La responsabilità del condominio per i vizi costruttivi dell'immobile

20 Settembre 2019

La Corte d'Appello di Brescia esamina una fattispecie in cui riafferma il principio di diritto espresso dalla giurisprudenza consolidata di legittimità, secondo cui il condominio è il soggetto responsabile ex art. 2051 c.c. per le conseguenze dannose arrecate da beni comuni alla proprietà individuale di un condomino, e ciò anche in presenza di vizi di costruzione, atteso, da un lato, che la corresponsabilità del terzo non esclude quella del condominio fondata autonomamente sull'omessa manutenzione della res comune, e, dall'altro, che lo stesso vizio di costruzione non integra un'ipotesi di caso fortuito, il solo che possa escludere la responsabilità del condominio per omessa custodia.
Massima

Il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore, ai sensi dell'art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c.

Il caso

Il Tribunale di Brescia rigetta la domanda risarcitoria formulata dai condomini nei confronti del condominio per le lesioni arrecate alla loro proprietà immobiliare, condannando i primi a rifondere al secondo le spese di lite, ponendo definitivamente a loro carico le spese di CTU, avendo il giudice ritenuto che i danni denunciati per i problemi di umidità riscontrati nell'unità abitativa degli istanti, non erano dovuti ad infiltrazioni provenienti da parti comuni dell'edificio condominiale, ma piuttosto da vizi costruttivi della stessa unità abitativa.

La sentenza emessa dal giudice di prime cure viene quindi impugnata dai suddetti condomini, chiedendone l'integrale riforma, e, per l'effetto, la condanna del condominio all'esecuzione delle opere necessarie per l'eliminazione delle infiltrazioni lamentate ed al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Il condominio resiste in giudizio, chiedendo il rigetto dell'appello.

La questione

Con un unico motivo, gli appellanti censurano la decisione nella parte in cui il giudice di prime cure giunge alla conclusione che il vizio costruttivo dell'immobile ai sensi dell'art. 1669 c.c. avrebbe dovuto essere fatto valere nei confronti del costruttore, così escludendo la responsabilità ex art. 2051 c.c. del condominio, nonostante il CTU abbia correttamente accertato la provenienza delle infiltrazioni dalle parti comuni dell'edificio.

La soluzione giuridica

La corte di merito accoglie l'appello, in totale riforma della sentenza del tribunale, rilevando che le problematiche riscontrate sono da ricondurre a deficienze costruttive e/o prestazionali dei sistemi di sconfinamento ed isolamento realizzati, che si risolvono in vizi costruttivi come riscontrati dal CTU, i quali, non riguardano affatto l'immobile degli appellanti, bensì le parti comuni dell'edificio condominiale, ed in particolare, la soletta di copertura del corsello che conduce ai box auto ed il cappotto termico delle mura perimetrali dell'edificio, giungendo così alla conclusione che di tali vizi costruttivi debba rispondere il condominio appellato, sulla scorta del principio affermato costantemente dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, secondo cui, il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, è obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, e risponde in base all'art. 2051 c.c. dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorché i danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile, comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore, ai sensi dell'art. 1669 c.c., non potendosi equiparare i difetti originari dell'immobile al caso fortuito, che costituisce l'unica causa di esonero del custode dalla responsabilità ex art. 2051 c.c.

Osservazioni

La soluzione adottata nella fattispecie concreta - riguardante non soltanto i vizi di costruzione dell'immobile ma anche l'inerzia del condominio di fronte alle doglianze per i danni conseguenti a tali vizi - non può prescindere dall'attenta considerazione riguardante la legittimazione attiva e passiva delle parti coinvolte, la quale, consente la possibilità di ottenere una decisione sulla domanda proposta da un soggetto contro un altro soggetto, previa identificazione del soggetto che si afferma titolare di un diritto azionato in giudizio con la persona dell'attore e del soggetto che viene indicato come titolare della posizione passiva con la persona del convenuto.

Inoltre, va altresì considerata la spettanza astratta dell'azione proposta al soggetto che sia titolare della situazione giuridica attiva dedotta in giudizio, e, della corrispondente posizione passiva al soggetto che sia titolare della situazione giuridica che viene indicata come contrapposta alla situazione attiva, oltre alla titolarità effettiva delle posizioni giuridiche attive e passive dedotte in giudizio.

Orbene, sulla scorta delle suddette considerazioni, il titolare di una porzione di proprietà esclusiva può agire nei confronti del condominio ex art. 2051 c.c. per i danni subiti a causa dei vizi delle parti comuni imputabili al venditore-costruttore? Il condominio è obbligato ad adottare tutte le misure al fine di evitare che le cose comuni rechino pregiudizi ad alcuno e risponde dei danni in base all'art. 2051 c.c. pur se tali danni siano imputabili a vizi edificatori dello stabile comportanti la concorrente responsabilità del costruttore-venditore ex art. 1669 c.c.?

In occasione di fattispecie come quella affrontata dai giudici di merito nella sentenza che si commenta, trova applicazione il principio stabilito in relazione alle parti comuni che, come i solai od i lastrici solari, seppure di pertinenza esclusiva, svolgendo una funzione comune all'intero edificio, fa sì che da ciò consegua l'obbligo del condominio ex art. 2051 c.c. nei confronti del singolo condomino o dei terzi, di provvedere alla riparazione o ricostruzione di tali parti, ed al risarcimento del danno arrecato alla proprietà individuale, con ripartizione delle spese secondo i criteri di cui all'art. 1126 c.c.?

Ai suddetti quesiti, nel corso degli anni, la giurisprudenza ha fornito un'esauriente soluzione - per l'occasione rispolverata dalla corte di merito nel riformare la sentenza del tribunale - affermando il principio di diritto che riguardo ai danni che una porzione di proprietà esclusiva in edificio condominiale subisca per vizi delle parti comuni, imputabili all'originario costruttore-venditore, deve riconoscersi al titolare di detta porzione la possibilità di esperire azione risarcitoria contro il condominio, non in forza dell'art. 1669 c.c., dato che il condominio quale successore a titolo particolare di detto costruttore non subentra nella responsabilità posta a suo carico da detta norma, ma in base all'art. 2051 c.c. in relazione alla ricollegabilità di quei danni all'inosservanza da parte del condominio medesimo dell'obbligo di provvedere quale custode ad eliminare le caratteristiche dannose della cosa (Cass. civ., sez.II, 21 giugno 1993, n. 6856).

In tale ottica si è, quindi, affermato che una fattispecie come quella scrutinata nella sentenza in commento - concernente l'umidità conseguente ad un'inadeguata coibentazione originaria delle strutture perimetrali di un edificio - qualora il fenomeno sia causa di danni a singoli condomini, nei confronti di costoro è responsabile in via autonoma ex art. 2051 c.c. il condominio, che è tenuto, quale custode, ad eliminare le caratteristiche lesive insite nella cosa propria (Trib. Catanzaro 13 gennaio 2011; Trib. Bari 6 dicembre 2007; Trib. Salerno, 4 dicembre 2006; Cass. civ., sez. II, 15 aprile 1999, n. 3753; Cass. civ., sez. II, 21 giugno 1993, n. 6856; Cass. civ., sez. II, 29 ottobre 1992, n. 11774; Cass. civ.,sez. II, 25 marzo 1991, n. 3209; Cass. civ., sez. III, 9 maggio 1988, n. 3405).

Il ragionamento, a ben vedere, si fonda sulla considerazione che nel caso in cui il danno sia dovuto ad un vizio di manutenzione o ad un vizio di costruzione, la responsabilità non può che essere imputata a chi abbia la possibilità di ovviare ad un vizio di costruzione o di provvedere alla relativa attività di manutenzione, che - per le strutture condominiali - non può che gravare sul condominio, quale unico soggetto passivo legittimato a provvedervi (Cass. civ., sez. III, 25 agosto 2014, n. 18168).

In particolare, si è fatto largo il principio che il condominio di un edificio, quale custode dei beni e servizi comuni (Cass. civ., sez. VI, 20 giugno 2019, n.16625), risponde dei danni che ne sono provocati, ai sensi dell'art. 2051 c.c., ancorché i danni derivano da vizi di costruzione comportanti la concorrente responsabilità di terzi (Cass. civ., sez. III, 30 ottobre 2008, n. 26051).

Ciò per effetto della posizione assunta dal condominio in ordine ai beni comuni, in evidente analogia rispetto a quanto evidenziato in occasione di ormai risalenti decisioni (Cass. civ., sez. III, 4 dicembre 1976, n. 4537, in cui viene affermata la responsabilità ex art. 2051 c.c. del condominio quale custode della rete fognaria per i danni causati al locale terraneo di un condomino concesso in locazione, ancorchè i danni derivino da vizi di costruzione, coinvolgenti la concorrente responsabilità di terzi; Cass. civ., sez. II, 2 aprile 1964, n. 712), in cui si è affermato che il proprietario-custode di un bene immobile è responsabile per i danni cagionati dal bene, anche se le caratteristiche dannose sono state create da altri, perché è appunto colui che mantiene nella res le caratteristiche medesime, pur essendo obbligato ad eliminarle, in virtù del fondamentale precetto del neminem laedere.

Infatti, tale precetto fa obbligo a chi detiene, a qualunque titolo un determinato cespite, di adottare tutte le misure necessarie affinché non arrechi pregiudizio ad alcuno, ed il suddetto obbligo sussiste indubbiamente - a prescindere da eventuali azioni di rivalsa esperibili ex art. 1669 c.c. nei confronti del costruttore - anche se le condizioni per le quali la res immobiliare ha acquistato attitudine a produrre danno siano state poste in essere da altri.

Pertanto, se il condominio omette di adottare le misure necessarie per l'eliminazione delle caratteristiche dannose dei beni comuni, e, quest'ultimi producono danni alle proprietà dei singoli condomini od a terzi, è in tale omissione che consiste la condotta colpevole, la quale, indipendentemente dall'eventuale concorrente responsabilità dei terzi, si fonda sull'inosservanza dell'obbligo codificato nell'art. 2051 c.c., sulla cui scorta consegue il diritto al risarcimento del danno cagionato (Trib. Roma 31 ottobre 2018).

La sentenza che si commenta ribadisce, dunque, il principio che non si tratta di una responsabilità a titolo derivativo, in quanto, il condominio, sebbene successore a titolo particolare del costruttore venditore, non subentra nella sua personale responsabilità, legata alla sua specifica attività e fondata sull'art. 1669 c.c., bensì di un'autonoma fonte di responsabilità ex art. 2051 c.c., e, pertanto, ai fini dell'attribuzione della responsabilità prevista dall'art. 2051 c.c. è necessaria una relazione tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, ragione per cui se la cattiva coibentazione delle parti comuni si riverbera sulla singola unità immobiliari di proprietà esclusiva, il condominio non è responsabile allorquando tale difetto non sia dovuto alle caratteristiche intrinseche dell'edificio, ma ad altri fattori che causano effettivamente il danno (Cass. civ., sez. II, 12 luglio 2011, n. 15291; Cass. civ., sez.II, 18 febbraio 2011, n. 4012; Cass. civ., sez. II, 6 novembre 1986, n. 6507).

In buona sostanza, la norma di cui all'art. 2051 c.c. non si fonda su una presunzione di colpa, ma individua un'ipotesi di responsabilità oggettiva che in concreto ricorre quando sia individuabile un rapporto di custodia tra il responsabile e la cosa che ha dato luogo all'evento lesivo (Trib. Arezzo 4 luglio 2016; Cass. civ., sez. III, 15 marzo 2004, n.5236; Cass. civ., sez. III, 6 aprile 2004, n. 6753).

Negli edifici in condominio, custode dei beni e dei servizi comuni, obbligato ad adottare tutte le misure necessarie affinchè gli stessi non rechino pregiudizio ad alcuno è notoriamente lo stesso condominio che, ai sensi dell'art. 2051 c.c. è chiamato a rispondere dei danni da quei beni cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini, ancorchè tali danni siano imputabili ai vizi edificatori dello stabile riconducibili ad attività od omissioni del costruttore.

La giurisprudenza ritiene, infatti, che tali vizi non possano essere equiparati al caso fortuito - che attiene non ad un comportamento del responsabile, ma alle stesse modalità di causazione dell'evento generatore del danno - quale unica causa idonea ad interrompere il nesso eziologico fra custode e danno, e, quindi, la responsabilità del custode ai sensi dell'art. 2051 c.c.

E' giurisprudenza consolidata di legittimità, infatti, che il vizio di costruzione della cosa in custodia, anche se ascrivibile al costruttore, non esclude la responsabilità del custode nei confronti del danneggiato proprio in quanto non costituisce un'ipotesi di caso fortuito (Cass. civ., sez. VI, 9 novembre 2017, n. 26533; Cass. civ., sez. III, 30 ottobre 2008, n. 26051; Cass. civ., sez. III, 20 agosto 2003, n.12219).

Tale responsabilità può essere vinta dal proprietario dell'immobile solo dimostrando che l'evento non possa essere ricondotto a vizi di costruzione o difetto di manutenzione, ma sia legato al caso fortuito, alla forza maggiore od a fatti posti in essere da terzi o dallo stesso danneggiato, dotati di un'efficienza causale del tutto autonoma rispetto alla condotta del proprietario medesimo (Trib. Genova 18 gennaio 2018; Trib. Milano 15 aprile 2009).

Guida all'approfondimento

Cirla, La responsabilità del condominio nei confronti dei condomini e dei terzi, in Immobili & proprietà, 2016

Costantini, L'interpretazione dell'art. 2051 c.c. oltre il fascino dei consueti “dazzling tricks”, in Danno e resp., 2004, 525

Del Frate, La responsabilità ex art. 2051 c.c. e i vizi di costruzione del bene, in Ridare.it

Pilot, Infiltrazioni dal lastrico solare, danni all'unità immobiliare sottostante e responsabilità del condominio, in Condominioelocazione.it

Ribaldone, Responsabilità del condominio per danni da cose in custodia, in Immobili & proprietà, 2016, 161

Trapuzzano, Delimitazione della responsabilità del condominio per i danni cagionati da cose in custodia, in Condominioelocazione.it

Trapuzzano, Commento sub art. 2051 c.c., in Codice della responsabilità civile, Milano, 2017

Vanacore, Gutta cavat lapidem: la responsabilità da infiltrazioni in condominio, in Resp. civ., 2012, 525

Ziviz, Il danno cagionato da cose in custodia, in Nuova giur. civ. comm., 1989, II, 99

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