Il medesimo disegno criminoso può delinearsi anche in caso di aberratio ictus?

09 Maggio 2019

La questione involge il riconoscimento del vincolo della continuazione nella fase del giudicato in relazione a diversi episodi di omicidio collegati dal contesto mafioso in cui si sono sviluppati. Può essere riconosciuto il medesimo disegno criminoso nel caso in cui...
Massima

Il medesimo disegno criminoso può configurarsi anche quando uno dei reati facenti parte dell'ideazione e programmazione unitaria abbia avuto esito aberrante rispetto all'originaria determinazione, in quanto, per un mero errore esecutivo, l'evento voluto dall'agente si sia verificato in danno di una persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, atteso che l'accidentale mutamento dell'oggetto materiale della condotta non incide sull'elemento soggettivo che sorregge l'istituto.

Il caso

In sede di incidente di esecuzione volto al riconoscimento della continuazione fra più fatti di omicidio collegati alla c.d. “guerra di mafia” e giudicati separatamente (ex artt. 81, cpv., c.p. e 671 c.p.p.), la Corte di assise adita fra l'altro escludeva il riconoscimento del medesimo disegno criminoso di due vittime uccise per errore di persona, ritenendo l'occasionalità ed estemporaneità della relativa azione criminosa.

Impugnando per cassazione l'ordinanza, il ricorrente denunziava come seconda doglianza la violazione degli artt. 82, comma I, e 81 commaII c.p. censurando l'idoneità dell'aberratio ictus a escludere il vincolo della continuazione posto che la vittima designata era collegata al contesto in cui erano maturati gli altri omicidi e l'errore, verificatosi nella fase esecutiva del delitto, non incideva perciò sul momento deliberativo e volitivo dello stesso, del quale l'autore doveva rispondere come se avesse commesso il reato in danno della persona che aveva programmato di offendere.

Il Procuratore Generale rassegnava conclusioni scritte, con cui chiedeva il rigetto del ricorso.

La Prima Sezione della Cassazione ha premesso che l'aberratio ictus, prevista dall'art. 82 c.p., postula la completa estraneità dell'errore, nel quale è incorso l'agente, al momento ideativo e volitivo del reato, e dunque alla relativa determinazione delittuosa, in quanto l'errore incide esclusivamente sull'oggetto materiale della condotta, la quale, invece di ledere il bene-interesse della persona nei cui confronti l'offesa era diretta (e voluta), lede il medesimo bene di una persona diversa.

Ha quindi concluso nel senso che «il medesimo disegno criminoso può configurarsi anche quando uno dei reati facenti parte dell'ideazione e programmazione unitaria abbia avuto esito aberrante rispetto all'originaria determinazione, in quanto, per un mero errore esecutivo, l'evento voluto dall'agente si sia verificato in danno di una persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, atteso che l'accidentale mutamento dell'oggetto materiale della condotta non incide sull'elemento soggettivo che sorregge l'istituto».

La questione

La questione involge il riconoscimento del vincolo della continuazione nella fase del giudicato in relazione a diversi episodi di omicidio collegati dal contesto mafioso in cui si sono sviluppati.

Può essere riconosciuto il medesimo disegno criminoso nel caso in cui taluno dei delitti commessi abbia cagionato un'offesa a persona diversa rispetto a quella nei confronti della quale era rivolta, ossia in presenza di un caso di aberratio ictus?

La questioni collegata a quella principale:

Quale è la portata dell'elemento soggettivo in caso di aberratio ictus?

In altre parole, l'accertamento dell'elemento psicologico del reato deve essere effettuato con riferimento alla persona nei cui confronti l'offesa era diretta ovvero a quella effettivamente lesa?

Le soluzioni giuridiche

Al fine di decidere la questione principale, la Cassazione ha innanzitutto risposto al secondo interrogativo relativo alla portata del dolo in caso di aberratio ictus.

Secondo consolidato orientamento della Cassazione – e come ricordato in motivazione – nell'ipotesi disciplinata dall'art. 82 c.p., l'accertamento dell'elemento psicologico del reato deve essere effettuato con riferimento alla persona nei cui confronti l'offesa era diretta e non a quella effettivamente lesa. Il dolo, dunque, deve sussistere esclusivamente nei riguardi della vittima programmata dell'azione delittuosa, avendosi poi per una sorta di fictio iuris la traslatio del medesimo elemento psichico nei confronti della diversa persona concretamente offesa, nei cui riguardi il dolo sussiste ugualmente, con le stesse caratteristiche e intensità.

A sostegno di tale conclusione la Cassazione ricorda come addirittura vi sia piena compatibilità tra il reato aberrante e la circostanza aggravante della premeditazione.

L'errore in cui incorrel'agente, in definitiva, incide esclusivamente sull'oggetto materiale della condotta, la quale, invece di ledere il bene-interesse della persona nei cui confronti l'offesa era diretta (e voluta), lede il medesimo bene di una persona diversa.

Per questa ragione, ne consegue che il medesimo disegno criminoso di cui all'art. 81, cpv., c.p. può configurarsi anche quando uno dei reati facenti parte dell'ideazione e programmazione unitaria abbia avuto esito aberrante rispetto all'originaria determinazione.

Osservazioni

Sono di particolare rilevanza alcuni aspetti sottesi al ragionamento della Cassazione nella decisione in esame:

  • la portata dell'elemento soggettivo in caso di aberratio ictus;
  • la valutazione del medesimo disegno criminoso in caso di reato continuato;
  • l'incidenza dell'aberratio ictus nel riconoscimento della continuazione.

In relazione a tali argomenti, possono svolgersi alcune precisazioni a margine.

Partendo dall'elemento soggettivo dell'aberratio ictus monolesiva, disciplinata dall'art. 82, I comma, c.p., come noto, la dottrina si è divisa in ordine alla natura della fattispecie, fra chi ritiene che si tratti di responsabilità dolosa (in considerazione dell'irrilevanza della identità del soggetto passivo), colposa (in ragione della necessaria lettura costituzionalmente orientata della norma) ovvero oggettiva (avendo peraltro tale disposizione portata innovativa e costitutiva).

La giurisprudenza, meno incline a toccare problemi dogmatici – come nella sentenza in commento – sposando la natura dolosa della fattispecie in questione, ritiene che l'accertamento del dolo deve essere effettuato positivamente con riguardo alla persona contro la quale l'offesa fu indirizzata (e non già a quella cui è stata cagionata) avendosi poi per fictio iuris la traslatio del risultato ottenuto anche all'evento diverso (v., ad es., Cass. pen., Sez. I, 6 aprile 2006, n. 15990 e Id., Sez. I, 2 aprile 2008, n. 18378). Si afferma, tra l'altro, che le stesse circostanze di reato attinenti all'intensità del dolo, tra le quali deve ricomprendersi la premeditazione, sono valutabili a carico dell'agente anche nel caso dell'aberratio ictus, non rientrando esse tra quelle riguardanti le condizioni o qualità della persona offesa o i rapporti tra offeso e colpevole che, ai sensi dell'art. 60, comma I, c.p., non sono poste a carico dell'agente in caso di errore di costui sulla persona dell'offeso (v., p.e., Cass. pen., Sez. I, 17 gennaio 2014, n. 16711).

Resta da precisare che, per quanto attiene i requisiti soggettivi dell'offesa realizzata, è pacifico che questa deve essere prevedibile come verosimile conseguenza dell'offesa alla vittima ideata, ma non deve essere prevista come possibile conseguenza, verificandosi in quest'ultimo caso (dolo eventuale) un concorso di reati.

Con riferimento alla nozione di medesimo disegno criminosocontemplata dall'art. 81, cpv., c.p., molto in sintesi si può affermare che, secondo il prevalente orientamento della giurisprudenza, l'identità del disegno criminoso va intesa come ideazione e volizione di uno scopo unitario che esalta un programma complessivo, nel quale si collocano le singole azioni, commesse poi, di volta in volta, con singole determinazioni (v., p.e., Cass. pen., Sez. V, 19 gennaio 2010, n. 11902). Avuto riguardo alla prova del disegno criminoso, investendo l'inesplorabile interiorità psichica del soggetto, deve di regola essere ricavata da indici esteriori significativi, alla luce dell'esperienza: ad esempio, l'omogeneità delle condotte, il bene giuridico offeso, il contenuto intervallo temporale, la sistematicità e le abitudini programmate di vita (v., p.e., Cass. pen., Sez. I, 17 settembre 2018, n. 51398).

Alla luce di quanto precisato in materia di aberratio ictus e vista la nozione di continuazione, coerentemente la Cassazione nella sentenza in esame ritiene che l'errore sulla persona destinataria dell'offesa (contemplato dall'art. 82, I comma, c.p.) non muta i termini dell'accertamento dell'elemento psicologico richiesto per l'integrazione della continuazione, che deve riguardare per l'appunto la riconducibilità a una comune e unitaria risoluzione criminosa del fatto-reato così come in origine programmato, il cui contenuto volitivo, attuativo di quella risoluzione, rimane uguale e non subisce alcuna modifica per il solo fatto che l'oggetto materiale della condotta è accidentalmente caduto su persona diversa.

Guida all'approfondimento

BRUNELLI, Dal reato continuato alla continuazione di reati: ultima tappa e brevi riflessioni sull'istituto, in Cass. Pen., 2009, 2749;

CORNACCHIA, Voce «Reato aberrante», in Digesto pen., XI, Torino, 1996, 166;

COPPI, Voce «Reato continuato», in Digesto pen., XI, Torino, 1996, 222;

Grosso, Pelissero, Petrini, Pisa, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2017, 401;

LUNGHINI, Sub art. 82, in Dolcini - Marinucci (a cura di), Codice penale commentato, I, III ed., Milano, 2011, 1360;

MARINUCCI, DOLCINI, GATTA, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2018, 396.

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