La clausola claims made nei contratti assicurativi della responsabilità degli avvocati: istruzioni per l’uso

Fabio Valerini
23 Aprile 2019

Anche l'avvocato deve prestare la massima attenzione alle clausole del contratto con cui assicura la propria responsabilità professionale perché diversamente potrebbe costargli caro: nessun risarcimento e spese legali da rifondere all'assicurazione chiamata in giudizio.

È questa la morale che si trae dalla sentenza della terza sezione civile della Corte di Cassazione, che si è pronunciata sulla clausola claims made presente in un contratto di assicurazione professionale stipulato da un avvocato (i fatti risalgono al 2009).

In questi casi occorre ricordare che il sinistro assicurato si identifica con la richiesta di risarcimento e non già con l'evento posto a base della richiesta di risarcimento.

CLAUSOLA CLAIMS MADE Ed infatti, era accaduto che era stata proposta azione di danni nei confronti di un avvocato per responsabilità professionale e che quest'ultimo avesse chiamato in causa l'assicurazione per ottenere di essere manlevato.

Senonché, l'assicurazione nel costituirsi in giudizio aveva eccepito la mancata copertura in quanto «l'assicurazione valeva per le sole richieste di risarcimento presentate per la prima volta all'assicurato nel corso del periodo di assicurazione (c.d. claims made) e che, per tutti i sinistri, difettava la prova che la richiesta del danneggiato fosse avvenuta entro il periodo di vigenza della polizza».

Orbene, sia in primo che in secondo grado i giudici di merito avevano accolto la domanda risarcitoria, mentre avevano rigettato la domanda di manleva proposta dal professionista nei confronti della compagnia di assicurazione.

LA TRASCRIZIONE DELLA CLAUSOLA In primo luogo, la Corte di Cassazione prende posizione sul motivo di ricorso secondo il quale l'assicurazione non avrebbe eccepito l'operatività della clausola, ma «si sarebbe limitata a considerazioni fumose e di stile».

Quel motivo, però, è apparso inammissibile anche perché l'eccezione era stata tempestivamente sollevata nella comparsa di costituzione e risposta “nella quale sarebbe stato anche trascritto il contenuto della clausola “claims made”: il che, in fondo, contrasta con la lamentata fumosità.

LA MERITEVOLEZZA DELLA CLAUSOLA In secondo luogo, la Suprema Corte conferma l'orientamento già fatto proprio dalle Sezioni Unite secondo cui la clausola è valida e «il modello di assicurazione della responsabilità civile con clausole “on claims made basis”, quale deroga convenzionale all'art. 1917, comma 1, c.c., consentita dall'art. 1932 c.c., è riconducibile al tipo dell'assicurazione contro i danni e, pertanto, non è soggetto al controllo di meritevolezza di cui all'art. 1322, comma 2 c.c.».

Peraltro, un controllo giudiziale – precisa la Suprema Corte - sarebbe possibile soltanto nei limiti previsti dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 22437 del 2018: senonché, nulla è stato dedotto sul punto dal ricorrente.

In terzo luogo, la Corte ha escluso che la clausola abbia un contenuto vessatorio.

LE POLIZZE DEGLI AVVOCATI OGGI Da ultimo è bene richiamare la normativa attualmente vigente con riferimento alle polizze assicurative che coprono la responsabilità dell'avvocato e, cioè, sul decreto del 22 settembre 2016 recante, per l'appunto, le condizioni essenziali e massimali minimi delle polizze assicurative a copertura della responsabilità civile e degli infortuni derivanti dall'esercizio della professione di avvocato.

Ed infatti, in base all'art. 2 rubricato «Efficacia nel tempo della copertura assicurativa» è stata previsto, da un lato, che «l'assicurazione deve prevedere, anche a favore degli eredi, una retroattività illimitata e un'ultrattività almeno decennale per gli avvocati che cessano l'attività nel periodo di vigenza della polizza».

Dall'altro lato è stato previsto che «l'assicurazione deve contenere clausole che escludano espressamente il diritto di recesso dell'assicuratore dal contratto a seguito della denuncia di un sinistro o del suo risarcimento, nel corso di durata dello stesso o del periodo di ultrattività».

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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