Patrocinio a spese dello Stato per il difensore d'ufficio nel processo di adozione dei minori

Cesare Trapuzzano
22 Luglio 2019

L'art. 10, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, stabilisce che, all'atto dell'apertura del procedimento di adottabilità, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano.
Inquadramento

L'art. 10, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, stabilisce che, all'atto dell'apertura del procedimento di adottabilità, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano (sulla necessaria assistenza legale dei genitori cfr. Cass. civ., sez. I, ord., 7 dicembre 2017, n. 29476; Cass. civ., sez. I, sent., 4 luglio 2011, n. 14554; Cass. civ., sez. I, sent., 26 marzo 2010, n. 7281).

Nondimeno, difetta una completa regolamentazione delle modalità attraverso le quali tale difesa deve in concreto estrinsecarsi. In aggiunta, la citata legge n. 149 del 2001 sarebbe dovuta entrare in vigore il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 26 aprile 2001. Tuttavia, nella stessa data veniva pubblicato il decreto-legge 24 aprile 2001, n. 150, convertito, con modificazioni, in legge 23 giugno 2001, n. 240, con il quale si disponeva che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal titolo II, capo II, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modifiche, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione avrebbero continuato ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore di detto decreto. A tale disciplina transitoria è seguita, poi, una serie di successivi decreti-legge e di correlate leggi di conversione, che hanno progressivamente rinviato di anno in anno la specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, fino alla definitiva entrata in vigore della legge stessa in data 30 giugno 2007.

In tale contesto, non soltanto nulla è stato stabilito per quanto riguarda la promessa specifica disciplina in materia di difesa d'ufficio, ma in più né Governo né legislatore si sono curati di disporre ulteriori proroghe, aggiungendo un nuovo anello all'ormai lunga catena di decreti-legge (ben sei). E neanche è stata dettata almeno qualche regola transitoria, atta a consentire l'avvio del nuovo procedimento senza incertezze inopportune sull'applicazione di regole che ne disciplinano snodi davvero essenziali.

Sicché l'entrata in vigore della norma sulla difesa d'ufficio ex art. 10, comma 2, è avvenuta in assenza della preannunciata specifica disciplina di tale istituto nell'ambito dei procedimenti di adottabilità; ciò che, per contro, è accaduto nell'ambito della giustizia penale minorile, ove sono previste regole puntuali sull'argomento.

Ratio della difesa d'ufficio dei genitori

In ogni caso, la ratio della norma appare chiara: rafforzare al massimo l'effettività del diritto di difesa dei minori e dei loro genitori, per evitare che l'eventuale debolezza sociale di tali parti influisca negativamente sul procedimento, garantendo loro di far valere le proprie ragioni anche in assenza di un avvocato di fiducia.

È evidente che l'auspicato rafforzamento del diritto di difesa non avrebbe dovuto essere soltanto enunciato, ma anche concretamente attuato e messo in pratica. Al riguardo, in assenza di una disciplina generale, è possibile fare riferimento all'art. 143 del Testo unico sulle spese di giustizia, che testualmente dispone: «Sino a quando non è emanata una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, per effetto dell'ammissione al patrocinio, sono pagate dall'erario, se a carico della parte ammessa, le seguenti spese [...]».

Per l'effetto, la legge prevede che i genitori siano comunque assistiti da un difensore. E tanto perché la presenza di tale figura nel processo può aiutare a comprendere più esaustivamente le situazioni che hanno portato al procedimento, le quali saranno così considerate da tutti i punti di vista, e quindi a individuare, nel modo più approfondito possibile, le reali esigenze nonché il concreto ed effettivo interesse del minore per il quale lo sradicamento dal nucleo familiare deve costituire l'ipotesi più estrema.

Ma c'è un'altra spiegazione, più sottile ma di notevole significato anche metagiuridico, a supporto della previsione della difesa d'ufficio dei genitori. Benché siano state da più parti argomentate le ragioni dell'inapplicabilità delle norme relative alla difesa penale, trattandosi di ambiti differenti, nella grande maggioranza dei casi i genitori di bambini avviati all'adozione credono e sono convinti di essere vittime di ingiustizie e dei peggiori soprusi da parte di assistenti sociali, avvocati, giudici, periti; si sentono ingiustamente processati per malefatte che non riconoscono e sentono incombere la peggiore delle condanne, ossia la perdita di un figlio. L'ambito penale non è allora così lontano: si giudicano fatti e comportamenti che spesso, tra l'altro, integrano fattispecie di reato e si predispone una sanzione che può aggiungersi a quella penale e può essere, per alcuni aspetti, ancor più dolorosa e inaccettabile. Il diritto di questi soggetti a una difesa, anche d'ufficio, ed eventualmente non richiesta, ha la stessa portata del diritto alla difesa in sede penale, forse anche più stringente, se si pensa che quasi sempre, per la gran parte dei reati, vi è consapevolezza nel reo della propria colpa e, dunque, più agevole accettazione della sanzione rispetto a quanti subiscono un procedimento di adozione per abbandono.

Naturalmente capita con frequenza che la situazione di abbandono della prole minorenne sia evidente, perché i genitori e la famiglia d'origine sono stati del tutto assenti dalla vita dei figli, o maltrattanti o abusanti, ma questi sono i casi più eclatanti, in cui lo stesso difensore, d'ufficio ma anche di fiducia, ha ben poco da argomentare e richiedere. Tuttavia, il tema si pone in termini diversi con riferimento ai genitori semplicemente incapaci, perché privi dei necessari strumenti culturali, perché a loro volta, a suo tempo, abbandonati, perché fisicamente minorati, perché sordomuti. In tali evenienze si deve conciliare il supremo interesse del minore con gli innegabili diritti di persone che lo Stato avrebbe il dovere costituzionale di soccorrere e nei cui confronti, invece, si arroga il diritto di sottrarre i figli. La presenza del difensore diviene allora ancor più importante, imprescindibile, rispondente a un interesse anche pubblico, non meno che nel caso di instaurazione a loro carico di un processo penale. Presenza che sarà, dunque, necessaria e obbligatoria anche in ipotesi di rifiuto (rectius incapacità di comprensione) della difesa da parte degli interessati.

Compiti del difensore d'ufficio dei genitori

Il difensore, di fiducia o d'ufficio, dei genitori/parenti difenderà i suoi assistiti in forza della sola nomina da parte del giudice, senza bisogno della conferma del suo ruolo tramite un formale mandato, cercando di far sì che siano accolte le loro richieste. Svolgerà tale compito con il solo limite di ricercare soluzioni che non siano evidentemente in contrasto con l'interesse del minore, benché questi sia tutelato nel processo dal curatore, dal tutore nonché dal pubblico ministero: in tal caso non verrà meno al suo dovere se consiglierà ai suoi clienti di rinunciare all'opposizione, così come un buon penalista consiglia, in molti casi, ai suoi assistiti di ammettere le proprie responsabilità e di abbandonare inutili e controproducenti difese. Il difensore dovrà seguire le indicazioni degli oppositori e sarà legittimato a rinunciare all'incarico ove ricorra un costante e insuperabile dissenso con loro. È chiaro, tuttavia, che a tale evenienza seguirà la nomina di altro difensore di fiducia o d'ufficio.

In mancanza di contatti con la parte assistita, lo stesso attuerà poi la sua difesa secondo coscienza e competenza, mettendo in luce, se riuscirà a trovarne, le ragioni dei genitori e della famiglia, ma senza mai porsi in contrasto con diritti e interessi del minore.

Suo compito, in ogni caso, sarà quello di trovare, laddove possibile, una convergenza degli interessi in gioco. E, secondo un filone della dottrina, se lo ritenesse opportuno, dovrebbe anche poter proporre impugnazione, nonostante la giurisprudenza prevalente sia di contrario avviso.

La lettera della legge, infine, e la natura della difesa d'ufficio, inducono a ritenere che un difensore nominato dal giudice debba essere comunque presente nel processo, e si regoli secondo coscienza, anche nell'ipotesi in cui le parti private dichiarino espressamente di non voler partecipare e si oppongano a qualsiasi difesa.

Patrocinio a spese dello stato del genitore cui sia stato nominato un difensore d'ufficio

Non vi è ragione, poi, per non ritenere applicabili, almeno ove possibile, le regole vigenti sulla difesa a carico dell'erario. Nondimeno, tale possibilità è garantita dall'art. 143, comma 1, d.P.R. n. 115/2002 solo nell'ipotesi in cui il genitore reperibile, in ragione delle condizioni economiche in cui versa, sia ammesso al patrocinio. In questo caso, sono pagati dall'erario, se a carico della parte ammessa, gli onorari e le spese spettanti all'avvocato, quand'anche nominato d'ufficio.

Il legale nominato d'ufficio è chiamato ad una prestazione ex lege, imposta dallo Stato per l'attuazione del diritto di difesa e non rinunciabile. La diversità rispetto alla difesa di fiducia non è incisa dalla volontarietà dell'iscrizione nelle liste dei difensori d'ufficio, poiché essa non riguarda l'assunzione di uno specifico incarico defensionale, rispetto alla cui accettazione il legale nominato d'ufficio non ha alcuna disponibilità, non potendo rifiutare. Quanto alla posizione del difensore di soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato, si rileva che la disciplina rinviene il suo presupposto nella non abbienza del beneficiario e l'onere di pagamento è posto definitivamente a carico dell'erario, mentre la liquidazione della difesa di ufficio, il cui presupposto si rinviene nella irreperibilità ovvero nella insolvenza dell'assistito, costituisce una mera anticipazione, che lo Stato è tenuto a recuperare. Il rischio di scelte difensive inutilmente onerose, e comunque sanzionabili disciplinarmente, non è direttamene riconducibile all'applicazione della norma, ma costituisce un inconveniente di fatto, non implicante profili di costituzionalità ai sensi degli artt. 97 e 111 Cost. (Corte cost., ord.,21 luglio 2016, n. 206).

Con riferimento alla difesa d'ufficio nel procedimento di verifica dello stato di adottabilità del minore, presupposto della nomina è la circostanza, ben più ampia, che il genitore non provveda alla nomina di un difensore di fiducia, ancorché sia reperibile. Sicché, ove il difensore d'ufficio sia nominato per assistere un genitore reperibile, ma che non sia abbiente, ricorrono le condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. E ciò all'esito della presentazione dell'istanza di ammissione al relativo patrocinio.

La decisione del giudice delle leggi

In ordine a tali aspetti, il Tribunale per i minorenni di Bari, con ordinanza del 5 marzo 2018, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 143, comma 1, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), il quale appunto subordina, sino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, la liquidazione a carico dell'erario dei compensi e delle spese del difensore, nei processi atti ad accertare lo stato di adottabilità del minore, previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, alla previa ammissione al patrocinio, escludendola, conseguentemente, per i difensori d'ufficio degli irreperibili (i quali, per definizione, non possono presentare istanza di ammissione e comprovare le condizioni reddituali che attribuiscono il diritto a godere del relativo beneficio).

Ad avviso del giudice rimettente, l'esclusione, allo stato, della liquidazione a carico dell'erario degli onorari e delle spese, in favore del difensore nominato d'ufficio del genitore irreperibile, nell'ambito del procedimento volto alla dichiarazione dello stato di adottabilità del minore in stato di abbandono, avrebbe violato:

  • l'art. 3 Cost., alla luce dell'ingiustificata disparità di trattamento che si sarebbe determinata a fronte dell'espresso riconoscimento del diritto alla liquidazione, a carico dello Stato, dei compensi e delle spese in favore del difensore d'ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato o del condannato irreperibile nel procedimento penale, ai sensi dell'art. 117, comma 1, dello stesso d.P.R. n. 115/2002, norma espressamente individuata quale tertium comparationis;
  • gli artt. 1 e 35 Cost., in ragione della denegata tutela del lavoro in tutte le sue forme e, in specie, del diritto al compenso, che sarebbe sacrificato pur a fronte dell'irrinunciabile opera professionale prestata dal difensore d'ufficio di persona irreperibile;
  • l'art. 24, comma 2, Cost., alla stregua del concreto rischio che il difensore d'ufficio nominato non presti diligentemente la propria opera professionale, non partecipando all'attività d'udienza, attesa la sua consapevolezza di non poter rivendicare i compensi nei confronti della parte assistita irreperibile e neanche verso l'erario.

All'esito, con la sentenza n. 135 del 31 maggio 2019, il Giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., dell'art. 143, comma 1, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella parte in cui non prevede che l'erario sia tenuto al pagamento degli onorari e delle spese spettanti al difensore d'ufficio del genitore irreperibile nel giudizio per la dichiarazione di adottabilità del figlio minore in condizione di abbandono, attesa l'ingiustificata disparità di trattamento esistente rispetto alla disciplina dell'attività difensiva espletata d'ufficio in favore dell'imputato irreperibile ex art. 117, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002. Per converso, ha dichiarato assorbite le altre censure proposte dal giudice a quo.

In proposito, la Consulta ha precisato che, nonostante la diversità di disciplina fra la liquidazione dei compensi nel processo civile e nel processo penale trovi fondamento nella diversità delle situazioni comparate (da una parte, gli interessi civili, dall'altra, le situazioni tutelate che sorgono per effetto dell'esercizio dell'azione penale), tuttavia, le differenze di disciplina dei compensi professionali nelle due comparate tipologie di processi hanno sin qui superato il vaglio di legittimità con riferimento al quomodo o al quantum della correlativa liquidazione, mentre, con riguardo alla norma oggetto del giudizio costituzionale, quel che viene in rilievo, e che dà fondamento alle censure di disparità di trattamento e di irragionevolezza formulate dal rimettente, attiene all'an stesso del compenso. Compenso che al difensore d'ufficio del genitore irreperibile, pur obbligato ad assumerne la difesa, viene, irragionevolmente, addirittura negato.

Il Giudice delle leggi ha poi evidenziato che la denunciata disparità di trattamento del difensore dell'irreperibile, in base al fatto che assista l'imputato o altra parte nei giudizi ex lege n. 184/1983, è priva di giustificazione, essendovi significativi profili di omogeneità tra i due modelli di processo, in relazione, sia alla natura degli interessi in gioco, sia al ruolo del difensore chiamato ad apprestarvi tutela. La ratio della difesa nei processi di adottabilità è quella, infatti, di dare la massima protezione ai diritti dei minori e dei loro genitori, ai quali è appunto garantito di far valere le proprie ragioni anche in assenza di un avvocato di fiducia, per evitare che l'eventuale debolezza sociale di tali soggetti influisca negativamente nel procedimento. Ad avvicinare i processi di adozione in questione al giudizio penale sta, inoltre, il fatto che in quei processi, attraverso analoghi percorsi istruttori, si giudicano condotte che possono anche integrare parallele ipotesi di reato, e che possono condurre ad esiti pure più dolorosi di quelli penali.

In ultimo, la Corte ha considerato che la mancata previsione della liquidabilità, a carico dell'erario, degli onorari spettanti al difensore d'ufficio dell'irreperibile nei processi di adottabilità non è frutto di una scelta definitiva del legislatore del 2002 – che, con la disposizione censurata, ha, invece, solo rinviato ad una successiva specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983 n. 184 – ed è, quindi, solo conseguenza dell'inerzia del legislatore successivo: inerzia protratta da quella lontana data a tutt'oggi.

Tale liquidazione, così come espressamente previsto dalla disposizione indicata quale elemento di comparazione (art. 117, comma 2, del d.P.R. n. 115/2002), costituisce, comunque, una mera anticipazione, avendo lo Stato diritto di ripetere le somme anticipate nei confronti di chi si sia reso successivamente reperibile.

Ingiustificata disparità di trattamento

Al riguardo, dal tenore della disposizione denunciata si desume che, sino a quando non sia emanata una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, nei processi previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, come modificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 (disciplina sempre posticipata e sinora non adottata), non è riconosciuta la liquidazione, a carico dell'erario, degli onorari e delle spese in favore del difensore d'ufficio del genitore irreperibile. E ciò appunto perché la norma subordina detta liquidazione all'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il che presuppone che la parte alleghi – e fornisca prova – delle sue precarie condizioni economiche (patrimoniali e reddituali), chiedendo appunto l'ammissione, circostanze che sono, per definizione, incompatibili con lo stato di irreperibilità.

Siffatta limitazione si pone in antitesi con la previsione di cui all'art. 117, comma 1, del medesimo Testo unico sulle spese di giustizia, che prevede, invece, la liquidazione a carico dello Stato dell'onorario e delle spese spettanti al difensore d'ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell'imputato o del condannato irreperibile nel procedimento penale. Pertanto, nel processo penale ricorre, per espresso dettato normativo, il diritto alla liquidazione erariale delle competenze professionali, spettante al difensore di ufficio in caso di irreperibilità dell'assistito (Corte cost., ord.,n. 191/2013). Detto art. 117, lungi dal contrastare con il secondo comma dello stesso art. 24, appare frutto di una scelta discrezionale del legislatore, che si pone nel solco della garanzia della difesa, rendendone effettivo l'esercizio tramite l'anticipazione da parte dello Stato degli onorari e delle spese del difensore d'ufficio (Corte cost., ord., n. 160/2006). Peraltro, la relativa previsione non configura un nuovo o maggiore onere destinato a rimanere in via definitiva a carico dello Stato, poiché, analogamente al caso riguardante l'art. 116 del d.lgs. n. 113/2002, viene prevista una anticipazione, da parte dello Stato, della somma liquidata dal giudice al difensore d'ufficio, che lo Stato è tenuto a recuperare nei confronti dell'assistito irreperibile allorquando questi si sia reso successivamente reperibile (Corte cost., ord.,n. 328/2003 e n. 266/2003).

Sennonché tale differenza di disciplina è del tutto ingiustificata e determina un'irragionevole disparità di trattamento, pur a fronte di situazioni omogenee ai fini della garanzia della difesa d'ufficio, estesa chiaramente anche agli irreperibili, benché di fatto. In proposito, la disparità di trattamento esistente fra avvocati, in ragione della intrinseca diversità dei modelli del processo civile e di quello penale, la quale non consente alcuna comparazione fra le discipline ad essi applicabili, è giustificata solo nei termini in cui incida sul quantum o sul quomodo, non già sull'an della spettanza degli onorari. Sicché la diversità di disciplina fra la liquidazione degli onorari e dei compensi nel processo civile e nel processo penale trova fondamento nella diversità delle situazioni comparate, laddove è di tutta evidenza che nel rimarcarsi la diversità fra «gli interessi civili» e le «situazioni tutelate che sorgono per effetto dell'esercizio della azione penale» non si vuole affatto alludere ad una gerarchia di valori fra gli uni e le altre, ma esclusivamente alla indubbia distinzione fenomenica esistente fra di loro, tale da escludere una valida comparazione fra istituti che concernano ora gli uni ora le altre (Corte cost., ord., n. 270/2012, n. 201/2006 e n. 350/2005). Ma tanto postula che detta liquidazione sia comunque riconosciuta (an). Con la conseguenza che, in tema di regolamentazione delle competenze dei difensori facenti carico all'erario, ricadono nell'ambito delle scelte discrezionali del legislatore solo gli aspetti che attengono alla varia gradualità ed intensità del beneficio, non già quelli che siano diretti, in radice, ad escluderlo (Corte cost., sent., n. 165/1993).

Sotto questo profilo (recte disciplina della difesa d'ufficio per gli irreperibili), l'avvicinamento del processo minorile a quello penale, pur con le diverse peculiarità di ognuno di essi, appare evidente. E se non si tratta ovviamente di compiuta assimilazione, vi è comunque forte omogeneità dal punto di vista della funzione delle indagini e più in generale dell'istruttoria processuale, ciò che ovviamente deve consentirne, per quanto possibile, un ampliamento dei poteri, se del caso anche officiosi. Non si tratta, in ogni caso, di interpretazione analogica di norme speciali, bensì di mera applicazione della nuova legge sulla base dell'intenzione che sembra averla ispirata.

Riaffermata così l'idea centrale per la quale il difensore dei genitori/parenti debba far valere – unico fra i protagonisti tecnici della procedura – diritti e interessi di cui essi si ritengono portatori, salvo che sussista contrasto evidente con l'interesse del minore, e questo al fine di realizzare, per quanto sia possibile, il dettato primo della legge n. 184/1983, che stabilisce che «il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia», si rileva che la giurisprudenza ha, sempre più in tempi recenti, puntato al mantenimento della relazione tra il minore e la famiglia di origine. In proposito, l'art. 30 Cost. sancisce che nei casi di incapacità dei genitori la legge prevede che, in ogni caso, siano assolti i loro compiti, e ciò certamente non può avvenire con il distacco definitivo e irrimediabile, ma con l'aiuto delle istituzioni, purché, ovviamente, vi sia un'apprezzabile affettività dei familiari che si oppongono all'adozione.

Ne discende che, seppure a fronte dell'omogeneità dei diritti della persona tutelati attraverso la previsione della difesa d'ufficio degli irreperibili, ossia obbligatoria secundum legem, sia nel procedimento penale, sia nel processo minorile volto all'accertamento della condizione di adottabilità del minore per abbandono da parte dei genitori, solo nel primo caso è stabilito dal Testo unico delle spese di giustizia che per tale difesa spetti la liquidazione dei compensi a carico dell'erario, quand'anche l'irreperibilità non sia stata dichiarata in via formale, ma si concretizzi in via di mero fatto, senza che peraltro sia necessario, in quanto inutile, che il difensore dimostri di avere tentato, senza esito, il previo recupero del credito professionale verso il proprio cliente (Corte cost., ord., n. 8/2005 e n. 348/2003; nella giurisprudenza di legittimità Cass. civ., sez. VI-II, ord., 7 aprile 2014, n. 8111; Cass. pen., sez. IV, sent., 13 novembre 2012, n. 4576, dep. il 29 gennaio 2013).

L'esclusione della liquidazione in favore del difensore d'ufficio del genitore irreperibile, all'esito dell'espletamento della difesa nel procedimento di verifica dello stato di adottabilità del minore, è pertanto del tutto inspiegabile. Né a tale conclusione può pervenirsi applicando analogicamente l'art. 117, comma 1, quale norma eccezionale riferita al processo penale, in base alla stessa ricostruzione del Tribunale rimettente. Per l'effetto, l'art. 143, comma 1, del d.P.R. n. 115/2002 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui, subordinando il pagamento degli onorari del difensore all'ammissione al patrocinio a carico dello Stato, esclude che l'erario sia tenuto alla liquidazione dei compensi in favore del difensore d'ufficio del genitore irreperibile, che – in quanto tale –, per definizione, non può essere ammesso a tale patrocinio. D'altro canto, tale liquidazione, così come espressamente previsto dalla disposizione indicata quale elemento di comparazione (art. 117, comma 2, Testo unico spese di giustizia), costituisce una mera anticipazione, avendo lo Stato diritto di ripetere le somme anticipate nei confronti di chi si sia reso successivamente reperibile.

Ove l'eterogeneità degli interessi protetti dal processo penale e dal processo minorile fosse stata ritenuta tale da escludere anche la comparazione limitatamente all'an dei compensi spettanti al difensore d'ufficio della parte irreperibile (il che non è, secondo la ricostruzione della pronuncia citata), in ogni caso, l'esclusione di tale liquidazione, in favore del difensore d'ufficio del genitore irreperibile nel procedimento di accertamento dell'adottabilità del minore, sarebbe stata intrinsecamente irragionevole.

Guida all'approfondimento
  • V. F. Danovi e R. Pesce, Procedimento di adottabilità e difesa d'ufficio dei genitori, in Fam. e dir., 2018, 10, 931;
  • M. Dogliotti e F. Astiggiano, Il procedimento di adottabilità, in Fam. e dir., 2014, 3, 289;
  • B. Poliseno, La tutela del minore nel procedimento per la dichiarazione dello stato di adottabilità, in Riv. dir. proc., 2018, 4-5, 1026.

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