Le misure reali cd. ordinarie disposte dal gip sui beni pignorati non determinano la sospensione esterna dell'esecuzione

11 Luglio 2019

Con il reclamo al tribunale di Matera viene dedotto l'erroneità dell'ordinanza gravata che non garantirebbe lo svolgimento dell'esecuzione forzata “secondo criteri di efficienza e rapidità”, criteri che rimarrebbero frustrati dalla prosecuzione dell'azione esecutiva nonostante l'avvenuta trascrizione del sequestro preventivo.
Massima

Il diritto di proprietà dello Stato sui beni dell'indagato non è attuale ma si concretizza solo con il successivo provvedimento ablatorio, di talché la trascrizione del sequestro preventivo successiva alla trascrizione del pignoramento non può pregiudicare il diritto dei terzi creditori in buona fede. La sospensione invocata dal debitore non può collocarsi nell'art. 623 c.p.c. né è invocabile la disciplina speciale dettata dal codice antimafia.

Il caso

In forza di più titoli esecutivi il creditore ipotecario assoggettava a pignoramento in data 7 luglio 2016 un complesso immobiliare sito nel circondario del tribunale di Matera. In data 22 maggio 2017, il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Verona ordinava il sequestro preventivo ex art. 321 c.p. del compendio pignorato; successivamente, il 19 febbraio 2018, la societa debitrice proponeva opposizione e chiedeva al g.e. di disporre la sospensione dell'esecuzione in ragione del sopraggiunto sequestro preventivo penale, oltre che per ragioni inerenti alle invalidità dei contratti (recte dei titoli esecutivi) fondanti l'esecuzione.

Con ordinanza del 30 ottobre 2018, il g.e. di Matera ha rigettato l'istanza di sospensione dell'esecuzione, ha compensato per metà le spese (alla luce delle complesse interferenze tra esecuzione forzata e sequestro preventivo penale) e posto a carico dell'opponente la restante metà; al contempo ha assegnato termine al debitore per l'introduzione del giudizio di merito.

Avverso la suddetta ordinanza il debitore ha proposto reclamo al Collegio per ottenere la riforma del provvedimento impugnato ex art. 623 c.p.c., senza riproporre gli ulteriori motivi di opposizione spiegati innanzi al g.e. (concernenti la nullità/illiceità dei titoli negoziali posti alla base dell'intrapresa esecuzione).

La questione

Segnatamente la società debitrice ha dedotto l'erroneità dell'ordinanza gravata che non garantirebbe lo svolgimento dell'esecuzione forzata“secondo criteri di efficienza e rapidità”, criteri che rimarrebbero frustrati dalla prosecuzione dell'azione esecutiva nonostante l'avvenuta trascrizione del sequestro preventivo: la misura penale, a dire della debitrice, finirebbe per ledere gravemente il valore di mercato del bene destinato alla vendita rendendo “antieconomica” la procedura.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale ha rigettato il reclamo e chiarito ulteriormente le ragioni su cui è fondata l'ordinanza del Giudice dell'esecuzione che ha optato per la prosecuzione dell'espropriazione nonostante la sopravvenuta trascrizione del sequestro preventivo penale, anticipando così l'orientamento inaugurato dalla Suprema Corte (si tratta di Cass. pen., 9. novembre 2018, n. 51043). Ed infatti, a norma dell'art. 2915 c.c., l'opponibilità del vincolo al terzo acquirente in sede esecutiva dipende dal momento della trascrizione del sequestro (ex art. 104 disp. att. c.p.p.), trascrizione che deve essere antecedente a quella del pignoramento immobiliare; solo in questo caso il vincolo penale può costituire il presupposto per la confisca anche successivamente all'acquisto, risultando opponibile ai creditori e, conseguentemente, al terzo aggiudicatario. Qualora invece la trascrizione del sequestro sia successiva, il bene deve ritenersi appartenente al terzo "pleno iure".

Osservazioni

La soluzione adottata dal g.e. di Matera e ribadita dal Collegio ci pare corretta perché contempera sia le esigenze di tutela penale, sia quelle di tutela del diritto di credito sia, non da ultimo, le ragioni di chi acquista un bene nell'ambito di un'esecuzione immobiliare.

A ben guardare, diverse sono le ragioni di carattere formale e sistematico su cui la suddetta soluzione riposa; ragioni tutte – a nostro avviso – ampiamente condivisibili.

La prima è ben illustrata nell'ordinanza con cui il g.e. ha negato la sospensione (p. 4). Segnatamentenel caso di specie il vincolo disposto dal gip (vincolo successivo sia all'iscrizione ipotecaria, sia alla trascrizione del pignoramento) appartiene alla tipologia delle misure penali reali c.d. ordinarie trattandosi di un sequestro preventivo di cui all'art. 321 c.p. (tipologia a cui va ascritta anche la confisca ex art. 240 c.p.). Ebbene, in mancanza di un'espressa previsione normativa, tali misure e, conseguentemente, il conflitto tra le esigenze dei creditori e quelle dell'aggiudicatario di buona fede sono regolati dal principio di carattere generale dell'anteriorità delle trascrizioni.

La seconda: nel caso di specie non sembra consentita un'interpretazione analogica della disciplina propria della confisca cd. allargata e delle misure penali di cui al codice antimafia per le quali il legislatore ha espressamente previsto (art. 55) l'improseguibilità dell'espropriazione; in effetti, il suddetto codice costituisce una lex specialis che comporta deroghe significative rispetto alla disciplina di diritto comune, non esportabili in altri comparti dell'ordinamento, senza un'esplicita disposizione normativa (lo dimostra la l. n. 161/2017 che ha espressamente esteso tale lex specialis alla confisca allargata). Solo un regime speciale adottato dal legislatore anche in forza del singolare allarme sociale che origina da alcune categorie di reato può, dunque, giustificare un acquisto del bene da parte dello Stato a carattere originario; di contro nel regime ordinario – qual è quello del caso di specie – la funzione del sequestro penale è meramente preventiva, in quanto tesa a privare l'indagato della disponibilità del bene, e, pertanto l'acquisto del bene in capo allo Stato opera a titolo derivativo, con conseguente salvezza dei diritti dei terzi (se trascritti prima della misura penale).

Posto che la funzione delle misure reali ordinarie è quella di privare l'indagato dei beni da queste colpite «e non già di farli transitare nel patrimonio dello Stato, tale funzione non può dirsi minacciata dalla vendita forzata in sede civile stante il divieto per il debitore di partecipare all'asta» (p. 6 ord. g.e.), né potrebbe giustificare l'alterazione dei meccanismi che regolano le formalità e l'ordo temporalis delle iscrizioni e trascrizioni. In breve: l'anteriorità dell'ipoteca (e/o del pignoramento) in forza delle regole proprie della trascrizione determina la salvezza dell'acquisto dell'aggiudicatario e in caso di sopravvenuta confisca la pretesa dello Stato avrebbe ad oggetto non più il bene, ma il ricavato (trattandosi di misura ablatoria indirizzata al tantundem).

Alle considerazioni sopra illustrate va aggiunto che la soluzione fornita dal g.e. prima e dal tribunale di Matera poi è altresì confortata dalla disciplina propria della sospensione dell'esecuzione. Ed infatti il caso di specie non integra affatto – come invece chiesto dal debitore – un'ipotesi di sospensione ex art. 623 c.p.c. non essendo disposta dal giudice della impugnazione del titolo esecutivo di formazione giudiziale; né dal giudice dell'opposizione a precetto; né può ricondursi ad una forma di sospensione ex lege posto che non è applicabile al caso di specie la normativa di cui all'articolo 55 del d.lgs. n. 159/2011.

Se poc'anzi si è dato conto del passo in avanti fatto nella tutela dei diritti di credito dalla giurisprudenza di merito e della Cassazione penale, deve per completezza essere segnalato che dalla Cassazione civile (30 novembre 2018, n. 30990) provengono indicazioni contrarie che possono così riassumersi: è infondato il presupposto per il quale «la confisca (facoltativa) disposta ai sensi dell'art. 240 c.p. in sede penale, laddove non preceduta da sequestro ad essa strumentale, prevale agli effetti civili su quest'ultimo solo laddove venga a sua volta trascritta prima della trascrizione del pignoramento». Pertanto non trova applicazione, per dirimere l'eventuale conflitto tra i creditori del condannato e lo Stato, il principio dell'ordo temporalis delle iscrizioni/trascrizioni, bastando soltanto che – al momento della adozione del provvedimento ablatorio – l'immobile sia di proprietà del condannato; salvo precisare che per questo stesso motivo, va fatto salvo l'acquisto compiuto dall'aggiudicatario, in quanto «solo in questo senso, può affermarsi la natura ‘derivativa' del relativo acquisto in favore dello Stato».

Guida all'approfondimento

A. Auletta, Rapporti tra sequestri e confische penali e procedimenti espropriativi alla luce di due recenti e divergenti arresti della Corte di Cassazione, in www.inexecutivis.it

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