Limite minimo di ore all'aria aperta per il 41-bis ord. pen. Verso un'interpretazione costituzionalmente orientata

Veronica Manca
01 Luglio 2019

Solamente in caso di comprovate esigenze, può farsi luogo alla riduzione della durata della permanenza all'aria aperta per i detenuti di cui all'art. 41-bis ord. pen., dovendo, in tali circostanze, l'Amministrazione penitenziaria adottare un provvedimento che dia conto dei “motivi eccezionali”. Vige, invece, la regola generale per cui anche i detenuti all'art. 41-bisord. pen. debbano poter usufruire di due ore “effettive”...
Massima

Solamente in caso di comprovate esigenze, può farsi luogo alla riduzione della durata della permanenza all'aria aperta per i detenuti di cui all'art. 41-bis ord. pen., dovendo, in tali circostanze, l'Amministrazione penitenziaria adottare un provvedimento che dia conto dei “motivi eccezionali”. Vige, invece, la regola generale per cui anche i detenuti all'art. 41-bisord. pen. debbano poter usufruire di due ore “effettive” di permanenza all'aria aperta, esclusa l'ora di socialità, che non potrà essere ivi computata. Tale è un'interpretazione costituzionalmente orientata, tendente alla disapplicazione della Circolare DAP del 2 ottobre 2017 (n. 3676/6126).

Il caso

Il caso trae origine dal ricorso avanzato dalla Direzione circondariale di Sassari-Bancali, dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, dal Ministero della Giustizia, avverso l'ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Sassari del 5 luglio 2018. Con tale ordinanza, il Tribunale di Sassari, a conferma dell'ordinanza del Magistrato di Sorveglianza, ha rigettato le doglianze dell'Amministrazione Penitenziaria, ritenendo pienamente conforme la decisione emessa in relazione all'interpretazione del combinato disposto degli artt. 41-bis, comma 2-quater, lett f), 10, 14-bis ord. pen. e 16 reg. esec. (d.P.R. 230/2000). In altri termini, il Magistrato di Sorveglianza aveva accolto, sin dall'inizio, il reclamo di cui all'art. 35-bisord. pen., avverso il Regolamento interno dell'istituto penitenziario della Sezione 41-bis (approvato il 30 aprile 2018), che, rifacendosi alla Circolare DAP del 2 ottobre 2017, limitava l'accesso all'aria aperta per due ore giornaliere, di cui una dedicata alla c.d. “socialità”, riducendo, pertanto, ad un'ora effettiva da svolgersi all'esterno, nei cortili di passeggio. Disapplicando, quindi, le disposizioni difformi del Regolamento penitenziario, il Magistrato di Sorveglianza aveva disposto che l'Amministrazione consentisse al detenuto di permanere due ore all'aria aperta, non computando nelle stesse anche il lasso di tempo (di un'ora) da svolgersi nella c.d. sala socialità (ordinanza del 1° marzo 2018).

Decisione confermata, con ordinanza del Tribunale di Sorveglianza del 5 luglio 2018.

Il Collegio di Sassari, già in precedenti ordinanze, emesse tra il 2016 ed il 2017, per casi analoghi, aveva già avallato un'interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina dell'accesso all'aria aperta, prendendo le distanze dall'impostazione insita nelle Circolari DAP (del 2009 e successiva del 2017), per cui la locuzione “aria aperta” avrebbe dovuto intendersi con tutto il tempo trascorso dal detenuto fuori dalla cella e, quindi, indipendente dal fatto che lo stesso si trovi fisicamente all'esterno (nei passeggi) o nella c.d. sala socialità (comunque all'interno).

La questione

La questione sottoposta al vaglio della Corte di Cassazione riguarda l'interpretazione da attribuire all'art. 41-bis, comma 2-quater lett. f), anche alla luce della Circolare DAP del 2 ottobre 2017, n. 3676/6126, che, in sostanza, conferma l'impostazione restrittiva avanzata con la Circolare DAP del 4 agosto 2009, sollevando dubbi di costituzionalità e di tenuta del sistema, dato che, di per sé, la norma principale (di fonte primaria) risulta a oggi fortemente ambigua.

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente, la Corte di Cassazione rammenta la disciplina normativa in materia di accesso all'aria aperta per i detenuti: come noto, tale diritto è regolato, in via generale, agli artt. 10 ord. pen. e 16 reg. esec.; tuttavia, l'ordinamento penitenziario conosce anche altri “circuiti” applicativi differenziati, a seconda che il detenuto sia collocato in regime ordinario oppure sia sottoposto al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bisord. pen. o, ancora, al regime del c.d. “carcere duro” di cui all'art. 41-bisord. pen. La regola generale è, dunque, stabilita dagli artt. 10 ord. pen. e 16 reg. esec.: le due ore prescritte, in via generale, costituiscono, quindi, il tempo minimo di accesso all'aria aperta ed agli spazi riservati allo svolgimento di attività trattamentali; la soglia limite non può invece scendere al di sotto dell'ora giornaliera se non per motivi eccezionali e con durata circoscritta, previa comunicazione al PRAP ed al magistrato di sorveglianza competente. La permanenza all'aria aperta per almeno due ore – salva la possibilità di limitazione a non meno di un'ora alle stesse condizioni di cui all'art. 10 ord. pen. – rientra anche tra le condizioni che il comma 4 dell'art. 14-quaterord. pen. riserva, in ogni caso, al detenuto sottoposto al regime di sorveglianza particolare.

La preminenza della tutela dei diritti umani della persona è sensibilmente contenuta, a fronte delle contrapposte esigenze di prevenzione e difesa sociale, nella formulazione legislativa di cui al comma 2-quater, lett. f) dell'art. 41-bisord. pen., laddove il limite minimo consentito dalla legge, ai sensi degli artt. 10 e 14-quater, comma 4, ord. pen., delle due ore giornaliere diviene il tempo massimo di permanenza all'aria aperta concesso ai detenuti in regime di detenzione speciale (la particolare severità di tale previsione è il risultato di un inasprimento trattamentale, introdotto per effetto della legge 15 luglio 2009, n. 94, che ha sostituito la più mite previsione contenuta nella legge 23 dicembre 2002, n. 279, per cui si accordavano quattro ore al giorno, come limite massimo, da svolgersi all'aria aperta e fatta salva la soglia minima di cui al comma 1 dell'art. 10 ord. pen.).

La diversa tecnica normativa utilizzata nella formulazione della norma, con l'indicazione del limite massimo (e non minimo), il solo rinvio al comma 1 dell'art. 10 ord. pen. (e non alla norma nel suo complesso, comprensiva del rinvio al comma 2 dell'art. 10 ord. pen. in ordine alle modalità di attuazione), ha prestato il fianco, sin dalla versione contemplata dalla legge 279/2002, a una prassi amministrativa (poi concretizzatasi nella Circolare DAP del 9 ottobre 2003) fortemente restrittiva rispetto al solo dato normativo, per cui due delle quattro ore di permanenza all'aperto dovessero essere riservate alla frequentazione della biblioteca, palestra o di altri locali comuni, riducendo così a due ore al giorno il tempo che il detenuto potesse trascorrere effettivamente “all'aria aperta”. Interpretazione restrittiva confermata anche a seguito del dimezzamento del limite massimo di permanenza all'aria aperta, ad opera della novella del 2009, con la Circolare DAP del 4 agosto 2009, e, ad oggi, con la Circolare del DAP del 2 ottobre 2017.

Secondo la disposizione attualmente vigente, così come integrata dall'ultima Circolare, che sostituisce tutte le precedenti, al detenuto in 41-bis ord. pen. è concesso, quindi, un periodo massimo di tempo pari a due ore complessive di permanenza all'aria aperta, di cui un'ora trascorsa nella sala socialità, l'altra all'aperto, determinando così in ventidue ore giornaliere il tempo da trascorrere in reclusione in cella. Un regime trattamentale marcatamente afflittivo e repressivo, con un ambito di applicazione automatico e generalizzato, (apparentemente) insuscettibile di un'interpretazione contraria in ragione di valutazioni legate al caso concreto.

Osservazioni

Sulle base di questo quadro giuridico, la Corte di Cassazione condivide l'interpretazione fornita dalla Magistratura di Sorveglianza di Sassari.

In primo luogo, ritiene che il magistrato di sorveglianza sia competente a decidere in relazione alla violazione dei diritti soggettivi del detenuto in regime di 41-bis ord. pen., che possono discendere dall'applicazione delle norme, come, in questo caso, dal regolamento penitenziario dell'istituto di Bancali-Sassari, che si rifaceva alla Circolare DAP del 2017, fugando qualsiasi dubbi di competenza sollevati dall'Amministrazione penitenziaria circa il riparto di controllo di legittimità di applicazione del regime, demandato al Tribunale di Sorveglianza di Roma, ai sensi dell'art. 41-bis, comma 2-sexies,ord. pen., e, il controllo generale di legalità sull'operato dell'Amministrazione penitenziaria, di competenza della magistratura di sorveglianza del luogo in cui è ristretto il detenuto.

Come già detto in apertura, nel merito, poi, la Corte di Cassazione ritiene di aderire all'interpretazione costituzionalmente orientata ed estensiva del combinato disposto dell'art. 41-bis, co. 2-quater, lett f), 10, 14-bis ord. pen. e 16 reg. esec., per cui la locuzione “all'aria aperta” non “possa essere confusa con la fruizione della cd. Socialità, attesa la differente funzione dei due istituti, diretti, il primo, alla tutela della salute e ad assicurare il benessere psicofisico e, il secondo, a garantire il soddisfacimento delle esigenze e degli interessi culturali, relazionali e di trattamento”. I due istituti, quindi, secondo tale interpretazione, non possono essere sovrapposti, sia in ragione del dato letterale delle norme che rimandano all'aria aperta e, non certo, alla permanenza fuori dalla cella, e, in virtù di una lettura sistematica con gli artt. 10 ord. pen. e 16 reg. esec., che costituiscono la disciplina generale. Un termine di paragone è da rinvenirsi, inoltre, nell'art. 14-bisord. pen., quale “parametro fondamentale per valutare nel concreto il livello di umanità della pena”, dato che è proprio il quarto comma dell'art. 14-quaterord. pen. a delineare i diritti soggettivi che non possono essere compressi anche in costanza del regime di sorveglianza particolare (così, v. Corte cost. n. 351/1996). In sostanza, un'interpretazione compatibile con il dettato costituzionale, impone al giudice, così come, preliminarmente all'Amministrazione penitenziaria, di modulare nel concreto restrizioni che non incidano sul nucleo essenziale dei diritti umani dei detenuti a tal punto da comprimerli totalmente, a prescindere da un bilanciamento di interessi di pari rango che giustifichi anche la minima compressione (v. Corte cost., n. 143/2013).

In conclusione, quindi, avallando l'interpretazione della Magistratura di Sorveglianza di Sassari, la Corte di Cassazione disapplica, in via generale la Circolare DAP del 2017, in punto di permanenza all'aria aperta, indicando come modus operandi la concessione di due ore effettive di accesso all'aria aperta anche per i detenuti di cui all'art. 41-bisord. pen., non comprensive dell'ora di c.d. socialità, a meno che, vi siano “motivi eccezionali”, che conducano l'Amministrazione penitenziaria a motivarsi, nel caso concreto, per una limitazione ulteriore, sempre nel rispetto del limite minimo consentito dalla legge. Motivi eccezionali, che, inoltre, non potranno essere dedotti esclusivamente dal solo decreto ministeriale di applicazione del regime, ma che dovranno trovare compiuta motivazione in sede di applicazione da parte della singola direzione.

Guida all'approfondimento

MANCA, Il DAP riorganizza il 41-bis o.p.: un difficile bilanciamento tra prevenzione sociale, omogeneità di trattamento ed umanità della pena, in Dir. pen. cont., 6 novembre 2017;

MANCA, Il diritto di permanenza all'aria aperta in regime di 41bis ord. pen.: una riflessione costituzionalmente orientata tra proporzionalità, finalismo rieducativo ed umanità della pena, in Arch. pen. web, 2017, 2;

ADDANTE, Il diritto di permanenza all'aria aperta per il detenuto sottoposto al regime detentivo speciale: un'evasione dalla legalità, in Arch. pen. web, 3, 2016, 2 ss.;

FALZONE, Il circuito detentivo dell'alta sicurezza e il procedimento di declassificazione, in Arch. pen. web, 2015, 3, 1 ss.;

DELLA CASA, Quarant'anni dopo la riforma del 1975 (ovvero: il continuo divenire della “questione penitenziaria”), in Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 1166;

DELLA BELLA, Il “carcere duro” tra esigenze di prevenzione e tutela dei diritti fondamentali, Milano, 2016;

FIORENTIN, Regime speciale del '41-bis' e diritto di difesa: il difficile bilanciamento tra diritti fondamentali ([Osservazione a] Corte cost., 20 giugno 2013, n. 143), in Giur. cost., 2013, 58, 2180-2188;

FIORENTIN, Regime penitenziario speciale del '41-bis' e tutela dei diritti fondamentali, in Rassegna penitenziaria, 2013, 17, 2, 187-201;

DELLA CASA, Interpretabile secundum Costitutionem la normativa che ha dimezzato il controllo giurisdizionale sulla detenzione speciale? in Giur. it., 2010, 2517;

FIORIO, Il carcere “duro” tra giurisdizione ed amministrazione tra giurisdizione ed amministrazione: ancora un intervento della Corte costituzionale, in Giur. cost., 2010, 2271;

ARDITA, Il regime detentivo speciale 41 bis, Milano, 2007, 104.

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