L'espulsione dello straniero e l'effettività dei legami familiari

05 Giugno 2019

Nell'ipotesi in cui lo straniero eserciti il diritto al ricongiungimento familiare, è necessario tenere conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esistenza dei legami con il suo Paese di origine.
Massima

L'art. 13, comma 12 bis, d.lgs. n. 286/1998, introdotto dal d.lgs. n. 5/2007, trova applicazione anche al cittadino straniero, coniugato con una connazionale regolarmente soggiornante in Italia, che non si trovi nella posizione formale di richiedente il ricongiungimento familiare, con la conseguenza che l'autorità giudiziaria è chiamata ad effettuare tale accertamento nell'ipotesi di espulsione dello stesso, qualora sia allegata la circostanza della sussistenza di vincoli di natura familiare.

Il caso

N.E., cittadino marocchino, proponeva ricorso avverso il decreto di espulsione emesso dal Prefetto di Ferrara il 30 gennaio 2017.

Il Giudice di pace di Ferrara con ordinanza in data 23 marzo 2017 rigettava il ricorso negando l'applicabilità dell'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 atteso che il ricorrente, pur avendo contratto matrimonio con una propria connazionale regolarmente soggiornante in Italia, non era in possesso del permesso di soggiorno, essendo titolare di un permesso scaduto il 13 luglio 2015 e non rinnovato. Inoltre non riteneva applicabile l'art. 30, comma 1, d.lgs. n. 286/1998, rilevando che il permesso di soggiorno per motivi di famiglia spetta agli stranieri regolarmente soggiornanti da almeno un anno che abbiano contratto matrimonio nel territorio dello Stato con cittadini italiani o di uno Stato membro dell'Unione Europea o con cittadini stranieri regolarmente soggiornanti. Riconosceva invece l'applicabilità del ricongiungimento familiare, rilevando tuttavia che il ricorrente non aveva fornito la prova di avere avanzato la relativa richiesta, essendosi limitato a produrre un bollettino postale e la copia della ricevuta di un'assicurata spedita a mezzo posta.

Avverso detta ordinanza N.E. proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi mentre la parte intimata non svolgeva attività difensiva.

Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denunciava la violazione e la falsa applicazione dell'art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p. e del d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 art. 5, comma 5, art. 13, comma 2, e artt. 29 e ss., osservando che, nel ritenere legittima l'espulsione, l'ordinanza impugnata non ha tenuto conto della tutela rafforzata riconosciuta dalla legge allo straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o al familiare ricongiunto, avendo omesso di valutare la natura e l'effettività dei suoi vincoli familiari, nonché la durata del suo soggiorno nel territorio italiano, la sua situazione e quella dei suoi congiunti, senza considerare che la predetta tutela spetta a tutti coloro che vivono in Italia con una famiglia, indipendentemente dal titolo di soggiorno.

Con il secondo motivo, il ricorrente lamentava la manifesta illogicità della motivazione, ribadendo che, nell'escludere la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, l'ordinanza impugnata ha omesso di valutare la sua situazione e di verificare la sopravvenienza di nuovi elementi idonei a consentirgli di sanare la sua posizione. Il Giudice di pace non ha infatti tenuto conto della ricevuta postale prodotta in giudizio, attestante l'attivazione del procedimento amministrativo per il rilascio di un permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare, il quale comporta ipso jure la sospensione del provvedimento di espulsione.

La questione

La questione affrontata nella pronuncia in esame attiene all'interpretazione dell'art. 13, comma 2 bis, d.lgs. n. 286/1998 e quindi alla valutazione che l'autorità giudiziaria è chiamata ad effettuare in ordine all'espulsione del cittadino straniero qualora lo stesso alleghi la sussistenza di vincoli di natura familiare.

Le soluzioni giuridiche

Con la pronuncia in esame la Corte, dando continuità ad un orientamento già consolidato (vedi da ultimo anche Cass. civ. sez. I, n. 781/2019), ha avallato una interpretazione ampia dell'art. 13, comma 2 bis, d.lgs. n. 286/1998 (introdotto dal d.lgs. n. 5/2007),ritenendo che la relativa disciplina, che impone di tener conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, della natura e dell'effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno, nonchè dell'esistenza di legami con il paese d'origine possa trovare applicazione, con valutazione caso per caso, anche al cittadino straniero che pure non si trovi nella posizione di formale richiedente il ricongiungimento familiare.

Al fine di inquadrare la tematica oggetto della pronuncia in commento, va premesso che l'istituto del ricongiungimento familiare si inquadra nell'ambito della tutela dell'unità familiare di cui al Titolo IV del d.lgs. n. 286/1998 dedicato appunto al Diritto all'unità familiare e tutela dei minori.

Il diritto all'unità familiare richiama i principi costituzionali di cui all'art. 2 Cost., in quanto riconosce anche allo straniero i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, all'art. 10 Cost. in quanto riconosce i diritti derivanti dalle norme e dai trattati internazionali tra i quali il diritto di formare una famiglia e di mantenere l'unità del nucleo familiare, previsti dall'art. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché all'art. 29 Cost. che riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Ulteriori riferimenti si rinvengono nell'art. 30 Cost. che prevede il diritto/dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli nonché nell'art. 31 Cost. che prevede la tutela della famiglia e la protezione della maternità, dell'infanzia e della gioventù.

Mezzi ordinari di attuazione di tale diritto, nonché del connesso diritto del minore a crescere e ad essere educato nell'ambito della propria famiglia, sono l'istituto del ricongiungimento familiare (art. 29, d.lgs. n. 286/1998) ed il rilascio del permesso di soggiorno per motivi familiari (art. 30, d.lgs. n. 286/1998).

Per ricongiungimento familiare si intende specificatamente l'istituto che consente allo straniero extracomunitario o apolide che vive nel territorio nazionale in base ad un regolare titolo di soggiorno oppure ad un cittadino italiano o di uno Stato UE oppure di uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo di chiedere l'ingresso dei familiari stranieri extracomunitari o apolidi residenti all'estero, al fine di mantenere o riacquistare in modo continuativo l'unità della propria famiglia.

In base all'art. 29 T.U. immigrazione lo straniero può chiedere tra l'altro il ricongiungimento con i figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il proprio consenso presso la rappresentanza consolare italiana, al momento della richiesta del visto di espatrio. La norma prevede poi una serie di requisiti oggettivi e soggettivi per il suo rilascio.

Al di là delle previsioni normative, va altresì considerato la tutela dei legami familiari nell'interpretazione della giurisprudenza eurounitaria e nazionale, con particolare riguardo al rapporto con le norme che disciplinano l'espulsione ed il rilascio del permesso di soggiorno.

Ineludibile punto di partenza di tale elaborazione è la sentenza della Corte Costituzionale18 luglio 2013, n. 202, che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale parziale dell'art. 5, comma 5, d.lgs. n. 286/1998 nella parte in cui non prevede che la valutazione in concreto della pericolosità sociale da eseguire in sede di rilascio, revoca o rinnovo del permesso di soggiorno possa essere svolta tanto nei confronti dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o del familiare ricongiunto quanto nei confronti di chi abbia legami familiari nel territorio dello Stato – ha chiarito che anche in quest'ultima ipotesi deve tenersi conto della durata del soggiorno e del quadro dei legami, non solo familiari, ma anche sociali, prospettando espressamente l'adozione dell'interpretazione della giurisprudenza EDU relativa all'art. 8 come parametro interposto di costituzionalità della norma impugnata.

Tali principi comportano anche l'estensione dell'ambito di applicazione dell'art. 13, comma 2 bis, d.lgs. n. 286/1998, anche alla valutazione della posizione del cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro paese, sebbene questi non si trovi nelle condizioni di richiedere formalmente il ricongiungimento familiare.

A riguardo la S.C. ha avuto modo di chiarire, che l'art. 13, comma 2 bis, d.lgs. 286/1998, dando attuazione a uno dei principi cardine della direttiva 2003/86/CE, ha introdotto un rilevante temperamento nell'applicazione automatica delle cause espulsive previste dall'art. 13, comma 2, lett. a) e b), imponendo di tenere conto, nei confronti dello straniero che abbia esercitato il diritto al ricongiungimento familiare, sia per l'ipotesi dell'ingresso irregolare che per quella della mancanza del permesso di soggiorno originaria o sopravvenuta, anche della natura e dell'effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese di origine, ancorché lo stesso non sia nella posizione di richiedente formalmente il ricongiungimento familiare. La norma recepisce un consolidato orientamento della Corte EDU, secondo il quale non può aversi interferenza di un'autorità pubblica nell'esercizio del diritto alla vita privata e familiare a meno che questa ingerenza non sia prevista dalla legge e costituisca una misura necessaria per la sicurezza nazionale, la sicurezza pubblica, la prevenzione dei reati e la protezione della salute e della morale.

Inoltre dai principi di cui alla direttiva 2008/115/CE (attuata con il d.l. n. 89/2011, convertito dalla l. n. 129/2011) emerge che l'adozione della misura espulsiva, non può basarsi sulla mera constatazione del soggiorno irregolare, ma richiede una valutazione della situazione personale, ovvero della vita familiare, delle condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato e del rispetto del principio di non-refoulement ed in tale valutazione va bilanciato il diritto dello Stato membro alla conservazione di un regime di sicurezza e di controllo del fenomeno migratorio e il nucleo dei diritti della persona connessi all'applicazione del principio di non-refoulement, ai divieti di cui all'art. 3 CEDU e al diritto alla salute e alla vita familiare.

Osservazioni

Non vi è dubbio che l'interpretazione del diritto positivo interno non può che essere orientata dai principi del diritto dell'Unione Europea elaborati in tema di rimpatrio e diritto all'unità familiare dei cittadini stranieri nonché dei principi CEDU in tema di modulazione dell'art. 8.

A partire dal 15/2/2007, è stato introdotto il comma 2 bis dell'art. 13, d.lgs n. 286/1998 con il quale il legislatore, attuando uno dei principi cardine della Direttiva 2003/86/CE, ha stabilito sia per l'ipotesi dell'ingresso irregolare che per quella della mancanza del permesso di soggiorno [originaria o sopravvenuta: art. 13, comma 2, lett. a) e b)] un rilevante temperamento nell'applicazione automatica delle predette cause espulsive costituito dalla necessità di tenere conto, nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare o del familiare ricongiunto, anche della natura e dell'effettività dei vincoli familiari, della durata del soggiorno nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il paese di origine.

Accanto a questa disposizione specifica non può non sottolinearsi l'immanente generale obbligo introdotto dalla Direttiva 2008/115/CE (attuata con il d.l. n. 89/2011) convertito con la l. n. 129/2011) di valutare caso per caso, come espressamente riprodotto nell'incipit dell'art. 13, comma secondo, l'esistenza delle condizioni per l'adozione della misura espulsiva, senza procedere mediante l'applicazione automatica e standardizzata dei parametri normativi. Pertanto la decisione relativa al rimpatrio non può essere assunta sulla base della semplice considerazione del soggiorno irregolare, ma deve fondarsi su criteri obiettivi e caso per caso. Deve, pertanto, procedersi ad un'attenta valutazione della situazione personale dovendo l'organo pubblico cui è demandata la decisione amministrativa e/o giurisdizionale eseguire un corretto bilanciamento tra il diritto dello Stato membro alla conservazione di un regime di sicurezza e di controllo del fenomeno migratorio ed il nucleo dei diritti della persona connessi all'applicazione del principio di non refoulement e ai divieti di cui all'art. 3 CEDU, al diritto alla salute e alla vita familiare. Il bilanciamento deve essere eseguito alla stregua del principio di proporzionalità tra il sacrificio del diritto individuale e la tutela dell'ordine pubblico statuale.

La valutazione caso per caso va inoltre estesa al cittadino straniero che abbia legami familiari nel nostro paese ancorché non nella posizione di richiedere formalmente il ricongiungimento familiare ponendo su di un piano d'integrale equiparazione, nell'esame della situazione soggettiva del cittadino straniero, la vita privata e quella familiare secondo il paradigma interpretativo dell'art. 8, che non prevede gradazioni o gerarchie tra le due manifestazioni del diritto fondamentale contenuto nella norma.

Così delineato il parametro normativo, è evidente che nel caso di specie, il giudice del merito, oltre ad omettere interamente l'esame e la valutazione del criterio costituito dai legami familiari nel nostro paese e dall'assenza di legami socioculturali con il paese d'origine non ha operato alcun bilanciamento tra il diritto dell'autorità statuale ed il diritto del ricorrente alla vita privata e familiare, mancando di eseguire quella valutazione caso per caso direttamente imposta dall'art. 13 e da interpretarsi alla luce del divieto di automatismo valutativo imposto dalla Direttiva 2008/115/CE e dal quadro della tutela del diritto affermato nell'art. 8 CEDU dalla Corte di Strasburgo.

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