L'amministratore non frequenta i corsi di aggiornamento: è invalida la nomina o solo revocabile il mandato?

17 Aprile 2019

Intervenendo su un tema molto dibattuto, specie a seguito dell'entrata in vigore della riforma della normativa condominiale, il magistrato meneghino ha ritenuto che la mancata frequentazione dei corsi professionali da parte dell'amministratore di condominio, prescritta dall'art. 71-bis disp. att. c.c., non è causa di nullità...
Massima

La mancata formazione professionale dell'amministratore di condominio, prescritta dall'art. 71-bis, disp. att., c.c., non è causa di nullità della nomina del gestore, ma è semplice motivo di revoca dell'incarico professionale.

Il caso

La sentenza in commento risolve, tra le altre questioni, la contestazione elevata da un condomino nei confronti dell'amministratore dell'ente di gestione per non avere, quest'ultimo, mai svolto alcun corso iniziale di formazione professionale (né di successivo aggiornamento periodico), come invece previsto dall'art. 71-bis, disp. att. c.c. Lo stesso condomino ha inoltre richiesto che venisse dichiarata la nullità di tutte le delibere e di tutte le attività negoziali datesi nel corso dell'anno di attività gestoria successivo alla nomina, poiché, secondo la tesi dell'attore, ritenute parimenti invalide.

La questione

La decisione in esame, deponendo per la revocabilità del mandato e non per l'invalidità della nomina del gestore, ha concretamente risolto la questione sul se la partecipazione ai corsi professionali di formazione obbligatoria dell'amministratore di condominio integri una prescrizione cogente (per il tramite dell'art. 1129, comma 1, c.c.) che la legge impone, in mancanza di un ordine professionale di appartenenza, al fine della stessa configurabilità della fattispecie “amministratore di condominio” (quasi che l'art. 71-bis, disp. att., c.c. sia norma che concorra a soddisfare l'esigenza di fissare, per il gestore di stabili, uno “statuto” - ossia una serie organica di regole che ne delimita e disciplina riconoscibilità e rilevanza (Irti), ovvero rappresenti, come appare invece più corretto ritenere, uno specifico requisito sostanziale di professionalità, per la persona dell'incaricato, indispensabile per mettere in atto la naturale fiducia che connota il rapporto instaurato con il mandante [arg. ex art. 1722, n. 4), c.c.], al punto da essere previsto dal legislatore come obbligo integrativo (ex art. 1374 c.c.) del contenuto del contratto concluso (o, se si preferisce, degli effetti del rapporto pendente) tra mandante e mandatario (essendo assimilabile, la relazione che intercorre tra amministratore e condòmini, al più ampio fenomeno della sostituzione nella cooperazione giuridica gestoria: v. art. 1129, comma 15, c.c. nonché Cass. civ.,sez. II, 26 febbraio 2019, n. 5611; Cass. civ.,sez. VI/II, 17 gennaio 2019, n. 1186; Cass. civ.,sez. VI/II, 20 ottobre 2017, n. 24920; Cass. civ.,sez. II, 22 luglio 2014, n. 16698).

Le soluzioni giuridiche

La sentenza emessa dal Tribunale di Milano in commento ha superato un precedente orientamento (Trib. Padova24 marzo 2017), che aveva diversamente previsto, per il caso di omessa frequentazione dei corsi professionali obbligatori, la nullità della nomina dell'amministratore di condominio, in quanto ritenuta “pacifica” conseguenza (per una “giurisprudenza” non altrimenti precisata) della illegittimità dell'incarico. Ciononostante, il citato giudice padovano, pur discorrendo in termini di illegittimità del mandato, conclude, pronunciandone la nullità radicale, come se ne avesse riscontrato l'illiceità (Perlingieri), quasi che si fosse in presenza di un divieto legale di stipulare il contratto in assenza di determinate qualità soggettive della persona incaricata della gestione (e, quindi, come se l'art. 71-bis, disp. att. c.c. rappresentasse una norma inderogabile a contenuto proibitivo e, perciò, imperativa - invece che, a tutto concedere, una norma cogente, per coerenza con la “fattispecie”, di natura ordinativa o configurativa -).

Evidenziato quanto sopra, si deve ancora segnalare che la riportata pronuncia meneghina, nell'affermare (ai sensi dell'art. 1129, comma 11, c.c.) la revocabilità dell'amministratore che non attende ai corsi di formazione obbligatoria professionale, non fornisce tuttavia, sul capo del provvedimento dedotto ad oggetto della presente nota, alcuna particolare motivazione al fine di giustificare la soluzione adottata, aderendo perciò implicitamente, il giudicante, alle deduzioni difensive svolte, sul tema, dal difensore del condominio.

Nel provvedimento in esame, difatti, si legge che: “Il motivo (la nullità della nomina dell'amministratore per il mancato rispetto dell'art. 71-bis, disp. att., c.c.) “è privo di pregio in quanto la asserita mancanza dei requisiti rileverebbe al più come motivo di revoca dell'amministratore da far valere nelle sedi competenti e non può costituire motivo di impugnativa della delibera di nomina […]”.

Il prestare adesione ad una tesi (revoca dell'incarico) piuttosto che all'altra (nullità della nomina) non è scelta che si risolve in una questione meramente classificatoria, in quanto opzione che implica, nella pratica, rilevanti differenze operative: i) se si tratta di invalidità, è d'uopo impugnare la specifica delibera con cui è stato nominato il gestore; ii) se di tratta di revoca giudiziale, non vi è necessità d'impugnare alcuna delibera (che dev'essere, piuttosto, prodotta in giudizio dal condòmino unicamente per dar prova dell'esistenza del fondamentale rapporto controverso) e la domanda dev'essere introdotta con un apposito procedimento camerale, di competenza del Tribunale in composizione collegiale (v. art. 64 disp. att. c.c., nonché v. Cass. civ.,sez. VI/II, 23 giugno 2017, n. 15706; Cass. civ.,sez. II, 11 gennaio 2017, n. 454).

Osservazioni

La sentenza che si esamina merita di essere condivisa. Le ragioni che, in diritto, sorreggono il pronunciamento possono sintetizzarsi nel fatto per cui l'art. 71-bis, disp. att., c.c. non è norma di carattere imperativo (art. 1418, comma 1, c.c.), non rientrando tra quelle tassativamente individuate come tali, nella medesima e apposita sedes delle disposizioni attuative, dall'art. 72 disp. att. c.c.

D'altronde, ad ulteriore conferma dell'assunto, depone anche la considerazione per cui la frequentazione dei corsi obbligatori professionali non è un requisito prescritto nell'interesse generale, tale per cui la relativa violazione possa determinare in qualche modo la nullità della nomina del gestore, se si è in presenza di una prescrizione espressamente derogata dalla stessa legge nell'evenienza in cui l'amministratore sia anche condòmino nell'edificio ricevuto in gestione, senza che per l'effetto rilevi alcun limite dimensionale e, dunque, quand'anche si trattasse, addirittura, di un “supercondominio” (sovrastruttura che comporta ben più complessi e delicati problemi tecnici di conduzione).

È, invece, la fiducia (che, comunque, non è un requisito essenziale del contratto di mandato: Cass. civ.,sez. II, 22 luglio 1999, n. 7888; Cass. civ., sez. II, 7 novembre 1979, n. 5744; Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 1975, n. 3174; contra, Cass. civ.,sez. II, 9 giugno 1994, n. 5608 nonostante l'art. 1717, c.c.) nelle qualità professionali dell'amministratore (Cataudella) l'elemento che sta alla base dell'esenzione legislativamente prevista dal comma 2 dell'art. 71-bis, disp. att. c.c., sia per i corsi di formazione iniziale sia per quelli di aggiornamento periodico (in tal senso, già Terzago).

Per questa ragione, l'espressa previsione normativa della obbligatorietà dei corsi professionali annuali, lungi dal rendere imperativa la prescrizione di legge (Cass. civ.,sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26725), vale a rendere senz'altro grave, ai fini di cui all'art. 1129, comma 11, c.c., anche la singola violazione compiuta dall'amministratore, mandatario del condominio, già solo per questo considerabile persona inadeguata ad assicurare un puntuale e scrupoloso espletamento del compito assunto (senza che debba anche riscontrarsi una speciale protrazione nel tempo dell'inadempimento del mandatario).

L'art. 1129, comma 12, primo periodo, c.c. è quindi integrato, quanto alle “altre” possibili “gravi irregolarità”, dalla violazione dell'art. 71-bis, comma 1, lett. g), disp. att., c.c. - peraltro, norma, quest'ultima, da ritenersi, com'è di regola, disponibile da parte del privato (arg. ex art. 71-bis, comma 2, c.c.), in forza di una decisione adottata dall'assemblea dei condòmini con la maggioranza richiesta per la nomina dell'amministratore (art. 1136, comma4, c.c.).

Ebbene, il Tribunale di Milano supera, con questa decisione, non solo il precedente contrario emesso da Trib. di Padova sopra citato ma anche gli orientamenti sinora emersi nella dottrina specialistica di settore, in sede di primi commenti post riforma. In particolare, il riferimento corre: a) a Terzago, il quale, solo dubitativamente, paventa una ipotetica nullità della nomina dell'amministratore sull'indimostrato presupposto per cui l'art. 71-bis, disp. att., c.c. sia espressivo di valori (pur se assoluti e intolleranti a deroga di sorta) di “ordine pubblico”; b) a Lazzaro che identicamente ravvisa nell'art. 71-bis, disp. att., c.c. una prescrizione di “ordine pubblico” la cui violazione rende nulli delibera e conseguente mandato - anche se, invero, non possono ritenersi imperative le norme inderogabili che individuano, funzionalmente o strutturalmente, la fattispecie (De Nova e Gabrielli); c) nonché, per quanto possa valere, alle accodatesi opinioni del centro studi dell'A.N.A.C.I. e d) dei commentatori de Il Sole 24 Ore (Riccio), che non spiegano come possa l'inadempimento di un obbligo determinare la nullità del relativo contratto.

Per completezza d'indagine, si segnala che, ad identica conclusione, e quindi nel senso della revocabilità giudiziale dell'incarico, era già pervenuto il Trib. Verona 13 novembre 2018, sebbene sulla scorta di un differente iter motivazionale, che non persuade. Infatti, il giudice di merito scaligero ha ritenuto, in un caso analogo al presente, che debba affermarsi la validità della nomina dell'amministratore condominiale in quanto il legislatore non ha espressamente previsto, per la violazione dell'art. 71-bis, disp. att. c.c., alcuna ipotesi di nullità, come ha invece fatto nell'art. 1129, comma 14, c.c. quando commina la nullità della nomina se non venga contestualmente specificata dal gestore l'entità del suo compenso. Ma sul punto è agevole replicare che, in materia condominiale: a) o la nullità della delibera è virtuale (Cass. civ.,sez. I, 7 marzo 2001, n. 3272) per principio generale, e allora (al di là delle ipotesi testuali scolpite nell'art. 1129, comma 14, c.c.) non risolve il problema il richiamo fatto dal giudice territoriale di Verona all'adagio per cui la legge ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit, e la sentenza perciò omette di motivare quanto dispone; b) ovvero è una nullità di natura testuale, come ritenuto da una certa giurisprudenza (Cass. civ.,sez. II, 2 ottobre 2000, n. 13013; Trib. Palermo 18 febbraio 2008), e allora si è in presenza di una forma di invalidità che può essere affermata nelle sole ipotesi previste dall'art. 1129, comma 14, c.c. e, per analogia, dall'art. 2379, c.c. in presenza di oggetto impossibile o illecito; caso, quello della illiceità dell'oggetto, in cui, tuttavia, non rientra, con riguardo a quanto in esame, la contrarietà alle norme imperative (Cass. civ.,sez. un., 7 marzo 2005, n. 4806), trattandosi, al più, di violazione di norma cogente (art. 71-bis, disp. att., c.c.) già sanzionata (non dall'art. 1129, comma 12, c.c. ma) dall'art. 1137, comma 2, c.c. (peraltro in linea con quanto dispone l'art. 1429, n. 3, c.c.) con la mera annullabilità (ai sensi dell'art. 1418, comma 1, ultimo inciso, c.c.), essendosi in presenza, a tutto voler concedere, di un vizio, non di illiceità, ma di illegalità della nomina, e così del mandato, a fronte di una delibera assunta in difformità dal modello legale perché destinata ad incaricare della gestione un soggetto formalmente non qualificabile come “amministratore condominiale”.

Tuttavia, anche quest'ultima impostazione, che condurrebbe ad affermare l'annullabilità della delibera di nomina dell'amministratore di condominio renitente nell'assolvere agli incombenti che la legge prescrive nei rapporti negoziali con i geriti, non considera che: i) la frequentazione dei corsi professionali non è elemento essenziale per l'integrazione e l'identificabilità della fattispecie “amministratore di condominio” (come dimostra, senza tema di smentita, lo stesso art. 71-bis ,disp. att. c.c., che ne prescinde se solo il gestore è occasionalmente anche condomino dell'edificio ricevuto in amministrazione), e che ii) l'art. 71-bis, disp. att. c.c. prevede, rispetto all'esaminato fenomeno gestorio, un adempimento a rilevanza essenzialmente sostanziale, sottoposto alle regole di settore consegnate, con riguardo alle gravi irregolarità riscontrate nello svolgimento dei rapporti con i condòmini, al rimedio tipico della revoca giudiziale previsto dall'art. 1129 c.c.

Ordunque, in conclusione, si evidenzia che l'attività dell'amministratore condominiale, sempre più prossima (con la riforma di settore avvenuta in forza della l. 11 dicembre 2012, n. 220) ad assurgere a nuova specifica professione, richiede, in mancanza di un espresso esonero maggioritario dei condòmini mandanti (art. 1136, comma2, c.c.), la regolare frequentazione, da parte dell'amministratore, dei corsi di formazione e di aggiornamento previsti dall'art. 71-bis, disp. att. c.c., quale adempimento indispensabile ad assicurare la materiale presenza, nel gestore, delle competenze tecniche necessarie ad una corretta esecuzione del mandato conferito dai comproprietari.

L'attenere ai corsi professionali (di formazione e di aggiornamento) è garanzia di affidabilità del gestore che costituisce, in funzione preventiva dell'inadempimento del mandatario, un requisito atto a far supporre la sussistenza nell'amministratore, durante tutto il corso del rapporto professionale, della competenza tecnica propedeutica per un'esatta attuazione dell'incarico ricevuto.

Guida all'approfondimento

Irti, Rilevanza giuridica, in Jus, 1967, 55;

Russo, Norma imperativa, norma cogente, norma inderogabile, norma indisponibile, norma dispositiva, norma suppletiva, in Riv. dir. civ., 2001, 573;

Lonardo, Ordine pubblico e illiceità del contratto, Napoli, 1993;

Moschella, Il negozio contrario a norme imperative, in Legislazione economica (1978-1979), Milano, 1981;

De Nova, Il contratto contrario a norme imperative, in Riv. crit. dir. priv., 1985; 8 ss.;

Gabrielli, Norme imperative ed integrazione del contratto, in Contr. e impresa, 1993; 499, ss.;

Perlingieri, Negozio illecito e negozio illegale, Napoli, 2003; 16, nota 36;

Cataudella, Intuitus personae e tipo negoziale, in Scritti giuridici, Padova, 1991; 169, ss.;

Terzago, Il condominio. Trattato teorico-pratico, Milano, 2015; 326, ss.;

Lazzaro - Di Marzio - Petrolati, Codice del condominio, Milano, 2017; 316

Riccio, Nomina nulla senza corsi di aggiornamento, in Norme e tributi, Il Sole 24 Ore, 6 giugno 2017.

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