Mancato esame della domanda dei nonni di conservare rapporti con la nipote adottata: violato il diritto alla vita familiare

12 Giugno 2019

Integra violazione del diritto alla vita familiare il mancato esame della domanda dei nonni, che vogliono conservare rapporti con la nipote adottata.
Massima

Il mancato esame in giudizio della domanda di un nonno di conservare i rapporti con la nipote successivamente alla pronuncia dell'adozione della nipote stessa, integra una violazione del diritto alla vita familiare di cui all'art. 8 CEDU (Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo).

Il caso

I ricorrenti sono il nonno e la nonna materni della minore M. che aveva sempre vissuto presso di loro dalla nascita, nel 2006, fino al 2011, insieme alla madre. Morta quest'ultima, nel 2011, la bambina era stata accudita dai nonni materni per altri due anni, con la collaborazione di altri familiari, che nel 2013 ne ottennero l'adozione a seguito di un procedimento del quale i nonni non furono informati.

Successivamente i ricorrenti incontrarono delle difficoltà nel mantenere i rapporti con la nipote e nel 2015, ottenuta una remissione in termini, impugnavano la pronuncia di adozione.

Il tribunale di S. Pietroburgo confermava l'adozione dichiarando inammissibile il ricorso, poiché la legge non prevedeva che dei parenti come i nonni potessero essere litisconsorti nel procedimento di adozione; inoltre richiamava la previsione contenuta nel codice della famiglia russo, secondo la quale essi potevano mantenere contatti con l'adottato e ottenere una pronuncia a tutela di questo diritto se i genitori adottivi avessero frapposto ostacoli alla relazione.

Allorché i ricorrenti, successivamente a questa pronuncia e permanendo le difficoltà di contatti con la nipote, si rivolgevano al giudice per ottenere tutela, il giudice dichiarava inammissibile l'istanza del nonno, sul presupposto che non vi era stata, al momento dell'adozione, una pronuncia che accertava come meritevole di tutela l'interesse al mantenimento dei rapporti con la bambina. Tale pronuncia vi era stata invece per la sola nonna, la quale otteneva un provvedimento che autorizzava le visite. I genitori adottivi, però, appellavano tale provvedimento, che veniva annullato dal giudice d'appello con la motivazione che la normativa russa sull'adozione non consente che la richiesta di regolazione dei rapporti sia formulata successivamente alla pronuncia dell'adozione.

La questione

I ricorrenti lamentano la violazione dell'articolo 8 della Convenzione, rispetto della vita privata e familiare, per aver perso la possibilità di mantenere l'intensa e significativa relazione con la nipote; lamentano altresì la violazione dell'art 13 della Convenzione, diritto ad un effettivo ricorso, perché non avendo avuto la possibilità di far valere il diritto alla relazione nel primo grado del giudizio di adozione, veniva negata loro una via di ricorso.

La relazione nonni nipoti rientra nella nozione di vita familiare di cui all'art. 8 CEDU, come è pacifico nella giurisprudenza della Corte EDU, fin dalla celebre sentenza Marcck C. Belgio del 1973.

La questione da affrontare è se nella vicenda in esame vi sia stata da parte delle autorità nazionali un'ingerenza nella vita familiare dei ricorrenti per il mancato esame della richiesta dei ricorrenti.

La Corte ha affrontato soltanto la posizione del nonno, poiché la nonna è deceduta nelle more del procedimento. La differenza tra le due posizioni derivava dal mancato esame nella sentenza di adozione della posizione del nonno, mentre per la nonna era stata stabilito il mantenimento dei rapporti con la bambina.

La soluzione giuridica

La Corte Edu accoglie il ricorso del nonno, dichiarando esservi stata violazione del diritto alla vita familiare; per effetto di tale accertamento, ha ritenuto assorbita la doglianza relativa all'art 13, diritto ad un effettiva tutela, in quanto è stata proprio la mancata tutela giudiziaria la modalità con cui si è integrata la violazione del diritto alla vita familiare.

Il giudice russo, in sede di appello della sentenza di adozione, aveva fatto credere al nonno che avrebbe potuto, in altro giudizio, chiedere una pronuncia sul diritto di mantenere contatti con la nipote; in realtà tale diritto sarebbe venuto ad esistenza solo se accertato nel procedimento di adozione, cosa che non era avvenuta né in primo grado, in cui il nonno non aveva partecipato, né in appello, quando la sua domanda era stata giudicata improcedibile, con la conseguenza che egli si era trovato completamente escluso dalla relazione con la nipote.

Il mancato esame della richiesta di mantenimento dei rapporti nel corso del procedimento di adozione ha costituito per la Corte il momento di violazione del diritto alla vita familiare in capo al ricorrente.

Osservazioni

La costante giurisprudenza della Corte EDU sull'art. 8 CEDU (a partire da Keegan c. Irlanda, 1994) articola il divieto di ingerenza nella vita privata e familiare in obblighi negativi, ed obblighi positivi. I primi sono gli obblighi di non facere che connotano lo Stato liberale classico e riguardano la non ingerenza in senso proprio; gli obblighi positivi, sono invece caratteristici dello Stato sociale e consistono nel facere volto a garantire l'effettivo godimento del diritto in questione.

Nel considerare gli obblighi positivi la Corte EDU valuta il margine di apprezzamento che gli Stati hanno sul modo di intervenire; margine di apprezzamento che dipende dal common ground tra le parti contraenti, cioè dal grado di condivisione, tra gli Stati aderenti alla convenzione, sulle questioni poste in tema di diritto alla vita privata e familiare. Più ampio è il common ground e più si restringe il margine di apprezzamento di ciascuno Stato: ad esempio nella tutela del diritto alla vita familiare delle coppie omosessuali la Corte EDU ha constatato che sul matrimonio tra omosessuali non vi era una sufficiente condivisione tra gli stati Aderenti (Schalck and Kopf c. Austria, 2010) e quindi non ha considerato la preclusione al matrimonio per le coppie omosessuali come una violazione dell'art. 8 CEDU, ma ha condannato il nostro paese, perché non consentiva il matrimonio né prevedeva altre forme di tutela della relazione come avveniva in altri stati (Oliari ed altri C. Italia, 2015).

Un altro criterio importante per valutare la violazione di un obbligo positivo è quello della ragionevolezza: i giudici di Strasburgo sono soliti chiedersi, nell'esame dei ricorsi per violazione dell'art 8, se le autorità nazionali hanno fatto tutto ciò che poteva ragionevolmente attendersi da loro.

Nel caso in esame l'obbligo positivo a carico dello Stato era relativo alla tutela giurisdizionale di un diritto, prima per l'accertamento dello stesso ed eventualmente, poi, per la sua tutela.

Il margine di apprezzamento, in questo caso è nullo e la doverosità del facere supera ogni questione sulla ragionevolezza. La Corte ritiene che la legge russa sia sufficientemente chiara sul punto del mantenimento o rescissione dei legami familiari con l'adozione: il tribunale di S. Pietroburgo avrebbe dovuto pronunciarsi sulla posizione del nonno nel giudizio di appello della sentenza di adozione.

In tema di violazione del diritto alla vita privata e familiare causata dal mancato esame di domande di accertamento e tutela del diritto, la sentenza ha un precedente recente in Doktorov. C. Bulgaria, 2018.

La Corte Edu afferma sempre che il diritto alla vita familiare richiede un esame effettivo delle domande di tutela e l'adozione di misure adeguate da eseguire tempestivamente (Lombardo C. Italia, 2013); per questo motivo è solita assorbire le doglianze sulla violazione dell'art. 6 CEDU, diritto ad un processo equo, o dell'art. 13 CEDU, diritto ad un ricorso effettivo, nell'accertamento della violazione dell'art 8. Un precedente specifico in materia di adozione è Todorova c. Italia, 2009: anche in questo caso veniva dedotta la violazione degli artt. 6 e 8 CEDU in una vicenda in cui si era aperta la procedura di adottabilità alla nascita di due bambine che la madre aveva dichiarato di non voler riconoscere. Subito dopo la donna aveva avuto un ripensamento ed aveva chiesto al tribunale per i minorenni di avere un termine per riflettere, ma dopo soli 27 giorni dal parto era stato dichiarato lo stato di abbandono senza esaminare la richiesta della madre. Anche in questo caso la dedotta violazione dell'art. 6 CEDU (diritto ad un processo equo) fu assorbita dalla Corte Edu in quella dell'art. 8 CEDU in quanto l'iniquità del processo venne considerata come violazione dell'obbligo positivo per la tutela del diritto alla vita familiare.

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