L'azione di responsabilità esercitata dal curatore si prescrive in cinque anni

La Redazione
06 Settembre 2019

L'azione sociale di responsabilità, pur quando sia esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni, con decorrenza dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti: la prescrizione decorre, cioè, dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto.

L'azione sociale di responsabilità, pur quando sia esercitata dal curatore del fallimento, si prescrive nel termine di cinque anni, con decorrenza dal momento dell'oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell'insufficienza dell'attivo a soddisfare i debiti: la prescrizione decorre, cioè, dal momento in cui l'insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei crediti risulti da qualsiasi fatto che possa essere conosciuto.

Il caso. A seguito del fallimento di una S.p.a. il curatore fallimentare promuoveva azione di responsabilità nei confronti degli amministratori della stessa per fatti di mala gestio. I convenuti eccepivano il decorso del termine quinquennale di prescrizione dall'intervenuta insufficienza del patrimonio sociale come previsto dall'art. 2394 c.c. Il Tribunale respingeva l'eccezione e condannava gli amministratori al risarcimento danni. La sentenza era confermata in appello e i convenuti proponevano ricorso in Cassazione.

Bilancio d'esercizio e incapienza della società. Un bilancio di esercizio che segnali una situazione patrimoniale in negativo è idoneo a rendere manifesto lo stato di incapienza della società.

Laddove con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione.

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