Messa alla prova. Come valutare la “adeguatezza” del risarcimento del danno

Redazione Scientifica
18 Settembre 2019

Con la sent. n. 34878/2019, la Seconda Sezione ha esplicitato la natura e la portata della disposizione di cui all'art. 168-bis, comma 2, c.p., in relazione alla valutazione da parte del giudice della “adeguatezza” del programma prescrittivo con specifico riferimento al risarcimento del danno.

Con la sent. n. 34878/2019, la Seconda Sezione ha esplicitato la natura e la portata della disposizione di cui all'art. 168-bis, comma 2, c.p., in relazione alla valutazione da parte del giudice della “adeguatezza” del programma prescrittivo con specifico riferimento al risarcimento del danno. Sul punto, infatti, si è chiarito che: «il giudice è tenuto a valutare la “adeguatezza” del risarcimento del danno che non può non avere, quale parametro di riferimento, il pregiudizio patrimoniale arrecato alla vittima e, per contro, le effettive capacità patrimoniali dell'imputato. A tal fine, come si è detto, il legislatore ha avuto la accortezza di predisporre dei poteri di indagine da attivare nei termini e con le modalità di cui alla norma sopra richiamata cui il giudice, a fronte della (come nel caso di specie) manifesta “sproporzione” tra il danno patrimoniale cagionato e l'offerta risarcitoria, potrà (ed anzi dovrà) far ricorso al fine per l'appunto di verificare la “adeguatezza” del risarcimento quale effettiva e reale espressione di uno sforzo apprezzabile e concreto dell'imputato, anche alla luce della “sorte” degli importi di cui egli si sarebbe indebitamente appropriato».

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