Atto amministrativo in conseguenza di condotte di reato
30 Maggio 2019
La sentenza affronta la questione che attiene alla possibilità di qualificare illegittimo un atto amministrativo in conseguenza di condotte di reato accertate in capo a dipendenti dell'amministrazione anche se nessuna responsabilità è emersa quanto al destinatario (beneficiario degli effetti) e all'organo cui se ne deve l'adozione.
Rifiutata una concezione pan-penalistica, per la quale all'accertamento del reato segue l'automatica illegittimità dell'atto amministrativo che ne sia stato mezzo esecutivo (come nel caso del reato di abuso d'ufficio, ex art. 323 Cod. pen. o di corruzione, ex art. 317 Cod. pen.) ovvero oggetto (come nel caso del reato di turbata libertà degli incanti), va ammesso, invece, l'autonomo apprezzamento della legittimità dell'atto alla luce dei vizi enunciati dall'art. 21-octies l. 7 agosto 1990, n. 241 (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 143).
La concezione atomistica dei rapporti tra atto amministrativo e reato, siccome impone l'autonomo ed oggettivo riscontro dell'illegittimità del provvedimento amministrativo alla luce dei noti vizi di invalidità, rende irrilevante, da un lato, che il beneficiario dell'atto sia rimasto estraneo alla condotta criminale (ed assolto da ogni reato, ovvero ne sia stata archiviata la posizione), e, dall'altro, che l'organo che lo ha emanato fosse all'oscuro del turbamento intervenuto nella regolare formazione della sua stessa volontà. |