Incidente probatorio con modalità protette. La Cassazione rilegge la disciplina per evitare il rischio di “vittimizzazione secondaria”

Redazione Scientifica
09 Settembre 2019

La Sez. III della Cassazione penale – con sentenza n. 34091/2019 – ha dichiarato non corretta la prassi costante di ridurre il ricorso all'incidente probatorio “protetto” (art. 392, comma 1-bis, c.p.p.) ai soli casi in cui la persona offesa sia minorenne o in stato di particolare vulnerabilità.

La Sez. III della Cassazione penale – con sentenza n. 34091/2019 – ha dichiarato non corretta la prassi costante di ridurre il ricorso all'incidente probatorio “protetto” (art. 392, comma 1-bis, c.p.p.) ai soli casi in cui la persona offesa sia minorenne o in stato di particolare vulnerabilità.

I giudici di legittimità sono stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso del P.M. del Tribunale di Tivoli avverso il rigetto, da parte del Gip, della richiesta di incidente probatorio per assumere la testimonianza della persona offesa in un procedimento per il reato di violenza sessuale commesso quando la stessa era minore di età.

La Corte di cassazione, in accoglimento dei motivi presentati dal P.M. a sostegno del ricorso, ha affermato che il comma 1-bis dell'art. 392 cod. proc. pen., nel prevedere che le parti possano chiedere al Gip di procedere con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza della persona offesa, minorenne o maggiorenne, del reato di violenza sessuale anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma […], escluda qualsiasi potere discrezionale da parte del giudice circa l'opportunità di accogliere la richiesta. Le uniche valutazioni consentite al Gip attengono alla sussistenza dei requisiti indicati dalla disposizione, vale a dire:

  • che l'istanza provenga da soggetto processuale legittimato: il P.M. anche su richiesta della P.O. ovvero della persona sottoposta alle indagini;
  • che si stia procedendo per uno dei reati elencati dal comma 1-bis dell'articolo 392 c.p.p. ovvero che la persona offesa di altro reato versi in condizioni di particolare vulnerabilità;
  • che la testimonianza di cui si richiede l'assunzione un minore di età – anche se trattisi di persona offesa – ovvero la persona offesa maggiorenne.

Tale lettura e applicazione della disciplina è imposta dalla necessità – affermata anche dalla normativa internazionale ed europea – di evitare la c.d. vittimizzazione secondaria, fenomeno durante il quale la persona offesa si trova a rivivere i sentimenti di paura, di ansia e di dolore provati al momento della commissione del fatto (Corte cost., 21 febbraio 2018, n. 92). Tale conclusione – motiva la S.C. – si basa sulla considerazione del sempre maggior rilievo che negli ultimi anni ha assunto la necessità di tutelare le vittime del reato di violenza sessuale, a maggior ragione se minorenni all'epoca del fatto, nonché degli altri reati indicati dalla citata norma e, in generale, delle vittime vulnerabili. E proprio l'importanza di una adeguata tutela delle vittime vulnerabili è stata confermata dall'approvazione della legge n. 69/2019, cd. codice rosso.

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