Fumus del sequestro giudiziario

Cesare Trapuzzano
09 Aprile 2019

Quanto ai presupposti che consentono il rilascio del provvedimento di sequestro giudiziario, l'art. 670, n. 1), codice di rito usa una formula alquanto vaga: quando sussista una controversia sulla proprietà o sul possesso del bene di cui si chiede il sequestro, la misura cautelare può essere autorizzata ove se ne ravvisi l'opportunità di custodia o gestione temporanea.
Il quadro normativo

Il sequestro giudiziario si colloca tra i provvedimenti cautelari conservativi, con l'effetto che, all'esito dell'emissione ante causam della relativa ordinanza, la sua efficacia è subordinata all'instaurazione del giudizio di merito nel termine perentorio di 60 giorni dalla pronuncia in udienza o dalla comunicazione, prescritto dall'art. 669-octies, comma 2, c.p.c., o nel diverso termine stabilito dal giudice della cautela. In mancanza, la misura cautelare perde efficacia ex art. 669-novies, comma 1, c.p.c.. Quanto ai presupposti che consentono il rilascio del provvedimento di sequestro giudiziario, l'art. 670, n. 1), codice di rito usa una formula alquanto vaga: quando sussista una controversia sulla proprietà o sul possesso del bene di cui si chiede il sequestro, la misura cautelare può essere autorizzata ove se ne ravvisi l'opportunità di custodia o gestione temporanea. Pertanto, ai sensi dell'art. 676 c.p.c., nel disporre il sequestro giudiziario il giudice: a) nomina il custode, che può essere individuato anche in uno dei contendenti che offra maggiori garanzie e che presti cauzione; b) stabilisce i criteri e i limiti dell'amministrazione delle cose sequestrate e le particolari cautele idonee a rendere più sicura la custodia, oltre ad impedire la divulgazione di segreti. Il custode delle cose sequestrate è soggetto agli stessi obblighi del custode dei mobili pignorati, ha diritto al compenso e deve rendere il conto della gestione della cosa. Inoltre, il custode dei beni sottoposti a sequestro giudiziario, in quanto rappresentante di ufficio, nella sua qualità di ausiliario del giudice, di un patrimonio separato, costituente centro di imputazione di rapporti giuridici attivi e passivi, risponde direttamente degli atti compiuti in siffatta veste, quand'anche in esecuzione di provvedimenti dettati dal giudice ai sensi dell'art. 676 c.p.c., e, pertanto, è legittimato a stare in giudizio, attivamente e passivamente, limitatamente alle azioni relative a tali rapporti, attinenti alla custodia ed amministrazione dei beni sequestrati (Cass. civ., sez. lav., 8 aprile 2013, n. 8483; Cass. civ., sez. lav., 15 luglio 2002, n. 10252). Occorre chiarire a quali condizioni il presupposto della controversia sulla proprietà o sul possesso è integrato. Tale verifica dovrà essere indirizzata su due fronti: sotto un primo profilo, dovrà essere precisato il senso della ricorrenza di una controversia sulla proprietà o possesso (an); sotto altro aspetto, è necessario comprendere quale soglia debba essere raggiunta affinché possa ritenersi sussistente una controversia sulla proprietà o sul possesso (quomodo).

Controversia sulla proprietà o sul possesso

Secondo la giurisprudenza consolidata, sussiste controversia o conflitto o contrasto sulla proprietà o sul possesso, non solo qualora siano proposte domande volte a far valere uno ius in rem, ossia le domande petitorie di rivendicazione ex art. 948 c.c. o le domande possessorie di spoglio (o reintegrazione) e di manutenzione ex artt. 1168 e 1170 c.c., ma anche quando la controversia riguardi uno ius ad rem (Cass. civ., sez. II, 28 giugno 1969, n. 2342; Cass. civ., sez. II, 28 luglio 1967, n. 2006), ossia un'azione personale volta ad ottenere la consegna o la restituzione della cosa (Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 1985, n. 6301). Così accade per le azioni revocatorie, per l'esercizio dell'opzione, per le azioni contrattuali, compresa l'azione di simulazione (Cass. civ., sez. II, 18 luglio 1987, n. 6324; Cass. civ., sez. II, 7 luglio 1987, n. 5899), per le cause ereditarie, come l'azione di riduzione di donazioni da parte del legittimario leso (Cass. civ., sez. II, 19 ottobre 1993, n. 10333) o l'azione di divisione (Cass. civ., sez. II, 21 dicembre 1992, n. 13546), per la domanda di esecuzione in forma specifica dell'obbligo a contrarre (Cass. civ., sez. II, 21 luglio 1994, n. 6813). Sussistono le condizioni per ottenere il sequestro anche quando uno dei soci lamenti di essere stato di fatto estraniato dalla gestione sociale e privato dei poteri di disposizione e di utilizzazione dei beni sociali in una società semplice, con amministrazione congiunta dei beni sociali a cura dei soci (Cass. civ., sez. I, 10 novembre 1992, n. 12087). Per converso, nelle controversie promosse per conseguire una pronuncia di mero accertamento del diritto di proprietà su un determinato bene, ma non anche per ottenerne la restituzione od il rilascio da parte di chi lo detenga, non è ammissibile il sequestro giudiziario del bene medesimo, difettandone ogni utilità e funzione cautelare (Cass. civ., sez. III, 10 dicembre 1976, n. 4593). Inoltre, quando la norma si riferisce al possesso, non intende richiamare il concetto di possesso in senso tecnico e letterale, come definito dall'art. 1140 c.c., ma intende riferirsi ad un concetto ampio di possesso, comprensivo anche della detenzione (Cass. civ., sez. I, 16 novembre 1994, n. 9645; Cass. civ., sez. II, 11 settembre 1989, n. 3923), qualificata e non qualificata (Cass. civ., sez. III, 15 ottobre 1986, n. 6038). Ancora, affinché possa essere richiesto il sequestro, non è necessario che la controversia giudiziaria sia già in essere, ma è sufficiente che essa sia in fieri o potenziale, qualora appunto la domanda cautelare sia avanzata ante causam.

Concetto estensivo di fumus

Secondo una prima tesi, da considerarsi prevalente, quando l'art. 670 c.p.c. individua il presupposto affinché possa essere invocato il sequestro, richiedendo l'esistenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso, intende riferirsi, in assonanza con la previsione di cui all'art. 700 c.p.c., alla ricorrenza di solide ragioni vantate dall'istante in ordine alla titolarità del diritto alla restituzione del bene su cui verte la richiesta di sequestro. In altri termini, il ricorrente, affinché possa ottenere la misura del sequestro, dovrebbe dimostrare – o, comunque, il giudice dovrebbe trarne il corrispondente convincimento –, sebbene in base alla delibazione sommaria che spetta in sede cautelare, non già la sola natura controversa della pretesa restitutoria, ma anche la possibile fondatezza della pretesa, alla stregua di un giudizio di verosimiglianza. In questa prospettiva, la misura cautelare dell'autorizzazione del sequestro giudiziario sarebbe inibita ove il richiedente non abbia fornito sufficienti elementi per ritenere che, all'esito dell'istaurazione della controversia, la consegna o la restituzione della res gli spetti, in base alla valutazione sommaria circa la pertinenza del diritto alla proprietà o al possesso o alla detenzione. In questo senso, il ricorrente dovrebbe fornire adeguati elementi, non già in ordine alla esclusiva natura controversa della spettanza della bene sul quale ricade la domanda di sequestro, ma anche sulla integrazione del fumus boni iuris, ossia sulla spettanza del diritto quale esito probabile della lite. Pertanto, il giudice dovrebbe disattendere la domanda volta a disporre la misura cautelare assicurativa, qualora non emergano sufficienti supporti circa la plausibilità del buon diritto vantato dall'istante. Su questa linea un arresto risalente della giurisprudenza di legittimità ha osservato che il presupposto della controversia sulla proprietà o sul possesso deve essere letto come probabilità di accoglimento della pretesa stessa, tanto con riguardo alla domanda rivolta a far venir meno il titolo contrattuale, quanto con riguardo al diritto di ottenere la restituzione della cosa oggetto del contratto e del sequestro (Cass. civ., sez. I, 24 marzo 1976, n. 1037). Nello stesso senso si è espressa anche una parte della giurisprudenza di merito (Trib. Rossano, 2 luglio 2011; Trib. Nola, 25 giugno 2010; Trib. Napoli, 4 marzo 2003; Trib. Brindisi, 30 novembre 1990; Trib. Viterbo, 15 luglio 1983). È evidente che siffatta conclusione forza il dato letterale, che nulla di simile prevede. Ma tanto si giustificherebbe in ragione del fatto che il fumus costituirebbe una condizione indispensabile per la stessa qualificazione del sequestro giudiziario quale misura cautelare. In conseguenza, non ci potrebbe essere misura cautelare senza previa valutazione, seppure sommaria, della pertinenza della pretesa sostanziale a cui la richiesta è strumentale.

Concetto restrittivo di fumus

In base ad altra ricostruzione, più aderente al dato letterale, il sequestro giudiziario può essere rilasciato sul presupposto della mera ricorrenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso in senso lato, ovvero anche quando ricorra una mera incertezza sulla loro titolarità. E ciò a prescindere dal fatto che il ricorrente abbia dato o meno sufficienti elementi per ritenere che, all'esito della definizione della lite, il bene dovrà essere destinato ad entrare nel suo patrimonio (Trib. Monza, 17 aprile 2001; Trib. Trani, 28 settembre 2000; Trib. Torino, 14 gennaio 1989). Tale conclusione è altresì supportata da un rilievo funzionale. Infatti, l'art. 670 c.p.c. subordina l'adozione della misura cautelare del sequestro giudiziario, non solo alla ricorrenza di una controversia sulla proprietà o sul possesso, ma anche alla ponderazione positiva circa l'opportunità che il bene su cui la controversia verte sia fatto oggetto di custodia o gestione temporanea. Sicché basterebbe che emerga, già sul piano soggettivo, l'esistenza di una contesa sulla spettanza del bene affinché il sequestro sia disposto, nella prospettiva di assicurarne, nelle more, la custodia, ossia la sua conservazione. In questa dimensione il sequestro giudiziario assumerebbe la sua autentica finalità conservativa, ossia la salvaguardia dell'integrità materiale del bene durante la pendenza del giudizio volto ad accertare quale parte ne abbia la proprietà, o abbia diritto al possesso o alla detenzione, attraverso la condanna alla consegna o alla restituzione. Quand'anche il ricorrente non abbia reso un adeguato quadro probatorio in ordine alla spettanza del diritto, il sequestro giudiziario dovrebbe dunque essere emesso a cautela dell'intangibilità materiale della res. Basta che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudicare l'attuazione del diritto controverso, perché la misura sia accordata (Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 1982, n. 854; Cass. civ., sez. I, 6 novembre 1964, n. 2694). Se così non fosse, l'istanza di autorizzazione del sequestro dovrebbe essere inspiegabilmente negata ove la parte ricorrente non abbia offerto prove liquide, ed immediatamente spendibili anche nel procedimento cautelare, circa l'attendibilità del suo diritto sulla cosa, pur essendo stati acquisiti congrui elementi sul pregiudizio all'alterità fisica della cosa che deriverebbe dalla persistenza dell'attuale disponibilità in capo alla controparte (App. Caltanissetta, 3 giugno 1999; Trib. Torino, 14 gennaio 1989). Ma nei termini anzidetti verrebbe meno lo scopo assicurativo che caratterizza il sequestro giudiziario. In questa prospettiva, il fumus deve essere piuttosto inteso come effettivo stato di incertezza sulla spettanza del diritto, tale da giustificare la conservazione, nelle more della conclusione del giudizio di merito, dell'integrità fisica e della produttività-fruttuosità del cespite. Sicché la domanda di sequestro giudiziario dovrebbe essere disattesa solo ove emerga che la parte che ha l'attuale disponibilità del bene, su cui la richiesta di sequestro è rivolta, ne vanti anche il diritto. Ma ove il richiedente non abbia dato elementi per ritenere che la controversia sarà definita nel merito a suo favore, ugualmente la misura dovrebbe essere concessa nell'ipotesi in cui ricorra uno stato di oggettiva incertezza o di dubbio sulla spettanza del diritto alla restituzione della cosa. Tale conclusione è suffragata dalla circostanza che la misura è strumentale alla garanzia della prevenzione di condotte di distruzione, alterazione o depauperamento della cosa, in attesa che si definisca quale sia la parte cui la cosa spetta. Un siffatto approdo è tanto più giustificato nell'ipotesi in cui la dimostrazione del periculum sia sorretta da solide basi, e segnatamente dall'emersione di un pericolo concreto e attuale, non già astratto e potenziale, di danneggiamento o distruzione della cosa. A fronte della concretezza del pregiudizio paventato di alterazione dell'integrità fisica della res, i requisiti affinché sia integrato il fumus dovrebbero essere letti in chiave più attenuata, essendo bastevole la mera incertezza sulla spettanza del diritto perché la misura sia accordata. Sicché nell'ambito del sequestro giudiziario il rapporto tra i presupposti che ne giustificano l'autorizzazione si atteggia in termini di proporzionalità inversa: quanto più è palesata l'opportunità di provvedere alla custodia a salvaguardia dell'intangibilità materiale del cespite, tanto meno è necessario che il ricorrente fornisca dimostrazione della verosimiglianza del suo diritto.

Sequestro probatorio

Anche con riferimento al sequestro probatorio di cui all'art. 670, n. 2, c.p.c. l'indagine strumentale al rilascio della misura cautelare deve limitarsi appunto alla verifica della opportunità di sequestrare il libro, registro, documento, modello, campione od ogni altra cosa che può avere una rilevanza probatoria nel giudizio di merito (ovvero da cui si pretende desumere elementi di prova), potendo esso costituire oggetto di esibizione o comunicazione ex art. 210 c.p.c., ma non è necessario prefigurarsi la fondatezza del diritto a cui l'ordine di esibizione è strumentale, né è necessario che si prefiguri una controversia avente ad oggetto, in via principale, l'esibizione documentale (Cass. civ., sez. I, 22 dicembre 1993, n. 12705). Pertanto, anche in tale forma di sequestro il fumus è inteso in termini attenuati, quale astratta rilevanza probatoria del documento (Trib. Milano, 21 agosto 2004), ovvero delle scritture contabili, delle fatture, dei referti clinici e dei beni utilizzati dal lavoratore nel corso del rapporto di lavoro. Sicché, in ordine al requisito della utilità della prova, deve escludersi che il giudice possa esigere, al momento di disporre il sequestro, la dimostrazione che le prove da acquisire siano indispensabili e perfettamente concludenti, dato che soltanto nel processo di merito il valore della prova, sia sotto il profilo della concludenza che della indispensabilità, potrà essere compiutamente apprezzato. Piuttosto, il requisito della controversia sul diritto implica un duplice accertamento, quello circa la esistenza della controversia di merito, che può anche non essere processualmente pendente, e l'altro in ordine alla esistenza della controversia sul diritto alla esibizione o alla comunicazione dei libri e dei documenti, la quale, però, non è richiesta come condizione del sequestro quando questo riguardi cose diverse dai libri e dai documenti, nel qual caso è sufficiente che la cosa da sottoporre a sequestro possa servire da prova ed esista il pericolo di perderne la disponibilità (Cass. civ., sez. I, 29 ottobre 1970, n. 2213).

Nondimeno, resta fermo che, pur essendo disposto il sequestro di documenti, modelli, registri, ecc., con potenziale valenza probatoria nel giudizio di merito, la disposizione del sequestro non rende coercibile l'ordine di esibizione eventualmente adottato nel futuro giudizio di merito o in quello in corso al momento della proposizione del ricorso per sequestro. Infatti, non può essere il custode a consegnare tale documento al giudice, in ragione di un'esecuzione coattiva, ma dovrà esservi pur sempre il consenso dell'avente diritto che ha subito il sequestro della prova precostituita, ossia della parte che aveva la disponibilità del documento prima che ne fosse disposto il sequestro. E ciò perché la concessione del sequestro giudiziario su documenti con valenza probatoria non è finalizzata a rendere coercibile l'ordine di esibizione, bensì a salvaguardare nelle more integrità materiale del documento. Ma una volta che quest'ultima sia stata garantita, l'esibizione in concreto è pur sempre subordinata alla disponibilità (e al fatto che questi non vi opponga un rifiuto) della parte che ha il diritto sul documento. Ne discende che, ove tale parte, nonostante il sequestro disposto, non presti tale consenso, il documento non potrà essere prodotto in giudizio dal custode, pur potendo derivare da detto contegno ostativo valutazioni attratte nell'ambito degli argomenti di prova ex art. 116, secondo comma, c.p.c. (Trib. Salerno, 27 settembre 1993). Qualora, invece, al sequestro segua il consenso all'esibizione documentale, la misura cautelare avrebbe raggiunto i suoi effetti; infatti, il sequestro probatorio è provvisorio, non soltanto nel senso che è temporaneo, ma soprattutto nel senso che la sua durata è limitata al raggiungimento delle necessità probatorie per cui fu autorizzato, sicché, una volta soddisfatte tali necessità mediante l'accertamento definitivo contenuto nella pronuncia che definisce il giudizio di merito, le cose a questo fine sequestrate debbono essere restituite al legittimo proprietario (Cass. civ., sez. I, 29 ottobre 1970, n. 2213).

Guida all'approfondimento
  • B. Cavallone, Esibizione delle prove e sequestro giudiziario, in Riv. dir. proc., 1970, 155;
  • R. Conte, Sequestro giudiziario e sequestro conservativo in relazione all'azione revocatoria e all'azione di simulazione, in Giur. it., 2013, 12;
  • C. Costabile, Sequestro di beni, in www.ilProcessoCivile.it;
  • C. Costabile, Sequestro di prove, in www.ilprocessocivile.it;
  • G.E. De Leo, Nota in tema di sequestro giudiziale di azienda, in Giur. it., 2013, 3;
  • R. Giordano, Sequestro giudiziario, in www.ilProcessoCivile.it.

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