Revisione delle disposizioni riguardanti l'affidamento dei figli: ammesso nuovo ricorso in pendenza del termine per proporre reclamo

Redazione Scientifica
10 Luglio 2019

Il genitore può instaurare un nuovo e distinto giudizio ancorché siano pendenti i termini per proporre reclamo contro altro provvedimento avente lo stesso oggetto.

Il caso. Il Tribunale di Trieste disponeva l'affido condiviso della figlia minore ad entrambi i genitori, il diritto del padre di vedere la figlia per tre pomeriggi a settimana, la riduzione dell'assegno di mantenimento versato in favore della bimba. Decisione, questa, confermata in secondo grado e avverso la quale la madre ricorreva per cassazione, lamentando la nullità del procedimento e della sentenza, avendo l'ex marito proposto il procedimento volto alla revisione delle disposizioni riguardanti l'affidamento della figlia (ex art. 337 quinquies c.c.) e del contributo in pendenza dei termini per proporre reclamo contro un altro provvedimento reso ai sensi dell'art. 337 ter c.c., avente lo stesso oggetto.

Nuovo ricorso in pendenza del termine per proporre reclamo. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso poiché le sopravvenute circostanze – idonee a fondare una domanda di adeguamento delle statuizioni assunte in ordine al mantenimento della minore, al suo affidamento, alla sua collocazione e al regime delle visite del genitore non collocatario – fondano il diritto del padre di instaurare nuovo e distinto giudizio, purché siano ancora pendenti i termini per proporre reclamo avverso il decreto reso nel procedimento ex art. 337 ter c.c., di cui si chiede la modifica. Inoltre, proseguono i giudici di legittimità, nel caso in esame la pronuncia sul secondo ricorso è avvenuta dopo lo spirare del termine stesso; per cui non può certo derivarne la nullità lamentata dalla ricorrente.

Percorso di sostegno dei figli e di supporto alla genitorialità. Infine, la donna lamentava anche la violazione degli artt. 2, 13, 32, 111 Cost. e dell'art. 337 ter c.c. avendo la Corte territoriale condizionato entrambe le parti ad effettuare un percorso psicoterapeutico di coppia volto a supportare la genitorialità di entrambi, ledendo così il loro diritto di autodeterminazione. Tale motivo di ricorso è ritenuto dalla Suprema Corte manifestamente infondato, in quanto i giudici dell'appello si sono limitati a ritenere opportuno che i genitori provvedessero ad una mediazione familiare, per superare le difficoltà riscontrate, disponendo che il consultorio prendesse in carico il nucleo familiare e predisponesse un percorso di sostegno psicologico della bimba e di supporto alla genitorialità di ambo le parti al fine di tutelare il pieno interesse della minore. A conferma di ciò, la Suprema Corte ribadisce che al giudice è consentito «fissare le modalità della loro presenza presso ciascun genitore e di adottare ogni altro provvedimento ad essi relativo, attenendosi al criterio fondamentale del superiore interesse della prole, che assume rilievo sistematico centrale nell'ordinamento dei rapporti di filiazione fondato sull'art. 30 Cost.; ritenuto che l'esercizio in concreto di tale potere deve costituire espressione di conveniente protezione (art. 31, comma 2, Cost.) del preminente diritto dei figli alla salute e ad una crescita serena ed equilibrata, e può assumere anche profili contenutivi dei diritti e delle libertà individuali; ritenuto che, ove le relative esteriorizzazioni determinino conseguenze pregiudiziali per la prole, compromettendone la salute psicofisica e lo sviluppo; ritenuto che tali conseguenze, oltre a legittimare le previste limitazioni ai diritti ed alle libertà fondamentali contemplati nei testi nazionali e sovranazionali, implicano, in ambito nazionale, il non consentito superamento dei limiti di compatibilità con i rari diritti e libertà altrui e con i concorrenti doveri d'ogni genitore, ex artt. 30, comma 1, Cost. e147 c.c.».

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