Penalmente responsabile il genitore di figli nati fuori dal matrimonio che non versa l'assegno di mantenimento

Piera Gasparini
21 Maggio 2019

Secondo la Corte di Cassazione l'art. 570 bis c.p. si applica anche alla violazione degli obblighi di natura economica che riguardano i figli nati fuori dal matrimonio.
Massima

E' penalmente responsabile ai sensi dell'art. 570 bis c.p. (introdotto dal d.lgs. n. 21/2018) anche il genitore di figli nati fuori dal matrimonio che non versa l'assegno periodico di mantenimento disposto dall'autorità giudiziaria in sede civile.

Il caso

La Corte d'Appello di Firenzecon la sentenza del 24/3/2016 rideterminava la condanna dell'imputato per il reato di cui all'art.3,l. n. 54/2006, commesso in danno dei figli minori nati da genitori non legati da vincolo formale di matrimonio.

Con ricorso in sede di legittimità l'imputato denunciava in primo luogo la violazione degli artt. 2 e 4 c.p. e dell'art. 570 bis c.p. in quanto l'entrata in vigore del d.lgs. n. 21/2018, con decorrenza dal 6 aprile 2018 avrebbe comportato l'abrogazione delle norme - art. 12 sexies, l. n. 898/1970 e art. 3, l. n. 54/2006- in forza delle quali l'imputato era stato ritenuto penalmente responsabile pur non rivestendo egli la qualità di coniuge richiesta dalla norma incriminatrice.

La Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha respinto il ricorso, richiamando le recentissime sentenze intervenute successivamente all'entrata in vigore del citato decreto legislativo (Cass. pen. sez. VI, sent. n. 55744/2018, Cass. pen. sez. VI, sent. n. 56080/2018) che hanno affermato, sulla scia del già prevalente orientamento di legittimità formatosi in merito al reato di cui all'art. 3, l. n. 54/2006, la responsabilità penale del genitore di figli nati fuori dal matrimonio che non versi l'assegno periodico di mantenimento disposto dall'autorità giudiziaria in sede civile.

In particolare, l'assetto della responsabilità penale del genitore di figli nati fuori dal matrimonio non risulta, secondo la Suprema Corte, superato dalla novella introdotta con l'art. 570 bis c.p. in esecuzione della delega conferita con la l. n. 103/2017, di natura meramente compilativa, che autorizzava la traslazione e sistemazione delle fattispecie incriminatrici già esistenti in leggi ordinarie nel corpus del codice, senza consentire alcuna modifica sostanziale delle stesse.

Inoltre, la limitazione di detta responsabilità, in virtù dell'esegesi letterale dell'art. 570 bis c.p. che individua come autore del reato “il coniuge”, al solo genitore di figli nati in costanza di matrimonio si pone in netta antitesi con la piena equiparazione realizzata nell'ambito del diritto civile (artt. 337 bis e ss. c.c.) degli obblighi che nascono dal rapporto di filiazione, che sia o meno intervenuto il matrimonio.

Tale interpretazione, del resto, è l'unica sistematicamente coerente e costituzionalmente orientata, come peraltro già affermato da una precedente sentenza (Cass. pen. sez. VI, sent. n. 55744/2018) che ha ritenuto irrilevante la questione di legittimità costituzionale.

La questione

La questione affrontata nella specie dalla decisione in commento e sulla quale si ritorna in questa rivista a distanza di un anno dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 21/2018, affronta l'incertezza normativa determinatasi sulla conservazione nel perimetro penale della condotta dell'ex convivente che non versi l'assegno di mantenimento in favore del figlio stabilito dall'autorità giudiziaria in sede civile, poiché la nuova norma, facendo riferimento al coniuge quale autore del reato, avrebbe escluso dall'area della punibilità ex art. 570 bis c.p. qualsiasi altro soggetto.

Le soluzioni giuridiche

Le prime decisioni della Corte di Cassazione, tutte della VI sezione Penale, all'indomani dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 21/2018, nitidamente confermano la sussistenza del reato ex art. 570 bis c.c. anche in caso di omesso versamento da parte del genitore dell'assegno di mantenimento in favore dei figli nati fuori dal matrimonio.

Tale interpretazione richiama l'orientamento già consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. ex multis Cass.pen. sez. VI, n. 25267/2017, Cass. pen. sez. VI, n. 12393/2018) nella vigenza delle due leggi speciali, quella stabilita dall' art. 12 sexies, l. n. 898/1970, in tema di disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio (la quale sanzionava il coniuge divorziato che si sottraeva all'obbligo di corresponsione dell'assegno dovuto a norma dei precedenti artt. 5 e 6, l. n. 898/1970), e quella stabilita dall' art. 3, l. n. 54/2006, con la quale era stata parificata la violazione degli obblighi di mantenimento previsti dalle sentenze di divorzio alla violazione dei medesimi obblighi previsti nelle sentenze di separazione personale.

Ciò alla luce dell' interpretazione sistematica della disciplina sul tema delle unioni civili e della responsabilità genitoriale nei confronti dei figli, introdotta dalla l. 20 maggio 2016 n. 76 e dal d.lgs. 28 dicembre 2013 n. 154, che ha inserito l'art. 337 bis c.c. e, quindi, di una rilettura dell'art. 4, comma 2, l. n. 54/2006, in base al quale le disposizioni introdotte da tale legge si applicavano anche ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.

I giudici di legittimità hanno, nel tempo, valorizzato la stretta correlazione tra la fattispecie penale ed il diritto civile della famiglia, dove gli obblighi dei genitori, nascendo dal rapporto di filiazione, non possono subire alcuna differenziazione a seconda della sussistenza o meno del matrimonio, in conformità con l'art. 30, comma 3, Cost.

Si è posta, tuttavia, in dubbio la tenuta di tale approdo a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 21/2018 e della formulazione dell'art. 570 bis c.p.: la lettura incentrata sul tenore letterale della norma, per l'inequivoco riferimento al coniuge quale autore di un reato cd proprio, ha già indotto la giurisprudenza di merito, ove non ricorrano le condizioni per applicare la previsione di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza al figlio minore ovvero inabile al lavoro di cui all'art. 570, comma 2, n. 2, c.p., a fare ricorso alla fattispecie di cui all'art. 570, comma 1, c.p., evidenziandosi che il soggetto attivo del reato è qui il “genitore” senza ulteriori specificazioni - giacchè la norma è posta a tutela della famiglia in senso ampio - e che la violazione degli obblighi di “assistenza materiale” nei confronti del figlio ben si può realizzare attraverso la mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento fissato dal Tribunale Civile (v. A. Gasparini, Nuovo art. 570-bis c.p.: è penalmente responsabile l'ex convivente che non versa il mantenimento per il figlio? - commento a Trib. Treviso 8 maggio 2018 n. 554 -, in ilfamiliarista.it)

I limiti di tale ultima opzione ermeneutica sono rappresentati dal permanere di un alveo di incertezza nell'individuazione del fatto tipico e nella valutazione delle violazioni “parziali” che in termini di inadempimento all'obbligazione civile possono assumere autonoma rilevanza pur senza assurgere a carenza di assistenza materiale, nonché dalla diversità del regime di procedibilità del reato.

Del resto, per prima la Corte d'Appello di Trento, con ordinanza del 21 settembre 2018, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale relativamente agli artt. 2, comma 1, lett. c) e 7, comma 1 lett. b) e o),d.lgs. n. 21/2018 sotto il profilo dell'eccesso di delega, avendo il Legislatore operato una non consentita abrogazione «non solo formale e funzionale alla realizzazione della riserva di codice, ma sostanziale di una parte della previgente previsione incriminatrice»,e sotto il profilo della violazione dell'art. 3 Cost.

Permane, infatti, la diversità ontologica delle due fattispecie incriminatrici, quella di cui all'art. 570, comma 1, c.p., e quella di cui all'art. 570 bis c.p., presupponendo la prima una condotta contraria «all'ordine e alla morale della famiglia» e la seconda solo il mero inadempimento di obblighi di natura economica, diversità confermata, d'altra parte, dal mantenimento nell'ordinamento giuridico di entrambe le norme.

Analoga questione è stata sollevata il 9 ottobre del 2018 dalla I sezione Penale della Corte d'Appello di Milano, ed entrambe sono ancora al vaglio del Giudice delle Leggi.

Osservazioni

La decisione in commento consolida, come sopra evidenziato, le argomentazioni della Corte di Cassazione nelle sentenze n. 55744/2018 e n. 56080/2018, e valorizza ancora una volta l'interpretazione sistematica della disposizione di cui all'art. 570 bis c.p. in rapporto alle norme di diritto civile in materia di famiglia.

E' certo, in proposito, che l'evoluzione normativa degli ultimi anni, dalla riforma attuata con la l. n. 219/2012 e la d.lgs. n. 154/2013 che ha reso unica la condizione dei figli, agli interventi in materia di divorzio breve (l. n. 55/2015) che, nell'ambito delle disposizioni sullo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, hanno attenuato il controllo giudiziale sulla crisi del matrimonio, rappresenta un mutamento della prospettiva costituzionale della famiglia quale istituzione necessariamente fondata sul matrimonio.

In tale contesto non pare agevolmente giustificabile il mantenimento di una duplice disciplina sanzionatoria in ambito penale, con riguardo ad una fattispecie tipica il cui fulcro è costituito dalla condotta omissiva di inadempimento ad un'obbligazione posta a tutela esclusiva dei figli e, segnatamente, delle loro possibilità di crescita ed evoluzione, nell'ampia nozione di mantenimento che l'assegno periodico ha oggi assunto nelle plurime decisioni della giurisprudenza di merito e di legittimità.

Risulterebbe, infatti, stridente la disparità di trattamento tra i figli laddove la violazione da parte del genitore non coniugato dovesse assumere rilevanza penale solo nei casi di compromissione della sfera strettamente alimentare (art. 570 c.p.) e non invece in tutti i casi in cui un obbligo economico sia stato imposto dall'autorità giudiziaria in sede civile in favore dei figli ed il genitore non vi abbia, totalmente, o anche solo parzialmente, adempiuto.

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