Il decreto di archiviazione è nullo se la relativa richiesta non era stata correttamente notificata alla persona offesa

14 Giugno 2019

La questione affrontata dalla Suprema Corte definisce in modo inequivocabile il percorso logico per cui si giunge alla nullità del provvedimento di archiviazione emesso sulla base di una richiesta non conosciuta e non conoscibile dalla parte che ha proposto la denuncia-querela e che ha, invece, l'interesse diretto alla prosecuzione...
Massima

La richiesta di archiviazione che non è stata correttamente notificata presso la residenza della persona offesa o presso lo studio del suo difensore, se nominato, è annullabile per violazione dell'art. 178 lett.c) c.p.p.; da ciò deriva che il decreto di archiviazione emesso sulla base di quella richiesta di archiviazione è nullo.

Il caso

La vicenda giudiziaria giunge alla Corte di Cassazione, antecedentemente la riforma con legge del 23 giugno 2017 n. 103, con ricorso della persona offesa avverso il decreto di archiviazione.

I motivi del ricorso sono tre: il primo, più generale, sulla violazione dell'art. 178 lett. c) c.p.p. per il difetto di notifica della richiesta di archiviazione poiché non eseguita presso lo studio del difensore della persona offesa; il secondo motivo, sull'errata notifica della richiesta di archiviazione effettuata presso un domicilio diverso rispetto quello di residenza della persona offesa, come previsto dagli artt. 154 e 157, comma 8, c.p.p.; infine, il terzo motivo relativo alla violazione dell'art. 33 disp. att. c.p.p. poiché il domicilio della persona offesa che ha nominato un difensore si deve sempre intendere eletto presso quest'ultimo.

Con le conclusioni favorevoli del Procuratore Generale, la Suprema Corte emette sentenza annullando il provvedimento impugnato e trasmettendo gli atti al pubblico ministero interessato.

La questione

Fatta salva l'attuale modifica normativa, introdotta con la legge 103/2017, che prevede il diritto della parte a proporre, avverso il decreto di archiviazione, un reclamo avanti il Tribunale in composizione monocratica e non più il ricorso avanti la Corte di Cassazione, la questione affrontata dalla Suprema Corte definisce in modo inequivocabile il percorso logico per cui si giunge alla nullità del provvedimento di archiviazione emesso sulla base di una richiesta non conosciuta e non conoscibile dalla parte che ha proposto la denuncia-querela e che ha, invece, l'interesse diretto alla prosecuzione del procedimento penale.

Come noto, ai sensi dell'art. 125 disp. att. c.p.p. il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l'infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio, in un'ottica di non superfluità del dibattimento. Tuttavia, in merito all'annoso problema della notifica della richiesta di archiviazione alla persona offesa, quando ella lo ha espressamente chiesto, se si tratta di dover verificare, da un canto, la nomina del difensore della P.O. al fine di notificare la richiesta di archiviazione presso lo studio di quest'ultimo oppure di verificare quale sia la residenza della P.O., dall'altro canto si deve prendere atto del diritto/facoltà della P.O. a conoscere la decisione del pubblico ministero al fine di attivare il meccanismo dell'opposizione con successiva fissazione dell'udienza camerale, ex art. 127 c.p.p., e l'instaurazione del contraddittorio fra le parti sulle possibili indagini preliminari ancora da eseguire e sulla prosecuzione o meno del procedimento.

In ogni settore della giustizia, il tema del diritto alla conoscenza legale - ed effettiva - è basilare per la stabilità del procedimento. Nel caso che ci occupa, peraltro, la parte interessata ricorre avverso un provvedimento teso a definire ogni possibilità di ulteriore dialogo e partecipazione procedimentale, precludendo anche i diritti della stessa P.O. a vedere riconosciute le proprie ragioni; su tale ultimo presupposto, inoltre, la Corte di Cassazione, richiamando una sentenza emessa a SS.UU., respinge rapidamente la circostanza per cui il decreto di archiviazione impugnato non era da considerarsi nullo perché emesso nell'ambito di un procedimento iscritto nel registro degli atti non costituenti notizia di reato.

Il vulnus, però, non attiene alla possibile iscrizione in un determinato registro di notizie di reato ma, bensì, ai presupposti giuridici per cui il Gip deve azionare il procedimento di fissazione e discussione in camera di consiglio dell'opposizione alla richiesta di archiviazione, ovvero in base al prìncipi di oralità e di libero contraddittorio fra le parti.

D'altronde, la medesima udienza camerale fissata sulla base dell'atto di opposizione può essere soggetta a eccezioni di nullità se l'avviso di fissazione non è comunicato nei modi e termini previsti o se non è garantito il libero contraddittorio, in base all'art. 127, commi 1 e 3, c.p.p..

Non a caso, dunque, la Suprema Corte, valutata l'omissione di notifica ex art. 33 disp. att. c.p.p. nonché l'errata notifica presso un domicilio diverso da quello dichiarato in atti dalla P.O., motiva che «[…] non risulta possibile affermare che l'atto fosse idoneo al perseguimento dello scopo di rendere edotta la persona offesa della facoltà concessagli di presentare, nel termine di legge, opposizione alla richiesta di archiviazione».

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione, anche richiamando altra sentenza, afferma quindi che:

«Qualora la persona offesa abbia chiesto di essere informata dell'eventuale archiviazione, è necessario che l'avviso della richiesta sia regolarmente notificata alla persona offesa in maniera che sia assicurato il diritto al contraddittorio rispetto alla diversa conclusione cui è giunto il pubblico ministero, tant'è che ai sensi dell'art. 408, comma 3, “nell'avviso è precisato che nel termine di venti giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari».

Osservazioni

Il tema della conoscenza effettiva e/o legale degli atti procedimentali è, in ogni settore di giustizia, tema centrale.

Come ricordato recentemente, se pur in ambito civilistico «La notificazione è volta a provocare la conoscenza, come si evince dal suo stesso nome, derivante dal latino notum facere. Nell'istituto (…) il ruolo preponderante, tuttavia, è svolto dal facere, dalle attività da svolgere, e non dalla notitia: l'effettivo conseguimento della conoscenza non è essenziale affinché il procedimento si perfezioni. Nel corso degli anni questa sensibilità è mutata. La tutela costituzionale accordata al diritto di difesa e l'influenza di altri modelli, in particolare quello tedesco, hanno reso più sentita la necessità che le regole della notificazione assicurino al destinatario concrete chances di apprendere il contenuto dell'atto a lui indirizzato, così da determinare per tempo il proprio comportamento» (La notificazione tra conoscenza legale e conoscenza effettiva, di M. Lupano, ed. Ledizioni, 2018).

La questione affrontata nella sentenza, insomma, non è di poco conto, eppure, la necessità che ancora oggi la Corte se ne occupi stride con la recente attività del Legislatore per i diritti di - talune - persone offese: la legge 103/2017, per esempio, definisce una maggiore e pregnante tutela alle vittime di reati commessi con violenza alla persona o vittime del reato ex art. 624-bis c.p., concedendo loro il termine di 30 giorni (e non quello di 20 giorni valido per tutte le altre pp.oo.) dal ricevimento della richiesta di archiviazione per proporre l'opposizione.

Precedentemente, la legge sul c.d. femminicidio, legge n.119 del 15 ottobre 2013 convertito il d.l. n. 93/2013, aveva inserito il diritto della p.o. a ricevere, presso il proprio difensore o, in mancanza, presso il proprio domicilio eletto, la notifica della richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare proposta dall'indagato/imputato per reati commessi con violenza alla persona, entrando a pieno titolo, quindi, anche nell'ambito procedimentale della parte indagata o imputata e appesantendone le incombenze per godere dei diritti difensivi.

Che, quindi, ancora oggi si assista a definizioni di procedimenti privi di attestazioni sulla conoscenza effettiva da parte della persona offesa risulta quantomeno illogico rispetto l'evoluzione del sistema italiano come quello europeo, più incline, c'è da dire, all'accrescimento dei diritti e delle facoltà della vittima del reato rispetto i diritti dell'indagato o imputato.

Giova ricordare in questo contesto, quindi, la Corte Costituzionale che, un paio di decenni orsono, definì a presidio del valore intrinseco delle notifiche il principio per cui La funzione propria della notificazione è quella di portare a conoscenza del destinatario (…) al fine di consentire l'instaurazione del contraddittorio e l'effettivo esercizio del diritto di difesa (Corte Cost., sentenza n. 346 del 23 settembre 1998, Presidente Granata, Redattore Marini).

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