Sottrazione e trattenimento di minore all’estero. Ombre di incostituzionalità sulla sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale

Piera Gasparini
16 Settembre 2019

La questione affrontata dalla decisione in commento riguarda la disciplina della fattispecie penale di cui all'art. 574-bis c.p., in punto di applicazione automatica della...
Massima

È rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 2 e 3 Cost., art. 27 Cost, comma 3, art. 30 e 31 Cost., nonché all'art. 10 Cost., in relazione alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 Novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176, la questione relativa alla conformità a Costituzione degli artt. 34 e 574-bis c.p., nella parte in cui impongono che alla condanna per i fatti previsti dalla norma penale incriminatrice commessi dal genitore in danno del figlio minore consegua automaticamente e per un periodo predeterminato dalla legge la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale (cfr. Corte Cost.n. 7 del 2013; Corte Cost.n. 31 del 2012).

Il caso

La Corte d'Appello di Firenze con la sentenza del 6 aprile 2018 confermava la pronuncia del Tribunale di Grosseto che aveva condannato l'imputata per il reato di cui all'art. 574-bis c.p., avendo la donna, madre di due minori, trattenuto all'estero, in Austria, i figli, contro la volontà del padre.

Il ricorso in sede di legittimità veniva proposto dalla difesa dell'imputata con deduzione di diversi motivi (in punto di dichiarazione di assenza ex art. 420-bis c.p.p., di erronea valutazione degli estremi della fattispecie incriminatrice di cui all'art. 574-bisc.p., di adeguatezza della pena, di disconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis c.p.), e in particolare con la preliminare richiesta di sollevare questione di costituzionalità dell' art. 34 c.p. e degli artt. 388 e 574-bis c.p. per contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 27, 30 e 117 Cost. in relazione all'art. 3 della Convenzione di New York del 20 Novembre 1989 e all'art. 24 par. 2 della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea, assumendo l'illegittimità delle norme che prevedono un automatismo nell'applicazione della pena accessoria della sospensione della responsabilità genitoriale in caso di condanna dell'autore del fatto.

L'imputata, in specie, era stata condannata nel giudizio di appello alla pena di due anni e sei mesi di reclusione e al risarcimento del danno in favore della parte civile per avere sottratto al padre, contro la volontà dello stesso, i figli minori, affidati congiuntamente ad entrambi i genitori dal Tribunale per i minorenni, trattenendoli all'estero, e per avere eluso il provvedimento dell'autorità giudiziaria (art. 388 c.p.); nei suoi confronti era stata applicata anche la pena accessoria della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale per la durata prevista dalla legge.

La Corte di Cassazione con la pronuncia in commento ha ritenuto non manifestamente infondata la prospettata eccezione di incostituzionalità dell'art. 574-bis, comma 3,c.p. e dell'art. 34 c.p. dubitando della ragionevolezza dell'automaticità dell'applicazione della suddetta pena accessoria, sulla base della primaria considerazione secondo la quale ciò impedisce al giudice di valutare «la corrispondenza tra la sospensione della responsabilità genitoriale e i diritti e gli interessi dei minorenni, così negando la possibilità di effettuare un diverso bilanciamento tra i diritti di questi ultimi e le esigenze punitive dello Stato verso i genitori».

In particolare, la Corte, per giungere all'accoglimento della richiesta difensiva, ha espressamente richiamato alcune, significative decisioni della Corte Costituzionale, già intervenuta su analoga questione sollevata in merito alla legittimità dell'art. 569 c.p. dichiarando la norma costituzionalmente illegittima laddove stabilisce che alla condanna per il delitto di alterazione di stato consegua automaticamente la perdita della responsabilità genitoriale (Corte Cost. sentenza n. 31 del 2012), e, più in generale, recentemente pronunciatasi, sotto altro profilo, sul giudizio di compatibilità con l'art. 27 della Cost. e con i principi costituzionali in materia di pena, di norme che non consentano di rispettare, attraverso l'automaticità della pena accessoria nonché la predeterminazione della sua durata, i canoni di proporzionalità e necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio (Corte Cost. sentenza n. 7 del 2013; Corte Cost. sentenza n. 222 del 2018).

La questione

La questione affrontata dalla decisione in commento riguarda la disciplina della fattispecie penale di cui all'art. 574-bis c.p., in punto di applicazione automatica della pena accessoria della sospensione del reo dall'esercizio della responsabilità genitoriale e, nel ritenere ammissibile e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 34 e 574-bis, comma 3, c.p., si interroga sulla compatibilità della norma penale e del sistema sanzionatorio con la disciplina nazionale e sovranazionale a tutela dei minori.

Le soluzioni giuridiche

Alla soluzione offerta dalla decisione in commento e sopra riportata, i giudici di legittimità sono giunti in primo luogo considerando ammissibile la questione proposta - diversamente da quanto statuito nella sentenza n. 17679 del 31 marzo 2016 essendo stata in quel caso ogni valutazione preclusa dalla sospensione della pena accessoria - e procedendo a una valutazione della norma incriminatrice (art. 574-bis c.p.) focalizzata non solo sulla condotta di chi subisce la sanzione ma soprattutto sulle conseguenze delle limitazioni imposte al condannato che coinvolgono i figli minori.

In tale ottica non si può prescindere dal ricordare che il reato di cui all'art. 574-bis c.p., è integrato dalla condotta di "abductio" o di trattenimento del minore al di fuori del territorio dello Stato, cui consegua l'impedimento dell'esercizio della responsabilità genitoriale (Cass. pen., Sez. VI, 14 ottobre 2014, n. 45266); esso è connotato, rispetto a quello di cui all'art. 574 c.p., dall'elemento specializzante costituito dal trasferimento o trattenimento all'estero del minore, che vale a rendere il reato più grave.

La sottrazione è condotta che viene sanzionata in quanto da essa discenda l'impedimento in tutto o in parte delle prerogative inerenti alla responsabilità genitoriale (Cass. pen., Sez VI, n. 17679 del 31 marzo 2016), e va correlata al potere/dovere di cura che discende direttamente dalla legge; nel caso di una coppia di genitori parimenti investiti del potere/dovere di cura, entrambi devono concorrere al suo esercizio nell'interesse dei minori.

La Suprema Corte ha più volte evidenziato (si veda, in particolare, Cass. pen., Sez. VI, 14 dicembre 2017, n. 7777) come l'offensività della condotta vada rapportata all'incidenza che l'azione di trasferimento o di trattenimento all'estero abbia avuto sull'armonico esercizio delle prerogative genitoriali, valorizzando il pregiudizio della relazione educativa genitore-figlio.

Nel caso di specie la S.C. ha ricordato che i diritti del minore sono tutelati, oltre che dalle disposizioni di legge e costituzionali, ovvero dagli artt. 3, 29 e 30 Cost., anche dall'art. 3 della Convenzione di New York (ratificata e resa esecutiva in Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176) sui diritti del fanciullo che impegna gli Stati a considerare in via preminente, in tutte le decisioni relative ai fanciulli, l'interesse superiore di questi ultimi; viene anche in rilievo la Convezione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, adottata a Strasburgo il 25 gennaio 1996 (ratificata e resa esecutiva con legge 20 marzo 2003, n. 77), che riconosce il diritto per i bambini di rappresentanza e di ascolto nei procedimenti che sono idonei a incidere sui loro diritti.

Ebbene, con riferimento alle relazioni familiari, poiché all'interno della famiglia si dispiega l'attuazione dei doveri costituzionali imposti ai genitori quali l'istruzione, l'educazione e il mantenimento dei figli, la Corte ha osservato che qualsiasi provvedimento idoneo a incidere sulla responsabilità genitoriale può avere delle ripercussioni sull'assolvimento di quei doveri costituzionalmente imposti nei confronti e a tutela del minore. Dunque, come già ribadito, con approfondite argomentazioni, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 31 del 2012, provvedimenti, quale quello della sospensione o decadenza dalla responsabilità genitoriale, «potrebbero giustificarsi soltanto laddove si possa rintracciare una motivazione che renda ragionevole il sacrificio della tutela dei diritti del minore. È evidente, dunque, che la potestà genitoriale, se correttamente esercitata, risponde all' interesse morale e materiale del minore, il quale, dunque, è inevitabilmente coinvolto da una statuizione che di quella potestà sancisca la perdita».

È noto, infatti, come tanto la Costituzione (art. 30, secondo comma,), quanto le norme primarie prevedano la possibilità che uno o entrambi i genitori si rivelino incapaci di assolvere i loro compiti, con conseguente necessità di disporre interventi sostitutivi (artt. 330 e ss.c.c.), e che in alcuni casi la condotta di uno o di entrambi i genitori sia idonea ad integrare gli estremi di un reato, sì da rendere applicabile, in caso di condanna, la pena accessoria della perdita o sospensione della responsabilità genitoriale.

Tuttavia, osserva la Corte di Cassazione, proprio perché detta pronuncia va ad incidere sull'interesse del minore non pare conforme al principio di ragionevolezza, e contrasta quindi con il dettato degli artt. 2, 30 e 31 Cost. nonché con le citate norme sovranazionali, il disposto della norma penale che, sulla base di un mero automatismo, che preclude al giudice ogni possibilità di valutazione e di bilanciamento, nel caso concreto, tra l'interesse del minore e la necessità di applicare comunque la pena accessoria, incida sul diritto inviolabile del fanciullo di crescere con i genitori e di essere da questi condotto nel percorso di crescita, salvo che ciò comporti grave pregiudizio.

La decisione in commento ha, infine, valorizzato il possibile contrasto della disposizione di cui agli artt. 34 e 574-bis, comma 3,c.p. con l'art. 27 Cost. laddove, come già in altri casi nei quali la Corte Costituzionale ha caducato norme che prevedevano automatiche applicazioni di pene accessorie (sentenze n. 7 del 2013 e n. 222 del 2018), si è dato decisivo rilievo ai principi di adeguatezza e proporzionalità delle pene ai fatti di reato, nonché di necessaria individualizzazione del trattamento sanzionatorio in rapporto alla personalità del reo.

Osservazioni

La decisione esaminata è di assoluto pregio, in particolare laddove, nell'ambito di un'ampia esegesi della normativa nazionale e sovranazionale in materia di famiglia, sottolinea la necessità che, quando le norme penali interferiscano con l'assetto degli interessi familiari ed in specie con i diritti inviolabili dei minori, sia demandata al giudice una valutazione comparativa tra la pretesa punitiva dello Stato e i diritti dei figli.

Può affermarsi che ciò rappresenta il portato dell'evoluzione in termini sempre più “relazionali” della nozione di responsabilità genitoriale (non a caso non più “potestà”) che valorizza la condizione del minore ed il suo diritto di crescere nella famiglia mantenendo possibilmente un equilibrato e continuativo rapporto con entrambi i genitori, sicché una assoluta inidoneità genitoriale ed il pregiudizio per il minore potrebbero non essere connaturati alla condotta di sottrazione o di trattenimento all'estero della prole, o comunque non per un tempo predefinito; in concreto, dovrebbe infatti potersi considerare scindibile la -doverosa- sanzione principale per la condotta corrispondente, nei suoi elementi oggettivi e soggettivi, alla fattispecie di reato, dalla sanzione accessoria laddove questa sia pregiudizievole della relazione genitori-figli.

Del resto, nel caso concreto, ben potrebbe verificarsi una situazione nella quale le motivazioni della abductio risiedano nella finalità di preservare un figlio da pregiudizi che potrebbero essere arrecati dall'altro genitore (anche senza che sia integrato uno stato di necessità), sicché il mantenimento o la più ridotta limitazione della responsabilità genitoriale del reo meglio potrebbero tutelare il diritto di assistenza materiale e morale del minore.

Guida all'approfondimento

TULLIO PADOVANI, Le fonti del diritto Italiano - Codice Penale, Giuffrè, pagg. 3112-3120;

GROSSO-PADOVANI-PAGLIARO (diretto da), Trattato di diritto penale, Giuffrè, 2012, p. 150 ss.;

S. STRANO LIGATO, Supposizione e soppressione di stato, in Riondato (a cura di), Trattato di diritto di famiglia, vol. IV, Giuffrè, 2011, p. 488 ss.

MANTOVANI, La Corte costituzionale fra soluzioni condivise e percorsi ermeneutici eterodossi: il caso della pronuncia sull'art. 569 c.p., in Giur. Cost., 2012.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario