Per le tabelle di Milano il rapporto fondato sulla convivenza equivale a quello matrimoniale

Redazione Scientifica
04 Giugno 2019

In tema di liquidazione del danno non patrimoniale , le tabelle di Milano, che ai sensi dell'art. 1226 c.c. costituiscono parametro per la valutazione equitativa, prevedono espressamente l'equiparazione tra convivenza more uxorio e convivenza coniugale fondata sul matrimonio.

LA VICENDA La Corte d'Appello di Roma, in parziale riforma della decisione di prime cure, liquidava a favore dell'appellante i danni da lei subiti a seguito del sinistro stradale nel quale aveva perso la vita il proprio convivente more uxorio, riconoscendo la sussistenza effettiva di un rapporto di convivenza dotato di stabilità e intensità affettiva assimilabili a quelli di un rapporto matrimoniale. Veniva invece confermato il rigetto della domanda risarcitoria proposta dai figli della donna.

La donna impugna la sentenza con ricorso per cassazione dolendosi per aver ottenuto una liquidazione del danno penalizzante rispetto al parametro ordinariamente seguito per la liquidazione del danno da perdita del rapporto coniugale.

RILEVANZA DELLE TABELLE DI MILANO Il Collegio coglie l'occasione per osservare che le c.d. tabelle di Milano costituiscono, ai sensi dell'art. 1226 c.c., parametro per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona. Conseguentemente, la loro erronea applicazione da parte del giudice di merito configura una violazione di legge censurabile in sede di legittimità ex art. 360, n. 3, c.p.c. Laddove invece il giudice di merito proceda alla liquidazione del danno applicando le suddette tabelle, è tenuto ad esplicitare in motivazione «se e come» abbia considerato tutte le circostanze del caso concreto per assicurare un integrale risarcimento del pregiudizio sofferto dal danneggiato.

Nel caso di specie, pur avendo la Corte capitolina dichiarato di volersi uniformare alla misure di liquidazione previste dalle tabelle di Milano, ha tuttavia fissato il risarcimento a favore della convivente del defunto in un importo «pari a circa la metà della misura minima prevista dalla corrispondente forbice tabellare, giustificando tale determinazione in ragione del ritenuto normale consolidamento dei rapporti di affetto e di condivisione, nell'ambito delle convivenza di fatto, “in tempi molto più ampi che nei legami affettivi tra i componenti di una coppia unita in matrimonio”». Tale motivazione risulta fondata su una «specifica discriminazione ontologica tra le convivenze di fatto e i rapporti coniugali fondati sul matrimonio» e risulta dunque in contrasto con i criteri adottati dalle tabelle di Milano che espressamente prevedono l'equiparazione tra convivenze more uxorio e convivenze coniugali fondate sul matrimonio.

In conclusione, la Corte ritiene la decisione impugnata in contrasto con gli artt. 1226 e 2056 c.c. nonché con il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale «in tema di danno non patrimoniale, qualora il giudice, nel soddisfare esigenze di uniformità di trattamento su base nazionale, proceda alla liquidazione equitativa in applicazione delle tabelle predisposte dal Tribunale di Milano, nell'effettuare la necessaria personalizzazione di esso, in base alla circostanza del caso concreto, può superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti da dette tabelle solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in estratto in base all'oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l'id quod plerumque accidit, dando adeguatamente conto in motivazione di tali circostanze e di come esse siano state considerate».

La sentenza impugnata viene dunque cassata in relazione al motivo accolto con rinvio alla Corte d'Appello di Roma in diversa composizione.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

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