Superamento della presunzione di condominialità, ripartizione delle spese e c.d. fondo cassa morosi: quando una sola delibera nasconde insidie inaspettate

28 Maggio 2019

I beni e i servizi astrattamente comuni ex art. 1117 c.c. possono essere sottratti al regime condominiale, allorché siano destinati oggettivamente al servizio di unità abitative in proprietà esclusiva o di una parte soltanto dell'edificio: il regime proprietario limita, inoltre, i poteri discrezionali dell'assemblea...
Massima

Tutte le volte in cui un bene risulti, per obiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una singola unità abitativa oppure di una parte soltanto dell'edificio in condominio, viene meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene, con ripartizione delle relative spese di manutenzione a carico del o dei proprietari esclusivi delle unità immobiliari al cui servizio o godimento il bene o servizio sono destinati. In tema di condominio negli edifici, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla “normalità” dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale. Non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di escludere, sia pure provvisoriamente, i morosi dal concorso agli oneri condominiali, così sostanzialmente dando vita ad un “fondo cassa morosi”, occorrendo all'uopo l'unanimità.

Il caso

L'assemblea del condominio Beta approva una delibera con cui provvede (a) alla ripartizione delle spese per lavori straordinari ai pozzetti condominiali, nonché (b) ad appaltare alla ditta Alfa i lavori di manutenzione della terrazza condominiale.

Avverso tale delibera, il condomino Tizio propone ricorso, invocandone l'annullamento ovvero la declaratoria di nullità, sulla base delle seguenti considerazioni: 1) a seguito di saggi eseguiti sui pozzetti fognari interessati dai lavori, è emerso che due di essi (su cinque complessivi) servono alcune unità immobiliari in proprietà esclusiva, con conseguente inopponibilità, al condominio, dell'appalto concluso dell'amministratore, siccome relativo a parti estranee al condominio e, dunque, illegittimità della delibera di riparto delle relative spese; 2) benché fosse stata designata una commissione di condomini, onde valutare i preventivi presentati per i lavori alla terrazza, l'assemblea ha scelto, peraltro con la maggioranza di cui all'art. 1136, comma 4, c.c. anziché quella contemplata dal successivo comma 5, un preventivo non esaminato dalla commissione, approvando altresì - sempre con la maggioranza predetta - un piano di riparto provvisorio delle spese a sostenersi, con esclusione dei condomini morosi.

Il Tribunale di Roma, rigetta le censure svolte in relazione ai profili innanzi descritti sub 1) mentre accoglie, sia pur limitatamente alla questione concernente il riparto delle spese, le doglianze innanzi esposte sub 2).

La questione

Le questioni in esame sono, dunque molteplici: a) come incide il regime proprietario di beni e servizi astrattamente comuni ma, in concreto, destinati a servire proprietà individuali sui poteri gestori dell'amministratore e dell'assemblea, nonché sul riparto delle spese tra i condomini? b) come distinguere tra spese di ordinaria e straordinaria amministrazione? c) quali sono le maggioranze necessarie per l'istituzione di un “fondo cassa condomini morosi”?

Le soluzioni giuridiche

Quanto al primo profilo trattato dalla decisione in esame, la soluzione adottata dal Tribunale di Roma rappresenta la coerente applicazione del principio per cui l'assemblea condominiale - atteso il carattere meramente esemplificativo delle attribuzioni riconosciutele dall'art. 1135 c.c. - può assumere, quale organo destinato ad esprimere la volontà collettiva dei partecipanti, qualunque provvedimento, anche se non previsto dalla legge o dal regolamento di condominio, purché non si tratti di provvedimenti volti a perseguire una finalità extracondominiale: l'argine estremo posto all'operato dell'assemblea è, cioè, costantemente segnato dalla sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni che a quelle esclusive, a meno che non si tratti di sconfinamenti specificamente accettati dagli stessi condomini negli atti di acquisto, oppure mediante approvazione del regolamento di condominio che li contempli. Sicché, sostanzialmente uniformandosi a Cass. civ., sez. II, 19 giugno 2000, n. 8292 (sia pure relativa ad un'ipotesi di riparto delle spese in materia di condominio parziale, v. infra), il Tribunale capitolino chiarisce che, qualora le cose, gli impianti ed i servizi comuni siano destinati a servire una parte soltanto del fabbricato, l'art. 1123 comma 3, c.c. identifica, nell'ambito della più vasta compartecipazione, in coloro che ne traggono utilità i soggetti obbligati a concorrere a tali spese: donde la legittimità della delibera impugnata, avendo l'intervento all'impianto fognario riguardato tanto i pozzetti comuni (relativamente ai quali, dunque, sussisteva la "competenza" condominiale), quanto quelli in proprietà esclusiva ed avendo l'assemblea correttamente ascritto alla compagine condominiale (e ripartito tra i condomini) solo il costo dell'intervento relativo ai primi.

Quanto al secondo profilo innanzi indicato, superata immediatamente (in senso negativo) la questione concernente la sindacabilità della scelta compiuta dall'assemblea in favore di un preventivo rispetto agli altri, esulando dall'ambito del sindacato giudiziale sulle deliberazioni condominiali le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall'assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose e ai servizi comuni (così, recentemente, Cass. civ., Sez. VI/II, 17 agosto 2017,n. 20135), il Tribunale di Roma ha altresì escluso, sulla base del costo preventivato (pari ad € 9.000,00), che la delibera concernente i lavori alla terrazza condominiale richiedesse la maggioranza speciale prevista dal comma 5 dell'art. 1136 c.c., trattandosi di riparazione da ricondurre alla manutenzione ordinaria dello stabile. Anche tale assunto risulta perfettamente in linea con i recenti arresti della giurisprudenza di legittimità e, in specie, con quanto affermato da Cass. civ., sez. II, 25 maggio 2016, n. 10865, per cui in tema di condominio negli edifici, il criterio discretivo tra atti di ordinaria amministrazione, rimessi all'iniziativa dell'amministratore nell'esercizio delle proprie funzioni e vincolanti per tutti i condomini ex art. 1133 c.c., ed atti di amministrazione straordinaria, al contrario bisognosi di autorizzazione assembleare per produrre detto effetto, salvo quanto previsto dall'art. 1135, comma 2, c.c., riposa sulla “normalità” dell'atto di gestione rispetto allo scopo dell'utilizzazione e del godimento dei beni comuni, sicché gli atti implicanti spese che, pur dirette alla migliore utilizzazione delle cose comuni o imposte da sopravvenienze normative, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere economico rilevante, necessitano della delibera dell'assemblea condominiale.

Venendo, infine, alla terza questione affrontata dal Tribunale, essa coinvolge il profilo maggiormente innovativo sottoposto al vaglio dell'Autorità giudiziaria, concernente la possibilità che l'assemblea adotti, a maggioranza, una delibera che, sia pure provvisoriamente, ripartisca una determinata spesa in deroga ai criteri legali dettati dagli artt. 1123 ss. c.c., escludendo da essa i condomini morosi. In proposito è noto che la disciplina legale della ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell'edificio è, in linea di principio, derogabile, con la conseguenza che deve ritenersi legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina, contenuta nel regolamento condominiale di natura contrattuale, ovvero nella deliberazione dell'assemblea, quando approvata da tutti i condomini (così, anche recentemente, Cass. civ., sez. II, 24 febbraio 2017, n. 4844). Sennonché il principio suddetto sembrerebbe patire, a propria volta, una deroga, allorché la ripartizione della spesa sia deliberata in termini “provvisori” e salvo conguagli, in attesa dell'adozione del criterio di riparto definitivo: già Cass. civ., sez. I, 24 luglio 1973, n. 2164 aveva infatti chiarito che, in mancanza della tabella millesimale, l'assemblea possa adottare (anche a maggioranza) in via provvisoria e temporanea - quando si tratti di far fronte alle spese annuali di manutenzione e di gestione dei servizi comuni - un criterio di ripartizione diverso da quello legale, che consenta il versamento delle contribuzioni a titolo di acconto, e salvo i conguagli da operare successivamente all'approvazione della tabella millesimale, non derogandosi in tal caso in via definitiva al criterio legale ed adottandosi, piuttosto, uno strumento operativo di ordinaria amministrazione che, senza pregiudizio dei diritti dei condomini, permette di provvedere alla normale gestione dei servizi comuni ed alla manutenzione delle cose in comunione; il principio è stato, poi, esteso da Cass. civ., sez. II, 15 marzo 1994, n. 2449 (sia pure pronunziatasi in tema di consorzi edilizi) alla delibera che approvi un riparto provvisorio in maniera anche difforme da quella prevista del regolamento e, infine, da Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2001,n. 13631 all'ipotesi - che sembrerebbe ricorrere nella specie - di costituzione di un “fondo cassa condomini morosi”. Scorrendo la motivazione di tale ultima pronunzia, tuttavia, si coglie che la maggioranza assembleare fu - all'epoca - ritenuta sufficiente per la costituzione del fondo cassa morosi in relazione alla peculiarità del caso concreto, consistente nella «effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme - come nel caso di aggressione in executivis da parte di creditore del condominio, in danno di parti comuni dell'edificio - per evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva; conseguentemente sorge in capo al condominio e non ai singoli condomini morosi l'obbligazione di restituire ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri»; a ben vedere, poi, la stessa Cass. n. 2164/1973 ancorava la possibilità di una deliberazione a maggioranza di criteri di riparto provvisori all'assenza di tabelle, mentre Cass. civ., sez. II, 16 novembre 1991, n. 12307, ancor più radicalmente, sanzionava comunque con la nullità una delibera di tal fatta. Ben si comprende, dunque, come, nel mutato contesto disciplinare scaturito da Cass. civ., sez. un., 7 aprile 2008, n. 9148, venuta meno l'esigenza di tutela evidenziata da Cass. n. 2164/1973 cit. (quale conseguenza, da un lato, della natura parziaria delle obbligazioni contratte dall'amministratore per il condominio e, dall'altro, del meccanismo della solidarietà sussidiaria fissato dall'art. 63, comma 2, disp. att. c.c.) e tenuto conto del principio per cui, pur in mancanza di tabelle, la spesa va comunque ripartita sulla base dei criteri stabiliti dagli artt. 1123 ss. c.c. (sicché spetta all'Autorità giudiziaria procedere alla loro formazione, sia pure con valenza incidenter tantum), il Tribunale di Roma abbia correttamente censurato la delibera assunta a maggioranza, con cui l'assemblea ha deliberato la costituzione di un fondo cassa morosi.

Osservazioni

Rispetto alla prima delle tematiche affrontate dalla decisione in commento, assume particolare rilievo il “condominio parziale”, istituto che delinea una categoria ormai radicata nell'esperienza e riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. II, 2 marzo 2016, n. 4127; Cass. civ., sez. II, 29 gennaio 2015, n. 1680; Cass. civ., sez. II, 23 luglio 2013, n. 17875; Cass. civ., sez. II, 17 febbraio 2012, n. 2363, nonché, quale leading case, Cass. civ., sez. II, 2 febbraio 1995, n. 1255): nell'ambito della più vasta contitolarità si ammette la costituzione, per legge, dei cosiddetti condominii parziali, sul fondamento del collegamento strumentale tra i beni e, cioè, sulla base della necessità per l'esistenza o per l'uso, oppure della destinazione all'uso o al servizio di determinate cose, servizi ed impianti limitatamente a vantaggio non tanto della collettività indistinta dei condomini quanto, piuttosto, solo di talune unità immobiliari. Ciò può verificarsi non solo in coerente applicazione degli artt. 1117 e 1123, comma 3, c.c. (quale ipotesi di mancanza di nesso strutturale e/o funzionale tra i beni o servizi e l'intero edificio condominiale), ma anche - con ciò riprendendo Cass. civ., sez. II, 11 novembre 2002, n. 15794 - in presenza di una clausola del regolamento condominiale di natura contrattuale che, in deroga al menzionato art. 1117 c.c., attribuisca la titolarità esclusiva di un bene ovvero un impianto solo ad un gruppo di condomini.

Quanto alla terza questione di cui si è dato conto in precedenza, invece, Cass. civ., sez. II, 23 gennaio 2014, n. 1439 ha chiarito che la deliberazione con cui l'assemblea, in mancanza di tabelle millesimali, adotti un criterio provvisorio di ripartizione delle spese tra i condomini, nell'esercizio delle attribuzioni di cui all'art. 1135, nn. 2) e 3), c.c., non è nulla, ma solo annullabile, non incidendo comunque sui criteri generali dettati dall'art. 1123 c.c., con la conseguenza che la relativa impugnazione va proposta nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 c.c.

Guida all'approfondimento

Monegat, L'assemblea condominiale ha il potere discrezionale di istituire un fondo-cassa per spese ordinarie, in Immob. & proprietà, 2016, 590;

Melis, Problematiche connesse alla ripartizione tra spese ordinarie e straordinarie in condominio, in Immob. & proprietà, 2016, 693

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