La concentrazione delle tutele e procedimenti de potestate: no alla sovrapposizone di provvedimenti nell'interesse del minore

27 Agosto 2019

Qualora sia pendente innanzi al tribunale ordinario un giudizio di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c. preventivamente instaurato, la competenza del giudice ordinario in materia di procedimenti ex art. 330 e 333 c.c., è piena e non limitata alla sola adozione dei provvedimenti conseguenti alla dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale.
Massima

L'art. 38 disp.att. c.c. si interpreta alla luce del principio di concentrazione delle tutele, e pertanto, qualora sia pendente innanzi al tribunale ordinario un giudizio di separazione, divorzio o ex art. 316 c.c. preventivamente instaurato, la competenza del giudice ordinario in materia di procedimenti exart. 330 e 333 c.c., è piena e non limitata alla sola adozione dei provvedimenti conseguenti alla dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale.

Il caso

Il pubblico ministero minorile proporne ricorso al tribunale per i minorenni di Caltanissetta per la decadenza dalla responsabilità genitoriale di X, padre di minori, per condotte gravemente pregiudizievoli tenute dallo stesso, tra le quali gravi minacce nei confronti della moglie e una sottrazione di minore. Il tribunale rileva che tra i genitori dei minori è pendente giudizio di separazione, preventivamente instaurato innanzi al tribunale ordinario, ed esamina quindi, in via preliminare, il profilo della competenza.

La questione

L'art 38 disp. att. c.c., come riformato dalla legge n. 219/2012, prevede che, ferma restando la competenza generale del giudice minorile per i procedimenti de potestate, operi tuttavia una vis attractiva (o spostamento di competenza) in favore del tribunale ordinario, quando è pendente tra le stesse parti un giudizio di separazione, divorzio oppure ex art. 316 c.c.. Il Tribunale ordinario diviene così competente per i procedimenti ex art. 333 c.c. e per i provvedimenti ex art. 330 c.c.

L'inciso "stesse parti" e la distinzione tra "procedimenti" e "provvedimenti", autorizza diverse interpretazioni.

Segnatamente, autorizza l'interpretazione seguita da alcuni giudici di merito (Trib. min. Catania 21 marzo 2018) fondata sulla sentenza della Cass. civ, 29 luglio 2015,n. 15971 (citata anche nel provvedimento in esame), che rimarca la distinzione tra la pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale e i conseguenti provvedimenti di affidamento, collocamento del minore, eventuale visite del genitore, contributo al mantenimento, etc. Secondo questa tesi la differente terminologia usata dalla norma in esame comporta che la pronuncia sulla decadenza rimanga di spettanza del tribunale minorile e la vis attractiva operi solo per i provvedimenti conseguenti.

L'orientamento non è stato condiviso in altre e successive sentenze dei giudici di legittimità, segnatamente Cass. civ., sez. I, 14 gennaio 2016, n. 432 e Cass. civ., sez. I,1 luglio 2016, n. 17931, e da diversi giudici di merito, che hanno ritenuto la propria competenza a pronunciare, nell'ambito di giudizi separativi, anche la decadenza dalla responsabilità genitoriale (Trib. Roma, 9 gennaio 2018, n. 479; Trib. Pordenone 21 maggio 2015).

Altra questione è poi se i processi ad iniziativa del pubblico ministero minorile si sottraggano alla vis attractiva in favore del tribunale ordinario, in ragione della diversità di funzione propria del P.M. minorile rispetto al suo omologo presso il tribunale ordinario, posto che quest'ultimo è interventore necessario, ma sfornito di poteri di impulso.

In questi casi, ove si ritenga che la diversità di funzioni non sia ostativa all'attrazione della competenza, come operare un raccordo tra i due uffici?

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale per i minorenni di Caltanissetta aderisce all'orientamento della piena attrazione della competenza al tribunale ordinario, preventivamente adito (si veda anche Trib. Min. Bari 29 ottobre 2013), affermando che l'art. 38 disp att. c.c. deve essere letto alla luce del principio di concentrazione delle tutele e del principio di eguaglianza, ispiratore della intera legge n. 219/2012. Il giudice nisseno osserva che la novella legislativa ha voluto realizzare il principio di piena uguaglianza tra figli nati nel matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio eliminando, tra l'altro, il sistema binario prima vigente, in virtù del quale competente a decidere sull'affidamento dei figli nati nel matrimonio era il tribunale ordinario e competente sull'affido dei figli nati fuori dal matrimonio il tribunale per i minorenni. Si osserva inoltre che il principio di concentrazione delle tutele impone di evitare la possibile sovrapposizione di provvedimenti diversi e talora contrastanti, resi da due giudici diversi, l'uno adito dalla parti e l'altro dal P.M. minorile, ma che riguardano la medesima condotta. Di conseguenza dichiara la propria incompetenza e dispone la trasmissione degli atti alla procura della repubblica presso il tribunale ordinario.

La soluzione prescelta è chiaramente ispirata alla finalità di realizzare il best interest of the child, la cui attuazione dipende anche dalla chiarezza, univocità e attuabilità dei provvedimenti giudiziari che lo riguardano.

Osservazioni

Molte questioni sono state aperte dalla riforma dell'art. 38: alcune ormai avviate a soluzioni giurisprudenziali condivise, altre meno. Ad esempio, è ormai consolidata l'idea che la vis attractiva in favore del giudice ordinario operi solo se il processo di separazione, divorzio o affidamento sia stato preventivamente instaurato (Cass. civ., sez. VI , 23 gennaio 2019, n. 1866 Cass. civ. , sez. VI , 31 luglio 2018, n. 20202; Cass. civ., sez. VI , 13 marzo 2017, n. 6430) Meno consolidato, o meglio meno condiviso dai giudici di merito è invece l'orientamento secondo il quale il procedimento de potestate promosso dal pubblico ministero minorile si sottrae alla vis attractiva stante la diversità di funzioni di quest'organo rispetto al pubblico ministero ordinario. La Corte di Cassazione ha osservato che l'iniziativa del P.M. minorile non è ostativa allo spostamento di competenza e che in questi casi possono trovarsi meccanismi di raccordo tra i due uffici (Cass. civ., sez. I,14 gennaio 2016 n. 432) ma non tutti i tribunali minorili si sono adeguati a questa giurisprudenza (Trib. min. Catania 21 marzo 2018).

Il tribunale per i minorenni di Caltanissetta, invece, ritiene che l'iniziativa del P.M. non impedisca l'operare della vis attractiva e individua il meccanismo di raccordo nella trasmissione degli atti al pubblico ministero preso il tribunale ordinario. Questa soluzione è conforme al principio secondo il quale la riassunzione del processo innanzi al giudice competente deve avvenire ad impulso di parte, anche se talora trova applicazione anche la prassi della trasmissione diretta all'organo giudicante, prassi che la Corte di Cassazione ha già considerato un mezzo idoneo, in questa materia connotata da interessi di pubblica rilevanza, per avviare a soluzione la crisi aperta dalla pronuncia di incompetenza, indipendentemente dalla volontà e dalla diligenza di parte (Cass. civ., sez. I, 16 ottobre 2008, n. 25290)

Ancora controversa inoltre, la questione della estensione dei poteri del giudice ordinario e cioè se nell'ambito di un giudizio separativo si possa pronunciare la decadenza. La questione, nonostante sembrasse ormai definita nei termini posti da Cass. n. 432/2016, sopra citata, è stata di recente riaperta da Cass. civ. sez. VI, 23 gennaio 2019, n.1866 che, richiamandosi al precedente dato da Cass. n. 15971/2015, afferma che è escluso che la vis attractiva possa estendersi alla pronuncia di decadenza dalla responsabilità genitoriale, riservata in ogni caso al giudice minorile, ferma restando la competenza del tribunale ordinario per l'adozione dei provvedimenti conseguenti.

La questione non è di facile soluzione, anche perché il provvedimento di decadenza impone di attivare ulteriori procedure a tutela del minore, alcune della quali sicuramente legate alla competenza del tribunale minorile, come ad esempio, nei casi più gravi, le procedure di adozione.

Il principio di concentrazione delle tutele, tuttavia, non può essere vanificato senza incorrere in conseguenze molto serie e in particolare deve evitarsi la sovrapposizione di provvedimenti contrastanti, anche per non creare insormontabili ostacoli in sede esecutiva. Così anche qualora si ritenga che, pendente il processo separativo, la dichiarazione di decadenza spetti comunque al tribunale minorile, quest'ultimo si dovrebbe astenere dall'emettere provvedimenti che possano entrare in conflitto con quelli emessi dal tribunale ordinario in materia di affidamento. Il rischio ulteriore è che le incertezze nella determinazione del giudice competente possano rallentare l'azione di tutela e compromettere la velocità della risposta, essenziale nelle controversie in cui si discute della vita dei minori.

Guida all'approfondimento

A. Scalera, Il Tribunale si pronuncia a favore del principio di “concentrazione delle tutele” in IlFamiliarista, 10 marzo 2017;

F. Tommaseo, I procedimenti de potestate e la nuova legge sulla filiazione, in Riv. dir. proc., 2013, 563

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