Genitore irregolarmente soggiornante: l'autorizzazione alla permanenza è subordinata all'esclusivo interesse del minore

Paolo Oddi
01 Aprile 2019

La Corte d'Appello di Salerno affronta il tema delle condizioni che rendano possibile per il Tribunale per i Minorenni concedere l'autorizzazione alla permanenza su territorio italiano ai familiari irregolari di minori stranieri nell'esclusivo interesse di questi ultimi.
Massima

L'autorizzazione alla permanenza del genitore irregolare sul territorio nazionale, concessa dal Tribunale per i Minorenni ai sensi e per gli effetti dell'

art. 31, comma 3,

d.lgs. n. 286/1998

(

T.U.

immigrazione

), tutela, da un lato, il diritto del minore a ricevere l'assistenza e la cura da parte del proprio familiare in Italia e, dall'altro, il diritto del familiare a prestare assistenza al minore, in ragione della tutela di quel particolare bene della vita costituito dall'unità della famiglia e dal reciproco sostegno tra i suoi membri. La posizione del familiare è subordinata a quella del minore, titolare di un interesse che costituisce l'oggetto primario della tutela apprestata dalla disposizione normativa in esame.

Il caso

Tizia e Caio, genitori stranieri, si erano rivolti al Tribunale per i Minorenni di Salerno, per richiedere la proroga all'autorizzazione alla permanenza sul territorio italiano, già precedentemente concessa per un periodo di tempo, nell'interesse del loro figli minori, nati in Italia.

Detto Tribunale rigettava l'avanzata richiesta sul presupposto dell'insussistenza di fatti specifici e individualizzanti idonei a comprovare il pregiudizio che i minori avrebbero subito per effetto del diniego di autorizzazione, dell'inosservanza, da parte dei ricorrenti, dell'obbligo di attivarsi per conseguire, sul piano amministrativo, il permesso di soggiorno, nonché del deferimento di Caio per i reati di ricettazione e resistenza a pubblico ufficiale.

La Corte d'Appello riforma detto decreto e ribadisce – in linea con l'orientamento costante della Corte di Cassazione – che il diritto del minore a non subire danni effettivi e concreti dall'allontanamento dei familiari, e di conseguenza, a non essere sradicato dall'ambiente sociale in cui è nato e cresciuto (qualora segua il genitore espulso), non postula necessariamente l'esistenza di situazioni di emergenza o di circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute del minore.

La questione

Con la sentenza in commento la Corte d'Appello di Salerno affronta il tema delle condizioni che rendano possibile per il Tribunale per i Minorenni concedere l'autorizzazione alla permanenza su territorio italiano ai familiari irregolari di minori stranieri nell'esclusivo interesse di questi ultimi, ribadendo l'ampia portata dell'istituto, da applicarsi a seguito di un attento bilanciamento tra le esigenze statuali di tutela dell'ordine pubblico e quelle derivanti dai gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione in via primaria.

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'Appello, nell'accogliere il reclamo avanzato dai genitori, si attesta sull'interpretazione che dell'istituto ne ha dato, sin dal 2010, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite (sentenza 25 ottobre 2010, n. 21799). Secondo la richiamata giurisprudenza, alla quale si è tendenzialmente conformata quella successiva, sia di legittimità che di merito, i gravi motivi devono corrispondere alla necessità di non deprivare traumaticamente il minore della fruizione di diritti fondamentali riconosciuti dalla legge, a prescindere dalla sua condizione di straniero, tra i quali vanno ricompresi oltre al diritto alla salute psicofisica, anche il diritto all'unità familiare - qualora sia uno dei due genitori a essere a rischio di allontanamento - e a completare il ciclo di studi.

Nella pronuncia in esame la Corte d'Appello effettua un concreto bilanciamento degli interessi in gioco, ritenendo sacrificabile quello statuale del controllo dell'immigrazione a fronte del superiore (migliore) interesse dei figli minori di Tizia e Caio a non subire significativi pregiudizi per una crescita serena, soprattutto considerando che la perdita, da parte dei genitori, dell'attuale posto di lavoro incrinerebbe l'equilibrio del nucleo familiare non solo sotto il profilo strettamente economico, ma anche sotto quello relazionale e affettivo.

Per la Corte d'Appello non rileva, nella specie, né la supposta inerzia dei genitori nel richiedere altro permesso di soggiorno né l'unico carico pendente in capo a Caio, certo non indice di pericolosità sociale.

Osservazioni

La pronuncia in commento ben spiega come sia sempre necessario, ai fini della corretta applicazione dell'istituto ex

art. 31,

comma

3,

d.lgs. n. 286/1998

(

T.U.

immigrazione

), che il Tribunale per i Minorenni eserciti un corretto bilanciamento di tutti gli interessi in gioco, mettendo sempre e comunque al centro la tutela dello sviluppo psicofisico del minore, cui la norma conferisce protezione in via primaria.

Le oscillazioni della giurisprudenza di merito in ordine all'esatta portata di detta autorizzazione alla permanenza, molto significative prima del citato intervento della Cassazione a Sezioni Unite (risalente al 2010), si sono oggi relativamente attenuate soprattutto alla luce degli interventi delle corti di appello di riforma, come quello in oggetto, dei decreti dei tribunali dei minorenni.

Questi ultimi, infatti, si attestano spesso ancora su un'interpretazione restrittiva, valorizzando come ostativi i carichi pendenti o i precedenti penali del familiare richiedente l'autorizzazione ed omettendo, erroneamente, il puntuale bilanciamento richiesto, a detrimento della salvaguardia del migliore interesse del minore straniero.

La vera questione oggi impellente in materia di autorizzazione alla permanenza è data dall'eccessiva durata dei procedimenti, dovuta probabilmente al carico di lavoro dei tribunali per i minorenni e all'aumento delle richieste da parte delle famiglie migranti a fronte dell'assenza di differenti modalità di regolarizzazione.

L'eccessiva pendenza del procedimento espone il familiare richiedente al rischio di un allontanamento e sebbene la giurisprudenza dei giudici di pace – A.G. compente in materia di ricorsi avverso i decreti prefettizi di espulsione – sia orientata nel senso di sospendere gli effetti dell'allontanamento stesso a fronte della dimostrazione di detta pendenza (cfr. G.d.P. Napoli, sez. stranieri, ordinanza 16 novembre 2018, n. 330), ciò determina comunque un'ulteriore precarizzazione dei diritti dei minori stranieri presenti sul nostro territorio.

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