In presenza di indici di alienazione, deve essere garantito il diritto alla bigenitorialità

22 Agosto 2019

La pervicace volontà̀ manifestata dalla figlia di non vedere il padre – largamente immotivata ed irrazionale – è stata inquadrata dal c.t.u., con adesione di entrambi i c.t.p., nella PAS (Sindrome di Alienazione Parentale), ossia «una controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori...
Massima

La pervicace volontà̀ manifestata dalla figlia di non vedere il padre – largamente immotivata ed irrazionale – è stata inquadrata dal c.t.u., con adesione di entrambi i c.t.p., nella PAS (Sindrome di Alienazione Parentale), ossia «una controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzi». (….) gli otto sintomi che caratterizzerebbero la PAS sono comunque utili «a valutare i punti critici nelle relazioni disfunzionali tra il minore ed il genitore rifiutato». Ciò induce a formulare un giudizio di inadeguatezza genitoriale della madre, incompatibile con l'affidamento condiviso.

Il caso

Nell'ambito di un procedimento di separazione giudiziale innanzi al Tribunale di Brescia, la CTU ivi disposta evidenziava un quadro di grave pregiudizio a carico della figlia minore. Dalla CTU emergeva che la madre aveva posto in essere una campagna di denigrazione nei confronti del padre, causando nella figlia una sindrome da alienazione parentale.

Il Tribunale prende atto della valutazione del CTU e, pur ribadendo la circostanza che la comunità scientifica non abbia parere unanime sull'esistenza di una sindrome rispetto all'alienazione parentale, ne riporta tutti gli indici, quali 1) la campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante; 2) la razionalizzazione debole dell'astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o superficiali; 3) la mancanza di ambivalenza. Il genitore rifiutato è descritto dal bambino “tutto negativo”, mentre l'altro genitore è “ tutto positivo”; 4) del fenomeno del pensatore indipendente: il bambino afferma che ha elaborato da solo la campagna di denigrazione del genitore; 5) dell'appoggio automatico al genitore alienante, quale presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante; 6) dell'assenza di senso di colpa; 7) degli scenari presi a prestito, ossia affermazioni che non possono ragionevolmente venire da lui direttamente; 8) dell'estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato. Considerata così la gravità della situazione in cui versa la minore, che ritiene essere connotata da una sostanziale elisione della figura paterna, preso atto dell'impossibilità di un affido condiviso, tenuto conto dell'incapacità dei genitori di assumere decisioni condivise nell'interesse della minore, dispone l'affido esclusivo al padre ed il collocamento immediato presso lo stesso.

Il Tribunale di Brescia opta per la tutela al diritto alla bigenitorialità, scegliendo l'allontanamento della minore dalla madre, collocandola direttamente presso il domicilio paterno, senza passaggi intermedi, valutando che il collocamento in comunità non avrebbe avuto un esito positivo sulla minore come risultava dalla valutazione degli specialisti incaricati.

Le risultanze peritali obbligavano così il Tribunale di Brescia a dover prendere una decisione sulla minore per preservarne i diritti e tutelare una sua crescita equilibrata. Secondo il Tribunale ratificare la situazione in atto e confermare il collocamento della figlia presso la madre avrebbe significato avallare in modo definitivo ed irreversibile l'iter di deterioramento della relazione con il padre.

Il Tribunale dava incarico ai Servizi sociali di preparare psicologicamente la minore all'evento, supportandola nell'affrontare il mutamento del collocamento.

Al fine di limitare possibili condizionamenti della madre e garantire il graduale consolidamento del rapporto padre-figlia, veniva deciso che la madre vedesse e tenesse con sé la figlia tre pomeriggi a settimana, alla presenza di un educatore.

La questione

Il Tribunale di Brescia, con la sentenza qui esaminata, ha considerato la sussistenza di una sindrome da alienazione parentale pur dando atto della mancanza di unanimità della comunità scientifica in relazione all'esistenza di detta patologia. Il Tribunale ha valutato che, a prescindere dall'inquadramento diagnostico, l'attività posta in essere dal genitore alienante, rischia di compromettere in modo irrimediabile lo sviluppo psico-fisico della minore con la possibilità di sviluppare vere e proprie patologie.

Il Tribunale ha così valutato che, in presenza degli indici di alienazione, l'interesse del minore è quello di garantirgli, anche contro la sua stessa volontà, il diritto alla bigenitorialità.

Le soluzioni giuridiche

Dopo anni in cui era solo il giudice penale a trattare l'alienazione parentale, tra le altre Cass. pen., sez. IV, 5 marzo 2009, n. 27995, dove veniva condannato il genitore affidatario, responsabile di aver violato il provvedimento presidenziale in ordine all'affidamento del minore, impedendo in tal modo il corretto esercizio del diritto di visita, negli ultimi tempi abbiamo pronunce giurisprudenziali anche in ambito civilistico.

La giurisprudenza, quando è stata chiamata a pronunciarsi sulla questione in esame, ha sempre ritenuto prevalente e prioritario il diritto alla bigenitorialità del minore rispetto alla volontà dello stesso, benché una simile decisione rischi potenzialmente di creare un trauma nel bambino.

La sentenza Cass. civ., sez. I, 20 marzo 2013, n. 7041, che decideva in merito ad un caso in cui l'affidatario principale negativizzava la figura dell'altro genitore agli occhi del figlio, al punto che quest'ultimo non intendeva più incontrarlo o, in sua presenza, aveva comportamenti di deciso rigetto nei suoi confronti, si pronunciava nel senso di affermare che i comportamenti del genitore affidatario, nel ledere il fondamentale diritto alla bigenitorialità del minore, influenzavano anche il suo diritto ad una crescita il più possibile serena ed equilibrata, incidendo inevitabilmente sul suo sano sviluppo psicologico.

Allo stesso modo, anche la sentenza della Cassazione (Cass. civ., sez.I, 8 aprile 2016, n. 6919), sul tema, stabilisce che «tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena».

Inoltre il giudizio prognostico «deve essere effettuato nell'esclusivo interesse morale e materiale della prole, esaminando la capacità dei genitori di crescere ed educare i figli nella nuova situazione creatasi a seguito della disgregazione dell'unione, tenendo nel dovuto conto, in base ad elementi oggettivi, il modo in cui i genitori in precedenza hanno svolto i propri compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, la loro personalità , l'ambiente sociale e familiare che ciascuno di loro può offrire alla prole, fermo restando in ogni caso il rispetto del principio della bigenitorialità, che deve essere inteso come presenza affettivo – relazionale di entrambi i genitori nella vita dei figli, in modo da garantire loro una stabile e salda relazione emotiva con entrambi i genitori, che hanno il dovere di collaborare per la loro cura, assistenza, educazione e istruzione» .

Pertanto, ai fini della pronuncia circa l'affidamento o collocamento della prole, è fondamentale operare un esame in merito alla capacità dei genitori di individuare i prioritari interessi e bisogni della prole, tra i quali l'individuazione delle loro esigenze affettive, che si identificano anche nel preservare il loro diritto a beneficiare della presenza di entrambi i genitori e dei rispettivi parenti, al di là dei rapporti intercorrenti tra i genitori e le rispettive famiglie d'origine.

Nella sentenza in esame viene nuovamente riaffermato come la tutela della bigenitorialità debba essere considerata come il best interest del minore.

Nella stessa direzione era andato peraltro anche il Tribunale di Castrovillari con la sentenza n. 728 del 27 luglio 2018, che, in un caso sovrapponibile a quello in commento, aveva stabilito che «in presenza di una sindrome di alienazione parentale si dimostra priva di capacità genitoriale la madre che, con i condizionamenti esercitati sul figlio, ha annientato il rapporto del minore con il padre, così compromettendo il suo equilibrio interiore, così da esporlo ad un alto rischio di relazioni sociali e affettive disfunzionali. Il minore va, perciò, affidato in via esclusiva al padre il quale, nel corso del giudizio, ha sempre mostrato particolare attenzione alle esigenze del figlio ed ha manifestato rispetto verso la figura materna, ritenuta dallo stesso essenziale per la serenità del figlio, nonostante l'alto livello di conflittualità coniugale, così rivelando un'indubbia maturità».

Osservazioni

La giurisprudenza sta dedicando particolare attenzione all'alienazione genitoriale e alla tutela del diritto alla bigenitorialità.

Nel caso di specie non solo si parla di sindrome da alienazione parentale ma se ne riportano tutti gli indici indicatori, pur sottolineando che tale definizione è dal punto di vista scientifico controversa.

Le figure genitoriali risultano importanti nel percorso di crescita del minore e, proprio quando la famiglia si disgrega, il genitore c.d. collocatario ha il dovere di favorire il rapporto con l'altro genitore. Impedire il regolare svolgimento del rapporto genitore/figlio non potrà che avere ripercussioni deleterie sull'equilibrio psicofisico del minore e potrebbe portare anche a causare al minore delle patologie.

Occorre però considerare anche l'opposizione che può manifestare il minore nei confronti del genitore non collocatario.

Sul punto, però, è stato chiarito che neppure la resistenza del minore a incontrare l'altro genitore può essere utilizzata come giustificazione per evitare la frequentazione con quest'ultimo, dal momento che il genitore affidatario deve comunque garantire e rispettare il diritto alla bigenitorialità dei figli.

In casi come quelli in commento, non può prescindersi dal valutare quale possa risultare il miglior interesse del minore, se rispettare le sue volontà di non avere rapporti con una delle figure genitoriali oppure tutelare ugualmente il suo diritto alla bigenitorialità, anche contro la sua volontà.

Nel caso di specie, si è data prevalenza a questa seconda opzione, decidendo per un affido esclusivo in favore del padre.

Inoltre, con riguardo al collocamento, quando vi è il pericolo di un possibile trauma per il minore, la scelta più sensata nel suo interesse appare quella del collocamento temporaneo presso soggetti terzi al fine di consentirgli di ripristinare il rapporto con il genitore c.d. alienato; nel caso di specie non si è ritenuto di scegliere tale soluzione su indicazione dei periti che l'avevano ritenuto finanche controproducente.

Lo sradicamento dal genitore di riferimento potrebbe astrattamente creare dei disagi alla minore ma, a parere di chi scrive, la soluzione applicata dal Tribunale di Brescia pare adeguata e idonea ad impedire o comunque limitare i potenziali danni psicologici subiti dalla ragazza tenendo contro dei maggiori danni che avrebbe avuto se fosse rimasto il collocamento presso la madre con la conseguente esclusione del padre dalla sua vita.

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