Il pagamento del TFR nel fallimento del datore di lavoro
08 Aprile 2019
In caso di fallimento del datore di lavoro, il pagamento del trattamento di fine rapporto da parte del Fondo di garanzia richiede, ex art. 2 L. n. 297/1982, che il lavoratore assolva all'onere di dimostrare che è stata emessa la sentenza dichiarativa di fallimento e che il suo credito è stato ammesso alla stato passivo, senza che questo requisito possa essere escluso a seguito della dimostrazione, da parte del lavoratore, che la mancata insinuazione nel passivo fallimentare del suo credito è addebitabile all'incolpevole non conoscenza da parte sua dell'apertura della procedura fallimentare, poiché la legge fallimentare contiene una serie di disposizioni che assicurano ai terzi la possibilità di conoscenza in relazione ai diversi atti del procedimento e svolgono, quindi, la funzione di una vera e propria pubblicità dichiarativa.
Il caso. La Corte d'appello rigettava l'impugnazione proposta da un lavoratore nei riguardi dell'INPS avverso la sentenza di primo grado di rigetto della domanda proposta dallo stesso dipendente ed avente ad oggetto il pagamento di una somma a titolo di TFR, già accertato con decreto ingiuntivo dichiarato definitivo sulla base del quale il lavoratore aveva chiesto, con esito negativo, la riapertura del fallimento della propria datrice di lavoro che si era chiuso con riparto dell'attivo. Avverso il provvedimento della corte territoriale, il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione.
L'ammissione al passivo del lavoratore. Una lettura della legge nazionale orientata nel senso voluto dalla direttiva CE n. 987/1980 consente – secondo una ragionevole interpretazione - l'ingresso ad un'azione nei confronti del Fondo di garanzia, quando l'imprenditore non sia in concreto assoggettato al fallimento e l'esecuzione forzata si riveli infruttuosa. Nel caso in cui il lavoratore non dimostri di essere stato ammesso al passivo del fallimento e tale ammissione sia resa impossibile dalla chiusura della procedura fallimentare per insufficienza dell'attivo prima dell'esame di una domanda tardiva di insinuazione, il lavoratore è tenuto a procedere ad esecuzione forzata mei confronti del datore di lavoro tornato in bonis. |