È sufficiente il solo invio tramite PEC dell’atto endofallimentare per far decorrere il termine per proporre opposizione

Redazione scientifica
26 Agosto 2019

Basta il solo invio della PEC relativa all'esito della domanda di insinuazione al passivo per far decorrere il termine per proporre opposizione, senza che al curatore fallimentare sia imposta una doppia comunicazione (via posta elettronica certificata e via fax) del medesimo atto endofallimentare allo stesso destinatario.

Tardività dell'opposizione del creditore. In un contenzioso per l'ammissione al fallimento di un credito, il Tribunale rigettava l'opposizione al passivo di una società poiché tardivamente proposta (ossia il termine dei 30 giorni dalla comunicazione di cui all'art. 97, comma 2, l.f.). Avverso il decreto di rigetto ha proposto ricorso la società creditrice deducendo di aver indicato che le comunicazioni endofallimentari del curatore avrebbero dovuto essere eseguite cumulativamente sia via telefax che tramite PEC. Inoltre, secondo la ricorrente, la sua scelta di ricevere gli atti del procedimento tramite entrambi i suddetti canali comunicativi, avrebbe dovuto portare il Tribunale a considerare come data di decorrenza del termine per proporre opposizione quella di ricezione della seconda comunicazione a mezzo telefax e non quella di ricezione della prima a mezzo PEC.

Alternatività o cumulatività? La Cassazione, ritenendo infondato il ricorso, sottolinea che la richiesta di una «doppia modalità congiunta di comunicazione non è consentita dalla legge». Secondo l'art. 97, comma 2, l.f., nel testo vigente ratione temporis, la comunicazione dell'esito della domanda e del deposito in cancelleria dello stato passivo è data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento ovvero tramite telefax o PEC quando il creditore abbia indicato tale modalità di comunicazione. Dalla data della comunicazione decorre il termine perentorio di 30 giorni previsto dall'art. 99 l.f. per impugnare lo stato passivo.
Pertanto, sottolineano i Giudici, è evidente come la tesi della società, secondo cui il curatore aveva l'obbligo di eseguire una doppia comunicazione non trova alcun fondamento nelle norme citate. Inoltre, continua la Suprema Corte, la preferenza per l'alternatività tra le due forme di comunicazione (manifestata implicitamente dal Tribunale) non solo risponde al principio generale di conservazione degli atti giuridici «che impone di preferire, tra due possibili interpretazioni, quella secondo cui l'atto sia valido» ma ha anche lo scopo di creare certezza sul dies a quo ai fini della proposizione dell'opposizione.
Nel caso di specie il solo invio della PEC, regolarmente effettuato e ricevuto dal destinatario, è stato idoneo a rendere conoscibile l'esito della richiesta d'insinuazione al passivo fallimentare e quindi a far decorrere il termine per proporre opposizione. Per questi motivi, il ricorso viene rigettato.

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