Le gravi irregolarità non sono soltanto quelle menzionate nell'art. 1129 c.c.

23 Aprile 2019

Il Tribunale di Milano, con il decreto in epigrafe, precisa il carattere meramente esemplificativo delle ipotesi descritte nella norma disciplinante la revoca dell'amministratore di condominio, le quali non costituiscono un numero chiuso, confermando altresì l'orientamento secondo cui la ricorrenza concreta degli elementi...
Massima

L'elenco delle ipotesi costituenti gravi irregolarità contenuto nell'undicesimo comma dell'art. 1129 c.c. deve ritenersi meramente esemplificativo, dovendo essere completato da altre fattispecie ricomprendenti tutti quei comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala della cosa comune da parte dell'amministratore o che siano indici di una condotta poco trasparente da parte di quest'ultimo.

Il caso

Un amministratore di condominio viene evocato in giudizio da un condomino proprietario di diverse unità immobiliari nello stesso complesso amministrato dal predetto professionista, chiedendone la revoca per avere quest'ultimo omessa la stipula della polizza assicurativa condominiale relativa al periodo indicato nel ricorso, avere omesso la convocazione assembleare per la revoca dell'amministratore, ed aver altresì omesso la chiusura del conto corrente accesso dal precedente amministratore, nonostante l'apertura di un nuovo conto intestato al condominio.

La questione

Le scelte gestionali - anche omissive - della cosa comune compiute dall'amministratore di condominio se discutibili sul piano dei risultati, sono idonee ad integrare delle ipotesi di revoca giudiziale sia pure in un sistema normativo “aperto” quanto alla considerazione delle suddette ipotesi?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale milanese rigetta la richiesta di revoca giudiziale formulata dal condomino ricorrente, con una stringata ma esaustiva motivazione, atteso che se è vero da un lato che l'art. 1129, comma 11, c.c. è una norma sostanzialmente “aperta”, nel senso che le ipotesi previste normativamente, non costituiscono un “numero chiuso”, che in quanto tale, varrebbe ad escludere qualsiasi ulteriore ipotesi non contemplata dall'anzidetta previsione normativa, è altresì vero che le ipotesi esaminate, costituivano al massimo null'altro se non delle mere irregolarità prive di efficacia dannosa per il condominio, come l'eventuale ritardo nella sottoscrizione della polizza assicurativa dello stabile, o la mancata chiusura del conto corrente accesso dal precedente amministratore per mancanza di fondi, od ancora una fattispecie estranea al perimetro della legge, con specifico riferimento al combinato disposto dell'art. 66, comma 1, disp. att. c.c. e 1129, comma 12, n.3), c.c., stante l'accertata inesistenza del diritto del ricorrente ad ottenere la convocazione assembleare per la revoca dell'amministratore.

Osservazioni

In via preliminare, deve osservarsi che la l. n. 220/2012 di riforma del condominio - entrata in vigore il 18 giugno 2013 - ha profondamente innovato il tema concernente la responsabilità dell'amministratore, disciplinando in modo rigoroso i casi costituenti “gravi irregolarità” in presenza dei quali, il legislatore ha ritenuto sussistere i c.d. profili patologici tali da sfociare nella revoca dell'incarico privato conferitogli dall'assemblea dei condomini.

L'elenco delle ipotesi costituenti “gravi irregolarità” contenuto nel comma 11 dell'art. 1129 c.c. deve, tuttavia, ritenersi meramente esemplificativo e non esaustivo, dovendo essere completato da altre fattispecie ricomprendenti tutti quei comportamenti che fanno sospettare una gestione anomala della cosa comune da parte dell'amministratore o che siano comunque indici di una condotta poco trasparente da parte di quest'ultimo.

Il Tribunale di Milano, con il decreto in commento, sembra quindi ampliare l'elenco “aperto” delle ipotesi costituenti gravi irregolarità dell'amministratore di condominio aggiungendovi a quelle indicate nel comma 12 dell'art. 1129 c.c. anche quelle “tipizzate”, enunciate nel comma 11 della stessa norma citata.

In effetti, il comma 11 dell'art. 1129 c.c. si limita ad enunciare soltanto le ipotesi tipizzate dal legislatore in cui può essere chiesta la revoca dell'amministratore su ricorso di ciascun condomino, nel caso previsto dal comma 4 dell'art. 1131 c.c., se non rende il conto della gestione, ovvero in caso di gravi irregolarità, così come nei casi in cui siano emerse gravi irregolarità fiscali o di non ottemperanza a quanto disposto dal n. 3) del comma 12 dello stesso art. 1129 c.c., rinviando detta norma al successivo comma 12 all'elenco in cui si afferma che costituiscono, tra le altre, gravi irregolarità una serie di ipotesi espressamente indicate, ma senza carattere di esaustività, come si evince proprio dall'espressione iniziale adoperata dal legislatore “costituiscono tra le altre”.

Infatti appare evidente che in realtà le “gravi irregolarità” cui si riferisce il comma 11 dell'art. 1129 c.c. sono collegate alla fattispecie inerente il conto della gestione, di cui sembra costituire un mero completamento riferito alle sole ipotesi in cui sia dato comunque riscontrare un'anomalia nella gestione contabile, a meno di non voler considerare sotto tale specifico aspetto qui considerato, quanto enunciato al comma 11 un mero doppione del comma 12 della stessa norma citata, laddove invece appare chiaro il senso dell'iniziale apertura normativa di quest'ultimo comma - “costituiscono tra le altre”- nel considerare altre ipotesi di revoca giudiziale in aggiunta a quelle nominalmente indicate.

Non a caso, nella giurisprudenza di merito di cui si ha notizia, si ritiene costituiscano ipotesi tipiche ma non tassative le “gravi irregolarità” di cui al comma 12 dell'art. 1129 c.c. (Trib. Modena 18 gennaio 2017), precisazione che sembra sostenere proprio la sopra evidenziata diversità esistente tra il comma 11 e 12 dell'art. 1129 c.c.

I fondati sospetti di gravi irregolarità devono, tuttavia, consistere in supposizioni che trovino riscontro in elementi e dati oggettivi, non essendo sufficiente un semplice indizio, od al più un generico dubbio od una mera impressione o sospetto (Trib. Milano 20 giugno 2018).

Infatti, il fondato sospetto di gravi irregolarità si è sempre ritenuto - anche ante Riforma - potesse giustificare la revoca giudiziale dell'amministratore solo quando sussistano elementi precisi e concordanti che facciano prevedere come del tutto verosimile un danno imminente ed irreparabile per il condominio (Trib. Napoli, 24 novembre 1994).

La giurisprudenza aveva del resto chiarito già molti anni prima della Riforma del 2013, che la valutazione se nell'operato dell'amministratore condominiale sia ravvisabile, o meno, un valido motivo di revoca giudiziale del medesimo ai sensi dell'art. 1129, comma 3, c.c., spetta al giudice del merito (Cass. civ., sez. II, 23 agosto 1999, n.8837).

Un intervento autoritativo esterno che si sovrapponga alla volontà dell'assemblea è, infatti, sempre previsto in funzione sussidiaria e del tutto residuale, in ipotesi e situazioni non altrimenti giustificabili ed evitabili.

Ciò impone quindi al giudice di verificare se, pur ricorrendo in astratto una delle ipotesi rientrante nell'ambito della previsione normativa, sussista nel caso concreto un comportamento contrario ai doveri imposti per legge, con esclusione pertanto di ogni automatismo come affermato dalla giurisprudenza (Trib. Mantova 22 ottobre 2015).

Le motivazioni espresse nel decreto di rigetto del tribunale ambrosiano che si annota sembra confermare le considerazioni sopra evidenziate, mostrando equilibrio nell'esame della fattispecie evidenziata dal singolo ricorrente, sgombrando subito il campo da interpretazioni suggestive, e, rilevando come nella stessa ipotesi considerata, non potesse ravvisarsi alcuna fattispecie di grave irregolarità prevista espressamente tanto nel comma 11 quanto nel comma 12 dell'art. 1129 c.c.

In ordine, poi, al capo condannatorio del provvedimento in epigrafe riguardante le spese di lite, è opportuno ribadire che nel giudizio promosso da un condomino per la revoca dell'amministratore deve procedersi alla liquidazione delle spese di lite, ai sensi dell'art. 91 c.p.c. atteso che detta norma si riferisce ad ogni processo, senza distinzioni di natura e di rito, e che il termine “sentenza” è usato in tale norma nell'accezione di provvedimento che, nel risolvere contrapposte posizioni, chiude il procedimento stesso innanzi al giudice che lo emette, e, dunque, anche se tale provvedimento sia emesso nella forma dell'”ordinanza” o del “decreto” come nel caso del provvedimento che si annota.

In buona sostanza, in tema di spese processuali il principio della soccombenza è applicabile anche ai procedimenti camerali c.d. contenziosi, rispetto ai quali, il giudice ha il potere-dovere di statuire sulle spese di lite quando sussiste in concreto una contrapposizione di interessi tra le parti nel procedimento di nomina o revoca dell'amministratore di condominio, la quale, appunto, legittima l'applicazione dell'art. 91 c.p.c., come si è verificato nella controversia risolta dal decreto emesso dal giudice meneghino, in cui era giocoforza fare applicazione dei principi comuni in materia di riparto delle spese processuali secondo la soccombenza, essendo innegabile che il resistente, per difendere e contrastare vittoriosamente in via sostanzialmente contenziosa una posizione difensiva volta a negare la promuovibilità oltre che la fondatezza della domanda ex adverso azionata con l'ausilio di un avvocato, aveva dovuto munirsi a sua volta di un difensore sostenendo esborsi che, altrimenti, avrebbe potuto evitare (App. Milano 15 dicembre 2004; Cass. civ., sez. un., 29 ottobre 2004, n. 20957).

In tale ottica, va infatti ricordato come il comma 3 dell'art. 1129 c.c., delineava già prima della riforma, un procedimento che, seppur di volontaria giurisdizione, era comunque considerato “a parti contrapposte”, sicché appariva imprescindibile la difesa tecnica del ricorrente, in quanto ad essere oggetto di valutazione era lo specifico addebito di gravi irregolarità sollevate dalla parte ricorrente in capo all'organo gestorio (Trib. Milano 22 giugno 2001).

Tale orientamento è stato confermato anche dopo la riforma attuata con l. n.220/2012, essendosi affermato che il procedimento di revoca giudiziale dell'amministratore di condominio richiede la necessaria presenza della difesa tecnica, sia per i condomini ricorrenti che per l'amministratore convenuto e/o resistente, dovendosi diversamente rilevare l'inammissibilità del ricorso (Trib. Modena 22 febbraio 2016).

Tuttavia il suddetto principio non è pacifico, in quanto secondo altro orientamento, le spese del procedimento relativo alla nomina o alla revoca giudiziale dell'amministratore di condominio, ai sensi dell'art. 1129 c.c., non possono essere liquidate dal giudice adito, ma devono rimanere a carico del soggetto che le abbia anticipate proponendo il ricorso o resistendo a tale iniziativa giudiziaria (Cass. civ., sez. II, 26 settembre 2005, n.18730).

Guida all'approfondimento

Celeste - Scarpa, Le nuove norme in materia di assemblea e di amministratore nella riforma del condominio, in Giur. merito, 2013, 1249.

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