Il regime dell'ammissibilità dell'azione di classe nelle nuove disposizioni introdotte con legge 12 aprile 2019 n. 31

28 Agosto 2019

L'azione di classe era un istituto nuovo, previsto dall'art. 140-bis codice del consumo; introdotta nel 2006, all'esito di un tormentato iter legislativo è stata di nuovo integralmente novellata con l'art. 49 della legge n. 99/2009 e poi successivamente riformata nel 2012. Viene del tutto rinnovata con legge 12 aprile 2019 pubblicata in G.U. n. 92 del 18 aprile 2019.
Il quadro normativo

L'azione di classe era un istituto nuovo, previsto dall'art. 140-bis codice del consumo; introdotta nel 2006, all'esito di un tormentato iter legislativo è stata di nuovo integralmente novellata con l'art. 49 della legge n. 99/2009 e poi successivamente riformata nel 2012. Viene del tutto rinnovata con legge 12 aprile 2019 pubblicata in G.U. n. 92 del 18 aprile 2019. La legge di nuovo conio prevede che sia inserito, dopo il titolo VIII del libro quarto del codice di procedura civile un Titolo VIII-bis rubricato “Dei procedimenti collettivi” composto dagli artt. da 840-bis a 840-sexiesdecies relativo ai procedimenti collettivi, ossia sia all'azione di classe che all'azione inibitoria collettiva.

I profili più rilevanti della nuova disciplina riguardano senz'altro da un lato l'ampliamento dell'ambito applicativo dell'azione di classe oltreché degli strumenti di tutela.

Per quanto riguarda il primo profilo viene eliminato ogni riferimento ai consumatori e utenti, in linea con il fatto che la nuova disciplina viene inserita nel c.p.c. e non più nel codice del consumo. Pertanto la nuova azione di classe è esperibile da tutti coloro che vantino pretese risarcitorie in relazione a “diritti individuali omogenei” ed è configurata nella titolarità di ciascun componente della classe, oltreché delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come finalità la tutela di tali diritti individuali omogenei.

L'azione può essere proposta nei confronti di imprese ed enti gestori di pubblici servizi o di servizi di pubblica utilità rispetto ad atti e comportamenti posti in essere nello svolgimento delle rispettive attività ed è utilizzabile a tutela delle situazioni soggettive nascenti dalle condotte lesive di tali soggetti ed è diretta all'accertamento delle relative responsabilità e alla condanna al risarcimento dei danni e alle restituzioni.

Con riferimento al secondo profilo innovativo vengono incrementati gli strumenti di tutela perché nel codice, insieme all'azione di classe, si prevede una azione inibitoria collettiva contro gli autori di condotte pregiudizievoli nei confronti di una pluralità di individui. Con tale azione chi vi abbia interesse, comprese le organizzazioni e associazioni no profit, può chiedere al giudice di ordinare alle imprese o agli enti gestori di servizi di pubblica utilità di cessare un comportamento lesivo di una pluralità di individui ed enti, espletato nello svolgimento delle attività, o il divieto di reiterazione di una condotta commissiva o omissiva degli stessi soggetti.

Il procedimento dell'azione di classe di nuovo conio viene articolato in tre fasi, la prima relativa all'ammissibilità dell'azione, la seconda alla decisione sul merito, entrambe attribuite alla competenza del tribunale, sezione specializzata in materia di impresa, la terza, relativa alla liquidazione delle somme agli aderenti all'azione di classe e specificamente affidata ad un decreto del giudice delegato.

Nello specifico in questa sede mi occuperò della prima fase, quindi dell'ammissibilità dell'azione di classe. Saranno opportuni a tal fine alcuni brevi riferimenti alla disciplina previgente.

La normativa entrerà in vigore il 19 aprile 2020 ma agli illeciti commessi anteriormente continueranno ad applicarsi le disposizioni del codice del consumo.

La decisione sull'ammissibilità della domanda di classe nell'art. 140-bis cod. cons.

La prima udienza nel sistema dell'art. 140-bis cod. cons. era diretta, ai sensi del comma 6, alla verifica dell'ammissibilità della domanda, decisione che va presa con ordinanza. Questa decisione poteva essere rimandata, con contemporanea sospensione del processo, quando sui fatti rilevanti ai fini della decisione fosse in corso un'istruttoria dinanzi ad un'autorità amministrativa indipendente ovvero dinanzi al giudice amministrativo.

Si trattava di un vaglio sommario preliminare di ammissibilità che attribuiva al giudice non un potere diretto a verificare e a identificare la class nei cui confronti l'azione è diretta ma un potere diretto a valutare l'identità dei diritti individuali tutelabili.

La norma specificava che la domanda doveva essere dichiarata inammissibile quando: 1) è manifestamente infondata; 2) sussiste un conflitto di interessi; 3) il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del secondo comma; 4) il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.

Con l'ordinanza che decideva nel senso dell'inammissibilità della domanda il giudice, per espresso dettato del settimo comma della norma, regolava le spese, anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c. e ordinava la pubblicità più opportuna a cura e a spese del soccombente.

L'impugnazione dell'ordinanza che decide sull'ammissibilità/inammissibilità della domanda nell'art. 140-bis cod. cons.

Ai sensi del settimo comma dell'art. 140-bis l'ordinanza che decideva sull'ammissibilità – e, quindi, l'ordinanza che decide sia nel senso dell'ammissibilità che dell'inammissibilità – era reclamabile dinanzi alla Corte d'appello nel termine perentorio di 30 gg. dalla sua comunicazione o notificazione se anteriore.

Sul reclamo la Corte decideva in camera di consiglio con ordinanza non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso.

Il reclamo dell'ordinanza di segno positivo non sospendeva il contemporaneo procedimento pendente dinanzi al tribunale.

Il richiamo alle norme sulla decisione in camera di consiglio induceva a ritenere applicabili in questa fase tutte le norme ex art. 737 e ss. c.p.c. tranne quelle espressamente derogate dalla previsione; il termine perentorio era quindi quello maggiore, 30 gg., previsto dalla norma speciale e non quello più breve di 10 gg. previsto dalla norma generale in tema di procedimenti camerali (art. 739, comma 2, c.p.c.); l'istruttoria era da ritenersi deformalizzata ex art. 738 c.p.c. ed era possibile l'acquisizione di nuovi mezzi di prova sino all'udienza di discussione.

Il regime dell'ordinanza di ammissibilità dell'azione di classe nell'art. 140-bis cod. cons.

Con l'ordinanza con cui ammetteva l'azione collettiva il tribunale, ai sensi del comma 9, fissava termini e modalità della pubblicità più opportuna, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. L'esecuzione della pubblicità era espressamente prevista come condizione di procedibilità della domanda.

Con la stessa ordinanza il tribunale doveva:

a) definire i caratteri dei diritti individuali oggetto dell'azione collettiva, in particolare specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe tutelando ovvero si devono ritenere esclusi dall'azione;

b) fissare un termine perentorio, non superiore a 120 gg. dalla scadenza di quello già dettato per l'esecuzione della pubblicità obbligatoria, entro cui, come già accennato, gli atti di adesione, anche per il tramite dell'attore, devono essere depositati in cancelleria. Copia dell'ordinanza è trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello Sviluppo economico che ne cura le ulteriori forme pubblicitarie, in particolare tramite internet.

Il profilo sub a) era di rilevante interesse perché rappresentava la trasposizione italiana della c.d. defining function del giudice prevista dalla Rule 23 nel sistema nordamericano. Si trattava del metodo e degli strumenti attraverso i quali il giudice provvede ad identificare la class nel cui interesse l'azione è proposta; il controllo della comunanza di questioni è solo il primo di una serie di controlli attraverso i quali si arriva all'individuazione degli interessi che si devono ritenere in concreto dedotti in giudizio ed ha, quindi un'importanza particolare.

Era espressamente escluso l'intervento dei terzi ai sensi dell'art. 105 c.p.c.

Con la stessa ordinanza il tribunale determinava il successivo corso del procedimento assicurando, nel rispetto del contraddittorio, «l'equa, efficace e sollecita gestione del processo».

Con la stessa ordinanza, sempre modificabile e revocabile, il tribunale prescriveva le misure idonee ad evitare “indebite ripetizioni” o “complicazioni” nella presentazione di prove o argomenti; onerava le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti all'azione; regolava nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria; disciplinava ogni ulteriore questione di rito, omettendo ogni formalità non essenziale al contraddittorio.

Appariva evidente che il regime del rito dovesse essere improntato alla più celere trattazione e spedizione in decisione della causa sull'azione collettiva; a questo fine si parlava di misure atte ad evitare ripetizioni o complicazioni; in sostanza tutto il procedimento doveva essere rigidamente improntato ad evitare ogni inutile perdita di tempo, salvo tutto ciò che fosse necessario per il rispetto del contraddittorio.

Il regime dell'ammissibilità della domanda nel nuovo art. 840-ter c.p.c.

La disciplina organica della nuova azione di classe dedica l'art. 840-ter c.p.c. di nuova introduzione alla “Forma e ammissibilità della domanda”. Le modifiche rispetto alla precedente disciplina in punto di forma e ammissibilità della domanda diretta alla proposizione dell'azione di classe sono pregnanti. Infatti ai sensi della normativa del 2019 l'azione di classe si propone con ricorso esclusivamente innanzi alla Sezione Specializzata in materia di impresa competente per il luogo in cui ha sede la parte resistente. Tale ricorso, insieme con il decreto di fissazione dell'udienza è pubblicato, a cura della cancelleria entro dieci giorni dal deposito del decreto, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia, al fine di assicurare la facile reperibilità delle informazioni in esso contenute, come la stessa norma dell'art. 840-ter c.p.c. espressamente prevede.

Il rito attualmente previsto è quello sommario di cognizione di cui agli artt. 702-bis e ss. c.p.c. ed è definito con sentenza che deve essere pronunciata entro trenta giorni dalla discussione orale della causa.

La norma prevede espressamente che non possa essere disposto il mutamento del rito.

La nuova norma prevede ora espressamente che entro il termine di trenta giorni dalla prima udienza il Tribunale – Sezione Specializzata in materia di impresa – debba decidere con ordinanza sull'ammissibilità della domanda di classe ma possa anche sospendere il giudizio allorché sui fatti rilevanti ai fini della decisione sia in corso un'istruttoria davanti ad un'autorità indipendente o un giudizio innanzi al giudice amministrativo. In sostanza, pertanto, a parte la competenza ormai attribuita in via esclusiva alle Sezioni Specializzate in materia di impresa e il rito prescelto che è, come visto, il sommario di cognizione, la previsione ricalca nella sostanza il precedente comma 6 dell'art. 140-bis cod. cons.

Nella previsione normativa dell'art. 840-ter c.p.c. viene però aggiunto, rispetto al precedente art. 140-bis cod. cons., l'inciso che «Restano ferme le disposizioni del decreto legislativo 19 gennaio 2017 n. 3». Tale decreto, come è noto, è relativo alla Attuazione della direttiva 2014/104/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazione delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione Europea. In particolare l'inciso a mio parere intende far riferimento agli effetti delle decisioni dell'autorità garante della concorrenza, atteso che, a norma dell'art. 7 del decreto in parola, ai fini dell'azione per il risarcimento del danno si ritiene definitivamente accertata, rispetto all'autore, la violazione del diritto della concorrenza constatata da una decisione dell'autorità garante della concorrenza e del mercato non più soggetta ad impugnazione innanzi al giudice del ricorso o da una sentenza del giudice del ricorso passata in giudicato. Peraltro, ai sensi di tale previsione, la decisione definitiva con cui l'autorità nazionale garante della concorrenza o il giudice del ricorso di altro Stato membro accerti una violazione della concorrenza costituisce “prova” nei confronti dell'autore, della natura della violazione e della sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, valutabile insieme ad altre prove.

Si può ritenere che ancora adesso, a maggior ragione attese le modifiche normative, il vaglio sommario preliminare di ammissibilità che viene attribuito al giudice non sia un potere diretto a verificare e identificare la classe nei cui confronti l'azione viene diretta, ma un potere diretto piuttosto a valutare l'identità dei diritti individuali tutelabili.

In particolare, senza alcuna modifica sostanziale rispetto alla precedente disciplina, la norma dell'art. 840-ter c.p.c. prevede che la domanda diretta ad instaurare l'azione di classe sia dichiarata inammissibile in 4 ipotesi:

a) quando è manifestamente infondata;

b) quando il tribunale non ravvisa omogeneità die diritti individuali tutelabili ai sensi dell'art. 840-bis c.p.c.

c) quando il ricorrente versa in stato di conflitto di interessi nei confronti del resistente;

d) quando il ricorrente non appare in grado di curare adeguatamente i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.

Rispetto alla precedente disciplina nulla muta se non una inversione nell'ordine delle ipotesi di inammissibilità oltreché il riferimento alla omogeneità dei diritti tutelabili con l'azione di classe e non più all'identità come nella precedente previsione.

La logica è senz'altro comprensibile alla luce del mutato quadro normativo.

Infatti l'art. 840-bis c.p.c. di nuova introduzione stabilisce che sono tutelabili «i diritti individuali omogenei» in linea con quanto ricordato supra, ossia che viene esteso dalla nuova normativa l'ambito applicativo dell'azione di classe che elimina ogni riferimento ai consumatori e utenti. Viene per tal modo eliminata la previsione del precedente comma 2 dell'art. 140-bis cod. cons. Il quale stabiliva che con l'azione di classe si tutelassero i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nella medesima situazione nei confronti di una identica impresa..., gli identici diritti spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del produttore; gli identici diritti al risarcimento del danno derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali. Sicché, nel nuovo regime normativo, l'azione di classe è sempre esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione alla lesione di diritti individuali “omogenei”; essa è pertanto nella titolarità di ciascun componente della classe ma anche delle organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che abbiano quale finalità la tutela dei diritti in questione e che siano iscritte in un apposito elenco tenuto dal Ministero dello Sviluppo Economico. Pertanto poiché la nuova disciplina viene trasferita dal limitato settore del codice del consumo, al più ampio ambito del codice di rito, la nuova azione di classe è esperibile da tutti coloro che vantino pretese risarcitorie rispetto a comportamenti lesivi di diritti individuali omogenei.

Con riferimento alla pubblicità dell'azione di classe, l'art. 840-ter c.p.c. stabilisce che l'ordinanza che decide sull'ammissibilità sia pubblicata, a cura della cancelleria, nell'area pubblica del portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia, entro quindici giorni dalla pronuncia. La previsione si spiega in funzione dell'ampio ricorso alle tecnologie informative e della comunicazione che tutta la nuova disciplina prevede ai fini della pubblicità della procedura dell'azione di classe.

La riproposizione della domanda in caso di inammissibilità nel nuovo art. 840-ter c.p.c.

L'art. 840-ter c.p.c. di nuovo conio prevede testualmente al sesto comma che allorché sia dichiarata l'inammissibilità ai sensi della lettera a) del quarto comma della disposizione e, pertanto, allorché essa sia ritenuta manifestamente infondata, il ricorrente possa riproporre l'azione di classe allorché si verifichino mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o di diritto.

La norma ricalca all'evidenza il disposto dell'art. 669-septies c.p.c. in punto di riproponibilità della domanda cautelare rigettata per motivi relativi alla fondatezza della domanda stessa, in punto di fumus o di periculum in mora. In tale caso, infatti, la norma consente la riproposizione della domanda cautelare che sia fondata su mutamenti delle circostanze ovvero su nuove ragioni di fatto o di diritto.

A mio parere la previsione può creare gli stessi problemi interpretativi già postisi con riferimento alla norma dell'art. 669-septies richiamata.

Infatti ricordo come con riferimento alla domanda cautelare riproposta perché basata su mutamenti delle circostanze la dottrina si era divisa tra chi riteneva deducibili non soltanto fatti costitutivi del diritto e del pericolo ma anche nuove prove e chi, invece, riteneva deducibili unicamente le sopravvenienze. Ma anche con riferimento alle nuove ragioni di fatto o di diritto è noto come il problema si sia posto tra la deduzione delle ragioni di fatto o di diritto “nuove” perché non dedotte in precedenza ovvero, per la necessità di far valere circostanze e motivi sopravvenuti in sede di reclamo cautelare, la limitazione delle nuove ragioni di fatto o di diritto alle sole sopravvenienze.

Mi domando, allora, in sede di prima lettura, se rispetto alla previsione del nuovo art. 840-ter c.p.c., rispetto all'azione di classe dichiarata inammissibile, possano riproporsi gli stessi problemi postisi in sede di interpretazione e applicazione dell'art. 669-septies.

Con riferimento pertanto ai mutamenti delle circostanze il quesito è relativo alla possibilità di riproporre la domanda di classe deducendo nuovi fatti costitutivi del diritto o anche nuove prove non dedotte in precedenza. Con riguardo alle nuove ragioni di fatto o di diritto mi domando se possa ritenersi vigente rispetto all'azione di classe il principio per cui la preclusione copre il dedotto ma non il deducibile, con conseguente deducibilità di ragioni di fatto o di diritto nuove in quanto non dedotte.

Alla luce della nuova previsione legislativa mi chiedo, pertanto, se sia possibile assegnare alla norma il significato più ampio e consentire, pertanto, la riproposizione della domanda di azione di classe anche sulla base di nuove prove a sostegno del diritto omogeneo, sia la deduzione di nuove ragioni di fatto o di diritto in senso lato e quindi comprensive anche del deducibile, oppure se ad essa debba essere data una interpretazione restrittiva.

Probabilmente l'intento legislativo è il secondo; e ciò a mio parere potrebbe essere confermato dalla previsione, di nuovo, del reclamo alla Corte d'appello come rimedio unico contro l'ordinanza di inammissibilità e tendenzialmente onnicomprensivo. Non solo, ma la previsione della riproponibilità della domanda di classe solo se subordinata ai mutamenti di circostanze o alla deduzione di nuove ragioni di fatto o di diritto, induce a ritenere che si sia voluto dare all'ordinanza di rigetto dell'azione di classe un significato preclusivo di natura pressoché simile alla preclusione da cosa giudicata, impedendo, a tale stregua, la riproposizione non solo del dedotto ma anche di ciò che era deducibile quando è stata proposta la prima azione. E infatti il nuovo sistema derivante dall'art. 840-ter c.p.c. non mi pare lasci adito a dubbi proprio perché non consente la proposizione di una domanda di classe che si fondi sulla stessa ragione o titolo giustificativo se non vi siano circostanze nuove che inducano a ritenere esistente il presupposto dell'ammissibilità dell'azione.

In tal senso è probabile che si sia voluta evidenziare la volontà legislativa di impedire la riproponibilità libera e non “circostanziata” di azioni di classe fondate sulla stessa causa petendi nei confronti delle stesse imprese convenute da parte dello stesso attore; attore che, in caso di dichiarazione di inammissibilità, dovrebbe porre particolare attenzione alla riproposizione della domanda se non sorretta dai mutamenti delle circostanze o dalle nuove ragioni di fatto o di diritto in senso stretto, per evitare il rischio, nemmeno troppo remoto, di una condanna per lite temeraria.

L'impugnabilità dell'ordinanza che decide sull'ammissibilità della domanda nel nuovo art. 840-ter c.p.c.

L'art. 840-ter c.p.c. stabilisce che l'ordinanza che decide sull'ammissibilità dell'azione di classe è reclamabile dalle parti davanti alla Corte d'appello entro trenta giorni dalla sua comunicazione o dalla sua notificazione se anteriore. Sul reclamo la Corte d'appello decide in camera di consiglio, con ordinanza, entro trenta giorni dal deposito del ricorso introduttivo del reclamo. In caso di accertamento in tale sede dell'ammissibilità dell'azione, la Corte d'appello deve trasmettere gli atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa.

Il reclamo dell'ordinanza di segno positivo non sospende il contemporaneo procedimento pendente davanti al Tribunale.

La norma non presenta peculiari novità rispetto alla formulazione precedente del comma settimo dell'art. 140-bis cod. cons. Una delle poche novità è la riduzione del termine assegnato alla Corte d'appello per la decisione che passa da 40 giorni dal deposito del ricorso agli attuali 30 giorni dal deposito del ricorso introduttivo del reclamo.

Ulteriore novità rispetto al testo precedente è la previsione che la Corte d'appello debba, in caso di accertamento dell'ammissibilità, trasmettere gli atti al tribunale per consentire la prosecuzione della causa. La previsione, pur se non esplicitata nella formulazione dell'art. 140-bis cod. cons. era comunque così intesa dagli interpreti che ritenevano dovesse essere, appunto, la stessa Corte d'appello ad impartire nella ordinanza con cui decideva il reclamo i provvedimenti per la prosecuzione del giudizio innanzi al giudice della prima fase. Del resto ora come allora è escluso che la Corte d'appello possa in alcun modo procedere ad una decisione sostitutiva, essendo il reclamo limitato alla questione relativa alla ammissibilità della domanda di classe.

Il richiamo alle norme sulla decisione in camera di consiglio induce a ritenere applicabili in questa fase tutte le norme ex art. 737 e ss. c.p.c. tranne quelle espressamente derogate dalla previsione; il termine perentorio è quindi quello maggiore, 30 gg., previsto dalla norma speciale e non quello più breve di 10 gg. previsto dalla norma generale in tema di procedimenti camerali (art. 739, comma 2, c.p.c.); l'istruttoria è deformalizzata ex art. 738 c.p.c. ed è possibile l'acquisizione di nuovi mezzi di prova sino all'udienza di discussione.

Regime delle spese nel nuovo art. 840-ter c.p.c.

La norma di nuovo conio prevede che con l'ordinanza di inammissibilità e con quella che, in sede di reclamo, conferma l'ordinanza di inammissibilità, il giudice regoli le spese processuali.

La formulazione della previsione è senz'altro migliore rispetto alla precedente. Infatti l'art. 140-bis cod. cons. prevedeva che con l'ordinanza che decideva nel senso dell'inammissibilità della domanda il giudice dovesse regolare le spese, anche ai sensi dell'art. 96 c.p.c. e ordinare la pubblicità più opportuna a cura e a spese del soccombente.

Viene a mio parere colmata una lacuna della previsione del codice del consumo che nulla diceva con riferimento alle spese del reclamo in caso di conferma della inammissibilità. Viene peraltro eliminato il riferimento esplicito all'art. 96 c.p.c., inutile in virtù del generale richiamo alla disciplina delle spese processuali.

(FONTE: ilprocessocivile.it)

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