Falsità materiale ex art. 476, comma secondo, c.p. e obbligo di contestazione specifica delle circostanze aggravanti c.d. valutative

Angelo Salerno
29 Luglio 2019

Può essere ritenuta in sentenza dal giudice la fattispecie aggravata del reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell'art. 476 c.p., comma 2, qualora la natura fidefacente dell'atto considerato falso non sia stata esplicitamente contestata ed esposta nel capo di imputazione?
Massima

Non può essere ritenuta in sentenza dal giudice la fattispecie aggravata del reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell'art. 476 c.p., comma 2, qualora la natura fidefacente dell'atto considerato falso non sia stata esplicitamente contestata ed esposta nel capo di imputazione con la precisazione di tale natura o con formule alla stessa equivalenti, ovvero con l'indicazione espressa di tale disposizione.

Il caso

Il ricorrente è stato condannato in primo e secondo grado per il delitto di cui all'art. 476, comma secondo, c.p., previa riqualificazione dell'originaria imputazione di cui al comma primo della medesima norma incriminatrice, per aver falsamente attestato, in qualità di presentatore di titoli cambiari successivamente protestati, di essersi recata presso il domicilio indicato nei titoli e di avervi provveduto alle ricerche del debitore.

Tra i diversi motivi di ricorso, lo stesso ha lamentato l'omessa imputazione della fattispecie penale di cui all'art. 476 c.p. nella forma aggravata di cui al comma secondo, nonché il carattere apparente della motivazione in relazione alla natura di atto di fede privilegiata del falso contestato, in violazione del principio del contraddittorio, come declinato nella giurisprudenza nazionale e sovrannazionale, in specie della Corte di Strasburgo.

Con ordinanza del 4 dicembre 2018 la Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, rilevata l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale sulla questione relativa alla legittimità di una contestazione in fatto della circostanza aggravante della natura fidefacente dell'atto oggetto della condotta di falso, prevista dall'art. 476 c.p., comma 2, ha rimesso pertanto il ricorso alle Sezioni Unite per la soluzione del contrasto.

La questione

La questione su cui sono state chiamate a intervenire le Sezioni Unite della Corte di Cassazione riguarda la corretta contestazione delle circostanze aggravanti, con particolare riferimento alle circostanze che presentino natura valutativa e non meramente fattuale.

Più nello specifico la questione attiene alla contestazione dell'aggravante di cui all'art. 476, comma secondo, c.p., in relazione alla falsificazione di atti aventi natura fidefacente.

Può essere ritenuta in sentenza dal giudice la fattispecie aggravata del reato di falso in atto pubblico, ai sensi dell'art. 476 c.p., comma 2, qualora la natura fidefacente dell'atto considerato falso non sia stata esplicitamente contestata ed esposta nel capo di imputazione?

Le soluzioni giuridiche

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, nella sentenza in commento, procedono preliminarmente a ricostruire i termini del contrasto registratosi in materia, dando atto dei due contrapposti orientamenti di legittimità.

Secondo un primo orientamento, non sarebbe consentito contestare esclusivamente in fatto l'aggravante di cui all'art. 476, comma secondo, c.p., limitandosi a indicare gli elementi materiali che integrano la circostanza in questione, senza invece procedere a indicazione specifica della violazione dell'art. 476 c.p., comma 2, o, in mancanza di essa, quanto meno all'uso di sinonimi o di formule linguistiche equivalenti al contenuto della previsione normativa.

Tanto a tutela del diritto dell'imputato, come riconosciuto dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nella decisione dell'11 dicembre 2007, Drassich c. Italia, di essere tempestivamente e dettagliatamente informato non solo dei fatti materiali posti a suo carico, ma anche della qualificazione giuridica ad essi attribuiti.

L'opposto orientamento, invece, ritiene ammissibile una contestazione in fatto dell'aggravante in questione, purché la natura fidefacente dell'atto emerga dalla descrizione di quest'ultimo riportata nell'imputazione, inequivocabilmente, sì da rendere prevedibile la qualificazione del fatto nella forma aggravata del delitto di falso.

A fronte del registrato contrasto, le Sezioni Unite hanno aderito al primo orientamento, che richiede una esplicita contestazione dell'aggravante di cui all'art. 476, comma secondo, c.p., osservando che il dato normativo che regola la contestazione all'imputato dei fatti per cui si procede, richiede una “enunciazione in forma chiara e precisa” non solo del fatto, ma anche delle circostanze aggravanti, come previsto dall'art. 417 c.p.p., lett. b), c.p.p., nonché dalle disposizioni di cui agli artt. 429, comma 1, lett. b), (per il decreto dispositivo del giudizio), 450, comma 3 (per la citazione a giudizio direttissimo dell'imputato libero), 456, comma 1 (per il decreto dispositivo del giudizio immediato) e 552, comma 1, lett. c), c.p.p. (con riguardo al contenuto del decreto di citazione diretta a giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica).

Viene inoltre richiamato il dato normativo sovrannazionale, di cui all'art. 6, comma 3, lett. a) CEDU, ai sensi del quale “ogni accusato ha diritto soprattutto ad essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile e in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico”.

Così ricostruito il quadro normativo di riferimento ed evidenziata la necessità di procedere a precisazione degli elementi fattuali costitutivi dell'aggravante, le Sezioni Unite osservano che la contestazione esclusivamente in fatto non dia luogo a particolari problematiche di ammissibilità con riferimento a quelle circostanze aggravanti che riguardano comportamenti descritti nella loro materialità, senza alcuna implicazione valutativa.

Diversa invece l'ipotesi in cui la norma che disciplina l'aggravante, in luogo dei fatti materiali o in aggiunta agli stessi, includa componenti valutative, dal momento che, ove il risultato di questa valutazione non sia esplicitato nell'imputazione, la contestazione risulterà priva di una compiuta indicazione degli elementi costitutivi della fattispecie circostanziale.

In mancanza di una esplicita indicazione di tali componenti valutative nel capo di imputazione, non potrà pertanto ritenersi valida la contestazione della circostanza aggravante nella mera prospettazione in fatto degli elementi materiali della relativa fattispecie.

Con specifico riferimento all'aggravante di cui all'art. 476, comma secondo, c.p.p., si osserva che detta fattispecie include anche un elemento valutativo, dato dalla possibilità di qualificare l'atto come facente fede fino a querela di falso, e tale componente valutativa concerne dunque un profilo normativo, relativo proprio all'efficacia fidefacente dell'atto.

Si tratta, secondo le Sezioni Unite, di profili che sono oggetto di una pluralità di giudizi valutativi con riguardo, in primo luogo, all'interpretazione ed all'applicazione di norme anche extra-penali, sicché la qualificazione dell'atto come fidefacente, che costituisce il risultato di queste valutazioni, non può ritenersi debitamente contestata con la mera indicazione dell'atto stesso nell'imputazione.

Occorre dunque che la valutazione accusatoria, con riferimento alla natura fidefacente dell'atto oggetto della condotta di falso, sia esplicitata mediante indicazione nell'imputazione della norma di cui all'art. 476 c.p., comma 2, che identifica inequivocabilmente l'aggravante in questione, ovvero con l'espressa qualificazione dell'atto come fidefacente, anche mediante l'adozione di formulazioni testuali equivalenti come il riferimento alla fede privilegiata dello stesso o alla necessità della querela di falso perché la sua funzione probatoria sia esclusa.

Osservazioni

La sentenza in commento procede ad una accurata ricostruzione del quadro normativo che disciplina i requisiti e i carattere dell'imputazione, richiamando, nel contempo, il dato sovrannazionale, in relazione alle garanzie riconosciute e tutelate dalla Carta Europea dei Diritti dell'Uomo.

Viene così evidenziata la necessità di procedere ad una contestazione chiara e precisa degli addebiti nei confronti dell'imputato, idonea a consentire una piena ed effettiva attuazione del diritto di difesa.

Tale esigenza viene espressamente estesa alle circostanze aggravanti del reato, rispetto alle quali le Sezioni Unite procedono ad un'importante precisazione.

I giudici di legittimità, nella motivazione, distinguono infatti le circostanze fondate su elementi c.d. descrittivi, legati cioè alla realtà materiale, rispetto alle aggravanti che presentano invece elementi c.d. normativi, che richiedono invece un processo logico-valutativo ulteriore.

Se per la prima categoria di circostanze, dunque, una descrizione in fatto degli elementi materiali idonei a integrarle è ritenuta dalla Corte sufficiente, diversa è la soluzione accolta con riferimento alla seconda.

Si evidenzia, infatti, che la presenza di elementi valutativi, sottesi alla contestazione delle circostanze aggravanti – tra cui quella di cui all'art. 476, comma secondo, c.p. – implica la necessità che la Pubblica accusa espliciti il risultato dei processi logico-valutativi che consentono di ritenere sussistente l'aggravante.

La mera contestazione in fatto non consentirebbe infatti una univoca e precisa qualificazione della fattispecie penale ascritta all'indagato o imputato, con conseguente frustrazione dei diritti che la Costituzione e la Convenzione gli riconoscono.

Si richiede dunque una espressa contestazione dell'aggravante summenzionata, mediante un univoco richiamo alla relativa disposizione di legge, ovvero attraverso formule idonee ad esplicitarne la sussistenza, secondo l'ipotesi accusatoria, quali – nel caso di specie – il riferimento alla fede privilegiata dello stesso o alla necessità della querela di falso perché la sua funzione probatoria sia esclusa.

Solo così potranno soddisfarsi i requisiti di chiarezza e precisione che la contestazione in fatto non appare idonea a garantire, costituendo solo la base di una successiva e necessaria valutazione, che non può essere richiesta all'imputato ma deve essere risolta ed esplicitata a monte dalla Pubblica accusa.

Guida all'approfondimento

BARTOLI, Falsità documentali, in (a cura di) Cassese, Diz. dir. pubbl., III, Milano, 2006, 2389;

LOMBARDO, Circostanze, in Digesto pen., agg., V, Torino, 2010, 87;

CATENACCI, Criteri "ontologici" e criteri "normativi" nella distinzione fra falso materiale e falso ideologico: cenni storico-sistematici, in Ramacci (a cura di), Le falsità documentali, Padova, 2001, 199.

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