuffre.it).

Profili fiscali

Il compromesso e la clausola compromissoria assumono rilevanza sia ai fini dell'imposta di registro sia ai fini dell'imposta di bollo.

Con riferimento all'imposta di registro, occorre fare riferimento, in mancanza di una specifica disciplina, alle norme generali del TU sull'imposta di registro.

In virtù di tali previsioni, non avendo natura patrimoniale, compromesso e clausola compromissoria sono soggetti a tassazione in misura fissa. Inoltre, in base alla forma dell'atto in questione, varia la modalità con cui adempiere all'imposta (in misura fissa se l'atto è contenuto in una scrittura privata autenticata o in un atto pubblico; oppure, in caso d'uso se l'atto è contenuto in scrittura privata, formato per corrispondenza o in un atto formato all'estero).

Quanto invece all'imposta di bollo, occorre distinguere tra compromesso e clausola compromissoria. Infatti, sul compromesso, l'imposta è dovuta in generale, fin dall'origine e in misura fissa (artt. 1-2, Allegato A, Tariffa, parte I d.P.R. n. 642/1972), ma solo in caso d'uso se formato all'estero (art. 30, Allegato A, Tariffa, parte II d.P.R. n. 642/1972) o mediante corrispondenza (art. 24, Allegato A, Tariffa, parte II d.P.R. n. 642/1972). Invece, la clausola compromissoria è soggetta all'imposta in base alla disciplina applicabile all'atto in cui è inserita (art. 13, comma 3, n. 15 d.P.R. n. 642/1972).

Gli atti del procedimento redatti dalle parti e dagli arbitri rilevano esclusivamente ai fini dell'imposta di bollo, senza essere considerati atti giudiziari.

Gli atti del procedimento non rilevano invece ai fini dell'imposta di registro, in quanto consistono in atti privati non aventi contenuto patrimoniale.

Nel caso in cui la nomina dell'arbitro venga effettuata con atto autonomo, deve essere assoggettata all'imposta di bollo quale atto del procedimento arbitrale.

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