La decadenza dall'impugnazione della delibera è impedita con il deposito della domanda di mediazione presso il competente organismo

15 Aprile 2019

Decidendo sul gravame promosso avverso la sentenza di primo grado, che aveva rigettato l'impugnativa di due condomini della delibera assembleare che, con avvallo maggioritario, aveva approvato la modifica delle tabelle millesimali, la Corte d'Appello di Brescia...
Massima

La decadenza dal potere di impugnativa della delibera assembleare condominiale è utilmente impedita dal deposito, nel rispetto del termine ex art. 1137 c.c., presso il competente organismo, della domanda di mediazione ai sensi dell'art. 5 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, e non già dalla sua successiva comunicazione alle altre parti.

Il caso

Il Tribunale di Brescia rigettava il ricorso proposto da due condomini e volto alla dichiarazione di invalidità della delibera assembleare che aveva approvato, a maggioranza, la modifica delle tabelle millesimali.

Investita quale giudice di secondo grado, la locale corte d'appello respingeva il gravame della sentenza di prime cure disattendendo, però, il motivo di appello incidentale, proposto dal condominio appellato, diretto alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnativa del deliberato condominiale per intervenuta decadenza ex art. 1137, comma 2, c.c., che sosteneva avrebbe potuto essere impedita, ai sensi dell'art. 5, comma 6, d.lgs. n. 28/2010 solo con la comunicazione, fattagli dall'organismo adito, dell'intervenuto deposito della domanda conciliativa e che era pervenuta tardivamente.

La questione

Si è, quindi, posta all'attenzione del giudice distrettuale lombardo la questione preliminare di merito relativa all'individuazione, all'interno della sequela del procedimento di mediazione, dell'atto idoneo ad impedire la decadenza con riferimento alla decorrenza del termine per la proposizione dell'impugnativa della delibera assembleare invalida.

Ai sensi dell'art. 1137 c.c., il condomino può chiedere il giudiziale annullamento del deliberato, promuovendo il relativo giudizio nel termine perentorio di trenta giorni dalla sua conoscenza.

Le controversie in materia condominiale, per previsione dell'art. 5 del d.lgs. 4 marzo 2010 n. 28, sono soggette alla condizione di procedibilità del preventivo esperimento della procedura di mediazione disciplinata dal medesimo testo legislativo e l'art. 71-quater disp. att. c.c. offre, poi, di tale normativa una interpretazione autentica, delimitandone contenuto e àmbito applicativo.

Poiché, pertanto, per volontà di legge, l'azione in giudizio avente ad oggetto il gravame del deliberato assembleare presuppone il preventivo esperimento della procedura di mediazione che, di regola, dovrebbe precedere il relativo atto processuale d'impulso, si pone la necessità del coordinamento e del raccordo tra il rispetto della prescritta condizione di procedibilità e il rituale tempestivo introito dell'impugnativa.

La natura - expressis verbis legislatoris - perentoria del termine entro il quale l'art. 1137 c.c. stabilisce debba essere proposta la domanda di gravame vale a qualificarlo come decadenziale e, in conseguenza, solamente la notifica, al condominio, dell'atto di citazione introduttivo del giudizio che intervenga nel suo rispetto potrebbe impedire la perdita della relativa facoltà di azione, secondo la regola generale prevista dall'art. 2966 c.c.

I tempi di espletamento della procedura conciliativa potrebbero non essere compatibili con il termine decadenziale.

In coerenza, l'art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 28/2010 stabilisce che “dal momento della comunicazione alle altre parti” l'istanza di mediazione “impedisce… la decadenza per una sola volta”, così ritenendo non sufficiente, a tali effetti, il solo deposito della richiesta presso il competente organismo, con la conseguenza che, laddove la comunicazione non intervenisse entro il termine di decadenza, il giudizio non potrebbe, comunque, essere utilmente proposto, e ciò anche quando l'istanza fosse stata tempestivamente inoltrata.

Ciò si verificava nel caso di specie, che ha visto i condomini, attori in giudizio, depositare la domanda di mediazione entro i trenta giorni dall'adozione del deliberato assunto in loro presenza mentre la comunicazione da parte dell'organismo, al condominio convenuto, interveniva oltre tale termine.

Le soluzioni giuridiche

La Corte d'Appello di Brescia ha escluso che i condomini attori fossero decaduti dalla facoltà di impugnativa e ciò alla stregua di una rilettura dell'art. 5, ultimo comma, del d.lgs. n. 28/2010, secondo la quale la decadenza deve ritenersi impedita dal deposito dell'istanza di mediazione e non dalla sua successiva comunicazione alle altre parti.

Ha ritenuto che l'esegesi di tale disposto, alla luce dei principi costituzionali espressi dagli artt. 24 e 111 Cost., non permette soluzioni applicative che precludano o rendano maggiormente difficile l'accesso alla tutela giurisdizionale.

Ha richiamato, a tali fini, l'art. 8 della direttiva 2008/52 CEE in tema di “effetto della mediazione sui termini di prescrizione e decadenza” che fa onere, agli stati membri, di evitare che l'esperimento della procedura conciliativa possa impedire il successivo avvio dell'azione giudiziaria in conseguenza di prescrizioni o decadenze maturate durante il suo svolgimento.

Ha sostenuto che laddove la decadenza venisse correlata alla comunicazione alle altre parti, l'attore, nel rispetto del termine dell'art. 1137 c.c., dovrebbe prudenzialmente procedere sia all'avvio del procedimento giurisdizionale, sia al deposito dell'istanza di mediazione e ciò per evitare che eventuale ritardo nell'informare i litisconsorti da parte dell'organismo di mediazione - sul quale solo ha ritenuto si configuri il relativo onere - possa comportarne il maturare.

Da qui l'interpretazione che, operando il “bilanciamento degli interessi delle parti” correla l'effetto impediente al mero deposito della richiesta conciliativa.

Osservazioni

La soluzione del giudice distrettuale lombardo muove dall'apprezzabile intento di costruire il sistema ordinamentale in funzione delle effettive e concrete esigenze dell'utente del servizio giustizia, evitando che la mera acritica applicazione della norma possa frustrarle

Ciò potrebbe accadere nel caso in cui, stando alla lettera dell'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010, si ritenesse che la decadenza sia impedita solo dalla comunicazione della domanda di mediazione alle altre parti interessate e non già dal deposito della relativa istanza perché, così opinando, il promotore della conciliazione potrebbe dover sopportare le conseguenze dei ritardi in cui l'organismo di mediazione venisse ad incorrere nell'eseguire gli atti partecipativi, ritenuti di sua sola spettanza.

In realtà la disciplina dell'istituto sembrerebbe normativamente strutturata di modo da escludere che colui che promuove il procedimento conciliativo sia costretto a subire gli effetti negativi di eventuali disfunzioni nella sua instaurazione.

Se da un lato l'art. 5, comma 6, stabilisce che la prescrizione é interrotta e la decadenza impedita nel “momento della comunicazione alle altre parti” della domanda di mediazione, il successivo art. 8, al comma 1, nel disciplinare l'iter procedimentale, prevede che a seguito della presentazione dell'istanza il responsabile dell'organismo fissa la data del primo incontro e che sia la domanda di conciliazione che la data della seduta siano comunicati “all'altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante”.

Il promotore della mediazione, interessato all'abbrivio del giudizio, sembrerebbe, quindi, versare in posizione di coinvolgimento partecipativo quanto alla regolare instaurazione del contraddittorio procedimentale in sede conciliativa, potendo efficacemente adoperarsi, in ausilio o anche in supplenza dell'organismo, per eseguire gli atti conoscitivi ai quali si correlano gli effetti conservativi previsti dal richiamato art. 5, ultimo comma.

In tale prospettiva, contrariamente a quanto sostenuto nella pronuncia in esame, il sistema normativo di riferimento sarebbe congegnato nell'escludere che l'interessato versi in posizione di mero patiin relazione ad attività organizzative dell'ufficio di mediazione sul cui espletamento potrebbe, invece, attivamente intervenire, evitando il prodursi di decadenze in proprio danno.

Si tratterebbe, pertanto, di disciplina conforme sia ai canoni costituzionali dell'effettività del diritto di azione in giudizio, sia ai richiamati principi comunitari previsti, nello specifico, per la materia della media-conciliazione.

Valorizzando tali profili parte della giurisprudenza di merito, nel fedele rispetto della lettera di legge, ha ritenuto che solamente la comunicazione del deposito dell'istanza di mediazione e della data dell'incontro dinanzi il mediatore può evitare la sanzione di inammissibilità del gravame della decisione dell'assise condominiale.

A ben vedere, però, il riassunto approccio interpretativo lascia residuare delle falle che potrebbero minare la tenuta costituzionale del dato normativo di riferimento.

In particolare, ci si deve interrogare se le facoltà di intervento nella fase di avvio della procedura conciliativa previste in capo a chi intenda dare impulso ad un giudizio soggetto alla condizione di procedibilità dell'esperimento della mediazione, lette alla luce del canone della ragionevolezza, possano ritenersi idonee a giustificare la sanzione decadenziale conseguente alla non tempestiva comunicazione della domanda di conciliazione e della data dell'incontro dinanzi il mediatore.

A tale quesito deve darsi risposta negativa se solo si considera che, secondo la previsione di legge, la comunicazione presuppone che il responsabile dell'organismo di mediazione, a seguito della presentazione della richiesta, abbia fissato la data della seduta e designato il mediatore; solo successivamente a tale adempimento la ‘parte istante' potrebbe, pertanto, attivarsi per rendere edotta la controparte dell'avvio del procedimento ed evitare possibili decadenze.

Eventuali ritardi nella fissazione della data dell'incontro si potrebbero ripercuotere negativamente sulla tempistica della successiva comunicazione, senza che l'istante possa in alcun modo intervenire in funzione sollecitatoria o di rimedio, rimanendo, così, soggetto a preclusioni conseguenti, in via esclusiva, ad altrui negligenza.

Evidenziandosi un possibile vulnus di costituzionalità della norma applicabile vanno, quindi, individuati i rimedi praticabili e, in particolare, se debba necessariamente percorrersi la strada dell'eccezione incidentale di legittimità, secondo le forme indicate dalla legge 11 marzo 1953 n. 87, investendo della questione la Corte Costituzionale o se, invece, siano possibili soluzioni alternative.

La situazione in rilievo può ritenersi speculare a quella che si presenta nel caso di notificazione di atti processuali al cui compimento vengano a correlarsi effetti di natura sostanziale, quali l'impedimento di decadenza o del maturare di prescrizione.

Anche in tal caso il notificante potrebbe essersi attivato tempestivamente ma ritardi da parte dell'organo notificatore potrebbero importare, in suo pregiudizio, tali conseguenze sottratte alla sua sfera e possibilità di intervento.

Sul punto, com'è noto, si è registrato l'intervento del giudice delle leggi che, con iniziale riferimento alle notifiche a mezzo del servizio postale previste dalla l. 20 novembre 1982, n. 890 e per rimediare a situazioni di tale natura, per il rispetto dei parametri costituzionali del diritto di difesa e della ragionevolezza, con la sentenza del 26 novembre 2002, n. 477 ha introdotto il principio della scissione degli effetti, sostenendo che, quanto al soggetto che chiede la notifica si correlano al momento della consegna dell'atto all'organo notificatore, quanto al destinatario si producono alla sua ricezione.

L'art. 2, comma 1, lett. e). della l. 28 dicembre 2005, n. 263 ha, quindi, positivizzato tale regola integrando, con l'aggiunta di un ulteriore comma finale, l'art. 149 c.p.c.

L'esegesi della Corte di Cassazione ne ha ulteriormente valorizzato la portata applicativa che, inizialmente ristretta ai soli atti processuali, ha esteso anche agli effetti sostanziali connessi ad atti processuali nonché agli atti del procedimento amministrativo sanzionatorio.

Tale interpretazione pretoria - come analiticamente esposto nella decisione delle Sezioni Unite del 9 dicembre 2015, n. 24822 - ha preso le mosse dalla richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 477/2002: secondo il giudice nomofilattico la pronuncia avrebbe valorizzato il principio di ragionevolezza la cui insita vis expansiva consentirebbe, all'interprete di ricavare da una disposizione positiva la norma da applicare al caso concreto.

Secondo questo procedimento ermeneutico - che, poiché espressione di c.d. diritto vivente, escluderebbe la necessità dell'interpello della Corte Costituzionale - la soluzione esegetica alla quale la Corte d'Appello di Brescia è pervenuta, sia pure attraverso un percorso interpretativo più breve e meno articolato, risulterebbe condivisibile poiché, in applicazione dei principi elaborati nella omologa materia delle notificazioni allo scopo di rimediare all'esigenza, analoga a quella ricorrente nel caso di specie, di evitare che l'istante possa subire gli effetti negativi derivanti dall'altrui condotta, una volta accertato che da ciò non consegua pregiudizio alcuno a interessi di rilevanza superiore, giunge alla medesima conclusione finale di ritenere l'effetto decadenziale impedito dal deposito dell'istanza conciliativa - speculare alla consegna dell'atto all'organo notificatore - all'esito di una rilettura della norma di riferimento operata alla luce del canone esegetico della ragionevolezza.

Guida all'approfondimento

Tarantino, La domanda di mediazione impedisce la decadenza dal momento della comunicazione alle altre parti, in Ilprocessocivile.it;

Chieppa, Sulla legittimità di previi ricorsi o rimedi o procedimenti precontenziosi per poter adire un giudice e sulla inosservanza delle relative previsioni, in Giur. cost., 2013, fasc. 6, 5083;

Salciarini, Condominio e mediazione, in Consul. immob., 2016, n. 997, 708;

Celeste - Salciarini, La mediazione obbligatoria nel condominio, Milano, 2012.

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