Definizione di colpa aggravata dalla previsione dell'evento e distinzione con la colpa ordinaria

01 Aprile 2019

Nella sentenza in esame la quarta sezione penale della Corte di cassazione ha esaminato il caso relativo all'investimento, da parte di un automobilista, di un ciclista che, in ora notturna ma in ambiente sufficientemente illuminato, percorreva una strada urbana nella medesima direzione di marcia e trovava la morte a seguito del violento impatto tra i due veicoli.
Abstract

Nella sentenza in esame la quarta sezione penale della Corte di cassazione ha esaminato il caso relativo all'investimento, da parte di un automobilista, di un ciclista che, in ora notturna ma in ambiente sufficientemente illuminato, percorreva una strada urbana nella medesima direzione di marcia e trovava la morte a seguito del violento impatto tra i due veicoli.

Massima

Per poter affermare l'esistenza dell'aggravante, prevista dall'art. 61 n. 3 c.p. per i delitti colposi, consistente nell'aver agito nonostante la previsione dell'evento è necessario che il giudice di merito accerti – sia pure soltanto in base ad elementi sintomatici significativi che devono essere indicati – che l'agente si sia concretamente rappresentato la possibilità del verificarsi dell'evento dannoso e abbia agito con il convincimento di poterlo evitare. A tal fine non è sufficiente che l'evento fosse prevedibile, perché la prevedibilità costituisce elemento essenziale della responsabilità colposa, né che la violazione della regola cautelare avesse carattere di macroscopicità.

Il caso

Il processo che ha dato origine alla sentenza della quarta sezione penale della Corte di cassazione che si commenta trova origine nell'investimento, da parte di un automobilista, di un ciclista che, in ora notturna, stava percorrendo una via cittadina nella sua direzione di marcia.

Forse la macroscopicità della colpa (la strada era regolarmente illuminata, il ciclista era perfettamente visibile, non vi erano ostacoli o altri veicoli sulla strada che richiedessero una manovra di emergenza) spiega perché sia stato contestato all'agente (oltre ad altri reati che non vengono in considerazione nel presente commento) l'omicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.); ipotesi criminosa peraltro esclusa già dal giudice di primo grado che ha invece ritenuto che il fatto accertato costituisse un'ipotesi di omicidio colposo aggravato dalla previsione dell'evento. Inquadramento giuridico confermato dalla sentenza di secondo grado oggetto del ricorso in questione.

Delitto preterintenzionale e dolo eventuale

Nel caso che stiamo esaminando, come si è visto, sono state ipotizzate tutte le ipotesi di elemento soggettivo astrattamente configurabili quando un evento dannoso si verifichi senza che l'agente l'abbia espressamente e scientemente voluto. La contestazione iniziale era quella di omicidio preterintenzionale, prevista dall'art. 584 c.p. (in generale dall'art. 43, comma 1, c.p.) nel caso in cui, con atti diretti a commettere i delitti di percosse o lesioni volontarie, si cagioni la morte (evidentemente non voluta) di un uomo.

Nell'omicidio preterintenzionale il dolo deve riguardare esclusivamente i delitti di cui agli artt. 581 e 582 c.p. e la più recente giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni precisato che l'elemento soggettivo può anche assumere la forma del dolo eventuale (cfr. Cass. pen., Sez. I, 13 ottobre 2010 n. 40202, Gesuito; Cass. pen., Sez. V, 11 dicembre 2008 n. 4237, De Nunzio, in Cass.pen., 2010, 4189, con nota di S. GROSSI, L'elemento soggettivo dell'omicidio preterintenzionale tra accertamento e “ascrizione”; Cass. pen., Sez. V, 12 novembre 2008 n. 44751, Sorrentino, in id., 2010, 967, con nota di S. ORAZIO, Sufficienza del dolo eventuale nell'omicidio preterintenzionale. Contra, in precedenza, Cass. pen., Sez. I, 10 febbraio 1992 n. 4690, De Pasquale, in Giur.it., 1992,II,624).

Dolo eventuale e colpa con previsione

In questi ultimi anni il dibattito ha però riguardato in particolare la distinzione tra dolo eventuale e colpa con previsione (o colpa cosciente). In astratto la distinzione parrebbe agevole: se l'agente ha previsto il verificarsi dell'evento - ma ha agito con il convincimento (errato) di poterlo evitare - l'ipotesi astrattamente configurabile è quella della colpa con previsione o colpa cosciente che costituisce un'aggravante del delitto colposo (art. 61 n. 3 c.p.); in mancanza di un tale convincimento l'ipotesi ravvisabile è quella del dolo eventuale. Se poi l'agente neppure ha previsto l'evento si ha l'ordinario reato colposo non aggravato sotto questo profilo.

Come è noto sull'ipotesi dolosa – sulla quale ci soffermeremo brevemente essendo stata esclusa, nel nostro caso, già dalle sentenze di merito – sono state da tempo elaborate due teorie: la teoria della rappresentazione e quella della volizione. In base alla prima l'agente deve rappresentarsi l'evento e questa rappresentazione deve avere caratteristiche di concretezza in presenza delle quali l'agente sceglie comunque di agire. La teoria che richiede, anche nel dolo eventuale, la presenza di un elemento volitivo richiede invece la necessità che sia accertato un dippiù rispetto alla mera rappresentazione dell'evento e fonda il suo ragionamento sul fatto che la rappresentazione corrisponde alla previsione ma la previsione non è incompatibile con la colpa.

Questo orientamento è stato fatto proprio dalla sentenza delle Sezioni unite pronunziata nel caso ThyssenKrupp (Cass. pen., Sez. unite, 24 aprile 2014 n. 38343, Espenhahn, depositata il 18 settembre 2014, in Cass.pen., 2015, 426, con nota di K. SUMMERER, La pronuncia delle sezioni unite sul caso Thyssen Krupp. Profili di tipicità e colpevolezza al confine tra dolo e colpa) che hanno così sintetizzato il concetto: «in sintesi si può dire che nel dolo eventuale, oltre all'accettazione del rischio o del pericolo vi è l'accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno, della lesione, in quanto essa rappresenta il possibile prezzo di un risultato desiderato. Vi è dunque nel dolo eventuale una componente lato sensu economica». E la sentenza prosegue richiamando la necessità che, per poter ravvisare il dolo eventuale, debba essere accertato un elemento di assimilazione alla volizione che individua nella «possibilità di affermare che l'agente avrebbe agito anche nella certezza di produrre il risultato».

Le Sezioni unite non si sono limitate a queste osservazioni ma, con una serie di progressive argomentazioni, hanno cercato di individuare i caratteri del dolo eventuale e, in particolare, della componente volitiva che ovviamente, se accentuata, rischia di confondere il dolo eventuale col dolo diretto. E così la sentenza richiama la situazione di dubbio (che, se non risolta, non consente di configurare l'ipotesi dolosa) e la necessità che vi sia qualche forma di adesione interiore all'evento. Sottolinea poi la diversità della fattispecie dolosa con i casi di previsione dell'evento che deve avere caratteristiche di astrattezza nella colpa cosciente e di concretezza nel dolo eventuale. Per concludere che è di decisivo rilievo «che nella scelta d'azione sia ravvisabile una consapevole presa di posizione di adesione all'evento, che consenta di scorgervi un atteggiamento ragionevolmente assimilabile alla volontà, sebbene da essa distinto: una volontà indiretta o per analogia, si potrebbe dire. In questo risiede propriamente la rimproverabilità, la colpevolezza dell'atteggiamento interno che si denomina dolo eventuale».

Questa rigorosa ricostruzione consente di ritenere acquisiti determinati risultati. In particolare non sembra possa più essere messo in discussione che, nei casi di dubbio non risolto, si rimanga sul terreno della colpa e che, per configurare il dolo eventuale, sia richiesta la rappresentazione dell'evento o del danno. È invece dubbio che possa ritenersi definitivamente risolto il problema dell'individuazione dei criteri necessari per accertare la presenza dell'elemento volitivo che consenta di evitare di pervenire ad una sovrapposizione del dolo eventuale con il dolo diretto. Che significato dare, infatti, alla volontà “indiretta o per analogia”? Che sia diretta o indiretta la volontà non ci avviciniamo troppo al dolo diretto ?

La colpa con previsione o colpa cosciente

Venendo più specificamente al tema della colpa cosciente affrontato dalla sentenza che si commenta va preliminarmente osservato che questa sentenza si inserisce, condividendolo, nel percorso interpretativo della più recente giurisprudenza della quarta sezione penale della Corte di cassazione ormai sufficientemente uniforme sull'individuazione dei criteri necessari a valutare l'esistenza della colpa aggravata dalla previsione dell'evento. Malgrado l'apparente chiarezza della norma che prevede l'aggravante (art. 61 n. 3 c.p.) non si è trattato di un percorso agevole e incontrastato.

Va premesso che il caso della colpa con previsione costituisce un'ipotesi in cui il principio, ormai generalmente riconosciuto, della natura normativa della colpa, trova una significativa deroga perché, in questo caso, la componente psicologica è non solo ineliminabile ma forse preponderante. Certo: la componente normativa è parimenti essenziale perché è pur sempre necessario, in questa forma di colpa, che l'agente violi una regola cautelare sia pure con il convincimento di evitare di cagionare l'evento dannoso che la regola cautelare è diretta a prevenire.

E va ancora aggiunto che – come sottolineato dalla sentenza in esame - la distinzione tra le varie ipotesi di elemento soggettivo (dolo eventuale, colpa cosciente e colpa ordinaria non aggravata) assume un rilievo ben superiore quando il fatto non sia previsto come reato nella forma colposa. In questi casi un fatto reato previsto soltanto come doloso difetta di tipicità se è possibile provare esclusivamente la colpa, sia pure con la previsione dell'evento, e non il dolo eventuale (e tanto meno il dolo diretto o quello intenzionale). Nel caso, poi, di colpa per omissione sarà anche necessario individuare l'esistenza di una posizione di garanzia per poter addebitare l'evento all'agente anche da un punto di vista oggettivo.

Dunque ciò che contraddistingue la colpa con previsione è la circostanza che l'agente prevede l'evento dannoso ma (a differenza di quanto avviene per il dolo eventuale) è convinto di poterlo evitare. Non è dunque sufficiente che l'evento sia prevedibile - perché la prevedibilità dell'evento costituisce elemento ineludibile ed essenziale per poter ritenere esistente l'elemento soggettivo in ogni forma di reato colposo – ma è necessario che l'agente l'abbia previsto in concreto sia pure con il convincimento di cui si è detto. E non credo che, sotto questo profilo, vi sia alcuna differenza derivante dalla natura, lecita o illecita, dell'attività svolta essendo comunque obbligo dell'agente in entrambi i casi salvaguardare i beni di terzi dalle conseguenze ulteriori della condotta (sulla colpa in attività illecita può consultarsi l'ampia trattazione di F. BASILE, La colpa in attività illecita, Milano, Giuffrè, 2005).

E va ancora rilevato che esiste un orientamento volto a individuare, anche nella colpa cosciente, una componente volitiva (si vedano le considerazioni di A. ARTURI, Colpa cosciente e colpa semplice: opposte conclusioni nella valutazione della fattispecie di naufragio e dei delitti di omicidio e lesioni colpose, ne il Penalista, Focus del 27 ottobre 2017).

Il percorso di dottrina e giurisprudenza sulla colpa con previsione

Si è già accennato che, malgrado l'apparente chiarezza dell'art. 61 n. 3 c.p., il percorso che ha condotto a questa ormai condivisa interpretazione non è stato agevole. Vi è stata infatti una significativa evoluzione della giurisprudenza di legittimità soprattutto per quanto riguarda l'individuazione dei criteri utilizzabili per verificare se l'evento è stato effettivamente previsto dall'agente. È questo infatti il punto centrale di questa ricerca: che cosa si intenda per evento “previsto” e quali siano i criteri logico-giuridici per poter valutare se un evento è stato effettivamente previsto.

Un primo criterio, ampiamente utilizzato in passato dalla giurisprudenza di legittimità, è quello che faceva riferimento al grado di probabilità che l'evento si verificasse. Se questo grado di probabilità è modesto non si ha la colpa con previsione; se è elevato sussiste l'aggravante (con la precisazione che se l'evento è certo, o percepito come tale, il reato è doloso). È un criterio che periodicamente riemerge nella giurisprudenza di legittimità, anche al più alto livello: la già citata sentenza delle ss.uu. pronunziata nel caso ThyssenKrupp afferma infatti che “la certezza o l'elevata probabilità dell'esito antigiuridico accreditano il dolo diretto” (v. p. 186).

Eppure già nel 1954 L. PETTOELLO MANTOVANI(Il concetto ontologico del reato. Struttura generale. La colpa, Milano, 1954, 201 ss.) aveva precisato che «con l'elemento della possibilità, le varie teorie contraddicono lo stesso concetto che intendono definire, perché confondono la rappresentazione dell'evento col giudizio riguardante la possibilità del suo verificarsi» e sottolineava che utilizzare questo metodo equivale «a fondare la distinzione fra il dolo e la colpa non sopra una differenza di qualità, ma su un dato esclusivamente quantitativo».

Che si tratti di criterio inidoneo possiamo verificarlo già con la considerazione che, secondo alcuni orientamenti dottrinari, il criterio possibilità-probabilità del verificarsi dell'evento vale a distinguere tra colpa cosciente e dolo eventuale. Ai fini che interessano – distinzione tra colpa cosciente e colpa ordinaria - il criterio è stato utilizzato dalla giurisprudenza più risalente: per es. nel caso del disastro Icmesa di Seveso la Corte di cassazione ha affermato che l'effettiva previsione dell'evento poteva essere desunta «da ogni elemento idoneo, oggettivo o soggettivo, tra cui, soprattutto, il grado di probabilità del verificarsi dell'evento, con riferimento alle capacità intellettive dell'agente» (v. Cass. pen., Sez. IV, 23 maggio 1986, n. 1465, Von Zwehl, in Riv.it.med.leg., 1989, 652).

Sulla stessa lunghezza d'onda si collocano altre sentenze del giudice di legittimità: in una si faceva identico riferimento all'accadimento e si richiedeva che si presentasse «come altamente possibile e probabile» rilevandosi «la estrema probabilità con cui il Castri ebbe a prospettarsi l'imminente verificarsi dell'incidente e la sua indifferenza rispetto ad una simile pur possibile evenienza»; in altra (si tratta della sentenza che si è occupata del naufragio della nave Seagull che provocò la morte di 30 membri dell'equipaggio) si legge nella motivazione che l'aggravante in questione ricorre «quando l'evento non voluto né considerato di sicuro accadimento si rappresenti, come nella specie, nella mente dell'agente, come possibile e probabile») in altra ancora vengono svolte considerazioni analoghe (le sentenze citate della Corte di Cassazione, tutte della Sez. IV, sono 26 febbraio 1986 n. 12372, Castri, in Riv. pen., 1987, 778, s.m.; 6 novembre 1979, n. 4238, Levinson, in Foro it., 1981,II,121; 3 marzo 1975 n. 7388, Sale, rv. 130434).

Più recentemente il criterio della probabilità o possibilità è stato ripreso da altre decisioni sia pure in termini non coincidenti: si è ritenuto infatti che la colpa con previsione si realizzi quando l'evento «si prospetta cognitivamente all'agente come evento possibile, ma sicuramente da espungere dal progetto di condotta che anima l'agente» (v. Cass. pen., Sez. I, 23 ottobre 2013 n. 7027, Lafleur) mentre, in altra decisione, si fa riferimento al “possibile risultato della sua condotta” pur prevedendo che non si verifichi (v. Cass. pen.,Sez. IV, 14 luglio 2011 n. 34380, Allegra).

In sintesi, secondo questo orientamento la colpa cosciente è ritenuta esistente se è probabile il verificarsi dell'evento in conseguenza di quella condotta; ma alcune sentenze richiedono un elevato grado di probabilità mentre altre si accontentano della possibilità dell'accadimento. Anche in dottrina la tesi, sostenuta in particolare da studiosi tedeschi, secondo cui sarebbe configurabile la colpa cosciente quando l'agente si rappresenta l'evento come “possibile” (mentre se lo rappresenta come “probabile” siamo in presenza del dolo eventuale) è stata vivacemente criticata soprattutto per la sua indeterminatezza (si vedano in particolare le considerazioni di S. CANESTRARI, Dolo eventuale e colpa cosciente. Ai confini tra dolo e colpa nella struttura delle tipologie criminose, Milano, Giuffrè, 1999, 33 ss. e di S. PROSDOCIMI, Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fattispecie penali, Giuffrè, Milano, 1993, 43 ss.).

A me sembra che questo criterio porti a confondere il giudizio di prevedibilità con quello relativo all'accertamento della previsione dell'evento. Che il grado di probabilità, anche elevatissimo, non implichi automaticamente che l'agente l'abbia previsto (questo richiede la disciplina normativa) non sembra infatti contestabile: si è già visto come la previsione degli eventi dannosi non sia esclusiva delle persone particolarmente negligenti e imprudenti ma connoti anche la condotta di quelle eccessivamente scrupolose che prevedono eventi ai quali altri sono invece disinteressati. Al più l'elevata prevedibilità potrà costituire un indice sintomatico dell'effettiva previsione ma giammai potrà con esso confondersi: se il conducente di un veicolo non è in buona salute, o è ubriaco, è di certo maggiormente prevedibile e probabile che provochi un incidente ma ciò non significa che l'agente ne abbia previsto l'effettivo verificarsi. Anzi, è spesso vero il contrario!

Altri criteri per la verifica dell'esistenza della previsione

Oltre al criterio che si fonda sulla probabilità - o sulla mera possibilità che gli effetti non voluti si verifichino - sono state proposte, dalla dottrina e dalla giurisprudenza, altre soluzioni e si rinvengono definizioni maggiormente estensive che fanno riferimento ai casi in cui l'agente si sia rappresentato la realizzazione dell'evento quale mera ipotesi astratta ovvero abbia agito nella ragionevole speranza che l'evento non si verifichi; ma non sembrano prive di fondamento le critiche rivolte alle tesi che hanno ravvisato la colpa cosciente in queste ultime due ipotesi.

Della prima costruzione (ipotesi astratta) parleremo più avanti. Quanto al discutibile concetto di “speranza” si era detto, da parte dei sostenitori di questa teoria, che perché si abbia colpa con previsione è necessario che l'agente abbia la speranza che l'evento non si verifichi. A dimostrazione di quanto siano risalenti queste posizioni si veda, per una loro analitica illustrazione, A. DEL VECCHIO, La previsione dell'evento nel delitto colposo, in Annali di dir. e proc. pen., 1933, 567; l'Autore, che condivideva queste posizioni, riporta anche opinioni convergenti di altri Autori a dimostrazione che questa impostazione del problema ebbe un certo seguito nella dottrina del tempo.

Nell'ipotesi della ragionevole speranza ci troviamo nel caso inverso rispetto all'ipotesi astratta di previsione che l'evento si verificherà: io prevedo l'evento ma spero che non si verifichi (l'attentatore posiziona una bomba in un luogo frequentato da persone per incutere timore e “spera” che nessuno venga ucciso).

Ma questa situazione non integra l'accettazione del rischio che l'evento dannoso si verifichi anche nell'ipotesi più rigorosa che richiede un elemento volitivo? E dunque questa ipotesi non si risolve nel dolo eventuale? Accetto che l'evento dannoso si verifichi, pur non volendolo, ma spero – e dunque non ho il convincimento - che il medesimo non si verifichi. L'insufficienza di questa tesi era stata già evidenziata da F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Giuffrè, Milano, 2000, 378, n. 91, da L. PETTOELLO MANTOVANI, Il concetto ontologico del reato, cit., 203, e da F. ALIMENA, La colpa nella teoria generale del reato, cit., 129, il quale sottolineava che chi ha una semplice speranza ha il dubbio che l'evento si verifichi e questa situazione è riferibile al dolo. Più recentemente critico nei confronti del criterio della “speranza” è anche R. BARTOLI, Luci ed ombre della sentenza delle Sezioni unite nel caso Thyssenkrupp, in Giurisprudenza Italiana, 2014, 2566 ss. con riferimento alle considerazioni svolte sul punto dal giudice di appello nella nota vicenda.

Ad un altro criterio proposto in passato dalla giurisprudenza di legittimità occorre fare riferimento. Anche in questo caso si parte dalla distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente e si riconosce «significato dirimente al rapporto tra lo scopo principale perseguito e l'evento diverso realizzato onde stabilire se esso sia di accessorietà ovvero di alternatività poiché solo nel primo caso permarrà il quesito sulla eventuale accettazione del secondo mentre nell'altro essa dovrà essere senz'altro esclusa per incompatibilità». V'è da dire, in merito a questo orientamento (fatto proprio da Cass. pen., Sez. IV, 10 ottobre 1996, n. 11024, Boni, e Cass. pen., Sez. I, 3 giugno 1993 n. 7382) – e limitandoci al nostro tema - che non appare chiaro in che cosa consista il vincolo di “alternatività” che fonderebbe la colpa con previsione; se, come sembra dalla parole usate, ci si riferisce ad una rappresentazione alternativa dell'evento (rispetto al non evento) mi sembra che ci avviciniamo pericolosamente al dolo eventuale: se i risultati ipotizzabili della mia condotta sono alternativi può infatti voler dire che li accetto entrambi.

Infine occorre ricordare che esistono altre teorie che però non hanno trovato favorevole accoglimento in dottrina e in giurisprudenza. Tra queste possiamo ricordare quella secondo cui va riconosciuta l'esistenza della colpa con previsione qualora l'agente “abbia predisposto dei fattori antagonistici alla produzione della conseguenza lesiva”, la teoria dell'indifferenza, quella dell'approvazione o del consenso e le teorie “miste” (per una ricostruzione analitica di queste teorie v. S. CANESTRARI, Dolo eventuale e colpa cosciente, cit., 41 ss).

Astrattezza e concretezza del pericolo previsto

Esiste infine un consistente filone della giurisprudenza di legittimità che si rifà, invece, all'astratta possibilità di previsione del verificarsi dell'evento e ritiene che - per poter ritenere realizzata la colpa cosciente – occorra fare riferimento a tale astratta possibilità che l'evento dannoso possa realizzarsi (mentre il dolo eventuale potrebbe ritenersi esistente quando la previsione riguardava il concreto evento dannoso poi verificatosi).

Non pochi sono i precedenti, anche risalenti, che condividono questo criterio ritenendo che «nella colpa cosciente la verificabilità dell'evento rimane un'ipotesi astratta che nella coscienza dell'autore non viene percepita come concretamente realizzabile e pertanto non è in alcun modo voluta» mentre nel dolo eventuale la previsione dell'evento «si propone non come incerta ma concretamente possibile e l'agente nella volizione ne accetta il rischio» (le frasi riportate sono riprese da Cass. pen., Sez. I, 8 novembre 1995 n. 832, Piccolo. In senso analogo v., inoltre, Cass. pen., Sez. I, 24 febbraio 1994, n. 4583, Giordano e Cass. pen., Sez. I, 28 gennaio 1991 n. 5527, Caporaso).

Questo orientamento è stato ripreso, anche in tempi più recenti, da diverse decisioni anche dei giudici di merito (si vedano, in questo senso, le sentenze, Cass. pen.,Sez. IV, 9 gennaio 2014, n. 16232, Pinna, inedita; Cass. pen., Sez. IV, 10 febbraio 2009 n. 13083, Bodac, in Giust. pen., 2010,II,1 e in Riv. pen., 2009, 823; Cass. pen., Sez. V, 17 settembre 2008, n. 44712, Dall'Olio; Cass. pen., Sez.. IV, 24 giugno 2009 n. 28231, Montalbano, in Riv. pen., 2009, 1267. Nella giurisprudenza di merito v. App. Roma 18 giugno 2009, L.S., in Giur. merito, 2011, 1885, con nota di U. PIOLETTI, Dolo eventuale e colpa cosciente in una pronuncia della Corte d'Appello di Roma; l'Autore aderisce espressamente alla tesi della concretezza-astrattezza che varrebbe a distinguere il dolo eventuale dalla colpa cosciente). E la stessa sentenza ThyssenKrupp delle Sezioni unite cui si è fatto, in precedenza, ampio riferimento sembra richiamarsi anche a questa concezione della colpa con previsione laddove afferma (a p. 181) che rispetto all'evento verificatosi «la rappresentazione, nella colpa, occorre ribadirlo, ben può essere vaga ed alquanto sfumata, pur preservando i tratti essenziali che connettono causalmente la violazione cautelare con l'evento medesimo».

Lasciamo da parte il discorso sul dolo eventuale – per il quale è ovvio che la previsione dell'evento debba avere carattere di concretezza perché, diversamente, non si comprende come possa ritenersi accettato il rischio che l'evento (astratto) si verifichi - e vediamo se questo ragionamento ci consenta di inquadrare correttamente il tema della colpa con previsione.

Secondo la mia opinione questa costruzione non è condivisibile: innanzitutto per l'evidente contraddizione che esiste tra l'astrattezza del pericolo e la sua effettiva previsione. Se l'evento è previsto - e non solo prevedibile - come si concilia questa caratteristica con la previsione solo astratta di un evento dannoso? La previsione astratta della possibilità che si realizzi un evento dannoso non si confonde con la prevedibilità? Se io ritengo astrattamente possibile che dalla mia condotta possa derivare un evento dannoso – per es. perché, eccedendo nella velocità, so che, in caso di ostacolo improvviso, non potrò frenare tempestivamente – non per questo prevedo l'evento dannoso che pure è ampiamente prevedibile in base alla comune esperienza.

Questa impostazione si fonda sul presupposto che sia necessario distinguere tra dolo eventuale e colpa cosciente già sul piano dell'esistenza della previsione dell'evento mentre in realtà, sotto questo profilo, non c'è alcuna differenza tra le due forme di elemento soggettivo: in entrambi i casi l'evento deve essere previsto dall'agente. La differenza si realizza sotto i diversi profili già esaminati dell'accettazione (o volizione) del rischio che si verifichi l'evento nell'ipotesi di dolo eventuale e nel convincimento di essere in grado di evitare l'evento nel caso della colpa cosciente. Non certo nella previsione che deve essere presente in entrambi i casi e che non può non avere carattere di concretezza, anche nella colpa cosciente, se non si vuol confondere la previsione con la prevedibilità (in senso conforme è l'interpretazione di G. DI BIASE, Il nuovo volto del dolo eventuale, tra criterio del bilanciamento e prima formula di Frank, ne L'Indice penale, 2015, p. 425 ss.).

Detto altrimenti: nella quasi totalità di casi che vengono esaminati ci troviamo in presenza dello svolgimento di attività pericolose, consentite dall'ordinamento per fini di utilità sociale, nell'ambito del c.d. “rischio consentito” e in queste attività si richiede all'agente una rigorosa osservanza delle cautele necessarie ad evitare la produzione di eventi dannosi. La valutazione astratta sulla pericolosità di queste condotte - e sui rischi che derivano dal loro svolgimento - è già stata compiuta dal legislatore (o da chi dispone del potere di disciplinare settori di rischio o addirittura dalla coscienza sociale nel caso di colpa generica); non la possiamo duplicare per far ritenere previsto un evento la cui previsione astratta è già stata valutata, nel consentire lo svolgimento dell'attività, con la previsione di adeguate regole cautelari.

È passato mezzo secolo da quando efficacemente si rilevava che se si accogliesse la tesi della previsione concreta «si dovrebbe ammettere colpa con previsione ogni qualvolta un delitto colposo si verifichi nello svolgimento di certe attività, di cui tutti conoscono la pericolosità astratta (ad es. la circolazione stradale, l'esercizio di certe industrie ecc.)» (sono parole di A. PAGLIARO, La previsione dell'evento nei delitti colposi, cit., 349.

Non è dunque questo il criterio per valutare se ci si trovi in presenza dell'astratta prevedibilità di un evento dannoso – che deve connotare la condotta di ogni persona che agisca in violazione di una regola cautelare perché la condotta possa ritenersi colposa – o di una concreta situazione di pericolo che renda previsto l'evento sia pure con il convincimento di evitarlo.

Per queste ragioni l'esempio fatto nella relazione al Re sul codice penale del 1930 è discutibile perché richiama, quale esempio di colpa cosciente, il caso di chi percorre una via popolosa ad elevata velocità. Nel caso descritto l'agente compie una grave imprudenza, perché è prevedibile che possa investire qualcuno, ma questa previsione diviene concreta – è quindi può ritenersi che l'evento sia previsto – solo (per esempio) se un pedone sta attraversando la strada e l'agente, pur avvistandolo, non riduce la velocità ritenendo erroneamente di poterlo scansare. È dunque la specifica concretezza del pericolo che caratterizza la previsione – sia nel dolo eventuale che nella colpa cosciente – mentre, se il pericolo è generico e astratto, può parlarsi soltanto di prevedibilità cioè di colpa non aggravata.

Ma che cosa significa concretezza del rischio? Significa che il giudice deve accertare gli elementi fattuali o sintomatici che consentono di affermare che l'agente ha effettivamente previsto l'evento. Ritorniamo agli esempi già fatti: il conducente ha visto l'auto che occupava la corsia del sorpasso o ha avvertito che un pedone si trovava già sulle strisce; il chirurgo si è reso conto che l'intervento non urgente avrebbe posto la vita del paziente in serio pericolo; il datore di lavoro era cosciente del rischio di caduta del lavoratore privo di protezione. Si tratta di casi nei quali ben può affermarsi che l'agente abbia previsto l'evento, pur essendo convinto di evitarlo, e quindi si può affermare l'esistenza della colpa con previsione.

Ma se il pedone non aveva ancora iniziato l'attraversamento e non mostrava di volerlo effettuare, il medico non aveva compreso che l'intervento non aveva carattere di urgenza, il datore di lavoro non era a conoscenza che il lavoratore era privo di protezione sarà ipotizzabile un elevato grado di colpa nei loro confronti - perché l'automobilista non ha moderato la velocità in prossimità dell'attraversamento pedonale; il medico avrebbe potuto facilmente verificare l'urgenza dell'intervento; il datore di lavoro non aveva controllato che i dipendenti utilizzassero i mezzi di protezione – ma come sarà possibile affermare che abbiano previsto l'evento?

Negli ultimi anni peraltro l'orientamento della quarta sezione della Corte di cassazione sembra essersi consolidato nel richiedere – perché possa essere ritenuta l'esistenza della colpa con previsione - la necessità che l'evento sia previsto in concreto dall'agente che è però convinto di evitarlo: si vedano in questo senso le sentenze:

Cass. pen., 20 giugno 2018 n. 32221, Carmignani (nella quale è stata esclusa l'aggravante in questione; si trattava dell'investimento di un pedone che stava facendo jogging sul lato destro della carreggiata);

Cass. pen., 12 maggio 2017 n. 35585, Schettino (relativa alla nota vicenda del naufragio della nave “Costa Concordia”; in questo caso l'aggravante è stata riconosciuta per il delitto di naufragio ma non per i delitti di omicidio e lesioni colpose: la sentenza è pubblicata in Cass. pen., 2018, 1103, con nota di G. BOVA e A. MARCHINI, Il caso “Costa Concordia: profili di responsabilità penale del comandante) ed è commentata da A. ARTURI, Colpa cosciente e colpa semplice, cit.;

Cass. pen., 10 aprile 2014 n. 24612, Izzo (in Riv. pen., 2014, 697); si trattava di un caso in cui un automobilista aveva effettuato una manovra di sorpasso in presenza di espresso divieto, a ridosso di una curva in condizioni di ridotta visibilità e invadendo integralmente l'opposta corsia di marcia; la Corte di cassazione ha ritenuto che – ferma restando la gravità della colpa - alcun elemento significativo dell'esistenza e della percezione del rischio di collisione con un veicolo proveniente dall'opposto senso di marcia fosse stato accertato e che dunque la previsione dell'evento fosse stata ritenuta in via esclusivamente congetturale.

La sentenza in commento si inserisce appieno in questo percorso giurisprudenziale sottolineando ancora una volta che non è sufficiente che l'evento fosse prevedibile – essendo, la prevedibilità dell'evento, richiesta per tutti i reati colposi – ma ritiene invece necessario, perché possa ritenersi l'esistenza dell'aggravante, che il fatto dannoso fosse stato concretamente previsto sia pure con il convincimento (dimostratosi errato) di poterne evitare il verificarsi.

L'orientamento secondo cui la previsione dell'evento, anche nel caso di delitto colposo, deve avere carattere di concretezza è seguito anche in dottrina e si è detto che si ha la colpa cosciente «quando l'evento, pur non essendo voluto, è tuttavia previsto dall'agente come conseguenza concretamente possibile dell'inosservanza della regola cautelare»: così F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, Giuffrè, Milano, 2015, 332. Il criterio dell'astrattezza-concretezza per distinguere le due forme di elemento soggettivo è invece criticato da S. PROSDOCIMI, Dolus eventualis, cit., 45 ss.

Gli indici sintomatici della previsione dell'evento

La giurisprudenza più recente, appena citata, non fornisce un criterio oggettivo per distinguere la colpa con previsione da quella ordinaria ma i parametri individuati (non confondere previsione con prevedibilità; è sufficiente la possibilità che l'evento si verifichi; la previsione deve riguardare il concreto evento e non l'astratta possibilità che un evento si verifichi) – unitamente al convincimento dell'agente di poter evitare il verificarsi dell'evento dannoso – consentano di delineare i confini dell'aggravante.

Ovviamente, come spesso avviene per gli elementi della condotta che hanno una connotazione di natura psicologica, il problema più complesso in queste fattispecie è quello riguardante i criteri da utilizzare per l'accertamento degli elementi, per lo più di natura sintomatica e quindi indiziaria, dai quali sia possibile dedurre che l'agente aveva concretamente previsto un evento dannoso del tipo di quello effettivamente provocato; occorrerà quindi verificare se l'ipotesi astratta coincida con la previsione concreta ed effettiva da parte dell'agente ogni volta che venga posta in dubbio la rappresentazione anticipata dell'evento da parte sua.

Sotto il profilo dell'accertamento dell'esistenza della previsione alcuni dei criteri esaminati in precedenza (in particolare quello relativo al grado di probabilità del verificarsi dell'evento) possono valere quali criteri sintomatici utili a verificare l'esistenza di una previsione effettiva ma saranno in particolare gli elementi obiettivi e fattuali accertati che potranno consentire di affermare che l'evento è stato previsto. A tal fine possono essere utilizzati – in una diversa chiave di lettura (in buona sostanza: senza che vi sia alcuna adesione alla possibilità del verificarsi dell'evento) – anche alcuni degli elementi sintomatici che la sentenza ThyssenKrupp delle sezioni unite utilizza per il diverso fine di individuare l'esistenza del dolo eventuale ed in particolare al fine di ricostruire il processo decisionale dell'agente.

Omettiamo, per ovvie ragioni, di soffermarci sugli “illeciti di sangue”; il problema assume invece rilievo nel caso della colpa in attività illecite anche se - superato dalle sezioni unite l'orientamento che riteneva che l'evento ulteriore (in particolare nell'ipotesi prevista dall'art. 586 c.p.) potesse essere addebitato a titolo di responsabilità oggettiva (si veda la sentenza Cass. pen., 22 gennaio 2009 n. 22676, Ronci, in Cass. pen., 2009, p. 4564, con nota di A. CARMONA, La “colpa in concreto” nelle attività illecite secondo le Sezioni unite. Riflessi sullo statuto della colpa penale. Sia consentito il rinvio, su questi temi, anche a C. BRUSCO, La colpa nelle attività illecite, in id., 2012, 1164) – il problema si pone in particolare, più che sulla previsione dell'evento ulteriore (che certamente non può escludersi nel singolo caso), per l'accertamento della prevedibilità di tale evento.

In merito agli altri elementi sintomatici cui fa riferimento la sentenza indicata va detto che la lontananza rispetto alla condotta standard se può avere, in talune ipotesi, un valore discriminante nella distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente ha un ben scarso (o inesistente) rilievo per distinguere tra colpa con previsione e colpa ordinaria: il lieve scostamento può infatti caratterizzare entrambe le ipotesi e comunque non influenza il livello di effettiva previsione dell'evento. E lo stesso è a dirsi della motivazione della condotta essendo escluso, nella colpa cosciente, ogni finalismo della volontà. Parimenti non mi sembra significativa dell'esistenza della previsione la condotta successiva al fatto a meno che non si realizzi (ma ciò vale in tutte le ipotesi) nel riconoscimento, anche implicito, da parte dell'agente della effettiva previsione.

Si è già accennato che la probabilità del verificarsi dell'evento può invece assumere un rilievo sintomatico dell'esistenza della previsione (soprattutto nei casi in cui si tratti di persona competente e avvertita) e così anche la personalità, la storia e le precedenti esperienze dell'agente ben possono indirizzare per la previsione effettiva dell'evento perché rendono concreto il rischio (tipico è il caso dell'hiv nel quale la persona infetta, conscia del suo stato, espone a pericolo il partner pur ritenendo di poter evitare il contagio). E analogamente la ripetitività delle condotte, quando non sia di tale intensità da corroborare l'ipotesi del dolo eventuale, può condurre a confermare l'ipotesi della previsione dell'evento anche se è necessario considerare che potrebbe anche essere indice della mancata coscienza del rischio assunto. Così come le conseguenze negative per l'agente nel caso di verificazione dell'evento che hanno un significato ambivalente anche sulla previsione (è più raro che l'agente prosegua nella sua condotta inottemperante se possono derivargliene conseguenze anche gravi; ciò in particolare nella circolazione stradale).

V'è un ulteriore elemento da considerare: vale per la colpa con previsione anche l'ulteriore criterio, individuato dalle sezioni unite nel caso Thyssen, relativo al bilanciamento (che dovrebbe compiere l'agente e che varrebbe a distinguere il dolo eventuale dalla colpa cosciente) tra fine perseguito e prezzo da pagare? In realtà questo criterio, ritenuto di natura processuale, è stato posto in discussione soprattutto nei casi nei quali la peculiarità del caso concreto neppure consente una valutazione del tipo di quella indicata (si vedano, nel senso indicato, le considerazioni di P. PIRAS, La non obbligatorietà del bilanciamento nell'accertamento del dolo eventuale, in Dir.Pen.Contemp. del 15 luglio 2016 in nota a Cass., sez. V, 10 febbraio 2015 n. 19554, Tettamanti, ivi).

Per concludere con esempi tratti dalla letteratura o da concrete vicende verificatesi: colpa cosciente sarebbe stata quella di Guglielmo Tell se, con la freccia, avesse colpito il figlio perché questo evento era concretamente previsto dall'agente anche se da lui ritenuto estremamente improbabile; colpa incosciente (anche se l'evento è di probabile verificazione) è invece quella del cacciatore che, in un luogo frequentato da altre persone, spara verso un cespuglio perché ha sentito un rumore e, ritenendo di sparare ad una preda, colpisce una persona di cui non aveva avvertito la (probabile) presenza.

In particolare: il concetto di “previsione”

Infine: che cosa si intende per previsione? Mi rifaccio ad una definizione risalente ma sempre attuale: «dal punto di vista etimologico ‘previsione' significa visione anticipata: un soggetto prevede un evento, quando se ne rappresenta il verificarsi, prima della sua effettiva realizzazione. La previsione, dunque, è un atteggiamento psichico di ordine conoscitivo che si caratterizza per il fatto che l'oggetto della conoscenza è proiettato nel futuro» (v. A. PAGLIARO, La previsione dell'evento nei delitti colposi, in Riv.giur.circol.trasp., 1965, 347).

Più recentemente si era affermato (v. F. MANTOVANI, Colpa, in Dig.disc.pen., vol. II, Torino, 1988, 299 a p. 304) che, nel caso della colpa con previsione, se l'agente avesse saputo che l'evento si sarebbe verificato si sarebbe astenuto mentre, nel caso del dolo eventuale, avrebbe agito ugualmente; si tratta, in buona sostanza della c.d. prima formula di Frank così descritta in dottrina: la «colpa c.d. cosciente sarebbe presente in colui che, se avesse avuto certa cognizione dell'esistenza del presupposto, si sarebbe astenuto dalla condotta, dolo eventuale in chi avrebbe agito ugualmente» (PROSDOCIMI, Dolus eventualis,cit., 43 ss).

Questa formula (che, nella sostanza, descrive un giudizio controfattuale) - si è inoltre affermato, da parte di altri Autori - «se correttamente applicata, impone una razionalizzazione limitatrice del ricorso al dolo eventuale, in contrasto con le tendenze rivolte a modulare l'imputazione soggettiva in base a supposte esigenze di carattere generalpreventivo» (L. EUSEBI, Verso la fine del dolo eventuale? (Salvaguardando, in itinere, la formula di Frank), in Dir.pen.contemp., 2014, n. 1, 125) e si è rilevato altresì che «questa formula consente di essere usata come un contro-fattuale, tenendo conto di più elementi di giudizio nella ‘base' della valutazione del soggetto: più elementi di quelli che egli stesso aveva a quel tempo, e che se avesse avuto gli avrebbero fatto rimeditare la decisione»(M. DONINI, Il dolo eventuale: fatto-illecito e colpevolezza, in Dir. pen. contemp., n. 1, 2014, 48).

La sentenza in commento fa espresso riferimento alla sentenza delle Sezioni unite anche se non sembra esprimere un'esplicita adesione alla ritenuta necessità dell'elemento volitivo richiesta dalla sentenza ThyssenKrupp. È peraltro da segnalare che altre sentenze delle sezioni semplici della Corte di cassazione paiono invece essersi adeguate più esplicitamente alle indicazioni contenute nella sentenza delle sezioni unite. Si vedano Cass. pen., Sez. VI, 26 febbraio 2015 n. 22065, A.P. (relativa ad uso improprio di armi da parte di appartenente alle forze dell'ordine), in Giur.it., 2015, 1990, con nota di S. RAFFAELE, La (residua?) validità dell'accettazione del rischio quale criterio identificativo del dolo eventuale, e sez. V, 23 febbraio 2015 n. 23992 (relativa al contagio AIDS).

È ancora da rilevare che le problematiche accennate si riferiscono sia alle fattispecie commissive che a quelle omissive non essendovi alcuna ragione per ritenere che la colpa con previsione e il dolo eventuale possano riferirsi solo alle prime; anzi è del tutto evidente come, soprattutto nei reati omissivi impropri, accada spesso che la condotta sia caratterizzata da negligenza consistente in omissione malgrado la previsione dell'evento e, in questi casi, l'omissione voluta potrebbe anche consistere nell'accettazione dell'evento dannoso il cui verificarsi è indifferente per chi era tenuto ad evitarlo.

Nelle ipotesi omissive, è opportuno ribadirlo, sarà anche necessario individuare l'esistenza di una posizione di garanzia per poter addebitare l'evento, anche da un punto di vista oggettivo, all'agente (si veda il caso di responsabilità per omesso impedimento dell'evento, riconducibile ad un caso di dolo eventuale, di cui si è occupata Cass. pen., Sez. III, 12 maggio 2010 n. 28701, in Cass. pen., 2011, 4288 con nota di M. SABATINI, Responsabilità per omesso impedimento dell'altrui fatto criminoso: la Corte di Cassazione nuovamente alle prese con i “segnali d'allarme”).

Guida all'approfondimento

La dottrina si è da tempo dedicata alla definizione di colpa cosciente soprattutto con riferimento alla distinzione con il dolo eventuale; meno numerosi sono invece i contributi dedicati alla sola individuazione dei criteri idonei a definire i criteri per distinguere la colpa cosciente dalla colpa ordinaria o non aggravata. Oltre alle trattazioni di carattere generale sulla colpa possono esemplificativamente consultarsi i seguenti scritti dedicati in particolare alla colpa con previsione e alla distinzione con la colpa ordinaria:

A. PAGLIARO, La previsione dell'evento nei delitti colposi, in Riv.giur.circolaz. e trasporti, 1965, 347);

C. BRUSCO, La colpa con previsione, in Cass. pen., 2015, 1280.

A. ARTURI, Colpa cosciente e colpa semplice: opposte conclusioni nella valutazione della fattispecie di naufragio e dei delitti di omicidio e lesioni colpose, ne il Penalista, Focus del 27 ottobre 2017.

I criteri per distinguere il dolo eventuale dalla colpa con previsione formano invece oggetto dei seguenti scritti:

F. PICCIONE, Il confine tra dolo eventuale e colpa cosciente nel contesto dei reati d'impresa, in Cass.pen., 2016, 1785;

M. GALLO, Il rapporto tra dolo eventuale e colpa cosciente e le posizioni di garanzia dei soggetti della prevenzione, in Mass.giur.lav., 2015, 440;

G. DE FRANCESCO, Dolo eventuale e dintorni: tra riflessioni teoriche e problematiche applicative, in Cass.pen., 2015, 4624;

G. DE VERO, Dolo eventuale e colpa cosciente: un confine tuttora incerto, in Riv.it.dir.proc.pen., 2015, 77;

M. DONINI, Il dolo eventuale: fatto-illecito e colpevolezza, in Dir. pen. contemp., n. 1, 2014, 70;

L. EUSEBI, Verso la fine del dolo eventuale ? (Salvaguardando, in itinere, la formula di Frank), ibid., 118;

F. VIGANO', Il dolo eventuale nella giurisprudenza più recente, id. del 31 marzo 2014;

A. AIMI, Dolo eventuale e colpa cosciente al banco di prova della casistica, id., 2013, 301;

E. MAZZANTINI, Dolo eventuale e colpa con previsione: dai concetti “generali” agli indicatori “di settore”, in Dir. pen. e processo, 2013, 1143;

S. CANESTRARI, Dolus eventualis in re licita: limiti e prospettive, in Indice penale, 2013, 23;

S. CAMAIONI, Evanescenza del dolo eventuale, incapienza della colpa cosciente e divergenza tra voluto e realizzato, in Riv.it.dir.proc.pen., 2012, 508;

A. MANNA, Colpa cosciente e dolo eventuale: l'indistinto confine e la crisi del principio di stretta legalità, in studi in onore di F. Coppi, Torino, 2011, vol.I, 201;

E. DI SALVO, Colpa cosciente e dolo eventuale, diretto e alternativo, in Cass. pen., 2009, 431;

F. AGNINO, La sottile linea di confine tra dolo eventuale e colpa cosciente, in Giur merito, 2009, 1489;

S. CANESTRARI, La definizione legale del dolo: il problema del dolus eventualis, in Riv.it.dir.proc.pen., 2001, 906;

P. VENEZIANI, Dolo eventuale e colpa cosciente, in Studium iuris, 2001, 70;

L. EUSEBI, Appunti sul confine fra dolo e colpa nella teoria del reato, in Riv.it.dir.proc.pen., 2000, 1053;

G. FORTE, Ai confini fra dolo e colpa: dolo eventuale o colpa cosciente ?, in id., 1999, 228;

S. PROSDOCIMI, Dolus eventualis. Il dolo eventuale nella struttura delle fattispecie penali, Giuffrè, Milano, 1993.

Sullo stesso tema, ma a commento della sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione 24 aprile 2014 n. 38343, depositata il 18 settembre 2014, Espenhahn, relativa al disastro verificatosi presso la ThyssenKrupp di Torino, si vedano:

F.V. RINALDI, Le Sezioni Unite sul caso TissenKrupp: la linea di confine tra dolo eventuale e prassi, ne La Giustizia Penale, 2016,II,22;

G. DE VERO, Dolo eventuale e colpa cosciente: un confine tuttora incerto (caso ThyssenKrupp), in Riv.it.dir.proc.pen., 2015, 77;

G. DE SANTIS, Il dolo eventuale come adesione volontaria alla lesione del bene: le SS.UU. “Thyssen” e il commiato dalla formula dell'accettazione del rischio, in Resp.civ. e previdenza, 2015, 640;

A. AIMI, Il dolo eventuale alla luce del caso Thyssenkrupp, in Dir.Pen.Contemp. del 6 novembre 2014;

K. SUMMERER, La pronuncia delle sezioni unite sul caso Thyssenkrupp. Profili di tipicità e colpevolezza al confine tra dolo e colpa, in Cass. pen., 2015, 426;

G. FIANDACA, Le Sezioni Unite tentano di diradare il “mistero” del dolo eventuale, in Riv.it.dir.proc.pen., 2014, 1925;

M. RONCO, La riscoperta della volontà nel dolo id., 1953;

M. ROMANO, Dolo eventuale e Corte di cassazione a sezioni unite: per una rivisitazione della c.d. accettazione del rischio, id.,2015, 559;

L. EUSEBI, Formula di Frank e dolo eventuale in Cass. s.u. 24 aprile 2014 (Thyssenkrupp), ivi, 623.

G. DI BIASE, Il nuovo volto del dolo eventuale, tra criterio del bilanciamento e prima formula di Frank, ne L'indice penale, 2015, 388;

S. RAFFAELE, La rappresentazione dell'evento al confine tra dolo e colpa: un'indagine su rischio, ragionevole speranza e indicatori “sintomatici”, in Dir.Pen.Contemp. del 5 giugno 2015;

A. CAPPELLINI, Il dolo eventuale e i suoi indicatori: le sezioni unite Thyssen e il loro impatto sulla giurisprudenza successiva, in Dir.Pen.Contemp. del 4 giugno 2015;

R. BARTOLI, Luci ed ombre della sentenza delle Sezioni unite nel caso Thyssenkrupp, in Giur. it., 2014, 2566;

S. CAPONERA, Considerazioni sul caso Thyssenkrupp dopo la pronuncia delle sezioni unite, in Riv.pen., 2015, 12;

G. DE SANTIS, Premessa: la vicenda Thyssen Krupp e l'imputazione per omicidio volontario rivolta all'amministratore delegato, in Resp. civ. e previd., 2015, 640.

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