I tortuosi percorsi delle delibere assembleari, tra maggioranze, unanimità e prova di resistenza

09 Aprile 2019

La singola delibera assembleare può contenere più capi, ciascuno affetto da propri vizi e criticità; a ciò aggiungasi l'ulteriore difficoltà creata dalla molteplicità di maggioranze richieste per l'approvazione di...
Massima

I criteri di ripartizione delle spese in condominio, fissati dall'art. 1123 c.c., possono essere derogati, secondo quanto sancisce detta norma, soltanto da una convenzione sottoscritta da tutti i condomini o da una deliberazione presa dagli stessi in sede assembleare con l'unanimità dei consensi dei partecipanti al condominio. In tema di computo delle maggioranze assembleari condominiali, l'esistenza di un conflitto di interessi tra il singolo condomino titolare del diritto di voto e il condominio stesso comporta la esclusione, dal calcolo dei millesimi, delle relative carature attribuite al condomino confliggente, così estensivamente interpretata la norma dettata, in tema di società per azioni, dall'art. 2373 c.c. (che inibisce il diritto di voto al socio in conflitto di interesse con la società).

Il caso

Un condomino impugna la deliberazione con cui, nel corso del 2016, l'assemblea ha: 1) adottato, a maggioranza, un criterio di riparto delle spese in deroga a quello legale previsto dall'art. 1123 c.c. (nella specie, estendendo la clausola di esonero dal loro pagamento, prevista dal regolamento contrattuale in favore di altro condomino e per un determinato periodo, oltre tale termine), e 2) nominato quale nuovo amministratore, peraltro con effetto - al contempo - retroattivo (con decorrenza dal 2013) ed ultrattivo (sino a tutto il 2020) rispetto ai limiti di durata previsti per tale incarico dall'art. 1129 c.c., un soggetto in conflitto di interessi con il condominio.

La questione

Due, dunque, le questioni in esame; 1) quale sia la maggioranza necessaria perché l'assemblea deroghi ai criteri legali di ripartizione delle spese; 2) che rilevanza ha, ai fini del calcolo delle maggioranze, l'eventuale conflitto di interessi di chi, con il proprio voto, partecipi alla deliberazione.

Le soluzioni giuridiche

Quanto al primo aspetto, va anzitutto osservato come il principio generale di ripartizione degli oneri condominiali sia sancito dall'art. 1123, commi 1 e 3, c.c., ai sensi del quale le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione, con la specificazione che qualora un edificio abbia più scale, cortili, lastrici solari, opere o impianti destinati a servire una parte dell'intero fabbricato, le spese relative alla loro manutenzione sono a carico del gruppo di condomini che ne trae utilità.

In via di definizione, la norma consente di distinguere tra (a) “spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio”, che consistono nelle erogazioni destinate ad assicurare alle cose comuni la destinazione e il servizio che debbono realizzare e costituenti le finalità del condominio e (b) “spese necessarie per la prestazione dei servizi nell'interesse comune” che, invece concernono opere necessarie a quelle parti comuni dell'edificio individuate dall'art. 1117, nn. 2) e 3), c.c. nonché ad assicurare il funzionamento dei relativi servizi.

Le une e le altre sono “sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno”, salvo che: 1) vi sia una convenzione in senso contrario tra i condomini (“salvo diversa convenzione”), ovvero una diversa regolamentazione del regime delle spese sia stata stabilita dall'originario costruttore; 2) la spesa sia stata deliberata in relazione ad un bene ovvero ad un servizio comune destinato a servire solo una parte del fabbricato, nel qual caso la tabella di riferimento sarà diversa rispetto a quella di proprietà generale, coinvolgendo solo i condomini interessati da quello specifico bene o servizio (art. 1123, comma 3, c.c.); 3) si tratti di oneri relativi a cose “destinate a servire [tutti] i condomini [ma] in maniera diversa” (art. 1123, comma 2, c.c.), nel qual caso “le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne”.

Il tribunale marchigiano si è occupato, nella specie, della prima evenienza, affrontando una peculiare ipotesi di sovrapposizione tra i due criteri di deroga ivi descritti giacché, a fronte di una clausola di esonero “a tempo” - e, cioè, “non oltre 48 mesi”dalla prima vendita (dunque, sino all'ottobre del 2013) - dall'onere contributivo, prevista in favore dell'originario costruttore all'interno del regolamento dallo stesso predisposto, l'assemblea aveva deliberato, a maggioranza, la proroga di tale esenzione fino a tutto il 2020: nell'affrontare la questione, dunque, l'Autorità giudiziaria adita ha condivisibilmente escluso la sufficienza, all'uopo (e, dunque la legittimità) di una simile deliberazione, rappresentando ius receptumil principio in virtù del quale, stante l'idoneità ad incidere sui diritti dei singoli condomini, la “diversa convenzione” contemplata dall'art. 1123 c.c. implica l'adozione di una delibera all'unanimità dei partecipanti al condominio (Cass. civ., sez. VI, 18 maggio 2017, n. 12580; Cass. civ., sez. II, 4 dicembre 2013, n. 27233; Cass. civ., sez. II, 27 luglio 2006, n. 17101; Cass. civ., sez. II, 15 ottobre 2004, n. 20318; Cass. civ., sez. II, 19 febbraio 1997, n. 1511).

Passando, poi, al secondo aspetto esaminato dalla pronunzia in commento (sia pure ai soli fini della soccombenza virtuale), esso sostanzialmente concerne la sorte della delibera assunta con il voto determinante del condomino in conflitto di interessi con il condominio, rispetto all'oggetto della delibera medesima: semplificando, posto che le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo che di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse, i quali possono (e non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto e ferma la possibilità, per ciascun partecipante, di ricorrere all'autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio (Cass. civ., sez. II, 28 settembre 2015, n. 19131), ai fini della valutazione circa la validità della delibera, si procede anzitutto eliminando mentalmente il voto di chi, non potendo votare, ha - ciononostante - a tanto provveduto (abusando, pertanto, del proprio diritto) e, quindi, verificando se i quorum costituitivi e deliberativi risultano comunque raggiunti. Peraltro, nella più recente ricostruzione dell'istituto, si è altresì chiarito che l'invalidità della delibera discende non solo dalla verifica del voto determinante dei condomini aventi un interesse in conflitto con quello del condominio ma, altresì, dalla dannosità, sia pure soltanto potenziale, della stessa deliberazione, nel sensoche quest'ultima sia diretta al soddisfacimento di interessi extracondominiali, ovvero di esigenze lesive dell'interesse condominiale all'utilizzazione, al godimento ed alla gestione delle parti comuni dell'edificio (v., da ultimo, Cass. civ., sez. VI, 25 gennaio 2018, n. 1853).

Uniformandosi pienamente al primo di tali principi, il Tribunale di Macerata ha dunque rilevato l'illegittimità della delibera anche in parte qua per non reggere la stessa alla prova di resistenza, essendo il nominato amministratore risultato portatore - quale proprietario e quale delegato - di 665,48 millesimi su un totale di 857,66 con cui la delibera è stata approvata. Meno chiara è, invece, la motivazione assunta dal giudice marchigiano sulla (prova della) dannosità della nomina, che emergerebbe, stando a quanto emerge dalla motivazione, dall'avere il prescelto “intenzionalmente sottaciuto all'assemblea...che la sua società [precedente amministratrice, giudizialmente revocata dall'incarico] aveva depositato qualche ora prima dell'adunanza condominiale domanda prenotativa di concordato”.

In ogni caso, infine, è stata riscontrata la contrarietà della durata dell'incarico, come deliberato (con effetto, cioè, retroattivo ed ultrattivo), alle previsioni contenute nel regolamento di condominio (e, comunque, a quanto previsto, in proposito, dal novellato art. 1129 c.c.).

Osservazioni

In relazione alla “diversa convenzione” cui fa riferimento l'art. 1123 c.c., secondo un orientamento giurisprudenziale essa non sarebbe assoggettata ad oneri di forma, ove ricavabile da comportamenti univocamente concludenti, protrattisi nel tempo, dai quali sia possibile evincere l'accettazione, da parte di tutti i condomini, di differenti criteri di riparto delle spese (Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2000, n. 13592; Cass. civ., sez. II, 27 marzo 1998, n. 3251).

Quanto, poi, alla natura della clausola che amplii o diminuisca il novero dei soggetti tenuti al pagamento degli oneri condominiali, ricomprendendo chi non vi sarebbe tenuto ovvero, al contrario, esonerando - totalmente o parzialmente - chi avrebbe dovuto parteciparvi, muovendo dalla considerazione per cui l'obbligazione dei condomini di contribuire nelle spese per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio è propter rem, parte della giurisprudenza ne presume l'efficacia reale e ritiene che essa sia valida anche nei confronti dei successori dei condomini originari, indipendentemente dalla sua trascrizione (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2005, n. 6474); secondo altro orientamento, invece, l'efficacia di tale convenzione non si estende (art. 1372 c.c.) agli aventi causa a titolo particolare degli originari stipulanti, a meno che detti aventi causa non abbiano manifestato il loro consenso nei confronti degli altri condomini, anche per fatti concludenti, attraverso un'univoca manifestazione tacita di volontà, dalla quale possa desumersi un determinato intento con preciso valore sostanziale (Cass. civ., sez. II, 9 agosto 1996, n. 7353).

Con specifico riferimento, infine, alla clausola regolamentare che preveda l'esonero totale, per taluno dei condomini, dall'obbligo di partecipare alle spese (incluse quelle di conservazione), in giurisprudenza si è ritenuto che essa determini il superamento, nei riguardi di detta categoria di condomini, della presunzione di comproprietà su detta parte del fabbricato o sul detto servizio (Cass. civ., sez. II, 25 marzo 2004, n. 5975).

Quanto, poi, alla tematica del conflitto di interessi, si segnala come la recente sentenza della Corte di Appello di Torino del 6 novembre 2018, ha fatto applicazione del principio anche in ambito di supercondominio, in relazione alla nomina dell'amministratore da parte dei rappresentanti dei singoli condominii.

Guida all'approfondimento

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario