Revoca della procura al difensore

01 Agosto 2019

La revoca della procura al difensore in corso di causa, effettuata dalla parte ai sensi dell'art. 85 c.p.c., una volta ricevuta, permette al difensore di disinteressarsi della posizione procedimentale del soggetto fino ad allora rappresentato?

La revoca della procura al difensore in corso di causa, effettuata dalla parte ai sensi dell'art. 85 c.p.c., una volta ricevuta, permette al difensore di disinteressarsi della posizione procedimentale del soggetto fino ad allora rappresentato?

La questione è stata a lungo dibattuta soprattutto per il disposto dell'art. 85 c.p.c. che afferma che la revoca da parte dell'assistito, come pure la rinuncia effettuata dal difensore, non hanno effetto, nei confronti dell'altra parte, finché non sia avvenuta la sostituzione del difensore.

La semplice lettura della norma, infatti, pone diversi problemi interpretativi.

Innanzitutto, la revoca (come pure la rinuncia) quale atto recettizio diviene efficacie una volta portata a conoscenza della parte cui è indirizzata, ai sensi dell'art. 1334 c.c. É stato affermato che essa non debba essere formulata per iscritto, valendo, in assenza di disposizione contraria, il principio della libertà di forma, tuttavia a parere di chi scrive, stante il disposto dell'art. 83 c.p.c. che prevede la forma scritta per il conferimento della procura, quantomeno per un principio di simmetria delle forme, ritengo che anche la revoca (come pure la rinuncia) vada formulata per iscritto, quantomeno ai fini della prova.

Sulla scorta di ciò si può affermare che la revoca ha effetto nel momento in cui perviene nella sfera cognitiva del difensore.

Di conseguenza egli potrebbe, anzi dovrebbe, esimersi dall'intraprendere qualsiasi attività a favore del soggetto già rappresentato.

A ben vedere, però, la revoca della sola procura non fa venire meno, automaticamente, la posizione che si viene a creare con il conferimento dell'incarico professionale da parte del cliente al difensore, il quale potrebbe permanere nonostante la revoca della procura: infatti il mandato professionale è cosa diversa dalla procura a rappresentare la parte in giudizio, anche se, solitamente, la revoca della procura comporterà, implicitamente, anche la revoca, da parte del cliente, del mandato professionale ai sensi dell'art. 1722 c.c., venendo meno, nella maggior parte dei casi, il necessario rapporto di fiducia sottostante.

Ma se così non fosse, il difensore manterrebbe gli obblighi di assistenza e consulenza propri del mandato professionale (vedi a tal proposito la distinzione operata dall'art. 87 c.p.c.).

L'art. 85 c.p.c., non modifica l'operatività dei principi generali sin qui espressi ma si preoccupa del corretto andamento procedimentale nei confronti dell'altra parte, o delle altre parti, del giudizio, per le quali non potrà sortire alcun effetto l'atto unilaterale di revoca posto in essere nei confronti del difensore da parte del rappresentato in giudizio, pena la paralisi del processo.

Di conseguenza il procuratore, non più tale, resterà referente nei confronti delle altre parti processuali fino a che non venga sostituito da altro legale con procura depositata negli atti del procedimento: solo allora le altre parti del giudizio potranno essere edotte degli effetti della revoca della procura.

In sostanza, il cessato procuratore resterà investito della sua precedente posizione fino alla sua sostituzione.

Tanto che «Ai sensi dell'art. 85 c.p.c., la revoca della procura e la rinuncia al mandato non hanno effetto nei confronti dell'altra parte fino alla sostituzione del difensore, sicché la notifica dell'impugnazione deve, in siffatta situazione, essere compiuta al difensore non ancora sostituito e non alla parte personalmente» (Cass. civ., sez. II, 3 giugno 2016, n. 11504).

Di conseguenza, egli avrà il preciso obbligo di svolgere, a tutela della parte, le attività indispensabili al fine di non danneggiare processualmente la parte stessa che abbia revocato la procura ma non potrà assumere iniziative procedimentali o difensive a suo favore: avrà, quindi, l'obbligo di informarla puntualmente sulle fasi e sugli accadimenti del procedimento avendo, per questo, diritto al relativo compenso, ma nulla più.

Qualora egli, poi, avesse anche la qualifica di domiciliatario, questa rimarrà fino alla sua sostituzione, infatti «Nell'ipotesi in cui la parte abbia nominato un altro difensore in sostituzione di quello precedente presso il quale la stessa parte aveva eletto il proprio domicilio, quest'ultimo è tenuto a comunicare al nuovo difensore gli atti in relazione ai quali il domicilio era stato eletto, rientrando l'obbligo di informazione nel più generale dovere di diligenza professionale cui l'avvocato è tenuto verso il proprio cliente, anche in caso di rinuncia o revoca del mandato. In particolare, tra tali obblighi rientra quello di informare il nuovo difensore dell'avvenuta notifica di eventuali sentenze che riguardano la parte, che non può ritenersi assolto se non con la prova, di cui è onerato il domiciliatario, di avere dato notizia dell'avvenuta notifica, perché solo questa permette al nuovo difensore di fruire compiutamente dello spatium deliberandi predeterminato per legge ai fini della proposizione dell'eventuale impugnazione» (Cass. civ., sez. II, 12 ottobre 2009, n. 21589).

In conclusione, il procuratore, mantiene una posizione per così dire “passiva” fino alla sua sostituzione; in questo senso «Il difensore che abbia rinunciato al mandato, o al quale il mandato sia stato revocato dal cliente, mentre conserva, fino alla sua sostituzione, la legittimazione a ricevere gli atti indirizzati dalla controparte al suo assistito, non è più legittimato a compiere atti nell'interesse del mandante, atteso che la revoca o la rinuncia hanno pieno effetto tra il cliente ed il difensore e determinano il venir meno del rapporto di prestazione d'opera intellettuale instauratosi con il cosiddetto contratto di patrocinio (art. 85 c.p.c.). Ne consegue che, per la circoscritta attività di ricevimento degli atti, spettano al difensore non sostituito i diritti di procuratore in base alle tariffe vigenti al momento dei singoli atti, nonché gli onorari di avvocato in base alla tariffa in vigore al momento della rinuncia o della revoca, a nulla rilevando che dopo la cessazione dell'incarico sia intervenuta altra tariffa professionale. Tuttavia, ove il difensore, nonostante la revoca o la rinuncia, abbia svolto in concreto attività difensive, dette attività, in assenza di elementi da cui desumere il ripristino del rapporto di patrocinio e salvo ratifica, possono essere inquadrate soltanto nell'istituto della gestione di affari, con conseguente applicabilità della relativa disciplina e, in particolare, dell'art. 2031 c.c.» (Cass. civ., sez. II, 13 febbraio 1996, n. 1085).

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