Quali sono le condizioni ostative al rimpatrio?

Redazione Scientifica
15 Maggio 2019

Il giudice, pronunciandosi sulla domanda di rimpatrio del minore sottratto, deve accertare l'oggettivo allontanamento del minore dalla sua residenza abituale, la titolarità e l'esercizio effettivo del diritto di custodia da parte di chi denuncia la sottrazione, i possibili rischi fisici o psichici, ferma restando la necessità di considerare la volontà espressa dal minore stesso.

Il caso. Il Tribunale di Palermo pronunciava la separazione giudiziale di due coniugi stabilendo la collocazione prevalente del figlio minore presso il padre (che viveva in Italia) e della figlia presso la madre (emigrata in Germania). Il padre però, approfittando delle festività natalizie, portava la figlia in Italia e non la riaccompagnava dalla madre. Il Tribunale dichiarava non luogo a procedere sulla richiesta di emissione dell'ordine di rientro proposta dal PM a causa dei rischi per l'equilibrio psico-fisico della minore in caso di rimpatrio con allontanamento dall'ambiente in cui viveva serenamente con il fratello ed i nonni paterni. Sottolineava inoltre il giudice che la bambina non conosceva la lingua tedesca e che aveva espresso la volontà di restare con il padre. Avverso tale pronuncia la madre proponeva ricorso per cassazione.

Illecita sottrazione internazionale di minori. Nell'affrontare il caso in esame, i giudici di legittimità muovono dalla Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, la quale prevede che «il giudizio sulla domanda di rimpatrio resti estraneo al merito della controversia relativa alla migliore collocazione del minore. Di conseguenza tale domanda può essere respinta solo in presenza di una delle circostanze ostative di cui agli artt. 12, 13 e 20 della Convenzione medesima».

Ne deriva che il giudice deve «accertare in concreto che il richiedente eserciti effettivamente ed in modo continuo il diritto di affidamento al momento del trasferimento, non essendo sufficiente una valutazione astratta basata sul regime legale di esercizio della responsabilità genitoriale. A tale accertamento è poi connesso quello relativo alla determinazione della residenza abituale del minore che corrisponde al luogo in cui egli, «in virtù di una durevole e stabile permanenza, ha il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, derivanti dallo svolgere in detta località la sua quotidiana vita di relazione».

Una volta accertato l'allontanamento del minore dalla residenza abituale senza il consenso dell'altro genitore, la titolarità e l'esercizio effettivo del diritto di custodia da parte di chi denuncia la sottrazione, è considerato ostativo all'ordine di rientro il rischio che il minore possa essere esposto a pericoli fisici o psichici o comunque che possa trovarsi in una situazione intollerabile, nonché la volontà espressa dal minore stesso che il tribunale non può ignorare o disattendere immotivatamente se il minore ha un'età e un grado di maturità tale da giustificare il rispetto della sua opinione.

Alla luce di tali principi, osserva la Suprema Corte, il giudice di merito ha correttamente accertato «la mancanza della condizione oggettiva dell'allontanamento della bambina invocato dalla madre a sostegno della sua richiesta di rimpatrio, rilevando che mai era stato deciso dalle parti il trasferimento della residenza in Germania e che il comportamento della madre era dannoso per entrambi i figli essendosi rivelato il padre il genitore più in grado di assolvere alla funzione genitoriale in via esclusiva».

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