Contratto di comodato di fondo rustico

Caputo Luca

Inquadramento

Il contratto di comodato di fondo rustico, pur avendo come oggetto, analogamente ai contratti agrari, fondi rustici, si distingue da questi ultimi perché è soggetto alla ordinaria disciplina codicistica che regolamenta il contratto di comodato in generale, di cui agli artt. 1803 e seguenti del codice civile. Ad esso, quindi, non si applicano le disposizioni dettate dalla l. n. 203/1982 (“Norme sui contratti agrari”). Proprio in quest'ottica, quindi, le pronunce giurisprudenziali, specie della Suprema Corte, sono essenzialmente tese a mettere in evidenza gli elementi che distinguono il comodato in oggetto dal contratto di affitto di fondo rustico, specialmente sotto il profilo oggettivo e funzionale.

Formula

In data ... tra i Sigg.ri:

... nato/a a ... , in data ... , residente in ... , alla via ... , c.f. n. ...

- Comodante –

E

... nato/a a ... , in data ... , residente in ... , alla via ... , c.f. n. ...

- Comodatario -

SI CONVIENE E STIPULA QUANTO SEGUE

1. Il Sig. ... (di seguito Comodante) consegna al Sig. ... (di seguito Comodatario) il fondo rustico sito in ... , località ... , denominato (eventuale) ... , riportato nel Nucleo Catasto Terreni del Comune di ... al n. ... , foglio ... , particella ... , affinché lo possa utilizzare e ne possa percepire i relativi frutti.

2. Per l'utilizzo del fondo rustico in oggetto le parti convengono espressamente che non è dovuto alcun corrispettivo.

3. Le parti convengono che l'utilizzo del fondo rustico in oggetto avvenga con decorrenza dal ... fino al ... . [1]

4. Il Comodante dichiara che il predetto fondo è nel seguente stato di conservazione: ... .

5. Il Comodatario si impegna a conservare il fondo nello stato in cui lo riceve e a restituirlo al Comodante alla data del ... [2] .

6. Per tutto ciò che non è espressamente previsto dal presente contratto si applicano le disposizioni di cui agli artt. 1803 e ss. c.c.

7. Le spese di registrazione del presente contratto sono a carico del Comodatario

Redatto in n. ... copie originali, letto, confermato e sottoscritto.

Luogo e data ...

Sottoscrizione ...

Il comodante

Sottoscrizione ...

Il Comodatario

1. Le parti possono anche non prevedere una data specifica di cessazione del contratto di comodato, vincolandone la durata ad alcune circostanze. In questo caso nel testo del contratto sarà opportuno, onde assicurare una durata minima del comodato e impedire che operi la disciplina del c.d. comodato precario che le parti indichino in maniera esplicita nel testo dell'accordo la finalità alla quale è diretta la concessione del fondo in comodato.

2. Nel caso in cui non sia prevista alcuna durata la clausola sarà formulata in questi termini: “Il comodatario si impegna a conservare il fondo nello stato in cui lo riceve e a restituirlo al Comodante a richiesta di quest'ultimo”. Nel caso in cui la durata sia individuata “per relationem”, ossia in base ad esigenze del Comodatario esplicitate nel testo del contratto la clausola dovrà essere formulata in questi termini: “Il comodatario si impegna a conservare il fondo nello stato in cui lo riceve e a restituirlo al Comodante non appena cesseranno le esigenze specificamente indicate innanzi”.

Commento

Nozione, struttura e funzione del contratto di comodato di fondo rustico: profili comuni ed elementi differenziali con le figure affini

Il contratto di comodato di fondo rustico consiste nella cessione da parte di un soggetto (detto “comodante”) in godimento a titolo gratuito di un terreno agricolo ad un altro soggetto (detto “comodatario”) al fine di consentirne l'utilizzo – che, trattandosi di fondo rustico, si sostanzia essenzialmente nella possibilità di piantare coltivazioni ricavandone i relativi frutti – senza che da ciò derivi l'obbligo per l'utilizzatore di pagare un corrispettivo.

Analogamente al contratto tipico di godimento – anche detto “prestito d'uso” – dunque, il comodato di fondo rustico, che si caratterizza per il suo peculiare oggetto, appunto il fondo rustico, si caratterizza per essere essenzialmente gratuito.

In quest'ottica, quindi, si comprende perché il comodato in questione, pur avendo ad oggetto un fondo rustico, non costituisce un contratto agrario; con esso, infatti, non si realizza la funzione che connota i contratti agrari, e in primo luogo quello di affitto, ossia quella di consentire che sul terreno oggetto di godimento si instauri un'impresa agraria tesa ad assicurare la coltivazione stabile e duratura del fondo, il che è escluso dalla natura tendenzialmente precaria del comodato (Cass. III, n. 10273/1995).

Sussiste, allora, tra il contratto di affitto di fondo rustico (e i contratti agrari in generale) ed il contratto di comodato di fondo rustico una differenza rilevante, in primo luogo, sotto il profilo causale: il comodato di fondo rustico, infatti, è finalizzato a soddisfare esigenze di cortesia e si caratterizza, pertanto, per la gratuità, laddove, invece, il contratto di affitto di fondo rustico ha la finalità di consentire che possa costituirsi ed organizzarsi stabilmente su un fondo altrui un'attività produttiva di tipo agricolo, idonea potenzialmente a conseguire “adeguati standards produttivi oltre che elevati redditi” dietro pagamento di un corrispettivo (Cass. III, n. 7364/2000; Cass. III, n. 562/2005). Pertanto, mentre il comodato di fondo rustico è naturaliter gratuito (perché, altrimenti opinando, risulterebbe integrato il tipo negoziale della locazione di immobili), il contratto di affitto di fondo rustico ha natura onerosa.

La giurisprudenza, al fine di tracciare l'esatta perimetrazione dei confini tra il comodato di fondo rustico e i contratti agrari ha chiarito che la causa tipica di questi ultimi, costituita dalla finalità di consentire la costituzione di un'impresa agraria su fondo altrui, è estranea al contratto di comodato e ciò anche nei casi in cui le parti concordino, nell'ambito di quest'ultimo, una prestazione di natura modale, prevedendo che il comodatario non si limiti ad un'attività di custodia ma svolga anche un'attività di gestione del fondo altrui (Cass. III, n. 12216/2003; Cass. III, n. 13349/2006).

In queste ipotesi diventa però essenziale l'indagine sulla consistenza ed entità del modus di cui è onerato il comodatario, dovendosi verificare che questo non sia, per consistenza e caratteristiche, tale da incidere sulla funzione del contratto, traducendosi in un vero e proprio corrispettivo del godimento del fondo che, in quanto tale, finirebbe con l'assumere le caratteristiche di una controprestazione, rendendo oneroso un contratto per definizione gratuito come il comodato (Cass. III, n. 485/2003), il che comporta, quindi, che il rapporto dovrà essere in realtà qualificato come di affitto con tutte le relative conseguenze (Cass. III, n. 13920/2005) sotto il profilo sostanziale e processuale (sulle quali ci si soffermerà più ampiamente infra). L'interpretazione pretoria (cfr. Cass. III, n. 4976/1997) ha inoltre stabilito che il carattere essenzialmente gratuito del comodato non viene meno per effetto della apposizione di un modus, cioè di una prestazione accessoria posta a carico del comodatario, di consistenza tale da non poter integrare le caratteristiche di corrispettivo del godimento della res, come nel caso in cui venga stabilito, in relazione al godimento di un immobile, il versamento di una somma periodica, a carico del beneficiario, a titolo di rimborso spese, la cui entità lasci ragionevolmente escludere la dissimulazione di un sottostante contratto di locazione.

Ad ogni modo la giurisprudenza prevalente (ex multisCass. III, 28 maggio 1996, n. 4912) ritiene “Perché il comodato non perda la sua natura essenzialmente gratuita, è necessario che l'interesse del comodante (che può ritenersi sempre immanente al contratto, quanto meno come intento di fare acquisire un'utilità al comodatario) non abbia di per sé contenuto patrimoniale, ovvero, pur avendolo, si tratti della prospettiva di un vantaggio indiretto e mediato, o, comunque, di un interesse secondario del concedente, il cui vantaggio non venga a trovarsi in rapporto di corrispettività con il beneficio concesso al comodatario”.

Poiché, quindi, elemento essenziale del contratto di affitto di fondo rustico è la previsione dell'obbligo da parte dell'affittuario di pagare il corrispettivo del godimento in denaro o utilità di altra natura, periodico, certo o comunque determinabile, e tendenzialmente correlato al valore ricavabile dal godimento del fondo (Cass. III, n. 10684/2003), deve escludersi che si sia in presenza di un contratto di affitto, ricorrendo piuttosto un contratto di comodato nell'ipotesi in cui, all'atto della costituzione del comodato, sia prevista l'erogazione da parte del comodatario una tantum di una somma avente funzione meramente simbolica o la consegna periodica di un determinato quantitativo di vino prodotto nel fondo concesso in godimento (Cass. III, n. 2693/1975; Cass. III, n. 3087/2010).

In questi casi, allora, assume rilievo decisivo l'indagine svolta caso per caso ed in concreto sul sinallagma contrattuale in virtù della quale, tenendo conto, da un lato, delle caratteristiche, delle dimensioni e della consistenza del fondo e, dall'altro, della natura, del valore e dell'entità della prestazione posta a carico del comodatario dovrà stabilirsi se quest'ultima costituisca, appunto, una prestazione di natura sostanzialmente modale e, come tale, compatibile con la gratuità che contraddistingue il comodato o, al contrario, integri un vero e proprio corrispettivo che, in quanto tale, postula l'avvenuta stipula in realtà di un contratto di affitto. In presenza di un vero e proprio corrispettivo è, quindi, possibile considerare simulato il contratto di comodato che le parti hanno, quindi, inteso concludere solo apparentemente, con conseguente applicazione della disciplina del contratto di affitto dissimulato (Trib. Roma 16 marzo 1995, n. 4225). Analogamente è ravvisabile un vero e proprio contratto di affitto di fondo rustico e non un comodato quando le parti prevedano l'impegno espresso dell'utilizzatore a pagare le imposte che gravano sul fondo: in questo caso, infatti, la prestazione di cui si fa carico l'utilizzatore del fondo finisce con l'esulare, per consistenza e caratteristiche, dall'ambito del modus consentito ed integrare un vero e proprio corrispettivo collegato sinallagmaticamente alla possibilità di utilizzare il terreno (Cass. III, n. 1526/1976).

In questa prospettiva, quindi, ai fini della distinzione tra affitto e comodato, assume rilievo preminente l'indagine relativa ad accertare se le parti abbiano concordato o meno il pagamento di un vero e proprio corrispettivo posto a carico dell'utilizzatore del bene; la presenza del corrispettivo, infatti, comporta che il contratto sarà qualificato come di affitto senza che sia necessario verificare se in concreto la concessione in godimento del terreno sia funzionale ad assicurare che su di esso si instauri o meno un'impresa agricola e senza, quindi, che occorra che le parti prevedano come obbligatorio l'esercizio sul fondo di attività di natura agraria (Cass. III, n. 2151/1984). In altri termini, l'indagine tesa a stabilire se con il contratto in esame si intenda o meno perseguire l'obiettivo economico-sociale di dare luogo ad un'impresa agricola potenzialmente idonea a dare vita ad un determinato standard produttivo ed a costituire idonea fonte di reddito, che contraddistingue ed accomuna, sotto il profilo causale, i contratti agrari, cede il passo a quella, anche più agevole in termini pratici, finalizzata a verificare se l'accordo raggiunto tra le parti abbia o meno natura onerosa, atteso che, come osservato, la previsione di un corrispettivo esclude in radice la possibilità che le parti abbiano inteso concludere un contratto di comodato, che, per caratteristiche e definizione, ha natura gratuita.

La differenza strutturale e funzionale tra il contratto di comodato e quello di affitto di fondo rustico e, più in generale con i contratti agrari, non comporta, per ciò solo, che il contratto di comodato debba considerarsi affetto da nullità per contrasto con la normativa di carattere imperativo che disciplina i rapporti agrari; si tratta, infatti, di un contratto ammissibile e lecito, sempre che si verifichi che con esso si intende attribuire il diritto di godere del fondo altrui gratuitamente, ossia senza l'obbligo di pagare un corrispettivo (Cass. III, n. 6358/1990). Come si è in parte osservato, infatti, nel caso in cui si ravvisi la presenza di un vero e proprio corrispettivo, ad esempio quando le parti abbiano concordato l'esecuzione di una prestazione di natura modale, allora il rapporto dovrà essere riqualificato come contratto di affitto, senza che si debba preventivamente dichiarare la nullità del contratto di comodato, sussistendo piuttosto un problema di qualificazione del contratto stipulato dalle parti.

La disciplina applicabile al comodato di fondo rustico

L'inquadramento del contratto di comodato di fondo rustico nella categoria del comodato e non in quella dei contratti agrari comporta, in primo luogo, quale naturale conseguenza, che ad esso si applichi la disciplina legale prevista per tale contratto atipico dagli artt. 1803 e ss. c.c.

Com'è noto, il contratto di comodato è un contratto ad effetti obbligatori, dal quale scaturisce il diritto per il comodatario di godere del bene mobile o immobile concesso in godimento allo scopo di servirsene per un certo scopo o per un certo periodo di tempo e senza che da ciò derivi l'obbligo di erogare un corrispettivo.

Se per un verso l'attribuzione di un diritto personale di godimento rende il comodato assimilabile alla locazione, per altro verso la mancanza dell'obbligo per il comodatario di versare un corrispettivo al comodante ne determina la netta differenza con la locazione stessa e, quindi, nel caso di specie, come si è evidenziato, con il contratto di affitto di fondo rustico.

Il codice non richiede invece l'osservanza di alcun requisito di forma (Cass. II, n. 1018/1976) per la valida conclusione del contratto di comodato, e ciò sia che esso abbia ad oggetto una cosa mobile sia che riguardi una cosa immobile.

Per la Suprema Corte “La concessione gratuita di un appartamento adibito ad abitazione può formare oggetto di comodato, anche se destinata a protrarsi per lungo tempo e finché viva il beneficiario. Non è prescritta la formalità della scrittura per il contratto di comodato immobiliare, anche se di durata ultranovennale. La consegna, richiesta per il perfezionamento del contratto di comodato, non deve necessariamente rivestire forme solenni od avvenire materialmente, ma può aver luogo in qualunque modo che valga giuridicamente a porre il comodatario in grado di servirsi della cosa (ad esempio, mediante la trasmissione di documenti rappresentativi ovvero la dichiarazione, di colui il quale dovrebbe compiere la tradizione, di tenere la cosa per conto del comodatario) e può anche mancare, ove la cosa stessa sia già detenuta dal comodatario, essendo, in tal caso, sufficiente il semplice mutamento del titolo della detenzione”.

Pertanto il comodato può essere concluso anche tacitamente, dal momento che la traditio rei al comodatario costituisce un elemento necessario e sufficiente per addivenire alla conclusione del contratto, e ciò sia perché la consegna assorbe la c.d. “forma debole”, ma anche perché soltanto attraverso la consegna del bene al comodatario è possibile realizzare la funzione tipica di questa fattispecie negoziale, ovvero il prestito della cosa al comodatario, affinché se ne serva (e la successiva restituzione a favore del comodante).

Ad ogni modo deve rilevarsi che la l. finanziaria per il 2005 (l. n. 311/2004) ha stabilito all'art. 1, comma 346 ha stabilito che “I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”. La disposizione in esame comprende certamente anche il comodato d'uso di beni immobili, dal momento che con esso si costituisce un diritto personale di godimento su unità immobiliari o porzioni; con la conseguenza che il comodato immobiliare scritto che non sia stato registrato entro il termine legale di 20 giorni dalla stipulazione sarebbe affetto da nullità.

Tuttavia si ritiene mediante una lettura “a contrario” della norma di cui sopra, che l'obbligo di registrazione prescritto a pena di nullità dal legislatore riguarda soltanto i contratti di comodato che siano stati redatti in forma scritta, e non anche il comodato che sia stato concluso verbalmente, per il quale la registrazione è necessaria soltanto se lo stesso sia stato enunciato in un altro atto soggetto a registrazione.

Quanto alla prova dell'esistenza del contratto di comodato, in passato si riteneva che questa potesse essere fornita solo mediante la produzione in giudizio di un atto scritto e non anche mediante la prova testimoniale e presuntiva a causa dei limiti sanciti dagli artt. 2721 e 2725 c.c.

Queste norme, infatti, vietano la prova per testimoni (e dunque per presunzioni) allorquando l'oggetto del contratto abbia un valore superiore ad euro 2,58 oppure il contratto richieda la forma scritta ad substantiam o ad probationem actus.

Rispetto al limite di cui all'art. 2721 c.c. deve però rilevarsi che grazie al secondo comma di tale norma il giudice può consentire comunque la prova testimoniale, tenuto conto della qualità delle parti, della natura del contratto e di ogni altra circostanza. Quanto alla natura formale del comodato, la Suprema Corte (ex multisCass. III, n. 11620/1990) ha chiarito che nessuna norma stabilisce per il comodato immobiliare e, “a fortiori” mobiliare, la necessità della forma scritta.

Ne consegue che il rapporto di comodato stipulato verbalmente può essere provato con qualsiasi mezzo di prova, compresa quella testimoniale ed il giuramento.

Quanto agli obblighi del comodatario assume rilievo, in primo luogo, quello previsto dall'art. 1804, comma 1, c.c. di “custodire e conservare la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia”, che si traduce, nel caso in cui il contratto di comodato abbia ad oggetto un fondo rustico, nell'obbligo di garantire che siano conservate le colture in corso, evitando le conseguenze negative di uno stato di abbandono. Non è da escludersi, infatti, che le parti intendano ricorrere alla formula del contratto di comodato proprio nei casi in cui, per difficoltà o per oggettiva impossibilità da parte del comodante di coltivare il fondo, quest'ultimo decida, anche per ragioni di amicizia o perché non interessato a conseguire un corrispettivo dall'uso altrui del fondo, ma solo, appunto, per evitare che il fondo si deteriori, di concederne l'utilizzo ad altri gratuitamente o con la previsione di una prestazione modale che non travalichi i confini di quest'ultima assumendo le sembianze di un vero e proprio corrispettivo.

Dal comodato, inoltre, scaturisce l'obbligo da parte del comodatario di restituire il terreno al comodante che ne faccia richiesta

Sul punto deve osservarsi che nell'ambito del contratto di comodato è possibile distinguere due ipotesi.

La prima è quella del c.d. comodato “a termine”, disciplinata dall'art. 1809 c.c., che prevede che il comodatario sia tenuto alla restituzione della cosa al momento della scadenza del termine, o al momento in cui è cessata la finalità per la quale il comodato era stato costituito (si pensi, ad esempio, all'ipotesi in cui la concessione del terreno in comodato avvenga in correlazione al compimento di un ciclo di coltivazione di una determinata pianta); in questo caso, il diritto del comodante a chiedere e ottenere la restituzione del bene concesso in godimento è soggetto a maggiori vincoli, atteso che, ai sensi dell'art. 1809, comma 2 c.c., egli può chiedere la restituzione della cosa prima della scadenza del termine solo quando sopraggiunga “un urgente e impreveduto bisogno”, la cui sussistenza può essere in concreto più difficile da provare rispetto, ad esempio, al comodato di immobile destinato ad abitazione, in cui può risultare più agevole la prova del sopraggiungere dell'esigenza di abitare e/o utilizzare a fini di lucro l'immobile concesso in comodato.

Diversamente, nel caso in cui non sia stato fissato un termine o manchi uno scopo per cui la cosa dev'essere utilizzata, il comodante, ai sensi dell'art. 1810 c.c., può chiederne la restituzione immediata ad nutum ed il comodatario è tenuto a restituirla a semplice richiesta del comodante. È questa l'ipotesi del c.d. comodato “precario” che costituisce, come emerge anche dalle pronunce giurisprudenziali richiamate, la più ricorrente nella prassi dei contratti di comodato di fondi rustici, atteso che spesso manca ogni determinazione della durata del rapporto. Ciò, ovviamente, rende, per la sussistenza del diritto alla restituzione immediata e ad nutum da parte del comodante, ancora più evidente la differenza funzionale con i contratti agrari che sono tendenzialmente finalizzati ad assicurare che sul fondo si instauri una vera e propria impresa di natura agricola e che proprio per questo fine hanno una durata minima predeterminata dalla legge.

Il terzo comma dell'art. 1804 c.c. prevede poi che “se il comodatario non adempie gli obblighi suddetti, il comodante può chiedere l'immediata restituzione della cosa, oltre al risarcimento del danno”. Sul punto la Cass. III, n. 6203/2014 ha sancito che “In materia di comodato, nei confronti del comodatario non può essere proposta azione di risoluzione per inadempimento attesa la gratuità del contratto, senza che assuma rilievo la presenza di eventuali pattuizioni accessorie, anche di apprezzabile peso economico, a carico di quest'ultimo, dovendo il comodante, in tale evenienza, far ricorso al diverso rimedio della restituzione anticipata del bene ai sensi dell'art. 1804 c.c. ove l'inosservanza degli obblighi integri un abuso della cosa oggetto di comodato ovvero una lesione della fiducia riposta dal comodante nel comodatario”.

Per ottenere la restituzione del bene concesso in comodato, il comodante dovrà agire in giudizio attraverso il rito del lavoro, dunque mediante deposito del ricorso in cancelleria e non con la notificazione dell'atto di citazione al comodatario.

L'art. 1805, comma 1 c.c. sancisce che il comodatario è responsabile se la cosa perisce per un caso fortuito a cui poteva sottrarla sostituendola con la cosa propria o se, potendo salvare soltanto una delle due cose, ha preferito la propria.

Il secondo comma della suddetta disposizione pone inoltre a carico del comodatario che impieghi la cosa per un uso diverso o per un tempo maggiore di quello a lui consentito, la responsabilità della perdita della cosa avvenuta per causa a lui non imputabile, qualora non provi che la cosa sarebbe perita anche se non l'avesse impiegata per l'uso diverso o l'avesse restituita al tempo debito.

Secondo la Suprema Corte (Cass. III, n. 13691/2001) questa norma che costituisce attuazione dell'art. 1221 c.c. sugli effetti della mora del debitore in ordine all'allocazione del rischio, pur facendo riferimento solamente al perimento della cosa, è applicabile anche al deterioramento della stessa.

Altra rilevante differenza con il contratto di affitto sotto il profilo sostanziale è rappresentata dal fatto che in caso di comodato la morte del comodante comporta lo scioglimento del contratto, con conseguente attribuzione agli eredi del comodante del diritto di agire per la risoluzione del contratto e la restituzione del fondo concesso in comodato (Cass. III, n. 4258/1991). Analogamente anche la morte del comodatario, in base alla previsione contenuta nell'art. 1811 c.c., determina lo scioglimento del rapporto con la conseguenza che, in questo caso, anche qualora sia stato previsto un termine, il comodante potrà chiedere la restituzione immediata del fondo.

Del resto, anche nel caso in cui il terreno sia oggetto di trasferimento a terzi, la precedente concessione in comodato dello stesso non dà luogo ad un vincolo opponibile, ben potendo il terzo acquirente far cessare il godimento da parte del comodatario conseguendo così la piena disponibilità del bene (Cass. II, n. 11424/1992). Quest'orientamento è stato di recente confermato dalla Suprema Corte con la sentenza n. 664/2016 ha ulteriormente specificato che il contratto di comodato di un bene immobile stipulato dall'alienante in epoca anteriore al suo trasferimento non è opponibile all'acquirente del bene stesso, atteso che la disposizione di cui all'art. 1599 c.c. sull'opponibilità all'acquirente dei contratti di locazione aventi data certa anteriore alla vendita non sono estensibili, per il loro carattere eccezionale, a rapporti diversi dalla locazione.

Ciò si giustifica proprio in considerazione del fatto che il contratto di comodato si basa tendenzialmente su di un rapporto di fiducia tra le parti, frutto spesso di rapporti pregressi di natura amicale e/o parentale e che comunque giustificano l'attribuzione in godimento del bene senza che a ciò si accompagni l'obbligo di un corrispettivo. Proprio la sussistenza alla base del contratto di comodato di un rapporto di questo tipo, in cui la qualità delle parti e il tipo di relazione tra esse sussistente assume rilievo decisivo, spiega, quindi, perché al verificarsi di alcuni eventi, come la morte o la cessione a terzi del bene oggetto di comodato, quest'ultimo si sciolga, analogamente a quanto accade per i contratti stipulati intuitu personae.

L'applicazione al comodato di fondo rustico della disciplina legale prevista dal legislatore per questo tipo contrattuale comporta, al contempo, che ad esso non si applica la disposizione di cui all'art. 27 l. n. 203/1982 che, con una formula dai contenuti piuttosto ampi, prevede la tendenziale applicazione delle norme che disciplinano l'affitto di fondi rustici, in gran parte contemplate nella detta legge, a tutti i contratti agrari che abbiano ad oggetto la concessione in godimento di fondi rustici (Cass. III, n. 21389/2005).

Conseguenza rilevante della mancata applicazione della disciplina sui contratti agrari è, sotto il profilo processuale, che le eventuali controversie che dovessero sorgere in relazione al contratto di comodato di fondo rustico non saranno devolute alla competenza della Sezione Specializzata Agraria, ma alla cognizione del Tribunale in composizione ordinaria (Cass. III, n. 11635/1997; Cass. III, n. 8703/2002). Dal che deriva, tra l'altro, che le relative controversie non dovranno essere precedute dal previo esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione innanzi all'Ispettorato Provinciale dell'Agricoltura competente per territorio, previsto per le controversie in tema di contratti agrari a pena di improcedibilità dall'art. 46 l. n. 203/1982 (Cass. III, n. 206/2002).

Analogamente, qualora la domanda di risoluzione del contratto di comodato fosse correlata ad eventuali inadempimenti da parte del comodatario di obblighi su di esso gravanti, essa non dovrà essere proceduta dalla preventiva contestazione scritta dell'inadempimento da effettuare mediante raccomandata con avviso di ricevimento ai sensi dell'art. 5 l. n. 203/1982, anch'essa prevista a pena di improcedibilità.

Sotto il profilo sostanziale, l'applicazione della disciplina del comodato, innanzi sinteticamente richiamata, comporta che si applicheranno le norme di cui agli artt. 1803 e ss. c.c., mentre andrà esclusa in radice la possibilità di ritenere operative le disposizioni che disciplinano la locazione e, quindi, l'affitto, considerando più specificamente la disciplina dei contratti agrari una conseguenza senza dubbio rilevante è rappresentata dal fatto che al comodato di fondo rustico non si applica la disposizione di cui all'art. 8, comma 1 l. n. 590/1965 che attribuisce all'affittuario di fondo rustico (ma anche al colono, al mezzadro e al compartecipante) il diritto di prelazione e riscatto agrario in presenza di determinate condizioni; come è stato chiarito in alcune pronunce della Suprema Corte, infatti, tale norma deve considerarsi di stretta interpretazione in quanto incide sul pieno esercizio del diritto di proprietà, con la conseguenza che può trovare applicazione soltanto qualora si sia in presenza di rapporti agrari (Cass. III, n. 5072/2007). La mancata applicazione di tale norma, in altri termini, deriva proprio dal fatto che la posizione dell'affittuario di fondo rustico, cui è equiparata, quanto alla richiamata disciplina speciale in tema di prelazione e riscatto, quella del colono, del mezzadro e del compartecipante, non è assimilabile a quella del comodatario che gode, per definizione, di un diritto tendenzialmente “precario” e in relazione al quale, quindi, non ricorrono quelle esigenze di tutela che invece il legislatore ha inteso perseguire con la disciplina speciale in tema di rapporti agrari in generali e con quella in tema di diritto di prelazione e riscatto in particolare.

Profili fiscali

Il contratto di comodato immobiliare, anche avente ad oggetto un fondo rustico, deve essere registrato entro venti giorni dalla stipula se redatto in forma scritta.

In tale ipotesi la registrazione sconta il pagamento di un'imposta in misura fissa di € 200,00 posta a carico delle parti in solido.

Se invece il contratto non è stipulato in forma scritta dovrà essere assolta l'imposta solo se l'atto è enunciato in altro atto soggetto a registrazione (ad esempio, una sentenza).

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