La revisione della sentenza tra "nuova prova" e introduzione di nuovi metodi scientifici

09 Aprile 2019

Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, l'orientamento allo stato attuale prevalente è nel senso di ritenere che possono costituire "prove nuove" ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., quelle che, pur incidendo su un tema già divenuto oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili. Il tema dei rapporti tra prova scientifica e ambito applicativo della revisione investe a pieno la ricostruzione...
Abstract

Ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, l'orientamento allo stato attuale prevalente è nel senso di ritenere che possono costituire "prove nuove" ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., quelle che, pur incidendo su un tema già divenuto oggetto di indagine nel corso della cognizione ordinaria, siano fondate su nuove acquisizioni scientifiche e tecniche diverse e innovative, tali da fornire risultati non raggiungibili con le metodiche in precedenza disponibili.

La nuova prova scientifica

Il tema dei rapporti tra prova scientifica e ambito applicativo della revisione investe a pieno la ricostruzione delle coordinate interpretative all'interno delle quali inquadrare l'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p., secondo cui la revisione può essere domandata «se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'art. 631». Al centro dell'analisi si pone il concetto di nuove prove, da decodificare a partire dagli approdi prospettati sul punto nel 2011 dalle Sezioni Unite Pisano; in questo contesto, infatti, si ritengono nuove «non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice, e indipendentemente dalla circostanza che l'omessa conoscenza da parte di quest'ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell'errore giudiziario».

Tenendo conto di questa premessa, per affrontare il tema dell'ammissibilità di una istanza di revisione in cui il novum sia basato su apporti conoscitivi di natura scientifica occorre stabilire se il requisito della novità è sufficiente che investa il metodo di accertamento, che potrà, pertanto avere ad oggetto elementi di prova già valutati nel giudizio concluso con sentenza irrevocabile, oppure, al contrario, se tale nuovo metodo scientifico dovrà necessariamente investire fattori diversi da quelli considerati in precedenza.

Evoluzione della giurisprudenza

Nell'economia dell'indirizzo più risalentenel tempo, era da escludere radicalmente la possibilità che una diversa e nuova valutazione tecnico-scientifica di dati già noti potesse assumere la valenza di prova nuova ex art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p.; tale valutazione - si sosteneva - si sarebbe posta in violazione del principio di improponibilità, mediante la revisione, di ulteriori prospettazioni di situazioni già constatate e, dunque, si sarebbe risolta in un apprezzamento critico inammissibile, in quanto fondato su elementi in precedenza già conosciuti e valutati.

Nelle pieghe di questa impostazione, come puntualmente sottolineato in dottrina, è agevole riconoscere una tensione verso la prospettiva dell'intangibilità del giudicato, a presidio della stabilità delle decisioni giudiziarie. Chiara, poi, una precisa inclinazione in ordine alla natura e alla funzione della perizia intesa, da un lato, come mezzo di prova "neutro", tradizionalmente sottratto alla disponibilità delle parti e, dall'altro, come mezzo funzionale ad una mera rivalutazione di dati già analizzati in sede di cognizione.

Col tempo, tuttavia, la giurisprudenza si apre a diverse conclusioni. Innanzitutto, e fermo restando il limite posto dall'art. 637, comma 3, c.p.p., a mente del quale, in sede di revisione, il proscioglimento non può essere pronunciato esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio, si critica la svalutazione del dinamismo intrinseco alla ricerca scientifica proprio degli approdi più risalenti. Qui, si afferma, vi è un rifiuto dell'idea «che nella nozione di scienza sia insito il concetto di fallibilità, di relatività, di evoluzione»; si «rifugge il metodo della smentita e della falsificabilità, nonché la ricerca e la valutazione di altre differenti ricostruzioni del fatto storico al fine di dimostrare che le alternative sono ragionevolmente configurabili»; inoltre, non si «accetta la prospettiva che l'utilizzazione di un diverso metodo, pur se applicato agli stessi elementi, possa produrre esiti affatto diversi»; infine, si «rifugge la dimostrazione dell'applicabilità di leggi scientifiche alternative che diano al fatto provato una spiegazione differente».

A partire da queste considerazioni si è, dunque, affermato che, ai fini dell'ammissibilità della richiesta di revisione, una diversa valutazione tecnico-scientifica di elementi fattuali già noti può costituire "prova nuova" ai sensi dell'art. 630, comma 1, lett. c), c.p.p. quando risulti fondata su nuove metodologie; e ciò in quanto la novità di queste ultime e, correlativamente dei principi tecnico-scientifici applicati, può condurre alla conoscenza non soltanto di valutazioni diverse ma anche di veri e propri fatti nuovi, a condizione che si tratti di applicazioni tecniche accreditate e rese pienamente attendibili dal livello del sapere acquisito dalla comunità scientifica.

Ne deriva innanzitutto un diverso approccio al tema della perizia che conduce al superamento del dogma della "non novità" del mezzo di prova; in quest'ottica, infatti, una perizia può costituire prova nuova se basata su nuove acquisizioni scientifiche idonee di per sé a superare i criteri adottati in precedenza e, come tali, capaci di offrire risultati più adeguati.

In secondo luogo, si amplia il concetto di novum scientifico. La considerazione per cui anche le prove incidenti su un tema già valutato nell'ambito della cognizione ordinaria possono rivestire il carattere della novità ai fini del giudizio di revisione, purché siano fondate su tecniche innovative suscettibili di condurre all'emersione di risultati non raggiungibili con le metodiche disponibili in precedenza, consente di correlare la novità della prova scientifica tanto all'oggetto dell'accertamento quanto al metodo scoperto o sperimentato in seguito al processo definito con sentenza irrevocabile, se idoneo a produrre nuovi elementi fattuali.

Ancorché si tratti di un percorso interpretativo che ha subìto una qualche battuta di arresto ad opera di decisioni volte al recupero della più risalente impostazione restrittiva, è quello da ultimo considerato l'indirizzo che, allo stato attuale, sembra condivisibilmente prevalere. Come è stato correttamente osservato «anche se si finisce, in effetti, per riconsiderare il momento logico di una determinata inferenza probatoria, già valutata dal primo giudice, non si tratta di compiere una mera rivalutazione dell'identico materiale probatorio che ebbe a disposizione l'organo giudicante: in questo caso, la più affidabile capacità euristica conferita dal progresso scientifico ad un determinato mezzo di prova e la valenza decisiva di quest'ultimo per l'accertamento dei fatti consentono la revisione del giudicato» (CALLARI).

Ammissibilità della richiesta

Qualora il novum posto a base della richiesta di revisione sia rappresentato da apporti conoscitivi di natura scientifica, risulta accentuata la delicatezza dei profili concernenti la fase dedicata alla valutazione di ammissibilità cui la Corte d'appello deve procedere secondo i parametri indicati dall'art. 634 c.p.p., soprattutto laddove si tratti di stabilire se il nuovo metodo applicato alle emergenze processuali già acquisite sia in concreto produttivo di effetti diversi rispetto a quelli già ottenuti. Invero, la giurisprudenza ha enucleato, per tale aspetto, una griglia di regole indirizzate a guidare il vaglio della novità della prova scientifica; si tratta di un vero e proprio "protocollo" che risulta articolato in cinque fasi di verifica demandate al giudice, il quale dovrà procedere, in particolare:

  1. all'apprezzamento della novità del metodo introdotto;
  2. alla valutazione della sua scientificità;
  3. all'applicazione del nuovo metodo scientifico alle risultanze probatorie già vagliate, alla stregua delle pregresse conoscenze, nel processo già celebrato;
  4. al giudizio di concreta novità dei risultati ottenuti grazie al nuovo metodo
  5. alla loro valutazione nel contesto delle prove già raccolte nel precedente giudizio allo scopo di stabilire se essi sono idonei a determinare una decisione diversa rispetto a quella di condanna già intervenuta.

Nonostante si tratti di un percorso di garanzia, restano integre le perplessità di quanti hanno riconosciuto comunque l'esistenza di un deficit di tutela nel fatto stesso dello svolgersi di tali verifiche in totale assenza di contraddittorio.

In conclusione

Il monito che la Corte di Strasburgo ha rivolto ai giudici nazionali quando ha affidato il compito di «interpretare la legislazione esistente alla luce del processo scientifico e delle conseguenti ripercussioni sociali» (Corte edu, 9 novembre 2006, Tavli c. Turchia), va letto - come evidenzia lucidamente autorevole dottrina - come sollecitazione a tener conto dell' «esigenza di conformare la regolamentazione della dinamica processuale all'evoluzione dei saperi extragiuridici incidenti sul fenomeno probatorio, facendone scaturire precise indicazioni ermeneutiche destinate a consolidare il processo di graduale cedibilità del giudicato e di estensione dell'area di operatività della revisione della sentenza di condanna» (CANZIO). Per questo deve guardarsi con favore alla tendenza, in via di consolidamento nella giurisprudenza più recente, che considera prova nuova anche quella basata su nuovi metodi scientifici applicati a elementi fattuali già considerati nel precedente giudizio.

In conclusione

In dottrina: Aprile, "Nuova" prova scientifica e revisione della sentenza di condanna nella giurisprudenza di legittimità, in Riv. it. med. leg., 2011, n. 4-5, 1187; Callari, Prova scientifica e giudizio di revisione, in Giust. pen., 2016, 499; Canzio, La motivazione della sentenza e la prova scientifica: "reasoning by probabilities", in Canzio-Lupària (a cura di), Prova scientifica e processo penale, Milano, 2018, 19; Id., La revisione del processo: gli effetti del sopraggiungere di nuove prove rese possibili dal progresso scientifico, in Kostoris-Balsamo (a cura di), Giurisprudenza europea e processo penale italiano, Torino, 2008, 479 e ss.; Famiglietti, Nuova prova scientifica e giudizio di revisione, in Proc. pen. e giust., 2011, n. 5, 127 e ss; Pazienza, Prova scientifica e sistema delle impugnazioni, in Canzio-Lupària (a cura di), Prova scientifica e processo penale, Milano, 2018, 554 e ss; Tonini-Conti, Il diritto delle prove penali, Milano, 2014, 378 e ss.; Ventura, Le nuove prove scientifiche nella revisione del processo penale, Bari, 2010.

In giurisprudenza, per l'orientamento più recente C V, 20.2.2018, n. 10523, Rossi, Rv.272592; C VI, 14.2.2017, n. 13930, Sparapano, Rv. 269460; nello stesso senso, e con particolare riferimento al vaglio di ammissibilità dell'istanza di revisione, C I, 8.3.2011, n. 15139, Ghiro, Rv.249864. Per il precedente e più restrittivo orientamento: C II, 12.12.1994, n. 5494, Muffari, Rv. 201111; C I, 23.2.1998, n. 1095, Nappi.

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