Le tabelle millesimali tra unanimità e maggioranza qualificata

Guerino De Santis
28 Marzo 2019

Le tabelle millesimali sono, da sùbito, sembrate lo strumento idoneo al fine di aiutare a discernere la consistenza dei diritti del condomino sulle parti comuni, da una parte, e la quantificazione della concorrenza dello stesso sulla ripartizione delle spese per la gestione delle stesse. Come vedremo, il sempre distratto legislatore ha tentato di porre mano attraverso la Riforma del 2013 con l'intento di chiarire le varie fattispecie normative in materia, concorrendo invece ad aumentare la confusione interpretativa sul punto...
Massima

Anche con l'entrata in vigore della nuova riforma del condominio, che ha modificato l'art. 69 disp. att. c.c., nella parte in cui prevede che tale norma si applica sia alle tabelle redatte utilizzando i criteri legali che quelle predisposte convenzionalmente, la revisione delle stesse tabelle può avvenire con la maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c., quando siano il frutto dell'utilizzo di criteri legali che esprimano solamente valutazione tecniche; nel caso in cui, invece, l'assemblea decida di regolamentarli in modo negoziale ex art. 1123 c.c., laddove viene prevista espressamente la possibilità di una diversa pattuizione, sarà necessaria l'unanimità dei condomini poiché tale adempimento inficia direttamente il diritto di proprietà di ciascun condomino.

Il caso

I comproprietari di un'unità immobiliare sita in un centro in provincia di Brescia citavano, dinanzi il Tribunale della medesima città, il condominio cui appartenevano, impugnando una delibera assembleare del maggio 2013, nel corso della quale era stato incaricato un professionista per “rifare” le tabelle millesimali. Deducevano gli attori:

1) che al momento dell'acquisto veniva loro consegnato il documento riportante la tabella millesimale;

2) che il loro immobile era totalmente indipendente dal condominio (portone d'ingresso, passaggio di accesso, tetto, muri portanti, impianti) con l'esclusione dell'autorimessa di cui riconoscevano l'appartenenza ed il pagamento dovuto dei soli oneri condominiali;

3) che le tabelle fossero non convenzionali, per cui solo l'unanimità avrebbe potuto modificarle;

4) che nel corso dell'assemblea in discussione avevano essi condomini votato contro la decisione. Chiedevano, quindi, al Tribunale di annullare la delibera impugnata e in subordine ordinare un nuovo computo millesimale.

Si costituiva in giudizio il condominio, a mezzo dell'amministratore pro-tempore, il quale eccepiva in via preliminare la nullità della citazione per indeterminatezza dell'oggetto della lite, l'inammissibilità dell'impugnazione per carenza di interesse ad agire, eccependo nel merito che la delibera in questione aveva solo dato un incarico professionale, senza procedere all'approvazione, modifica o revisione di alcuna tabella e che ciò sarebbe avvenuto eventualmente nel corso di una assemblea successiva. Sosteneva la difesa dell'ente condominiale che si trattava di una tabella mai approvata, ma adottata dall'amministratore precedente e semmai non era necessaria l'unanimità ma solo la maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c. Per quanto riguardava la parziale non appartenenza al condominio paventata dagli attori, ne contestava la deduzione, in quanto sarebbe risultato dagli atti di compravendita la totale appartenenza al condominio dei beni intestati agli istanti. Chiedeva, infine, il rigetto delle domande, principali e secondarie, avanzate.

La questione

Gli attori avevano impugnato una delibera assunta dall'assemblea del condominio che aveva deliberato di incaricare un tecnico al fine di “rifare” (si legge testualmente nel corpo della sentenza) le tabelle millesimali. I motivi della prospettata impugnativa erano fondati sul fatto che, avendo l'assemblea deciso a maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c., la decisione avesse violato il principio secondo cui, trovandosi di fronte ad una modifica degli assetti proprietari sulle parti comuni, si sarebbe dovuto procedere con acquisizione di un consenso unanime ai fini della validità del deliberato. Si eccepiva, inoltre, che essi attori non avrebbero dovuto concorrere secondo le tabelle millesimali loro attribuite, in quanto solo parzialmente partecipanti con la loro proprietà al condominio.

Il giudice, accogliendo la tesi della difesa del condominio sul punto, ha ritenuto infondata l'impugnativa, in quanto a essere colpita dalla lamentela, non era la decisione sull'approvazione di tabelle millesimali e quindi sulla validità delle relative maggioranze richieste dalla legge, ma la semplice designazione di un tecnico che a quelle tabelle avrebbe dovuto metter mano. In buona sostanza era stato proposto un giudizio avverso una delibera pienamente valida, poichè la decisione avente ad oggetto l'incarico ad un professionista di approntare uno studio è soggetta a maggioranze non unanimi, ma addirittura semplici.

A ben vedere, però, il Tribunale adìto ha voluto comunque disaminare (virtualmente) la problematica sollevata dagli istanti, disquisendo sulle maggioranze di approvazione delle tabelle millesimali e sull'applicabilità in generale dell'art. 69 disp. att. c.c.

Le soluzioni giuridiche

Come detto innanzi, il Tribunale ha rigettato la domanda perché gli attori avevano errato nel porre delle motivazioni a base della impugnativa, atteso che nulla avevano a che fare con il deliberato assembleare, che invece concerneva il mero incarico ad un professionista di “rifare” le tabelle millesimali.

Il giudice bresciano, però pur potendo chiudere la partita dichiarando inammissibile la domanda o dichiarando il rigetto per infondatezza della pretesa, ha voluto ugualmente affrontare in punto di diritto la normativa codicistica di attuazione in ordine alle maggioranze previste per la creazione, approvazione e revisione delle tabelle millesimali.

L'attenzione è stata posta sul disposto di cui all'art. 69 disp. att. c.c., in quanto gli attori ne avevano lamentato la violazione.

Secondo il decidente, è opportuno ricordare che detto articolo disciplina, già considerando la Riforma del 2013, la possibilità di modifica o rettifica dei valori millesimali, allorquando possano essere conseguenza di errori o che siano mutate le condizioni di parte dell'edificio in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, che comportino un'alterazione maggiore di un quinto, ritenendo il Tribunale che in questi casi si sia in presenza, accertata tecnicamente, di una variazione.

Pertanto, la variazione delle tabelle millesimali non è soggetta al consenso unanime dei condomini ma la modifica può essere approvata dal solo quorum ex art. 1136, comma 2, c.c. (Cass. civ., sez. un., 9 agosto 2010, n. 18477). E ciò, secondo il giudice, non solo nella formulazione ante riforma, ma anche in quella post riforma, in quanto la Cassazione ha stabilito che «in tema di condominio, l'atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale; ne consegue che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 2, c.c.» (Cass. civ., sez. II, 23 aprile 2014, n. 9232).

Dagli atti era emerso che non si era in presenza di una tabella millesimale contrattuale, ossia predeterminata dal costruttore, in quanto nell'atto di vendita dell'immobile in favore degli attori non vi era alcuna menzione delle tabelle millesimali come predisposte e accettate dagli acquirenti, ritenendo il Tribunale che se di precedente tabella si fosse trattato, questa non aveva natura negoziale e quindi non soggetta ad una approvazione unanime.

In ordine alla mancata condominialità che gli attori avevano lamentato su di una parte dei loro beni, in corso di causa il CTU aveva evidenziato come gli immobili degli istanti fossero invece serviti da beni condominiali e si servissero delle funzionalità degli stessi. Infatti, scriveva il CTU: «I millesimi del ricorrente (0,00) riportati nella tabella attualmente in uso nel condominio non sono pertanto da ritenere congrui. Si evidenzia la necessità, per una corretta ripartizione delle varie spese condominiali, di tabelle che contemplino anche i valori millesimali della residenza dei ricorrenti».

Pertanto, se si fossero riviste le tabelle millesimali, gli attori avrebbero dovuto pagare alla luce del mutato assetto, ma il giudice, pur considerando la presunzione di condominialità, non ha ritenuto di entrare nel merito della questione, in quanto il CTU non aveva formato la nuova tabella, mancandone il quesito, e anche perché i ricorrenti non avevano citato in giudizio tutti i condomini in litisconsorzio necessario.

Osservazioni

La tabella millesimale - è bene ricordare - non è altro che un prospetto contenente i dati numerici espressi in millesimi che rappresentano per ogni unità immobiliare la quota di comproprietà delle parti comuni, indicando nel contempo la quota di spesa di gestione per la manutenzione e la conservazione dei beni, nonché per l'erogazione dei servizi comuni di spettanza di ciascun condomino in relazione alla propria unità immobiliare.

Essa, a mente dell'art. 1118 c.c., serve ad accertare la maggioranza necessaria affinché la costituzione dell'assemblea di un condominio sia valida e lo siano anche le delibere che devono esprimere la volontà assembleare.

A tal proposito, non possiamo non ricordare come il criterio per l'identificazione delle quote di partecipazione al condominio esista prima e indipendentemente dalla formazione delle tabelle millesimali, la cui esistenza non costituisce, pertanto, requisito di validità delle delibere assembleari (in tali sensi, Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2005, n. 3264; Cass. civ.. sez. VI, 9 agosto 2011, n. 17115).

Così come le tabelle millesimali hanno anche la funzione di ripartire tra i condomini le spese utili in proporzione del valore di ciascuna unità immobiliare, come strumento di semplificazione, in quanto l'amministratore, ai fini della ripartizione delle spese tra i condomini, deve applicare le tabelle esistenti, senza necessità di verificarne la conformità con quanto riportato nei singoli atti d'acquisto (Cass. civ, sez. II, 18 agosto 2005, n. 16982).

In linea generale, la non coincidenza tra le quote di ciascun condomino sulle parti comuni di cui all'art. 1118, comma 1, c.c., e le tabelle millesimali di cui all'art. 68 disp. att. c.c., risulta anche dal fatto che le prime devono essere determinate al momento della costituzione del condominio e rimangono immutate, nel senso che su di esse non incidono i mutamenti di valore delle singole unità immobiliari, non essendo configurabile una quota variabile, mentre le seconde sono suscettibili di variazione, come espressamente previsto dall'art. 69 disp. att. c.c.

Le tabelle possono essere di natura contrattuale, e cioè predisposte dal costruttore dell'edificio, convenzionale, accettate espressamente ab initio da tutti i condomini, o assembleare, discusse ed approvate dai condòmini in assemblea con un voto favorevole espresso dalla maggioranza dei partecipanti al condominio e portatori di almeno la metà del valore millesimale dell'edificio.

A dire il vero, non è chiaro se nel caso in commento la natura delle tabelle fosse contrattuale o convenzionale, o addirittura assembleare, in quanto gli attori avevano riferito di averle ricevute al momento dell'acquisto in quanto “veniva loro consegnata il documento riportante la tabella millesimale”. L'amministratore si difendeva asserendo di averle ricevute dal suo predecessore.

L'art. 69, comma 1, disp. att. c.c. prevede che i valori proporzionali dei vari piani o porzioni di piano possono essere rettificati o modificati all'unanimità, salvo poi affermare che possono essere rettificati o modificati, anche nell'interesse di un solo condomino, con la maggioranza prevista dall'art. 1136, comma 2, c.c., quando ricorrono le condizioni espressamente e tassativamente ivi previste: 1) risulta che sono conseguenza di un errore; 2) per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino.

Nel caso di specie, in assenza di elementi certi che potessero attribuire natura contrattuale o convenzionale alle tabelle, bene ha fatto il giudice bresciano a ipotizzare - in quanto ricordiamo che l'oggetto della impugnativa non era l'approvazione illegittima di tabelle millesimali, ma la corretta, quanto a maggioranze utili, decisione di incaricare un tecnico di redigerle - la natura assembleare delle tabelle e la conseguente valida maggioranza qualificata di approvazione, di cui all'art. 1136, comma 2, c.c., come d'altra parte anche ribadito dalla recentissima giurisprudenza in materia che ha affermato il principio secondo cui in caso di tabelle allegate ad un regolamento di origine contrattuale e non comportanti, ai fini della ripartizione delle spese, deroga ai principi di cui all'art. 1123 c.c. l'atto di approvazione, così come l'atto di revisione, delle tabelle millesimali non ha natura negoziale, sicché abbisogna del consenso della maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 2, c.c. e non già del consenso unanime dei condomini (Cass. civ., sez. II, 26 luglio 2018, n. 1983).

Guida all'approfondimento

Triola, Il nuovo condominio, Le tabelle millesimali, Torino, 2017, 451;

Cirla - Monegat, Compravendita Condominio Locazioni, Le tabelle millesimali, Milano, 2017, 822.

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