L'amministratore non ha diritto al rimborso delle spese (non urgenti) anticipate senza il preventivo controllo dell'assemblea

Guerino De Santis
09 Settembre 2019

Il tema riguardante il diritto dell'amministratore al rimborso da parte del Condominio delle spese affrontate per i lavori di ristrutturazione dello stabile involge una serie di problematiche che attengono particolarmente alla figura del mandato, alla differenziazione delle spese in urgenti e non urgenti, e soprattutto al controllo dell'assemblea sulla spesa in via preventiva, ma anche tramite ratifica.
Massima

Il credito dell'amministratore di Condominio per il recupero delle somme anticipate nell'interesse del condominio fonda, ex art. 1720 c.c., sul contratto di mandato con rappresentanza che intercorre con i condomini, sicchè grava sullo stesso la prova degli esborsi effettuati, mentre spetta ai condomini (e quindi al condominio) - tenuti, quali mandanti, a rimborsargli le anticipazioni da lui effettuate, con gli interessi legali dal giorno in cui sono state fatte, nonché a pagargli il compenso oltre al risarcimento dell'eventuale danno - dimostrare di avere adempiuto all'obbligo di tenere indenne l'amministratore di ogni diminuzione patrimoniale in proposito subita.

Il caso

Un condominio proponeva ricorso ex art. 702-bis c.p.c. nei confronti dell'ex amministratore per sentirlo condannare alla restituzione della somma complessiva di € 18.196,52, presente nelle casse condominiali al momento del passaggio delle consegne e apparentemente trattenuta senza titolo. Sosteneva l'attore che di tale importo, una parte pari ad € 13.312,04, era stata imputata dal resistente prima del giudizio aspese per lavori di apposizione reti e spicconamento dei frontalini asseritamente non autorizzati dal Condominio, mentre la restante parte di € 4.884,88 era stata trattenuta dallo stesso in acconto sulla parcella relativa alla progettazione dei lavori di manutenzione.

Si costituiva in giudizio l'amministratore il quale, oltre ad eccepire l'improcedibilità del ricorso per un vizio relativo al procedimento di mediazione, ribadiva le sue difese nei termini innanzi illustrati.

La questione

Il condominio chiedeva conto all'amministratore cessato dal suo incarico della somma di € 18.196,52 esistente in cassa al momento del passaggio delle consegne al nuovo incaricato, ricorrendo al Tribunale in via di cognizione sommaria ed instando per la restituzione nelle casse condominiali dell'importo detenuto sine titulo da parte dell'amministratore. Questi affermava, invece, che una parte della somma veniva trattenuta, avendola anticipata, per lavori di messa in sicurezza e rifacimento dei frontalini del palazzo, mentre la restante parte veniva imputata ad acconto su compensi non corrisposti dal condominio. L'amministratore, in pratica, aveva operato una compensazione nei confronti del condominio da lui amministrato in passato, in quanto non contestava la restituzione ma riteneva legittima l'appropriazione delle somme in virtù delle suddette causali.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale di Catania, in via preliminare, decideva sull'eccezione di improcedibilità della domanda sollevata dal resistente per una presunta carenza di potere del nuovo amministratore di condominio a stare in mediazione. Eccezione prontamente risolta, laddove veniva affermato che l'amministratore munito di autorizzazione dell'assemblea a proporre il tentativo di mediazione obbligatorio, fosse anche con lo stesso assunto assembleare legittimato a stare al tavolo di mediazione ed a condurre le eventuali trattative, salvo poi farsi di nuovo autorizzare in caso di decisione su un concreto tentativo di accordo. Anzi veniva dal decidente affermato come il tentativo aveva avuto esito negativo esclusivamente per l'assenza dello stesso resistente che aveva sollevato l'eccezione.

Nel merito, il Tribunale osservava che la figura dell'amministratore di condominio andava qualificata come un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza con conseguente applicabilità delle disposizioni sul mandato, e, pertanto, a norma dell'art. 1713 c.c., “l'amministratore cessato dalla carica deve rendere il conto ed è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell'esercizio del suo mandato”.

Sul punto, il magistrato etneo affermava che l'amministratore di condominio non ha - salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e 1135 c.c. in tema di lavori urgenti - un generale potere di spesa, in quanto spetta all'assemblea il compito di valutare l'opportunità delle spese da questi sostenute. Ne consegue che, in assenza di una deliberazione condominiale, l'amministratore non può esigere il rimborso delle spese da lui anticipate, in quanto il generale principio dell'art. 1720 c.c. per cui il mandante è tenuto a rimborsare al mandatario le spese anticipate, va coordinato con i principi in materia di condominio, secondo cui il credito dell'amministratore non può considerarsi liquido ed esigibile senza un preventivo controllo da parte dell'assemblea (Cass. civ., sez. II, 20 agosto 2014, n. 18084; Cass. civ., sez. VI, 16 aprile 2012, n. 5984; Cass. civ., sez. II, 27 gennaio 2012, n. 1224; Cass. civ., sez. II, 27 giugno 2011, n. 14197).

In sostanza, rilevava il giudicante che il resistente ex amministratore non aveva dimostrato di aver concretamente sostenuto gli esborsi con fondi propri, non assurgendo a prova il disavanzo nel rendiconto tra entrate ed uscite quale verifica, in via deduttiva, che la differenza fosse stata colmata dall'amministratore con denaro proprio.

A ciò si aggiunga che, secondo la curia catanese, trattandosi di poste rilevanti, l'amministratore avrebbe dovuto offrire una “puntuale indicazione e spiegazione dell'impiego delle somme versate dai condomini, distinguendole dalle poste passive ripianate invece con denaro proprio e rapportando le movimentazioni bancarie ai rendiconti”, rilevando ancor di più che il condominio ricorrente non aveva approvato, contestandolo, il credito dell'impresa appaltatrice.

Sulla residua parte del credito, relativa alla trattenuta da parte dell'ex amministratore della somma di € 4.884,88, il tribunale ne dichiarava la legittimità in quanto spettante all'amministratore, in quota parte, a titolo di compensi non stabiliti unilateralmente ma concordati con l'assemblea.

Osservazioni

Nella casistica condominiale è sovente che vi siano discussioni in ordine alle attribuzioni che la legge attribuisce direttamente all'amministratore ed a quelle che invece l'amministratore deve ricevere dall'assemblea condominiale.

E' ormai consolidato l'orientamento giurisprudenziale per cui il rapporto fra amministratore e condominio, non costituendo questo un ente giuridico, va ricondotto nell'alveo non della rappresentanza organica, ma piuttosto di rappresentanza volontaria, effetto di un mandato (collettivo) e generatrice di poteri uguali a quelli di un comune mandatario (Cass. civ., sez. II, 6 febbraio 2009, n. 3044; Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2008, n. 25251; Cass. civ. sez. un., Civ. 8 aprile 2008, n. 9148; Cass. civ., sez. III, 22 aprile 2008, n. 10369; Cass. civ., sez. I, 13 dicembre 2006, n. 26689; Trib. Milano 13 settembre 2004, n. 10857).

Detto ciò, va rimarcato come la legge, in tema di mandato, delinea i confini entro cui il mandatario debba muoversi e di come la giurisprudenza abbia individuato il perimetro di contaminazione dell'istituto con la disciplina del condominio.

Ed è proprio questo il punto.

Partiamo da un presupposto generale: è pacifico che l'amministratore laddove la spesa (sempre relativa alla conservazione delle parti comuni) sia urgente può procedere senza “passare” attraverso l'assemblea, salvo farsi ratificare il suo operato nella prima utile; nel caso in cui non vi sia urgenza delle opere, egli deve convocare l'assemblea e farsi autorizzare la spesa, salvo la perdita del diritto al rimborso ove anticipata di tasca propria e l'eventuale azione di danni a suo carico ove le somme fossero state prelevate dal conto condominiale.

Nel caso che ci occupa, l'amministratore aveva fatto eseguire dei lavori di apposizione rete protettiva e rifacimento dei frontalini dei balconi per l'importo di oltre 13.000,00 euro, non solo non facendosi autorizzare la spesa in via preventiva dal condominio, in modo da permetterne un controllo sulla congruità anche con riferimento alla capienza del fondo, ma anche ricevendo la mancata approvazione/contestazione assembleare dell'esborso dallo stesso affrontato in via di anticipazione, successiva alla esecuzione.

Tralasciando la verifica dei dubbi circa l'esistenza di una spesa urgente (se si parla di apposizione di rete protettiva e rifacimento dei frontalini si dà per scontato che vi fosse un problema di incolumità dei condomini e dei terzi minacciata dalla potenziale caduta di calcinacci dai balconi), ragioniamo con il giudice per una giustezza del suo convincimento in un'ottica di spesa non urgente maturata nell'ambito di una non autorizzazione dell'assemblea preventiva o ratifica successiva.

Infatti, è stata respinta la domanda di compensazione con cui l'amministratore uscente tentava di attribuirsi il rimborso delle somme anticipate per l'esecuzione dei lavori, non solo per non essere stato autorizzato ma anche per non aver dimostrato documentalmente la spesa e la corretta iscrizione della stessa nei bilanci condominiali, anche se in via di anticipazione personale.

La giurisprudenza di merito ha chiarito che l'amministratore di condominio ha l'obbligo di giustificare dettagliatamente le spese addebitate ai suoi mandanti al fine di consentire la chiara e trasparente verifica, essendo obbligato alla restituzione delle somme non contabilizzate dal condominio, costituendo ciò, in caso di omissione, violazione incombente sull'amministratore di condominio di svolgere l'incarico con l'uso della diligenza del buon padre di famiglia (Trib. Roma 17 luglio 2015 n. 15705) e che l'amministratore cessato dall'incarico, per giustificare la richiesta di rimborso, deve non solo presentare i dati contabili finali della sua attività, ma accompagnare necessariamente la sua domanda con tutti i documenti giustificativi della stessa pretesa (Trib. Napoli 25 novembre 1996).

In linea generale, da ultimo, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'obbligo di rendiconto che, quale mandatario con rappresentanza dei condomini, l'amministratore è tenuto a osservare con riferimento alle somme detenute per conto del condominio, può dirsi adempiuto quando egli abbia fornito la prova, attraverso i necessari documenti giustificativi, non soltanto della somma incassata e dell'entità e causale degli esborsi, ma anche di tutti gli elementi funzionali all'individuazione e al vaglio delle modalità di esecuzione dell'incarico, onde stabilire se il suo operato si sia adeguato, o meno, a criteri di buona amministrazione (Cass. civ., sez. VI/II, 17 gennaio 2019, n. 1186).

Guida all'approfondimento

Correale, La gestione degli interessi attivi e passivi del condominio. La posizione dell'amministratore nei confronti dei crediti e debiti del condominio, in L'amministratore, 2018

De Tilla, Codice del nuovo condominio commentato, Milano, 2016

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario