Risarcimento ridotto in appello: come si determina la somma che il danneggiato deve restituire all’assicurazione?

Redazione Scientifica
29 Agosto 2019

Laddove la somma del risarcimento del danno venga rideterminata nel giudizio di seconde cure in diminuzione rispetto a quella inizialmente calcolata, il danneggiato dovrà restituire le somme eccedenti percepite a titolo di anticipo secondo i criteri elencati dalla giurisprudenza di legittimità.

La vicenda. La Corte d'Appello di Roma, riformando parzialmente la pronuncia di prime cure, ha riquantificato la somma riconosciuta a parte attorea come risarcimento per i danni subiti a seguito di un sinistro stradale. Di conseguenza, la donna veniva condannata a restituire alla compagnia assicurativa la somma percepita in eccedenza. La pronuncia è stata impugnata con ricorso per cassazione.

Acconti da restituire. Posta l'inammissibilità dei motivi con cui la ricorrente censura le modalità di determinazione del danno non patrimoniale subito, la Corte ritiene fondata la doglianza relativa all'erronea determinazione degli acconti oggetto di restituzione alla compagnia assicurativa. La Corte territoriale aveva infatti impropriamente computato anche gli interessi e la rivalutazione, con un indebito incremento di tali somme per accessori corrispondenti ad un periodo di tempo durante il quale esse non erano in realtà state godute dal danneggiato.
Secondo la consolidata giurisprudenza infatti, nelle obbligazioni risarcitorie, «il creditore deve essere risarcito, mediante la corresponsione di interessi compensativi, del danno che si presume essergli derivato dall'impossibilità di disporre tempestivamente della somma dovuta e di impiegarla in maniera remunerativa, sicché la liquidazione del danno da ritardato adempimento, ove il debitore abbia pagato un acconto prima della quantificazione definitiva, deve avvenire: a) devalutando l'acconto ed il credito alla data dell'illecito; b) detraendo l'acconto dal credito; c) calcolando gli interessi compensativi mediante l'individuazione di un saggio scelto in via equitativa, da applicare prima sull'intero capitale, rivalutando anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell'illecito al pagamento dell'acconto, e poi sulla somma residua dopo la detrazione dell'acconto, rivalutata annualmente, per il periodo che va da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva» (Cass. civ. n. 25817/2017; Cass. civ. n. 6619/2018). Precisa poi la Corte che resta fermo in ogni caso il principio per cui l'eventuale somma da pagare in restituzione a seguito del nuovo conteggio deve essere maggiorata dei soli interessi dalla data dei pagamenti ricevuti (Cass. civ., n. 21699/2011).
In conclusione, gli Ermellini accolto il motivo del ricorso summenzionato e rinviano alla Corte d'Appello capitolina per il riesame della controversia.

(FONTE: dirittoegiustizia.it)

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.