Frode sportiva. Questioni applicative e prospettive future

Paolo Grillo
Renato Grillo
04 Luglio 2019

Il ripetersi di numerosi episodi di corruzione, a onta dei precedenti gravissimi episodi di frode sportiva che avevano caratterizzato il massimo campionato di calcio nel 2006, ha indotto il legislatore statale ad intervenire ancora una volta nella materia della frode sportiva. Lo spunto è costituito dal verificarsi di altrettanto gravissimi episodi di violenza in occasione di competizioni calcistiche (in particolare gli incidenti tra opposte tifoserie in occasione della finale di coppa Italia Napoli-Fiorentina del 2014 costati la vita...
L'evoluzione normativa del reato di frode sportiva

Il ripetersi di numerosi episodi di corruzione, a onta dei precedenti gravissimi episodi di frode sportiva che avevano caratterizzato il massimo campionato di calcio nel 2006, ha indotto il legislatore statale ad intervenire ancora una volta nella materia della frode sportiva. Lo spunto è costituito dal verificarsi di altrettanto gravissimi episodi di violenza in occasione di competizioni calcistiche (in particolare gli incidenti tra opposte tifoserie in occasione della finale di coppa Italia Napoli-Fiorentina del 2014 costati la vita ad un giovane sostenitore del Napoli, Ciro Esposito): in tale occasione, e con un intervento sostanzialmente inaspettato, ma decisamente sentito nell'opinione pubblica, lo Stato è intervenuto rimodulando — senza tuttavia snaturare la struttura del reato già contemplato nell'art. 1, prima parte della legge 401/1989 — l'aspetto sanzionatorio.

L'intenzione di rendere attuale la legge anche dal punto di vista della repressione del fenomeno della frode sportiva traspare già dall'intitolazione della norma di cui all'art. 1 (Interventi nel settore del giuoco e delle scommesse clandestine e tutela della correttezza nello svolgimento di manifestazioni sportive).

L'aggiunta dell'espressione tutela della correttezza dello svolgimento di manifestazioni sportive, al di là dei profili generali volti ad assicurare lo svolgimento ordinato sotto l'aspetto della sicurezza pubblica, denota la finalità di colpire il fenomeno della frode sportiva intensificatosi negli ultimi anni e restio a esaurirsi nonostante i primi interventi della giustizia ordinaria penale rappresentati dalla notissima sentenza del Tribunale di Napoli, parzialmente riformata dalla Corte di Appello, in merito al c.d. “caso Calciopoli” del 2006 che aveva visto protagonisti tesserati delle maggiori squadre del massimo campionato e le stesse società.

Prima di passare alla analisi normativa pare opportuno riportare il testo aggiornato dell'art. 1 della l. 401/1989 come modificato dalla l. 119/2014 che così dispone:

Art. 1. — Frode in competizioni sportive. — «1. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità o vantaggio a taluno dei partecipanti ad una competizione sportiva organizzata dalle federazioni riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI), dall'Unione italiana per l'incremento delle razze equine (UNIRE) o da altri enti sportivi riconosciuti dallo Stato e dalle associazioni ad essi aderenti, al fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al corretto e leale svolgimento della competizione, ovvero compie altri atti fraudolenti volti al medesimo scopo, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000.

2. Le stesse pene si applicano al partecipante alla competizione che accetta il denaro o altra utilità o vantaggio, o ne accoglie la promessa.

3. Se il risultato della competizione è influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati, per i fatti di cui ai commi 1 e 2, la pena della reclusione è aumentata fino alla metà e si applica la multa da euro 10.000 a euro 100.000».

Ad una prima superficiale lettura balza agli occhi l'elevazione notevole dei limiti minimi edittali passati (nella ipotesi c.d. “semplice”) da un mese di reclusione a due anni e dei limiti massimi edittali passati da un anno a sei anni di reclusione, salvo il caso della aggravante speciale con raddoppio della pena minima e massima. Identica sorte la pena pecuniaria, passata dalla originaria multa da lire cinquecentomila a lire due milioni, a quella da € 1.000 a € 4.000 e nella ipotesi aggravata da € 10.000 ad € 100.000.

Muta anche l'ipotesi aggravata, anche se su tale tema l'interpretazione non è unanime, potendosi profilare anche la tesi della fattispecie autonoma di reato. Sembra preferibile la tesi della circostanza aggravante ad effetto speciale anche per ragioni sistematiche, oltre che per ragioni legate alla entità dell'aumento di pena superiore al terzo (si va da un minimo di tre anni ad un massimo di nove anni di reclusione) nel caso in cui si tratti di fatti il cui risultato della competizione risulti influente ai fini dello svolgimento di concorsi pronostici e scommesse regolarmente esercitati.

Rilevanti le conseguenze tanto sul piano del diritto penale sostanziale che processuale.

Sul piano del diritto penale sostanziale, se, rispetto alla originaria formulazione dell'art. 1 in ordine ai limiti edittali di pena, non si assiste ad alcun mutamento sul piano del termine prescrizionale, pari, ex art. 157 c.p. a anni sei prorogabili di un quarto (in totale anni sette e mesi sei), in quanto nonostante l'innalzamento del limite massimo a sei anni, questo rappresenta il tetto massimo anche per il calcolo della prescrizione nella fascia ordinaria, il discorso cambia nella ipotesi — peraltro non certo infrequente — in cui venga contestata l'aggravante di cui al terzo comma dell'art. 1 citato. Si tratta, come già accennato, di una circostanza aggravante ad effetto speciale che incide, in quanto tale, sul calcolo dei termini prescrizionali in coerenza con quanto disposto dal comma 2 dell'art. 157 c.p. Ne consegue che in evenienze del genere la prescrizione non sarà più calcolata sulla pena base massima di sei anni, ma su quella di nove, con il risultato che il tempo necessario per il calcolo della prescrizione, decorrente dalla data di commissione del fatto (trattandosi di reato di mera condotta) sarà pari, nella sua durata ordinaria, ad anni nove ed in quella c.d. “prorogata” pari ad anni undici e mesi tre.

Per effetto, poi, della recente riforma dell'istituto della prescrizione contemplata dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. “Riforma Orlando”) sono previsti speciali periodi di sospensione (sarebbe il caso di parlare di vero e proprio congelamento) nel secondo comma dell'art. 159 c.p. collegati al tempo di definizione dei giudizi di merito di primo e secondo grado (art. 159, comma 2, par. 1) e 2) per un totale massimo di anni tre. Ma va anche tenuto conto delle recentissime innovazioni sull'istituto della prescrizione contenute nel c.d. “decreto sicurezza” (d.l. 113/2018 convertito nella legge 1 dicembre 2018 n. 132), secondo le quali, la prescrizione verrà bloccata dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di condanna sia in caso di assoluzione.

Evidente quindi l'incidenza dell'aumento di pena previsto per le ipotesi aggravate che di fatto determina una durata massima della prescrizione a circa 15 anni.

Da qui una prima importante riflessione: tanto la legge 119/2014, quanto la legge 103/2017 in quanto riguardano modifiche al codice penale e, in particolare, modifiche relative alla entità della pena ed alla durata massima della prescrizione, costituiscono norme di diritto sostanziale con la conseguenza che tali modificazioni entrano in vigore rispettivamente per i fatti commessi dopo l'entrata in vigore della l. 119/2014 e ancora, dopo l'entrata in vigore della l. 103/2017.

Sul versante della adozione di misure precautelari e cautelari si deve osservare quanto segue.

Per ciò che concerne il fermo, se nella ipotesi ordinaria prevista dall'art. 1, comma 1, della l. 401/1989 nella sua “nuova” versione, l'adozione della relativa misura non è possibile, il discorso cambia nel caso, non infrequente, della ipotesi aggravata di cui al comma 3 del medesimo articolo. Trova infatti applicazione in quest'ultima eventualità l'art. 278 c.p.p. che detta i criteri generali della determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure restrittive della libertà personale (tra le quali il fermo) con specifico riguardo alle circostanze aggravanti ad effetto speciale.

Pur essendo in presenza di una norma di carattere processuale che va applicata secondo la regola generale tempus regit actum, di fatto tale norma può trovare ingresso soltanto laddove si proceda per fatti commessi dopo l'entrata in vigore della l. 119/2014, in quanto le condotte poste in essere sotto la vigenza della precedente normativa contenuta nell'art. 1 della l. 401/1989 non consentivano, nemmeno nella ipotesi aggravata, l'adozione di misure sia precautelari che cautelari.

Decisamente di rilievo la modifica dell'art. 1 con riferimento alla possibilità di ricorrere alle intercettazioni (sia telefoniche che ambientali) rivelatesi strumento quanto mai prezioso per le indagini ma di fatto inapplicabili per effetto dei limiti di pena originari.

Mentre in vigenza della precedente normativa si poteva sperare della captazione di conversazioni ricorrendo eventualmente alla figura dell'associazione per delinquere finalizzata al compimento delle frodi sportive, non sempre ipotizzabile, oggi il ricorso alla intercettazione, per effetto di quanto previsto dall'art. 266, comma 1, lett. a) c.p.p. è possibile tanto nella ipotesi di frode sportiva “semplice” che in quella “aggravata” ex comma 3 dell'art. 1 citato.

Anche l'aspetto della durata massima delle misure cautelari implica alcune riflessioni in punto di allungamento dei termini nella ipotesi della frode sportiva aggravata così come previsto dall'art. 303 c.p.p. comma 1, lett. a) n. 2); lett. b) n. 2); lett. d), e comma 4 lett. b).

Come è agevole notare il ventaglio delle possibilità di intervenire mediante adozione di provvedimenti restrittivi e mediante il ricorso a strumenti privilegiati di indagini, fermi i nuovi limiti di durata delle intercettazioni, è esponenzialmente aumentato rendendo così auspicabile, quanto meno, un rallentamento del fenomeno.

Purtroppo il giro di vite impresso dal legislatore, da tempo auspicato, si è rivelato tardivo per le maggiori inchieste che hanno sconvolto il mondo del calcio, in quanto la maggior parte degli episodi di frode sportiva oggetto delle ultime maxi-indagini sfociate in altrettanti maxi-processi, è destinata inevitabilmente ad arenarsi di fronte al verificarsi della prescrizione, senza che possano trovare applicazione le nuove norme stante il divieto di retroattività delle norme penali sfavorevoli.

Ciò è anzitutto avvenuto con riferimento all'operazione denominata “Calciopoli” conclusasi con la sentenza di annullamento senza rinvio per prescrizione pronunciata dalla Corte Suprema di cassazione il 23 marzo 2015 nei confronti di tutti gli imputati ad eccezione dell'arbitro De Santis il quale aveva rinunciato alla prescrizione e per il quale è rimasta la condanna riportata in grado di appello.

Altrettanto varrà verosimilmente per il processo, attualmente pendente in parte dinnanzi al Tribunale di Bologna ed in parte dinnanzi al Tribunale di Cremona, originato dall'altra maxi indagine che va sotto il nome di “Scommessopoli” o “Last Bet”, trattandosi di condotte risalenti al 2010-2011 e tenuto conto anche delle questioni sulla competenza territoriale non ancora definite dalla S.C.

Diversamente invece accadrà per le frodi sportive oggetto delle indagini svolte dalle Procure delle Repubbliche di Catanzaro (“Dirty Soccer”) e di Catania (“I treni del gol”) riferendosi tali episodi a condotte poste in essere dopo l'entrata in vigore della l. 119/2014.

La frode sportiva nella giurisprudenza ordinaria

Considerazioni a parte meritano i profili relativi alla frode sportiva come viene analizzata nelle decisioni della magistratura ordinaria.

Mutuando l'elaborazione dottrinaria prevalente in ambito penalistico che ricomprende — come già accennato — una serie di condotte, atti e/o omissioni elusive di determinate norme, ovvero atte ad alterare il corso della competizione o assicurare un vantaggio indebito a sé o ad altri, la giurisprudenza della S.C. nei — per la verità non frequenti — casi in cui è stata chiamata ad intervenire, ha fornito una definizione della “frode sportiva” sostanzialmente coincidente con quella segnalata dalla prevalente dottrina giuspenalistica che individua quali elementi essenziali della fattispecie, oltre all'elemento oggettivo comportamentale dell'inganno, astuzia o raggiro (proprio della truffa penalisticamente intesa), sia nella ipotesi tentata che consumata, il bene protetto dalla norma nell'obbligo di rispettare i principi di lealtà e correttezza cui debbono ispirarsi tutte le competizioni agonistiche.

In realtà l'intervento della giurisprudenza ordinaria è parametrato sui connotati della “frode in competizioni sportive” come delineati dall'art. 1 della l. 401/1989 che nelle sue caratteristiche strutturali è rimasta immutata sin dal 1989.

Sensibili, però, le differenze tra l'omologa figura della frode sportiva in ambito sportivo e la frode sportiva in ambito penale.

Anzitutto sul piano delle condotte, nel senso che, configurandosi la fattispecie in esame come reato di pericolo, il tentativo — ammesso invece dalla giurisprudenza sportiva, anche se accomunato sul piano sanzionatorio alla frode consumata — è escluso .

Sul piano sostanziale altra differenza riguarda la gamma dei comportamenti. Si è visto in precedenza, a proposito del modo con il quale l'illecito disciplinare della frode sportiva viene inquadrata nell'ambito della giustizia sportiva, che la frode in ambito sportivo viene diversificata in condotte variegate che abbracciano altre forme di alterazione finalizzate anche esse alla modifica del risultato della gara, come, esemplificativamente, le alterazioni in materia di tesseramento degli atleti ovvero il ricorso all'uso di sostanze dopanti in forma esogena (vale a dire in quanto somministrate da terzi). In ambito penale la frode sportiva viene in rilievo anzitutto quale condotta alternativa (comunemente si parla di norma a più fattispecie che incrimina due distinte condotte, consistenti, la prima, in una forma di corruzione in ambito sportivo e la seconda, in una generica frode, entrambe caratterizzate dal dolo specifico, consistente nel fine di raggiungere un risultato diverso da quello conseguente al leale e corretto svolgimento della competizione. La fattispecie criminosa, pertanto, si considera integrata nel momento in cui si verifica la promessa o offerta di un vantaggio indebito, ovvero la commissione di ogni altra condotta fraudolenta.

Secondo la giurisprudenza di legittimità, la nozione di altro atto fraudolento contenuta nel testo dell'art. 1 della l. 401/1989 è caratterizzata da una gamma di comportamenti possibili estremamente ampia in cui, fermo restando il collegamento dell'atto fraudolento rispetto all'alterazione della gara, le modalità della condotta possono assumere connotati tra loro assai diversi accomunati da un unico filo conduttore: l'artificiosità, lato sensu intesa, della condotta, senza che possa parlarsi di violazione del principio di legalità per indeterminatezza della norma i cui confini in termini di oggetto materiale, elemento psicologico e nesso di causalità sono certamente presenti ed adeguatamente definiti .

Non rientrano quindi nel concetto di altri atti fraudolenti ai sensi della l. 401 del 1989, art. 1 comma 1, le mere violazioni delle regole del gioco sanzionabili unicamente dall'ordinamento sportivo.

Meritevole di attenzione quanto affermato da Cass. pen., Sez. III, 23 marzo 2015 n. 36350, Bertini e altri, secondo la quale «Ai fini della configurabilità del delitto di frode sportiva, che tutela il bene giuridico “ultraindividuale” della lealtà e della correttezza nello svolgimento delle competizioni agonistiche, l'atto si considera fraudolento, a norma dell'art. 1, comma primo, seconda parte della l. 13 dicembre 1989, n. 401, quando tende a influire sui meccanismi attraverso i quali la gara si organizza e si disciplina, attentando alla stessa con l'inserimento di fattori che, anche solo potenzialmente, possono incidere sul suo risultato».

In motivazione, la Corte ha precisato che nella nozione di atto fraudolento rientrano, esemplificativamente, l'intesa tra il presidente di una società di calcio e il designatore arbitrale per la formazione delle c.d. “griglie” degli arbitri destinati a dirigere le singole partite, ovvero l'atto con cui un presidente di una società esprima al designatore le proprie preferenze su un arbitro, o, ancora, l'avvicinamento del presidente di una società all'arbitro designato per la partita, oppure il contatto riservato tra il presidente di una società, i designatori arbitrali e gli arbitri su temi riguardanti lo svolgimento del campionato e il suo andamento.

Sempre sul piano dell'elemento oggettivo del reato di frode sportiva, non mancano decisioni della S.C. in tema di c.d. “doping esogeno”.

E così, costituiscono frode sportiva, in ambito penale, le condotte consistenti nella somministrazione di sostanze dopanti agli atleti Sulla stessa linea si collocano altre più recenti sentenze della S.C. in materia di frode sportiva conseguente a doping esogeno.

È stato ritenuto da Cass. Sez. III pen. 23.9.2015 n. 40648, Rv. 267653 che «integra il reato di frode sportiva previsto dall'art. 1 della l. 401/1989 colui che nell'ambito di una competizione equina organizzata all'UNIRE faccia ricorso al doping equino ovvero somministri ai cavalli concorrenti sostanze in grado di indurne la debilitazione, trattandosi di condotte di per sé idonee ad alterare fraudolentemente i risultati della gara»; in senso conforme Cass. pen., Sez. III, 24 maggio 2016 n. 5235, Rv. 269216

Di rilievo, ancora, il principio affermato da Cass. pen., Sez. III, 23 marzo 2015, n. 31623, in ordine alla struttura del reato di frode sportiva e sulla presunta genericità della fattispecie asseritamente in contrasto con l'art. 25 Cost., essendo stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, secondo periodo, della legge 13 dicembre 1989, n. 401, per contrasto con gli artt. 25, comma secondo e 117, comma primo Cost., laddove prevede una fattispecie incriminatrice “aperta” di frode sportiva, in quanto il concetto altri atti fraudolenti deve intendersi caratterizzato dall'artificiosità della condotta e della finalizzazione di questa alla alterazione della competizione, con la conseguenza che, in tale accezione, lo stesso non viola il principio di legalità per indeterminatezza della norma, i cui confini in termini di oggetto materiale, elemento psicologico e nesso causale sono adeguatamente definiti.

Con riferimento, ancora, alla individuazione del soggetto attivo del reato di frode sportiva da segnalare quanto affermato da Cass. pen., Sez. III,. 23 marzo 2015 n. 31623, P.G. in proc. Giraudo e altri, Rv. 264642, secondo cui «Nel reato di frode sportiva, può rivestire la qualifica di soggetto attivo del reato chiunque ponga in essere “altri atti fraudolenti” volti all'alterazione della competizione sportiva, in quanto, a differenza del corrispondente illecito disciplinare, ai fini della configurabilità della fattispecie prevista dal secondo periodo del primo comma della legge n. 401 del 1989 non è necessaria la partecipazione del soggetto agente alla competizione, attesa l'applicabilità delle generali regole sul concorso di persone nel reato contenute nell'art. 110 c.p.»

Interessanti gli spunti offerti dalla più volte menzionata sentenza n. 36350/2015 della Sezione III Penale della S.C. circa i rapporti intercorrenti tra ordinamento statuale e ordinamento sportivo e i riflessi in tema di costituzione di parte civile della F.I.G.C., affermandosi che «In considerazione dell'autonomia tra ordinamento sportivo e ordinamento statuale e della prevalenza della giustizia penale su quella sportiva, è legittimata a costituirsi parte civile la Federazione Italiana Gioco Calcio in relazione al reato di frode sportiva anche nel caso in cui in sede disciplinare sportiva l'imputato sia stato prosciolto dal medesimo addebito contestatogli in sede penale, posto che ciò che rileva ai fini dell'esercizio dell'azione civile nel processo penale è esclusivamente l'accertamento di un reato dal quale possa derivare un pregiudizio al diritto soggettivo perseguito dall'ente e che non sussiste una pregiudiziale sportiva rispetto all'accertamento compiuto in sede penale».

Così come la stessa pronunzia ha affermato altro fondamentale principio in tema di rapporti tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria con riferimento al reato di frode sportiva, ritenendo «manifestamente infondata l'eccezione di legittimità costituzionale dell'art. 649 c.p.p., per violazione degli artt. 24 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 4 del Protocollo n. 7 della Convenzione E.D.U., nella parte in cui non prevede l'applicazione del principio del ne bis in idem anche quando, dopo un procedimento disciplinare davanti agli organi della giustizia sportiva conclusosi con l'applicazione di una sanzione, faccia seguito per lo stesso fatto l'attivazione di un procedimento penale in senso stretto».

Tale principio è stato recentissimamente riaffermato dalla S.C. con la sentenza della della 3^ Sezione Penale n. 18844 del 5 febbraio 2019 depositata il 6 maggio 2019.

Con riguardo al momento consumativo del reato di frode sportiva, va ricordato quanto affermato da Cass. pen., Sez. III, 25 febbraio 2010, n. 12652, Preziosi ed altri, secondo la quale il delitto di frode sportiva (art. 1, comma primo, l. 13 dicembre 1989, n. 401) si consuma nel momento e nel luogo in cui si verifica la promessa o l'offerta di un vantaggio indebito o la commissione di ogni altra condotta fraudolenta, e non in quello dell'accettazione di tale promessa od offerta. (Fattispecie in tema di competenza per territorio nella quale la Corte ha precisato che tale soluzione si giustifica per la natura di reato di pericolo che esclude anche la configurabilità del tentativo).

Con riferimento al danno cagionato a terzi merita particolare interesse, ancora una volta, la sentenza della S.C. n. 18844/19 che, nel rigettare il ricorso proposto da Semeraro Pierandrea (all'epoca dei fatti Presidente dell'U.S. Lecce) avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari del 30 novembre 2017 ,, oltre a ritenere integrata la fattispecie di frode sportiva relativa alla gara del campionato di serie A Bari -Lecce del 15 maggio 2011, ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno sia in favore della Confconsumatori e della F.I.G.C. costituitesi parte civile, sia in favore di alcuni tifosi costituitisi in proprio, in quanto titolari di una specifica situazione giuridica soggettiva, differenziata rispetto all'interesse della generalità dei consociati, alla lealtà e correttezza della competizione sportiva, in qualità di abbonati, acquirenti del biglietto o spettatori a vario titolo dell'incontro di calcio svoltosi con caratteristiche del tutto diverse da quelle essenziali legittimamente attese, e per la lesione di una situazione attiva efficacemente qualificata come “danno da passione sportiva rovinata” In particolare la Suprema Corte ha affermato la sussistenza del danno morale subito dai sostenitori della squadra del Lecce, in quanto riconducibile alla condotta criminosa di alcuni calciatori che aveva consentito al Lecce di aggiudicarsi la partita grazie alla combineSecondo l'impostazione seguita dalla Corte di Appello pugliese, pienamente condivisa dalla Corte Suprema, si era verificato in danno dei tifosi un significativo e non bagatellare pregiudizio, consistente, oltre che nel patimento e nella sofferenza transeunte, nell'avere in qualche modo smarrito i propri valori sportivi e mutato in senso peggiorativo le proprie abitudini di vita (delusione e perdita di fiducia nella correttezza delle partite di calcio e nella lealtà dei calciatori; perdita d'interesse e desiderio di coltivare l'hobby di seguire la squadra del cuore dal vivo, anche in trasferta).

Sul piano processuale, con specifico riguardo alle differenze strutturali tra procedimento penale e procedimento sportivo per ciò che concerne l'onere probatorio, va ricordato che nell'ambito della giustizia ordinaria il presupposto necessario da cui partire è la presunzione di innocenza dell'imputato: da ciò consegue l'onere a carico della Pubblica Accusa di provare la colpevolezza dello stesso. Nell'ambito dell'ordinamento sportivo opera, invece, il principio inverso in base al quale è l'incolpato a dover provare la propria innocenza. Nel processo sportivo, inoltre, a differenza di quanto accade nel processo penale, la sanzione è immediatamente esecutiva e non sussiste l'obbligo di contraddittorio tra le parti in aula, neppure se richiesto dalla difesa, ma questo è a discrezione dell'accusa.

E, sempre sul versante processuale, anche con riferimento ai tempi di definizione dei procedimenti, sussistono profonde differenze tra il procedimento disciplinare per frode sportiva e quello penale: mentre quest'ultimo, pur dovendo rispondere alle esigenze costituzionali di cui all'art. 111 Cost., è modulato sui tempi disegnati dal legislatore penale anche per assicurare adeguate garanzie difensive che invece non sembrano sufficientemente apprestate nel processo sportivo il quale risponde ad altre logiche, a diverso criterio (quello della celerità collegato anche alla necessità imprescindibile di definire gli assetti dei campionati) si ispira il procedimento disciplinare, (anche se il principio costituzionale del giusto processo informa il Codice di giustizia sportiva del CONI 2015 e l'analogo codice del C.I.P. del 2018).

Semmai, a riprova della lunga durata del processo penale, deve rilevarsi che le recenti riforme attuate dal legislatore ordinario con la l. 119/2014, prima, e con la l. 103/2017, dopo, rischiano di estendere oltre misura i tempi di definizione del processo penale a scapito del processo sportivo il quale ha tempi di definizione assolutamente contratti.

I progetti di riforma in ambito nazionale

Quanto fin qui detto introduce a una analisi storica delle iniziative adottate dal legislatore nazionale.

Quasi all'indomani della approvazione della l. 119/2014, il Governo dell'epoca aveva presentato al Senato il 15 ottobre 2015 il disegno di legge AS 2073 intitolato Misure volte a rafforzare il sistema sanzionatorio relativo ai reati finalizzati ad alterare l'esito di competizioni sportive.

Composto di soli tre articoli, il testo era preceduto da una relazione in cui si evidenziavano alcuni punti qualificanti che giustificavano l'adozione in tempi brevi di misure integrative di quelle adottate nell'agosto-ottobre 2014.

Si legge, in particolare, quale premessa storica, l'adozione di «un articolato “pacchetto” di misure volte a rafforzare gli strumenti di contrasto ai fenomeni di violenza e illegalità connessi agli eventi sportivi» con le quali era stato elevato il livello delle sanzioni edittali previste dall'articolo l della legge 13 dicembre 1989, n. 401 per i reati di frode in competizioni agonistiche (cosiddetto match fixing).

Muovendo da tale premessa normativa, era stata avvertita l'esigenza di completare l'intervento legislativo con norme destinate a rendere più rigoroso il regime delle conseguenze patrimoniali connesse alle condotte illecite di frode sportiva contemplate dall'art. 1 della l. 401/1989 e, per quanto concerne l'esercizio abusivo delle scommesse, dal successivo articolo 4 della stessa legge. Consapevole della impossibilità di applicare misure reali quali la confisca per equivalente del prezzo o del profitto del reato sulla base dell'art. 240 c.p., il legislatore interno aveva optato per una riforma della materia prevedendo una disciplina innovatrice modellata sullo schema della confisca prevista dall'art. 322-ter e quater c.p. per una serie di reati a contenuto patrimoniale ritenuti di media-elevata gravità e di rilevante allarme sociale per gli interessi in gioco. Inoltre si era ritenuto opportuno estendere ai reati di frode sportiva e di esercizio abusivo di giochi e scommesse la disciplina prevista in tema di responsabilità amministrtiva da reato delle persone giuridiche ex d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231.

L'intervento normativo era stato quindi elaborato tenendo conto che la confisca per equivalente veniva applicata di norma alle sole ipotesi punite a titolo di delitto, mentre la responsabilità da reato delle persone giuridiche veniva prevista anche per illeciti puniti a titolo di contravvenzione, sia pure con pene di minore entità rispetto a quelle stabilite per i delitti offensivi dei medesimi beni giuridici.

In particolare nell'art. 1 del disegno di legge era previsto che alle ipotesi delittuose punite dagli artt. 1 e 4 della legge 401 del 1989 si applicasse il regime delle misure ablatorie di cui all'articolo 322-ter del codice penale, in virtù del quale è sempre disposta, anche in caso di patteggiamento ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, la confisca dei beni che costituiscono il profitto o il provento del reato, anche per equivalente: soluzione normativa ricalcante quella già attuata dall'articolo 1, comma 143, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per i reati tributari.

Con l'art. 2 si prevedeva l'inserimento nel corpo del decreto legislativo 231 del 2001 di una specifica disposizione volta a sancire la responsabilità da reato della persona giuridica, a vantaggio della quale ha agito il reo, in quanto titolare di incarichi formali all'interno della relativa organizzazione, per tutti i reati previsti dagli articoli 1 e 4 della legge 401 del 1989, modulando le relative sanzioni a seconda che essi abbiano natura di delitto o di contravvenzione. L'articolo 3 recava, infine, la clausola di neutralità finanziaria.

A tale intervento ha poi fatto seguito altro (similare nei contenuti) disegno di legge n. AC 4303 a firma congiunta del ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e del ministro per lo Sport di concerto con il ministro dell'Interno, con il ministro della Giustizia e con il ministro dell'Economia e delle Finanze, presentato alla Camera il 15 febbraio 2017, approvato il 22 novembre 2017 e trasmesso al Senato il 23 novembre, intitolato Ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla manipolazione di competizioni sportive, fatta a Magglingen il 18 settembre 2014.

Si trattava di due differenti testi che tuttavia, per la parte relativa alle innovazioni in materia di pene accessorie (confisca diretta e per equivalente) ed in materia di applicazione di sanzioni pecuniarie agli enti e/o società sportive ex d.lgs. 231/2001, risultavano in tutto sovrapponibili.

L'unica differenza era costituita dal fatto che il disegno di legge 4303 del 2017 prevedeva il recepimento della Convenzione europea del 18 settembre 2014: differenza, tuttavia, di non poco momento, perché costituiva la riprova della necessità di un urgente intervento nel settore delle frodi e scommesse sportive alla luce anche delle decisioni adottate dalla UE che sono vincolanti per gli Stati membri.

Sebbene il disegno di legge non abbia poi trovato sbocco nel panorama legislativo per la fine anticipata della legislatura, appare comunque utile, anche in vista dell'adozione di misure future certamente prevedibili sia per l'infittirsi del fenomeno che per la decisa volontà delle attuali parti politiche di combattere in modo deciso il fenomeno delle frodi sportive, esaminare in dettaglio il testo disegno di legge.

Passando a un sintetico commento dei due articoli, va osservato, quanto all'art. 4, che si verte in tema di pene accessorie, che trovano applicazione per le figure delittuose rispettivamente previste dall'art. 1, comma 1 (Frode nelle competizioni sportive) e 4, comma 1 (Esercizio abusivo di attività di giuoco o di scommessa) di cui alla legge 13 dicembre 1989, n. 401.

Correttamente il legislatore, anche quando prevede il ricorso alla confisca nella forma per equivalente, parla espressamente di pene accessorie, così ribadendo la tesi della afflittività penale della sanzione ablativa in linea con il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale la confisca per equivalente — diversamente da quanto accade per la confisca ex art. 240 c.p. che attribuisce alla misura ablatoria carattere di misura di sicurezza e ruota accanto al concetto di pertinenzialità del bene rispetto al reato — assume il connotato di vera e propria sanzione penale, con conseguente applicabilità nei casi espressamente previsti dalla legge in virtù del principio di legalità e del divieto di analogia. Inoltre, atteso il carattere afflittivo della sanzione, orientamento espresso dalla CEDU e successivamente recepito dalla Corte Costituzionale e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità, trovano applicazione le regole sul divieto di retroattività sfavorevole ex art. 2 c.p.

Come è noto, tale genere di confisca concerne beni non collegati al reato che abbiano un valore equivalente al prezzo o al prezzo del reato. Presupposti di tale genere di confisca sono la mancanza del nesso di pertinenzialità e l'impossibilità di eseguire la confisca diretta.

Il ricorso a tale tipo di confisca era giustificato — come peraltro ribadito nella relazione di accompagnamento al D.D.L. — dall'esigenza di colpire la criminalità vanificando l'accumulazione delle risorse illecitamente conseguite.

Obiettivo primario del D.D.L. era quindi quello di affiancare e rinforzare le misure afflittive esistenti che incidono sulla libertà personale con misure aggiuntive volte a neutralizzare i vantaggi economici dell'agire illecito.

L'unico limite alla confiscabilità dei suddetti beni riguarda quelli appartenenti a persone estranee al reato, intendendosi con tale espressione il soggetto che non sia concorso nel reato ovvero non abbia alcun collegamento, sia diretto che indiretto, con la consumazione del reato .

Sempre con riferimento alla confisca per equivalente così come delineata nel comma 2 dell'art. 4 del D.D.L. in commento in cui si prevede espressamente «la confisca di beni di valore equivalente a quelli che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato [...]», si intende aggredire opportunamente la ricchezza conseguita dal reo, di cui lo stesso ne abbia la disponibilità «anche indirettamente o per interposta persona». Evidente quindi un deciso allargamento dell'applicabilità di tali misure all'intera sfera patrimoniale riferibile all'autore di tali illeciti: questa peculiare forma di confisca consente infatti l'ablazione di cose o altre utilità che sono nella disponibilità del reo, anche se non necessariamente collegate al reato, addirittura del tutto estranee all'azione criminosa, e quindi anche di possibile provenienza lecita.

Decisamente innovativa la disposizione contemplata nell'art. 2 del D.D.L. in esame con il quale viene introdotta per le società sportive la responsabilità per il reato sia di frode sportiva che di scommesse sportive, tenuto conto del riferimento testuale ai reati di cui agli artt. 1 e 4 della l. 401/1989, prevedendosi così una esplicita disposizione volta a sancire la responsabilità da reato della persona giuridica, a vantaggio della quale ha agito il reo, in quanto titolare di incarichi formali all'interno del club sportivo di appartenenza. Si tratta di una novità di assoluto rilievo che estende notevolmente l'area della punibilità legata alla frode sportiva.

Tale misura era stata prevista per colmare un vuoto normativo contenuto nel d.lgs. 231/2001 posto che il reato di frode sportiva, come quello di esercizio abusivo delle scommesse sportive, non rientra nella categoria dei reati-presupposto previsti dal d.lgs. 231/2001

Il Disegno di legge in esame prevedeva nella ipotesi di frode sportiva, sanzioni pecuniarie fino a 500 quote.

A completamento del sistema sanzionatorio per le società il comma 2 dell'art. 5 prevede che nei casi di condanna per il delitto di frode sportiva si applichino anche le sanzioni interdittive previste dall'art. 9, comma 2 del d.lgs. 231/2001, per una durata non inferiore ad un anno.

L'eventuale iter positivo del Disegno di legge era stato salutato con estremo favore per la presa di coscienza da parte del legislatore 2017 della particolare gravità del fenomeno delle frodi sportive e per la conseguente scelta di irrigidire il quadro punitivo ed ampliare la gamma delle sanzioni irrogabili, costringerà le società sportive a dotarsi degli appositi Modelli organizzativi.

Va ricordato che nell'ordinamento sportivo i modelli organizzativi per le società sportive sono contemplati, così come previsto dall'art. 7 comma 5 dello Statuto della F.I.G.C. e dall'art. 13 del Codice di giustizia sportiva, con riferimento ai comportamenti discriminatori posti in essere dai propri sostenitori ovvero ai comportamenti violenti. Tuttavia va detto che l'adozione di tali modelli costituisce di norma il presupposto per eventuali attenuanti in sede di inflizione di sanzioni sportive previste dall'organo di giustizia disciplinare. Stante quindi una applicazione soltanto parziale, allo stato degli atti, dei modelli organizzativi, era auspicabile una adozione obbligatoria in ambito sportivo anche in riferimento ad altri tipi di illecito sportivo: soluzione, questa, peraltro coerente con la scelta del legislatore ordinario .

Con l'attuale legislatura , ed esattamente nel mese di ottobre del 2018, il Senato ha ripreso in esame il testo del precedente disegno di legge per la Ratifica ed esecuzione della Convenzione di Magglingen del 18 settembre 2014. Il testo (A.S. 773, comunicato alla Presidenza il 10 agosto 2018 ed approvato in Senato il 27 febbraio 2019) è stato successivamente licenziato dalla Camera in via definitiva l'11 aprile 2019 e trasfuso nella legge n. 39 del 3 maggio 2019, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 16 maggio 2019 che riprende sostanzialmente il portato del precedente disegno di legge non approvato nella passata legislatura, prevedendo alcune norme riguardanti il settore dei giochi e delle scommesse.

Il Capo della Convenzione oggetto di ratifica nella legge in esame, oltre a disciplinare gli aspetti relativi alla prevenzione, alla cooperazione e alle altre misure che le parti possono adottare in relazione alla lotta alla manipolazione delle competizioni sportive, fra le quali le misure riguardanti il finanziamento delle organizzazioni sportive (articolo 8), quelle relative all'autorità di controllo sulle scommesse (articolo 9) e quelle riguardanti gli operatori di scommesse sportive (articolo 10), dispone anche l'obbligo per gli Stati parte di individuare ed adottare, in conformità con la legge applicabile e con la giurisdizione interessata, i mezzi più adeguati di lotta contro le scommesse illegali (articolo 11), quali il blocco o la limitazione diretta o indiretta dell'accesso agli operatori «remoti» di scommesse illegali e chiusura degli operatori stessi, il blocco dei flussi finanziari tra gli operatori di scommesse illegali e i consumatori, il divieto per gli operatori di pubblicizzare le loro attività illegali, la sensibilizzazione dei consumatori verso i rischi connessi alle scommesse illegali. Ritornando al testo del d.d.l. oggi definitivamente approvato, in particolare, con riferimento alla frode sportiva e alle misure di contrasto, l'articolo 3 individua nell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l'autorità responsabile per la regolamentazione delle scommesse sportive e per l'applicazione di misure di contrasto delle manipolazioni delle competizioni.

La legge poi disciplina “la confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato”. La legge di ratifica prevede all'art. 4 l'inserimento nella legge n. 401 del 1989 di un nuovo articolo 5-bisil quale consente — in caso di condanna o patteggiamento per i reati di frode in competizioni sportive e altri delitti di esercizio abusivo di giochi o scommesse — al giudice di confiscare i beni che rappresentano il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. Se questa confisca non è possibile, si passa a quella per equivalente.

L'articolo 5 introduce nel decreto legislativo n. 231/2001 la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per reati di frode in competizioni sportive e di esercizio abusivo di giochi e scommesse. Vengono previste specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei reati di frode nelle competizioni sportive e di scommesse illecite.

In applicazione del d.lgs. 231, nel caso in cui il reato sia stato commesso da soggetti in posizione apicale, la persona giuridica risponderà dell'illecito nella misura in cui essa non sia stata in grado di provare di aver comunque adottato, prima della realizzazione del reato, misure organizzative idonee a prevenire la commissione di illeciti da parte dei suoi organi di vertice. Nell'ipotesi invece in cui l'illecito penale sia stato posto in essere da soggetto sottoposto all'altrui direzione, l'ente risponderà nel caso vi sia stato un deficit di sorveglianza o di organizzazione con conseguente mancato controllo del responsabile dell'illecito che ha potuto così commettere il reato. All'ente saranno applicabili le seguenti sanzioni: le sanzioni interdittive; la sanzione pecuniaria; la confisca; la pubblicazione della sentenza. La legge attuale contempla l'aggiunta all'impianto normativo esistente del d.lgs. 231/2001 di un nuovo articolo 25-quaterdecies nel catalogo dei reati-presupposto, prevedendo specifiche sanzioni pecuniarie per la commissione dei reati di frode nelle competizioni sportive e di scommesse illecite. La riforma prevede in particolare che, in caso di commissione di delitti, all'ente si applichi la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma corrispondente ad un massimo di 500 quote; mentre in caso di contravvenzioni, è prevista l'applicazione all'ente della sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma corrispondente ad un massimo 260 quote. La previsione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dovrebbe indurre le società che operano nel settore a dotarsi di modelli organizzativi volti a prevenire la commissione di reati; tali da consentire loro l'esenzione da responsabilità, ai sensi degli artt. 6 e seguenti del decreto legislativo).

Le frodi sportive negli stati dell'Ue

Il fenomeno delle manipolazioni delle competizioni sportive non solo è ben presente, per quanto qui rileva, a livello europeo, ma è stato affrontato con particolare decisione in questi ultimi tempi specialmente in alcuni Stati (su tutti Francia, Spagna e Germania), in parallelo con l'estendersi sempre più accentuato di condotte fraudolente incidenti su eventi sportivi anche di portata mondiale, con specifico riferimento alle scommesse.

Si parla a questo proposito di match-fixing (termine inglese con il quale si intende far riferimento alle gare truccate collegate a episodi di corruzione connessi alle scommesse sportive) e delle misure di contrasto adottate dai vari stati dell'Unione in quest'ultimo scorcio di tempo.

Prima di parlare delle iniziative adottate in ambito comunitario, appare utile accennare alle iniziative adottate dai singoli Stati nella propria legislazione interna: l'elenco è molto lungo e per ragioni di economia ci si riferirà a quanto progettato e/o attuato dai principali Stati dell'UE.

Meritevole di attenzione in ambito penale la recente legge emanata dalla Francia n. 158/2012 dell'1 febbraio 2012 volta a rafforzare l'etica dello sport e i diritti degli sportivi provvedendo ad una modifica dell'art. 445-1 c.p. con l'aggiunta degli artt. 445-1-1 e 445-2-1; ancora, la legge adottata dalla Repubblica federale di Germania con la quale è stato modificato il codice penale dall'art. 3 della l. 2 ottobre 2009. In Spagna si è intervenuti sul codice penale anzitutto con la legge organica 5/2010 del 22 giugno 2010.

Anche altri Stati si sono adoperati in ambito penale per porre un freno al fenomeno emanando leggi ordinarie o modificando alcune parti del codice penale come l'Austria con la legge federale n. 130/2011 di modifica del codice penale; la Finlandia; il Regno Unito (anche se oggi con l'uscita dall'U.E. la Gran Bretagna non rientra più nei paesi dell'Unione e quindi non è tenuta al recepimento di normative della Commissione Europea) con il British Gambling Act del 2005 e con il Criminal Law Act del 1977; il Belgio, con la legge relativa alla repressione della corruzione del 10 febbraio 1999 e con altra legge 18 gennaio 2010; la Danimarca con il Testo Unico n. 1235 del 26.10.2010 seguito da un progetto di ordine esecutivo per le scommesse on line; il Portogallo con la legge n. 50/2007 del 31 agosto 2007; la Grecia con la legge n. 2725/99 successivamente modificata dalla l. 3057/2002.

Tali iniziative sono la conseguenza di gravi scandali sportivi verificatisi in alcuni paesi dell'Unione europea, come quello del calcio in Finlandia nel corso del 2011; o quello della Danimarca riguardante l'Hockey; o quello tedesco relativo al calcio risalente al 2004 e successivamente replicato nel 2008. Particolarmente inquietante il fenomeno della corruzione sportiva in Gran Bretagna attraversata da numerosi scandali nel rugby, nell'ippica e nello snooker (biliardo inglese).

Una menzione particolare meritano alcune leggi, già in vigore, approvate dalla Germania, dalla Francia e dalla Spagna, a riprova di come il problema della lotta alle frodi sportive sia specificamente sentito in Stati all'interno dei quali si sono verificati gravi scandali nello sport.

Iniziando dalla Repubblica tedesca, si osserva che il legislatore penale, consapevole della sostanziale inefficacia delle sanzioni in ambito sportivo, ha recentemente emesso specifiche norme penali di contrasto attraverso una legge federale ormai in vigore dal 19 aprile 2017 intitolata Punibilità di truffe perpetrate in materia di scommesse sportive e di manipolazioni relative a competizioni sportive di carattere professionale, a modifica ed integrazione delle disposizioni penali fino ad allora vigenti con le quali, per la repressione delle frodi sportive, si ricorreva allo schema della truffa (art. 263 StGB) o della corruzione nei rapporti economici (art. 299 StGB): ritenute entrambi le precedenti disposizioni generiche e dunque inidonee a perseguire efficacemente il fenomeno delle manipolazioni di competizioni sportive, si è resa necessaria per il legislatore tedesco, preoccupato per l'ingravescenza del fenomeno, una normativa ad hoc che prevedesse specifiche fattispecie di reato anche per contrastare le infiltrazioni della criminalità organizzata ritenuta contigua agli autori delle manipolazioni. L'intervento legislativo, oltre a sanzionare penalmente le scommesse sportive e le frodi sportive, è stato esteso anche a misure patrimoniali sostanzialmente simili, quanto agli effetti, alla confisca come è configurata nella legge italiana (anche se non si parla formalmente di misure di sicurezza patrimoniale) e alle intercettazioni, modificando ed integrando il testo dell'art. 100 comma 2 n. 1 del codice di procedura penale.

La struttura del reato è sostanzialmente analoga alla fattispecie contemplata dall'art. 1 della l. 401/1989 nel senso che si tratta di fattispecie di pericolo, di guisa che, ai fini dell'integrazione della fattispecie, non è richiesto il verificarsi di un danno, essendo “sufficiente” il semplice pericolo di un pregiudizio conseguente all'offerta o alla promessa di un'utilità indebita.

Quanto al concetto di utilità, deve trattarsi di un vantaggio, materiale o immateriale, contra jus che produca per il soggetto che se ne avvale un miglioramento oggettivo della situazione economica, giuridica o personale. L'utilità può essere chiesta, fatta promettere o accettata dal soggetto agente, sia per se stesso che per un terzo.

Il bene giuridico protetto è “l'integrità” dello sport dal punto di vista sociale ed economico, ma, nello stesso tempo, anche il patrimonio degli allibratori e degli scommettitori.

Sono previste circostanze aggravanti ad effetto speciale nel caso in cui l'utilità che si intende conseguire sia di elevata entità ovvero nel caso in cui il soggetto attivo agisce con l'intento di procurarsi attraverso una condotte reiterate nel tempo una continua fonte di reddito di non trascurabile entità ovvero ancora se il soggetto agente fa parte di un'associazione per delinquere. In questi casi la pena prevista è quella detentiva che va da un minimo di tre mesi ad un massimo di cinque anni. Anche sotto tale profilo sono evidenti le analogie con il sistema repressivo italiano.

Nel Regno di Spagna la frode sportiva è disciplinata dall'art. 286-bis del codice penale introdotto con la “Ley organica” del 22 giugno 2010, il cui comma 4 prevede la punibilità di condotte poste in essere o da soggetti amministratori, dirigenti, impiegati o collaboratori di una società sportiva quale che sia la sua forma giuridica, ovvero da atleti o arbitri che abbiano come scopo quello di predeterminare o alterare deliberatamente o in modo fraudolento il risultato di una competizione sportiva professionale.

In Francia, oltre alle innovazioni al codice penale introdotte con la l. 158/2012 varata per una più severa repressione degli illeciti di matrice sportiva, in quanto ritenuta più idonea a contrastare tali forme criminali, caratterizzate da una grande pervasività e capacità criminale, in tempi recentissimi (12 settembre 2016) è stato presentato al Senato un disegno di legge volto a preservare l'etica dello sport, a rafforzare la regolamentazione e la trasparenza dello sport professionistico ed a migliorare la competitività dei club.;

Oltre a rafforzare l'etica dello sport e salvaguardare l'integrità delle competizioni sportive preservandole da rischi connessi alla manipolazione dei risultati ovvero alle scommesse illegali (Titolo I), il disegno di legge mira ad attuare un controllo più efficace delle attività dei diversi attori e dei flussi finanziari (titolo II); a migliorare la competitività delle società professionistiche e la professionalizzazione dei loro attori (Titolo III); a sviluppare e diffondere lo sport femminile con l'introduzione di una “Conferenza sullo sport femminile“ (Titolo IV) ed infine ad incentivare la lotta contro il doping (Titolo V) che ha visto la Francia al centro di numerosi scandali.

Ritornando alle iniziative in ambito comunitario, l'Unione Europea — ben consapevole, e da tempo — della gravità del fenomeno, si è resa parte diligente facendosi carico di iniziative di assoluto rilievo volte a richiamare l'attenzione degli Stati dell'UE sulla materia delle frodi sportive, ben conscia della necessità di interventi radicali atti sia a prevenire che a sradicare le condotte illecite.

Sul piano comunitario oltre alle numerose raccomandazioni emanate dalla Commissione Europea e rivolte al Comitato dei Ministri degli Stati membri, un doveroso cenno va fatto alla Convenzione adottata dal Consiglio d'Europa il 18 settembre 2014 a Magglingen/Macolin sulla manipolazione delle competizioni sportive, volta a prevenire, individuare e combattere le partite truccate e, più in generale, la manipolazione delle competizioni sportive. In una ottica generale di tutela della integrità e dell'etica dello sport con tale iniziativa i Governi dell'UE sono stati sollecitati ad adottare misure per evitare i conflitti di interessi tra gli operatori delle scommesse sportive e le organizzazioni sportive per intensificare la lotta contro la frode e le scommesse illegali. Il concetto di «manipolazione di competizioni sportive» va inteso in senso ampio con riferimento non solo alle gare o alla semplice manipolazione del risultato finale di una competizione sportiva, ma più in generale a tutte le possibili modifiche intenzionali e irregolari dello svolgimento o del risultato di una competizione sportiva, volte a interferire in tutto o in parte con il carattere imprevedibile della competizione stessa per ottenere un indebito vantaggio personale o in favore di terzi. Viene quindi intensificata la promozione della cooperazione nazionale ed internazionale anche in un quadro di generale contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata vista la notevole appetibilità del mercato delle scommesse sportive. Il testo licenziato dalla Commissione riguarda una serie di iniziative in vari settori del diritto, tra i quali quello penale sostanziale con la relativa cooperazione degli Stati in materia penale; quello relativo alla protezione dei dati e la regolamentazione delle attività legate alle scommesse. Importante l'art. 165 del TFUE il quale si occupa degli aspetti particolareggiati della politica dello sport, conferendo all'Unione le competenze per sostenere, coordinare e integrare le misure politiche nel settore sportivo adottate dagli Stati membri.

Per una migliore riuscita degli obiettivi prefissati la Convenzione in esame si rivolge a tutti i potenziali soggetti che operano nella lotta alle manipolazioni, cioè autorità pubbliche, organizzazioni sportive e operatori di scommesse, coinvolgendoli a diverso titolo e secondo le rispettive specificità nelle varie strategie di lotta alle frodi ed alle scommesse. I Governi dell'UE sono quindi stati sollecitati ad adottare misure idonee, anche di natura legislativa, per indurre, ad esempio, le autorità di controllo sulle scommesse sportive a contrastare le frodi, anche limitando o sospendendo la possibilità di effettuare scommesse, o limitando, in caso di necessità, l'accesso agli operatori coinvolti e il blocco dei flussi finanziari tra questi ultimi e i consumatori (art. 11).

Le organizzazioni sportive, a loro volta, sono invitate a dotarsi di regole più stringenti contro la corruzione, nonché a prevedere sanzioni e misure disciplinari per i casi di violazione, oltre a princìpi di buona governance (art. 7).

Oltre che agli Stati membri la Convenzione è stata aperta alla firma degli Stati aderenti alla Convenzione culturale europea, degli Stati membri dell'Unione europea e degli Stati non membri che abbiano partecipato alla sua elaborazione o che godano dello status di osservatore presso il Consiglio d'Europa, nonché di ogni altro Paese non membro su invito del Comitato dei Ministri in conformità a quanto previsto dall'art. 32, paragrafi 1 e 2).

Il testo della Convenzione è composto da 41 articoli, suddivisi in nove capi, rispettivamente dedicati a Scopo, princìpi guida e definizioni (articoli 1-3); Prevenzione, cooperazione e altre misure (articoli 4-11); Scambio di informazioni (articoli 12-14); Diritto penale sostanziale e cooperazione in materia di applicazione della normativa (articoli 15-18); Giurisdizione, procedura penale e misure di applicazione della normativa (articoli 19-21); Sanzioni e misure (articoli 22-25); Cooperazione internazionale giudiziaria e in altri ambiti (articoli 26-28); Verifica dell'attuazione (articoli 29-31); Disposizioni finali (articoli 32-41).

Pur non essendo questa la sede per un esame analitico delle misure adottate dal legislatore europeo, vanno segnalati alcuni punti qualificanti della Convenzione per i riflessi che riveste con riferimento alle iniziative adottande dal legislatore italiano di cui a breve si dirà: in particolare vanno menzionati gli artt. 9 e 10 par. 1) e 3) della Convenzione costituenti il presupposto per una possibile armonizzazione dell'art. 114 del TFUE e soprattutto l'intero capo IV riguardante la materia penale e la cooperazione in ambito penale tra i vari Stati (artt. 15-18). Scopo della Convenzione è quello di perseguire la manipolazione delle competizioni sportive in alcune sue forme come la corruzione, la coercizione o la frode, sia nel caso in cui ad agire siano esponenti della criminalità organizzata, sia nel caso in cui la manipolazione sia caratterizzata soltanto da condotte coercitive o fraudolente. Particolarmente importante e — per quanto si dirà a breve — gravido di conseguenze per il legislatore italiano, l'art. 16 concernente il riciclaggio, disciplinato nella UE dalla decisione quadro 2001/500/GAI e dalla direttiva 2014/42/UE in materia di confisca e congelamento dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione Europea .

In conclusione

Alcune considerazioni critiche inerenti in particolare alla estrema tenuità delle sanzioni penali per la frode sportiva ed alla conseguente difficoltà per l'autorità giudiziaria di promuovere indagini efficaci dal punto di vista dei risultati, hanno perso oggi interesse viste le riforme attuate con la l. 119/2014: si pensi all'aumento esponenziale della pena ed ai riflessi inevitabili sulla durata massima della prescrizione e sulla possibilità di ricorrere alle intercettazioni come strumento privilegiato di indagini spesso lunghe e molto complesse.

Con riguardo al sistema di giustizia sportiva, ferma restando la necessità del mantenimento dell'istituto della responsabilità oggettiva in quanto costituisce un pilastro fondamentale, come più volte affermato da ultimo dalla stessa giurisprudenza di legittimità dello sport (Collegio di Garanzia S.U. 18 gennaio 2019 in riferimento alla penalizzazione della società Chievo Verona per illecito amministrativo), senza il quale si aprirebbe la strada ad una pericolosa deriva verso l'impunità diffusa con ovvie conseguenze irreparabili per l'intera credibilità dell'ordinamento sportivo, appare auspicabile, in una prospettiva di riforma generale del codice di giustizia sportiva (che va rivisto con cadenza biennale), alla luce delle recenti vicende giudiziarie sia in ambito ordinario che squisitamente sportivo, una più estesa applicazione dei principi derivanti dal d.lgs. 231/2001.

Le aperture da parte degli organi di giustizia interni alla Federazione verso una gradualità delle sanzioni che tenga conto sia del comportamento virtuoso della società nel contrasto all'illegalità, sia dell'effettivo ruolo della società nella vicenda laddove si profili un'azione del singolo destinata solo a svantaggiare la società per cui egli agisce piuttosto che a farle conseguire vantaggi, costituiscono il punto di partenza dal quale muovere per mitigare il criterio dell'automatismo rigido della sanzione in nome di principi di equità e ragionevolezza.

Di certo la strada della adozione obbligatoria in ambito sportivo dei modelli organizzativi da parte delle singole società potrebbe risultare un percorso quanto mai interessante per attenuare i rischi cui vanno incontro le società per comportamenti illeciti dei propri tesserati .

Probabilmente l'elemento del vantaggio o dell'interesse, per dirla con la Cassazione, potrebbe essere il discrimine per superare l'asprezza punitiva della norma senza abdicare alla permanenza dell'istituto.

È quindi auspicabile che il legislatore sportivo, recependo l'elaborazione giurisprudenziale interna, dia un segnale di fiducia verso tutte le altre componenti dell'intera organizzazione sportiva, attraverso una rimodulazione del sistema sanzionatorio per quanto riguarda la responsabilità oggettiva che sia in linea con le regole proprie dell'ordinamento statale: ordinamento sportivo ed ordinamento statale, del resto, non sono sistemi in contrapposizione ma soggetti dialoganti e cooperanti verso il raggiungimento di un fine comune che è quello del rispetto della legalità e del recupero dei valori etici dello sport.

Con riferimento alla giustizia ordinaria e segnatamente in ambito penale, una volta tramontato il disegno di legge di cui si è parlato, e nell'attesa della pubblicazione della nuova legge appaiono comunque indifferibili alcune riforme coerenti con la decisione del legislatore ordinario di imprimere un significativo giro di vite al fenomeno delle frodi sportive, in modo da rappresentare una continuità normativa e un segnale di reimpostazione profonda della materia.

L'intervento del legislatore ordinario in un settore quanto mai delicato, e che vede profilarsi all'orizzonte in modo sempre più deciso lo spettro della criminalità organizzata con ricadute quanto mai negative sull'intero mondo della sport e sulla sua credibilità, è ormai ineludibile ed indifferibile.

L'integrazione del d.lgs. 231/2001 nella parte relativa ai reati presupposti, con l'inclusione di nuove categorie di reati di grande impatto sociale e di oggettiva pericolosità anche per le contiguità con la criminalità organizzata, appare quanto mai necessaria anche per dare un segnale forte di effettivo contrasto alla criminalità organizzata. Una loro eventuale inclusione determinerebbe una inversione di tendenza nel sistema di attuazione dei modelli organizzativi, in quanto le società sportive, per evitare conseguenze anche sul piano della responsabilità “penale”, sarebbero costrette a ripensare non solo il loro sistema organizzativo interno, ma il modo di combattere l'illecito e/o la frode sportiva, agendo così su due fronti (quello penale e quello disciplinare-sportivo), ben consapevoli di rischiare su due fronti. Indispensabile infatti la presa di distanza delle società rispetto ai tesserati infedeli e ancora, la creazione di una sorta di impermeabilità rispetto alle interferenze sempre più invasive della criminalità organizzata.

In questo senso non può che condividersi l'intento dell'attuale Governo di introdurre una specifica disciplina sanzionatoria in tema di responsabilità amministrativa delle società collegata alle frodi sportive. Peraltro l'inserimento del reato di frode sportiva, da ricomprendere, anche estendendo la condotta a comportamenti concretizzanti la partecipazione in qualsiasi forma a scommesse incidenti sui risultati delle gare (non solo calcistiche visto che ormai si scommette su tutto), tra i reati-presupposto di cui al d.lgs. 231/2001, apre la strada ad una modifica dell'art. 322-ter c.p. prevedendosi nell'art. 5 bis anche per tale tipo di reato, vista l'enorme incidenza negativa sul piano economico e fiscale, l'ipotesi della confisca sia nella forma “diretta” che “per equivalente”.

Una misura siffatta certamente costituirebbe un efficace deterrente per contenere il fenomeno posto che al singolo tesserato farebbe più paura una conseguenza sul piano economico piuttosto che una sul piano sanzionatorio individuale, spesso temperabile o attraverso riti alternativi, o attraverso il gioco delle circostanze attenuanti.

Anche in questa direzione si era mosso nel 2017 il nostro legislatore con il menzionato D.D.L. 4303, consapevole ormai della necessità di impedire l'accumularsi di ingenti patrimoni illeciti frutto di reati: così come è auspicabile che anche per i tesserati autori di comportamenti fraudolenti, lo spettro del sequestro preventivo prima e della confisca dopo, al pari del rischio, oggi concreto, di assoggettamento misure cautelari personali, ponga un freno al progredire del fenomeno delle manipolazioni di eventi sportivi, cui non è purtroppo estraneo anche quello che nella cronaca sportiva va sotto il nome di “calcio-spezzatino” (si tratta del frazionamento delle partite nell'arco della settimana dovuto esclusivamente ai diritti televisivi di alcune emittenti) potenzialmente in grado di far proliferare le scommesse sportive illecite.

Peraltro il legislatore europeo ha imposto agli Stati membri una decisa presa di posizione contro ogni forma di manipolazione di eventi sportivi, non più differibile, della quale il legislatore interno deve farsi carico.

Altra riforma possibile dovrebbe riguardare la completa rivisitazione della struttura dell'art. 1, comma 1, della l. 401/1989 ormai inadeguata per quanto attiene alle modalità con le quali possono estrinsecarsi condotte di tipo manipolativo: l'attuale alternativa tra condotte di tipo corruttivo o fraudolento non copre interamente l'area dei comportamenti illeciti di tipo manipolativo, cui non sono estranee per l'esperienza fin qui acquisita né l'omessa denuncia di illecito o frode sportiva, né le scommesse ad opera dei tesserati.

Da questo punto di vista il legislatore penale deve allinearsi al legislatore sportivo che sanziona in modo autonomo tanto l'omessa denuncia, quanto le scommesse a opera dei singoli tesserati.

A ben vedere l'omessa denuncia così come prevista dal sistema di giustizia sportiva equivale, sul piano penale, in molti casi a una forma di concorso quanto meno morale nella realizzazione delle condotte di frode da parte degli autori diretti e non si vede, quindi, la ragione per escludere dalla previsione punitiva anche comportamenti di tal fatta, a meno che non si versi nella residua ipotesi della connivenza non punibile. Potrebbe così pensarsi a una norma, residuale e di chiusura, che preveda, come autonomo e specifico reato, rispetto alla frode sportiva, l'omessa denuncia, secondo il consueto schema «ove il fatto non costituisca il più grave reato di commissione o di partecipazione a quello di frode sportiva», prevedendosi pene sia detentive che pecuniarie congruamente afflittive e, soprattutto, quale pena accessoria, la radiazione dall'ordinamento sportivo.

Anche per le scommesse sportive che il codice di giustizia sportiva della F.I.G.C. sanziona in modo autonomo, dovrebbe ripensarsi a una sanzionabilità anche sul piano penale in aggiunta alle sanzioni previste per le frodi sportive in senso stretto, essendo indubitabile che tali comportamenti da parte dei tesserati contribuiscono alla alterazione dei risultati sportivi: la struttura attuale dell'art. 1, comma 1, della l. 401/1989 non sembra dare spazio alle scommesse.

E infine dovrebbe irrigidirsi il quadro sanzionatorio dell'attuale art. 4 della l. 401/1989 ormai del tutto inattuale, possibilmente prevedendo anche per la partecipazione alle scommesse vietate una figura delittuosa e non contravvenzionale come è adesso delineata nell'art. 4, comma 3, della l. 401/1989.

Non basta dunque agire soltanto sul piano dell'aumento delle soglie di punibilità dei reati come attualmente delineati dalla l. 401/1989, ma ripensare a un allargamento dell'area della punibilità maggiormente doveroso alla luce delle prescrizioni provenienti dalla Commissione Europea.

Si tratta in ultima analisi di dare voce ad una serie di proposte di aggravamento delle pene per il reato di frode sportiva, avanzate in particolare dall'ex Presidente della Lega Calcio di Serie B, Abodi, dall'attuale Presidente Balata e ancor più di recente dal neo-Presidente della F.I.G.C., Gravina, tutti particolarmente impegnati sul piano sportivo in una ampia campagna di criminalizzazione delle condotte illecite oltre che in una profonda ristrutturazione del sistema della giustizia sportiva federale.

Così come è auspicabile, in chiave comunitaria e sul piano processuale, una più stretta cooperazione tra le Autorità giudiziarie dei paesi dell'UE sul fronte della repressione delle frodi sportive, viste anche le notevoli ricadute sul piano fiscale, oltre che sul piano della tutela di interessi collettivi ultraindividuali in tema di genuinità delle competizioni agonistiche.

Anche sotto tale profilo la Convenzione del 18 settembre 2014 deve costituire lo spunto per interventi legislativi sul piano interno. È quindi da salutare con estremo favore la ripresa dei lavori parlamentari per la definitiva ratifica in Italia della Convenzione dopo il precedente stop dovuto alla fine della XVII legislatura.

Tratto da P. GRILLO R. GRILLO, Diritto penali dello sport, Giuffè Francis Lefebrve, 2019

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