L'idoneità del contratto di mutuo a fungere da titolo esecutivo e la sospensione dell'esecutorietà

27 Giugno 2019

Il tribunale di Frosinone, nella pronuncia in commento, si è occupato della questione concernente l'idoneità del contratto di mutuo a fungere da titolo esecutivo laddove alla sua stipula non abbia fatto seguito l'erogazione della somma mutuata.
Massima

Il contratto di mutuo può costituire titolo esecutivo esclusivamente se vi è la traditio delle somme mutuate; in mancanza dell'erogazione delle stesse, il giudice dell'opposizione può, nell'esercizio dei suoi poteri ufficiosi, rilevare l'inidoneità del contratto di mutuo a fungere da titolo esecutivo. Va accolta l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo proposta in sede di opposizione a precetto laddove il creditore opposto non abbia depositato la documentazione comprovante il carattere di realità del mutuo.

Il caso

Notificato atto di precetto sulla base di un contratto di mutuo, il debitore proponeva opposizione all'esecuzione preesecutiva con contestuale istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo.

La questione

L'ordinanza che qui brevemente si commenta si è occupata della questione concernente l'idoneità del contratto di mutuo a fungere da titolo esecutivo laddove alla sua stipula non abbia fatto seguito l'erogazione della somma mutuata.

Le soluzioni giuridiche

Il giudice adito, rilevato che il convenuto opposto non aveva depositato la documentazione comprovante il carattere di realità del mutuo, accoglie l'istanza di sospensione sul presupposto dell'inidoneità del contratto a fungere da titolo esecutivo.

Osservazioni

La decisione merita di essere segnalata in quanto ribadisce numerosi principi consolidati in dottrina ed in giurisprudenza in materia esecutiva.

In primo luogo, l'attribuzione al titolo esecutivo della natura di presupposto necessario dell'esecuzione forzata fa sì che il giudice dell'esecuzione, qualora gli consti in atti l'inesistenza o l'inefficacia del titolo esecutivo, inteso in senso sostanziale, è tenuto, previa contestazione (art. 101, comma 2, c.p.c.), a chiudere il processo esecutivo con ordinanza di improcedibilità. Tale ipotesi costituisce quindi una delle fattispecie della cd. estinzione o chiusura atipica del processo esecutivo.

Analogo potere è riconosciuto al giudice dell'opposizione, essendo principio costantemente ribadito in giurisprudenza che «il giudice dell'opposizione all'esecuzione è tenuto a compiere d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, la verifica sulla esistenza del titolo esecutivo posto alla base dell'azione esecutiva, potendo rilevare sia l'inesistenza originaria del titolo esecutivo sia la sua sopravvenuta caducazione, le quali – entrambe – determinano l'illegittimità dell'esecuzione forzata con effetto ex tunc, in quanto l'esistenza di un valido titolo esecutivo costituisce presupposto dell'azione esecutiva stessa»(Cass. civ., 9 luglio 2001, n. 9293; Cass. civ., 29 novembre 2004, n. 22430; Cass. civ., 19 maggio 2011, n. 11021; Cass. civ., 13 luglio 2011, n. 15363).

Ciò è quanto accaduto nel caso di specie, avendo il giudice adito, nell'esercizio dei suoi poteri ufficiosi, rilevato l'inidoneità del contratto a costituire titolo esecutivo, mancando la prova dell'avvenuta erogazione della somma.

In tal modo, è stato ribadito un principio assolutamente consolidato in giurisprudenza, ricorrendo nei principali repertori l'affermazione secondo cui il contratto di mutuo, in quanto contratto reale, si perfeziona con la consegna della somma mutuata, per cui in tanto detto contratto può considerarsi titolo esecutivo, ai sensi dell'art. 474, comma 2, n. 3 c.p.c. solo qualora risulti l'effettiva dazione della somma nelle forme previste dalla legge (vedi di recente, Trib. Avezzano, 8 febbraio 2019; Trib. Rieti, 27 novembre 2018; Trib. Tivoli, 23 luglio 2018; Trib. Pescara, 12 giugno 2017; Cass. civ., 27 agosto 2015, n. 17194).

Secondo la prevalente giurisprudenza, insomma, il mutuo si perfeziona sempre con la consegna della somma di denaro, anche se la consegna idonea a perfezionare il contratto non deve necessariamente caratterizzarsi come materiale e fisica traditio nelle mani del mutuatario, sempre che quest'ultimo acquisisca comunque la disponibilità giuridica del denaro stesso. Affinché ciò avvenga occorre creare un titolo autonomo di disponibilità delle somme in favore del mutuatario, che certifichi l'uscita della somma dal patrimonio della banca e l'acquisizione della stessa in favore del mutuatario. A tal fine è diffuso nella pratica prevedere la sottoscrizione di un apposito atto di erogazione e quietanza, autonomo e distinto rispetto al mutuo, spesso non contestuale alla conclusione del primo contratto, ma successivo allo stesso (Cass. civ., 27 agosto 2015, n. 17194, cit.).

Dunque, la costituzione presso la banca di un deposito cauzionale infruttifero intestato alla mutuataria destinato ad essere svincolato all'esito dell'adempimento degli obblighi ed alla realizzazione delle condizioni contrattuali, si considera come effettiva erogazione della somma da parte della mutuante perché la costituzione del deposito realizza la piena disponibilità giuridica considerabile come equivalente alla traditio materiale della somma (Cass. civ., 27 ottobre 2017, n. 25632; Trib. Roma, 16 gennaio 2019; Trib. Napoli Nord, 7 settembre 2018; Trib. Arezzo, 24 giugno 2017; Trib. Napoli, 23 marzo 2017, n. 3477; Trib. Paola, 25 gennaio 2017, n. 58; Trib. Napoli, 17 aprile 2015, n. 5681; Trib. Napoli, 18 ottobre 2013).

Non manca tuttavia un orientamento contrario, secondo il quale il contratto di mutuo non può considerarsi titolo esecutivo, anche se stipulato per atto pubblico notarile, laddove sia dalle parti previsto che la somma mutuata venga depositata presso la stessa banca mutuante in deposito cauzionale a garanzia dell'adempimento di tutte le condizioni poste a carico della parte finanziata (Trib. Lagonegro, 20 marzo 2018, n. 89; Trib. Campobasso, 25 luglio 2017; Trib. Avezzano, 18 luglio 2017; Trib. Chieti, 13 luglio 2017; Trib. Pescara, 12 giugno 2017). Invero, quest'ultimo indirizzo non merita accoglimento, giacché la creazione di un pegno sulle somme o la costituzione di un deposito cauzionale rappresentano la sicura testimonianza di un atto di disposizione del finanziato, che, in tutta evidenza, «presuppone giuridicamente che la somma sia entrata nella sua sfera giuridica di utilizzo» (Caprio, Validità del contratto di mutuo come titolo esecutivo e rimedi all'abuso del cumulo dei mezzi di espropriazione, in REF, 2019, in corso di pubblicazione).

Quanto alla seconda massima, è noto come il potere di sospensione del giudice dell'opposizione è fondato sull'esistenza di “gravi motivi”. Da sempre la giurisprudenza li incentra sull'esistenza di valide ragioni giustificative del provvedimento di sospensione (Cass. civ., 3 dicembre 1986, n. 7153), laddove in dottrina si fa riferimento di norma alla necessità di una valutazione prognostica della fondatezza dell'opposizione (Satta, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1965, 502; Andrioli, Commento al codice di procedura civile, III, Napoli, 1957, 383).

Il riferimento alla valutazione circa la fondatezza dell'opposizione ha spinto parte della dottrina a qualificare il provvedimento di sospensione quale misura cautelare. Per questi autori, pertanto, il giudice adito è tenuto, ai fini dell'accoglimento dell'istanza, ad accertare l'esistenza del fumus boni iuris, da intendersi in questo caso come la verosimile fondatezza dell'opposizione esperita, ed il periculum in mora, ossia il probabile danno o pregiudizio che subirebbe il debitore opponente dallo sviluppo dell'esecuzione (per la necessità della sussistenza di entrambi i presupposti, in giurisprudenza, App. Milano ord. 9 ottobre 2006, in CG 2007, 1006; App. Bari ord. 11 febbraio 2003, in FI 2003, I, 906; in dottrina, ribadiscono la necessaria sussistenza di entrambi detti presupposti, Monteleone, Commento agli artt. 624 e 624 bis, in Cipriani-Monteleone, La riforma del processo civile, Padova, 2007, 436; Menchini-Motto, Il processo civile di riforma in riforma, II, Milano 2006, 191).

Accanto a questa soluzione, si colloca altro orientamento, secondo cui, invece, i gravi motivi dovrebbero saggiarsi solo quanto alla prognosi di fondatezza dell'opposizione esperita, perché, nella specie, l'esecuzione - minacciata (nel caso dell'art. 615, comma 1) o già avviata (nel caso dell'art. 624) - costituirebbe periculum in mora “in re ipsa”, posto che l'esecuzione sempre produce, per definizione, pregiudizio al debitore esecutato o al terzo (in dottrina, v. già in passato Mandrioli, L'azione esecutiva. Contributo alla teoria unitaria dell'azione e del processo, Milano, 1955, 490; si vis, Metafora, Sospensione dell'esecuzione, Dciv, agg. 2007, II, 1206).

Vi è infine da segnalare che, secondo una parte della dottrina, nonostante la coincidenza di presupposto per la sospensione della vis executiva e dell'esecuzione ex art. 624, tuttavia, essi dovrebbero interpretarsi diversamente e, con maggior rigore, il presupposto dell'art. 615 rispetto alla sospensione dell'esecuzione. La tesi, a mio avviso non condivisibile, muove dal rilievo che la sospensione della efficacia esecutiva frusterebbe la posizione di vantaggio che il titolo esecutivo assicura quanto ai beni del debitore, consentendogli cioè di conseguire l'effetto conservativo dei medesimi tramite l'esecuzione del pignoramento. Privando di forza esecutiva il titolo, insomma, si impedirebbe al creditore di creare il vincolo sui beni del debitore; la necessità di dover bilanciare tale effetto negativo per il presunto creditore con quello conseguito dal debitore o dal terzo si impedire l'avvio dell'esecuzione, indurrebbe a dover valutare più rigorosamente i motivi fondanti l'opposizione a precetto rispetto all'opposizione post-esecutiva (così Bove, L'esecuzione forzata ingiusta, Torino, 1996, 300; Frus, Commento all'art. 615 c.p.c., in Le recenti riforme del processo civile, diretto da Chiarloni, I, Bologna 2007, 1070).

Quanto agli effetti del provvedimento, è utile segnalare che la sospensione opererà privando interamente di efficacia esecutiva il titolo, anche se occorre rammentare che la l. n. 132/2015 ha espressamente previsto la possibilità che il giudice disponga la sospensione parziale dell'efficacia esecutiva del titolo nell'ipotesi in cui il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata sia contestato solo parzialmente.

Guida all'approfondimento
  • Carpi, Sospensione dell'esecuzione (dir. proc. civ.), in EGT, XXXX, Roma 1993;
  • Longo, Contributo allo studio della sospensione nel processo esecutivo, Napoli, 2018;
  • Onniboni, La sospensione del processo esecutivo tra norme vigenti e norme di futura applicazione, in CG, 2005, 1715;
  • Oriani, Il processo esecutivo, in RTDPC, 1994, 352;
  • Soldi, Manuale dell'esecuzione forzata, Padova 2017;
  • Vaccarella, Titolo esecutivo, in EGT, XXXI, Roma 1994;
  • Vittoria, L'inibitoria del titolo esecutivo e la sospensione dell'esecuzione ex art. 624 c.p.c., in REF 2010, 381 ss.

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