I diritti del terzo interessato nel nuovo procedimento per la confisca allargata. Prime applicazioni giurisprudenziali

19 Settembre 2019

Con l'introduzione dell'art. 104-bis, comma 1-quinquies, disp. att .cod. proc. pen. si è previsto l'obbligo di citazione dei terzi titolari di diritti reali o di godimento nell'ambito dei procedimenti per i delitti di cui all'art. 240-bis c.p. in cui sia stata avanzata richiesta di confisca allargata anche nei confronti degli intestatari fittizi.
Abstract

Con l'introduzione dell'art. 104-bis, comma 1-quinquies, disp. att .cod. proc. pen. si è previsto l'obbligo di citazione dei terzi titolari di diritti reali o di godimento nell'ambito dei procedimenti per i delitti di cui all'art. 240-bis c.p. in cui sia stata avanzata richiesta di confisca allargata anche nei confronti degli intestatari fittizi.

L'articolo analizza le prime interpretazioni giurisprudenziali conseguenti l'entrata in vigore della norma rispetto ai procedimenti in corso nonché i diritti del terzo nel procedimento al quale viene chiamato a partecipare con espresso riferimento all'ampiezza del diritto di difesa ed al potere di impugnazione.

Parametri normativi di riferimento

Il d.lgs. n. 21 dell'1 marzo 2018 che ha disposto la codificazione delle norme di legge speciale ha ridisciplinato le disposizioni che regolano il sistema della confisca allargata introdotto con l'art. 12-sexies della legge n. 356/1992. Mentre nella previgente disciplina il sistema sostanziale e processuale veniva trattato all'interno della stessa norma, la nuova disciplina, all'evidente fine di razionalizzazione del sistema, ha distinto i presupposti sostanziali della confisca allargata dalle regole processuali ed ha, altresì, disciplinato il regime dell'intervento del terzo fittizio intestatario nel procedimento.

La norme di riferimento sono così costituite dagli artt. 240-bis c.p., 578-bis c.p.p. e 104-bis disp. att. c.p.p. tutti oggetto di formulazione all'interno del già citato decreto legislativo. In particolare le suddette disposizioni dettano la nuova disciplina integrale della c.d. confisca allargata (già disciplinata dall'art. 12-sexies cit.) prevedendo:

  • l'art. 240-bis c.p. i presupposti applicativi della norma, in particolare indicando le fattispecie dei c.d. reati spia e cioè di quelle imputazioni che possono giustificare l'ablazione del patrimonio dell'imputato indipendentemente dal profitto illecito del singolo reato, prevedendo che i beni possano appartenere a terzi intestatari fittizi, nonché prevedendo l'inversione dell'onere della prova a carico dello stesso imputato con esclusione della possibilità di difendersi eccependo la sussistenza di redditi da evasione fiscale;
  • l'articolo 104 bis disp. att. c.p.p. il procedimento da seguire in seguito al disposto sequestro, in relazione all'amministrazione dei beni sequestrati nella pendenza del procedimento e prevedendo in particolare, al comma 1 quinquies, che “nel processo di cognizione devono essere citati i terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo”;
  • l'art. 578-bis c.p.p. la disciplina dell'ipotesi particolare della confisca disposta nel procedimento che in sede di impugnazione si sia concluso con la declaratoria di prescrizione imponendo, analogamente al precedente art. 578 cod.proc.pen. che lo stabilisce in caso di accertamento della responsabilità civile, che la pronuncia emessa all'esito dell'appello o del giudizio di cassazione che dichiara l'estinzione del reato ove accompagnata dalla conferma della confisca debba contenere una specifica motivazione dell'accertamento della responsabilità dell'imputato.

Mentre tale ultima norma impone quindi un preciso obbligo di motivazione al giudice dell'impugnazione che dichiara la confisca unitamente alla declaratoria di prescrizione, l'art. 104-bis disp. att. c.p.p. tutela specificamente la posizione dei terzi interessati dal provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca ex art. 240-bis c.p. prevedendo che gli stessi debbano necessariamente essere citati nel procedimento di cognizione che ha ad oggetto l'accertamento della responsabilità e, ciò, perché tale è la sede naturale per l'accertamento del presupposto della fittizia intestazione che i terzi possono contestare.

Dal combinato disposto delle suddette norme di cui agli artt. 104-bis cit. e 578-bis cit. si evince, quindi, che la tutela dei terzi interessati dalla confisca allargata prevede la loro citazione nel corso del procedimento di merito e che, ove in sede di impugnazione il giudice di appello o di legittimità debba dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione e debba disporre la confisca dei beni intestati ai suddetti terzi, è comunque obbligato a motivare l'affermazione di responsabilità dell'imputato in relazione al c.d, reato spia che viene dichiarato estinto oltre che i presupposti per l'ablazione dei beni intestati ai terzi e cioè la loro interposizione fittizia. Il legislatore, con l'introduzione della citata norma, ha quindi voluto compiere un preciso passo nella direzione del chiaro coinvolgimento del terzo nel procedimento che ha ad oggetto l'accertamento della responsabilità dell'imputato, avendo espressamente fatto riferimento ad un obbligo di citazione nel giudizio “di cognizione”, così volendo superare quel sistema di creazione giurisprudenziale che posponeva alla fase di esecuzione l'intervento attivo del terzo titolare di beni confiscati e di cui si dirà appresso.

Sotto il profilo temporale, che si rileva di particolare importanza per valutare il diritto del terzo alla partecipazione al giudizio di cognizione, va poi segnalato che il comma 1 quinques dell'art. 104-bis disp. att. c.p.p. trova un suo antecedente nelle disposizioni dettate dalla legge di modifica al codice antimafia del 17 ottobre 2017 n.161 che aveva già introdotto una modifica all'allora vigente 12 sexies con il comma 4 quinquies, prevedendo proprio il diritto del terzo a partecipare al processo di cognizione e, per converso, l'obbligo di citare il medesimo ove interessato dal precedente sequestro preventivo finalizzato alla c.d. confisca allargata. Sicché, sussistendo piena continuità normativa tra il citato comma 4 quinquies dell'ormai abrogato 12 sexies e l'attuale comma 1 quinquies dell'art. 104 bis citato, è alla data di entrata in vigore della citata legge n. 161/2017 che deve farsi risalire il diritto del terzo ad essere citato nei procedimenti di cognizione di primo grado.

E poiché la fase processuale nella quale viene valutata la regolarità della citazione dei soggetti necessari al procedimento, è quella della costituzione delle parti in primo grado, deve ritenersi che i terzi titolari di diritti reali o di godimento su beni in sequestro abbiano diritto a partecipare ai procedimenti in corso in primo grado ove la fase di costituzione delle parti non sia già stata conclusa al momento della entrata in vigore della citata legge n. 161 del 2017 e cioè al 19 novembre del 2017.

Il terzo titolare di diritto reale o di godimento su un bene confiscato ex art. 12-sexies l. n. 356/1992 oggi art. 240-bis c.p., potrà, pertanto, eccepire il vizio del procedimento all'esito del quale è stata disposta la confisca di beni allo stesso appartenenti ove, alla data del 19 novembre del 2017, non si era svolta la fase delle costituzione delle parti e ciò nonostante ne sia stata omessa la citazione in giudizio.

La partecipazione del terzo ai procedimenti in corso

Quanto alla applicazione del diritto del terzo alla partecipazione al procedimento si pone innanzi tutto la questione del diritto dello stesso a intervenire nelle fasi di impugnazione ove alla data di entrata in vigore della norma fosse già stata emessa la pronuncia di primo grado o comunque compiuta la fase di costituzione delle parti senza che fosse stato citato. Orbene, deve ritenersi, che l'assenza di qualsiasi disposizione transitoria che preveda l'applicazione dell'obbligo di citazione dei terzi anche ai procedimenti pendenti, impedisce che nel giudizio di appello e di cassazione in corso di svolgimento alla data di entrata in vigore delle suddette disposizioni di cui agli artt. 578-bis c.p.p. e 104-bis disp. att. cod.proc.pen. debbano essere citati soggetti che non abbiano partecipato al giudizio di primo grado. La partecipazione dei terzi al giudizio di cognizione è prevista come forma di coinvolgimento del terzo interposto nella intestazione al fine di fare valere sin dalla fase di primo grado i propri diritti, anche mediante la partecipazione alla fase istruttoria, nel corso del quale lo stesso, come si approfondirà in seguito, è titolare di analogo diritto alla prova rispetto all'imputato limitatamente agli aspetti di interesse specifico.

Conseguentemente, deve essere escluso che il terzo interessato dal provvedimento ablatorio inizialmente disposto in forza dell'art. 12-sexies citato oggi 240-bis cod.pen. antecedentemente l'entrata in vigore delle citate norme, abbia un diritto di intervento anche nelle fasi di impugnazione, poiché si ammetterebbe una estensione dei giudizi di impugnazione a soggetti non coinvolti dall'accertamento del giudice di primo grado, estensione estranea all'ordinamento processuale che vuole come limite del giudicato di impugnazione proprio l'accertamento compiuto nel corso del primo grado. Tale conclusione può agevolmente desumersi sia dal contenuto dell'art. 597 c.p.p. che regola la devoluzione delle questioni proponibili al giudice di appello stabilendo che questi è chiamato a pronunciarsi limitatamente ai punti della decisione impugnata e quindi soltanto su questioni già affrontate e coinvolgenti le parti del giudizio di primo grado, che dell'art. 581 c.p.p. che stabilisce l'obbligo di specificità dei motivi e delle richieste correlandolo al contenuto della sentenza di primo grado che non può avere preso in considerazione la specifica posizione dei terzi rimasti estranei al giudizio e quindi anche al giudicato.

La tutela del terzo rimasto estraneo al giudizio di cognizione

Né può ritenersi che tale interpretazione privi i terzi di tutela, valendo al proposito il previgente statuto frutto dell'orientamento giurisprudenziale di questa corte che ha già affrontato e risolto la questione della posizione del terzo interessato dalla confisca ex art. 12 sexies e che continua ad applicarsi anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del citato art. 104-bis disp. att. c.p.p. In particolare, le Sezioni Unite di questa corte, hanno affermato che in tema di misure cautelari reali, il terzo rimasto estraneo al processo, formalmente proprietario del bene già in sequestro, di cui sia stata disposta con sentenza la confisca, può chiedere al giudice della cognizione, prima che la pronuncia sia divenuta irrevocabile, la restituzione del bene e, in caso di diniego, proporre appello dinanzi al tribunale del riesame (Cass. Sez. Unite, n. 48126/2017, Rv. 270938). Così che secondo tale orientamento, il terzo intestatario del bene nella fase del sequestro può ottenere specifica tutela attivando il procedimento cautelare reale nel corso del quale può quindi fare valere le proprie ragioni indipendentemente dall'esito e dallo svolgimento del procedimento di merito nei confronti dell'imputato.

E quanto al rimedio esperibile da parte del terzo successivamente l'adozione della confisca, vale l'ulteriore principio secondo cui in materia di confisca - sia quale misura di prevenzione reale, sia quale confisca atipica - i terzi rimasti estranei al procedimento nel cui ambito è stato disposto il sequestro, possono proporre incidente di esecuzione per far valere i propri diritti sul bene oggetto di ablazione, a condizione che versino in buona fede e che abbiano trascritto il loro titolo anteriormente al sequestro (Cass. pen., n. 27201/2013).

Sicché la posizione del terzo, pur rimasto estraneo al giudizio di cognizione, viene a trovare una completa tutela sia nella fase del procedimento che dopo l'adozione della confisca definitiva.

E tale essendo lo statuto generale della tutela del terzo attinto da confisca ex art. 12 sexies oggi 240 bis cod.pen. deve essere esclusa, pertanto, l'obbligatoria citazione dei terzi intestatari di beni nel giudizio di appello o nel giudizio di legittimità ove il provvedimento di confisca sia stato adottato all'esito del giudizio di primo grado cui siano rimasti estranei, ben potendo gli stessi avanzare istanza al giudice della cognizione che ove respinta va impugnata con il rimedio di cui all'art. 322-bis c.p.p. ovvero proporre incidente di esecuzione in seguito alla definitività della pronuncia di confisca.

Quest'interpretazione può ritenersi avallata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 253 del 6 dicembre 2017, la quale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 573, 579, comma 3, e 593 c.p.p., in riferimento agli artt. 3, 24, 42, 111 e 117, comma 1, Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 6 e 13 CEDU, nella parte in cui non si prevede, a favore di terzi incisi nel diritto di proprietà per effetto della sentenza di primo grado, la facoltà di proporre appello sul solo capo contenente la statuizione di confisca, perché dette questioni "sono state poste senza tenere conto della possibilità di un'interpretazione costituzionalmente orientata (certamente compatibile con la lettera della legge e la cornice normativa entro cui essa si inserisce), che avrebbe offerto al terzo, pur dopo la confisca, proprio quella forma di tutela, ovvero il rimedio cautelare, che il rimettente ha giudicato soddisfacente anche nel raffronto con la partecipazione al processo penale di primo grado".

L'intervento della CEDU

La Corte EDU, nella sentenza del 28/06/2018, GIEM e altri contro Italia, ha affrontato la questione "in merito all'applicazione di una sanzione penale inflitta a persone giuridiche che, per la loro personalità giuridica distinta, non sono state parti in alcun procedimento (penale, amministrativo, civile, ecc." (§ 269 della pronuncia in questione). Ciò chiarito, muovendo dalla consolidata affermazione della distinzione della personalità giuridica dell'ente rispetto a quella della persona fisica che lo rappresenta, la Corte EDU ha sancito, anche nei confronti della persona giuridica, il divieto di responsabilità per il fatto altrui, affermando (al § 274) che "con riferimento al principio per il quale un soggetto non può essere punito per un atto relativo alla responsabilità penale di un altro [soggetto] una confisca disposta, come nel caso oggetto di giudizio, nei confronti di soggetti o enti che non siano stati parti nel procedimento [che la infligge] è incompatibile con l'art. 7 della Convenzione". Nel caso preso in esame, osservato che "le società G.I.E.M. S.r.l., Hotel Promotion Bureau S.r.l., R.I.T.A. Sarda S.r.l. e Falgest S.r.l., non sono state parti in alcun procedimento" (§ 272), la Corte EDU ha perciò ravvisato la violazione dell'art. 7 CEDU. Si tratta di un fondamentale principio che esclude l'applicabilità della confisca a terzi estranei al procedimento penale e che ne impone la partecipazione al giudizio di cognizione secondo il nuovo dettato dell'art. 104 bis comma 1 quinquies citato.

Il più recente orientamento della Corte di cassazione

Chiamata a pronunciarsi sul tema della posizione del terzo nel giudizio di cognizione nel corso del quale sia stata disposta la confisca allargata anche di beni del medesimo soggetto, in quanto ritenuto intestatario fittizio dell'imputato, la Corte di cassazione ha ripetutamente negato l'immediata applicazione dell'art. 104-bis, comma 1-quinquies, anche ai procedimenti in corso, ha riaffermato la possibilità di tutela della posizione del terzo interessato dalla confisca attraverso i rimedi cautelari della richiesta di restituzione e del successivo appello cautelare reale ovvero tramite l'incidente di esecuzione nonché attribuito un effetto limitato alla pronuncia della CEDU in precedenza citata. Una prima e particolarmente diffusa pronuncia sul tema ha affermato infatti che in tema di confisca, la mancata previsione della partecipazione al giudizio dei terzi interessati, al di fuori delle ipotesi previste dagli artt. 104-bis disp. att. c.p.p. e 240-bis c.p., non è contraria agli artt. 8 direttiva U.E. 2014/42, 6 e 13 CEDU e 1, I prot. addiz. CEDU in relazione all'art. 117 Cost., potendo gli stessi esercitare rimedi cautelari nel corso del procedimento penale ed incidente di esecuzione avverso la statuizione definitiva della misura reale (Cass. n.53384 del 12/10/2018).

In motivazione, la corte, nella suddetta pronuncia, precisa che “è pacifico che nell'attuale sistema normativo il terzo interessato da un provvedimento di sequestro preventivo o coinvolto nella confisca penale di un bene, non abbia, di massima, titolo né per partecipare al giudizio di merito sul fatto di reato che costituisce il presupposto tanto della misura cautelare reale che del provvedimento ablativo, né per impugnare le sentenze emesse nel corso dei procedimento penale. L'apertura alla partecipazione al giudizio del terzo interessato introdotta dall'art. 104 bis comma 1 quinquies cod. proc. pen., ha portata limitata, come si vedrà non estensibile al caso di specie, per il quale continua a valere il sistema di tutela cristallizzato nei diritto vivente dall'interpretazione sistematica delle norme processuali di riferimento sancita da fondamentali pronunce di legittimità”. Sistema di garanzie che secondo la stessa pronuncia prevede come il terzo estraneo possa ricorrere alla procedura dell'incidente di esecuzione dopo il passaggio in giudicato della sentenza che dispone la confisca, mentre nel corso del processo di cognizione può attivare la fase incidentale del procedimento cautelare.

Tuttavia, il rilievo della decisione suddetta, non è limitata alla riaffermazione dei principi già stabiliti dalle precedenti pronunce citate e consacrati nelle decisioni della corte Costituzionale e delle Sezioni Unite; prendendo posizione sull'ampiezza delle difese esperibili dal terzo nel giudizio di cognizione cui abbia diritto di partecipare la citata pronuncia 53384/2018 ne limita fortemente le facoltà. Si afferma infatti che:

il diritto di interlocuzione del terzo non possa atteggiarsi in modo diverso in funzione dei vari sistemi di tutela dei suoi interessi, nemmeno quando gli é consentita la partecipazione ai giudizio penale, non essendo ipotizzabile che per questa via possa aprirsi la strada alla sua piena intromissione anche nel tema della responsabilità penale come concorrente presupposto della misura ablatoria. La posizione del terzo rispetto all'accertamento penale non potrebbe, infatti, in alcun modo cambiare nel senso di consentirgli una sorta di intervento ad adiuvandum a favore dell'imputato per trarne indirettamente benefici riguardo alla tutela degli interessi suoi propri, perché ne deriverebbe una atipica dilatazione del contraddittorio processuale nemmeno giustificata da specifiche esigenze di tutela. Ed invero, la possibilità di partecipazione al giudizio dì parti private diverse dall'imputato non comporta necessariamente la legittimazione ad interloquire sui fatti di reato e sulla responsabilità penale dell'imputato. Tanto consentono le disposizioni sulla parte civile e il responsabile civile, giustificate, però, dall'inscindibile collegamento diretto dell'interesse delle stesse parti con il fatto di reato, collegamento diretto escluso, invece, nei confronti del terzo che rivendichi diritti sui beni oggetto di sequestro o confisca penali, il cui interesse sarebbe senz'altro soddisfatto, in qualunque sede processuale, con l'allegazione e la prova dell'appartenenza a sé dei beni coinvolti secondo un titolo assistito dalla buona fede, indipendentemente dall'eventuale condanna degli imputati. Peraltro, le geometrie difensive non mutano in modo radicale nelle ipotesi di partecipazione al giudizio dei terzo interessato previste dall'art. 104 bis comma quinquies disp. att. cod. proc pen. in relazione all'art. 240 bis cod. pen. l'unica differenza rispetto alle altre categorie di terzi consistendo nell'allargamento del contraddittorio processuale all'ipotesi dell'interposizione, che giustifica l'intervento dell'interessato nei giudizio di cognizione. La necessaria citazione a giudizio del terzo nelle ipotesi previste dagli artt. 104 bis comma 1 quinquies disp. att. cod. proc. pen. in relazione all'art. 240 bis cod. pen., ha, quindi, in definitiva, soltanto la funzione di imporre ai giudice della cognizione di ascoltare le sue ragioni prima di pronunciarsi sulla confisca, pervenendo così ad una decisione più meditata sul punto, attraverso una completa, contestuale ponderazione di tutti gli interessi potenzialmente coinvolti nella misura patrimoniale, senza che nemmeno in questo caso la partecipazione dei terzo possa tradursi in un intervento adesivo a favore dell'imputato.

La soluzione adottata dalla corte nella suddetta pronuncia non è rimasta isolata; difatti anche altre pronunce hanno ricordato come in tema di sequestro preventivo, il terzo che affermi di avere diritto alla restituzione della cosa sequestrata non può contestare l'esistenza dei presupposti della misura cautelare, potendo unicamente dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato e l'inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l'indagato (Cass. n.19174 dell'1-3-2019).

In posizione parzialmente diversa si pone invece quella impostazione che, chiamata a pronunciarsi sulla posizione del terzo persona giuridica che abbia subito il provvedimento di confisca a seguito di lottizzazione abusiva (Cass. 20-3-2019 n. 17399), ha ribadito che la persona giuridica proprietaria del bene confiscato - che sia rimasta estranea al processo di cognizione - non è sfornita di strumenti di tutela, perché, secondo quanto previsto dall'ordinamento interno, può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, così instaurando un procedimento penale per far valere le proprie ragioni, in fatto e in diritto, aggiungendo però che “investito dell'istanza, il giudice dell'esecuzione, ai fini della decisione, ha il potere-dovere di accertare in modo autonomo la sussistenza del reato e l'estraneità ad esso della persona giuridica, nei confronti della quale non produce effetti la sentenza coperta da giudicato, che ha definito il processo penale cui la medesima persona giuridica non ha preso parte”. Nel procedimento instaurato a seguito di incidente di esecuzione, pertanto, la persona giudica può svolgere le più ampie deduzioni, con inevitabili interferenze sugli aspetti penali della vicenda. E si conclude affermando che sulla scorta delle considerazioni che precedono, va perciò affermato il principio secondo cui, con riferimento alla confisca per il reato di lottizzazione abusiva, il principio espresso dall'art. 7 CEDU, come interpretato nella sentenza della Corte EDU del 28/06/2018 nella causa GIEM srl e altri contro Italia, è rispettato attraverso la partecipazione del terzo, persona giuridica, al procedimento di esecuzione, in cui detto terzo può dedurre tutte le questioni, di fatto e di diritto, che avrebbe potuto far valere nel giudizio di merito, cui è rimasto estraneo.

Dall'analisi del più recente panorama giurisprudenziale può ritenersi sostanzialmente accertato l'esclusione del diritto del terzo a proporre immediatamente impugnazione avverso la sentenza di condanna dell'imputato che disponga la confisca anche nei suoi confronti, essendosi sostanzialmente negata l'applicazione immediata della particolare disciplina dettata dall'art. 104 comma 1 quinquies disp.att. cod.proc.pen. ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della suddetta norma.

I diritti del terzo nel nuovo procedimento ex art. 104-bis disp. att. c.p.p.

Analizzata la problematica della partecipazione del terzo confiscato ai procedimenti in corso, deve ora procedersi con l'esame della posizione del terzo nei giudizi di cognizione che abbiano a iniziare successivamente l'introduzione del comma 1 quinquies dell'art. 104-bis disp. att. c.p.p., come già detto anticipato a far data dal 19 novembre 2017 dalla introduzione del comma 4-quinquies dell'art. 12 sexies, non essendovi dubbio alcuno circa il diritto del terzo a partecipare al procedimento e, per converso, l'obbligo degli organi giudiziari di permetterne la partecipazione secondo quanto espressamente stabilito dalla suddetta norma secondo cui “nel processo di cognizione devono essere citati i terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo”.

L'estrema laconicità della norma lascia però del tutto aperte numerosissime questioni pratiche; va premesso che sarà proprio l'interpretazione applicativa a riempire di contenuto il ruolo del terzo confiscato nel procedimento sicché ad una maggiore ampiezza del diritto controverso del terzo corrisponderà una più ampia facoltà difensiva. Si vuole cioè sottolineare come ove dovesse essere definitivamente accolta la tesi della giurisprudenza della corte di cassazione in precedenza esposta (Cass. pen., n. 53384/2018 e n. 19174/2019 citate) e secondo cui il terzo è privo di legittimazione ad interloquire sui fatti di reato e sulla responsabilità penale dell'imputato, non potendo la sua partecipazione al giudizio caratterizzarsi come un intervento ad adiuvandum della posizione del reo, l'ampiezza delle difese esperibili sarà limitata alla contestazione dell'ipotesi dell'interposizione fittizia tramite la dovuta allegazione e prova dell'appartenenza a sé dei beni coinvolti, secondo un titolo assistito dalla buona fede, indipendentemente dall'eventuale condanna degli imputati.

Ove invece, anche in considerazione della portata espansiva dei diritti del terzo assicurata dalla già indicata giurisprudenza della CEDU nel caso GIEM contro Italia che ne ha previsto l'obbligatoria partecipazione al giudizio all'esito del quale una misura sanzionatoria come la confisca viene disposta nei suoi confronti, si voglia attribuire portata innovativa all'obbligo di citazione introdotto dalla nuova formulazione del comma 1 quinquies dell'art. 104 bis cit. i diritti di difesa del terzo andrebbero estesi anche alla contestazione della responsabilità penale dell'imputato che costituisce il presupposto per l'irrogazione della confisca nei suoi confronti ed alla sussistenza delle condizioni per disporre nei confronti del medesimo la c.d. confisca allargata ex art. 240 bis cod.pen., sia sotto il profilo della connessione temporale tra beni sequestrati e passibili di confisca e tempo del commesso reato che in relazione ad altri elementi quali la provenienza della provvista per gli acquisti immobiliari.

Comunque si voglia costruire l'ampiezza della difesa, è certo però che la partecipazione del terzo al giudizio di cognizione introduce una nuova figura nel processo penale ed obbliga l'interprete a valutare le conseguenze pratiche di tale previsione.

La partecipazione del terzo al giudizio. Fase preliminare e riti alternativi

Cercando di fornire un orientamento nel vasto tema delle problematiche connesse a tale nuova forma di partecipazione al giudizio penale di cognizione, va innanzi tutto premesso che la chiara indicazione contenuta nella norma secondo cui la citazione dei terzi titolari di diritti reali o personali di godimento va effettuate soltanto per la fase del processo pare escludere un diritto di partecipazione della predetta figura alla fase dell'udienza preliminare, dovendo attribuirsi in tal caso alla parola “processo” l'inequivocabile individuazione del momento iniziale di introduzione della posizione del terzo alla fase successiva l'imputazione formale contenuta nel decreto di rinvio a giudizio e della costituzione delle parti del giudizio di primo grado sia che esso abbia a svolgersi con rito ordinario che abbreviato.

Escluso infatti che il terzo possa interloquire sulla scelta dei riti alternativi formulata dall'imputato, non potendo la sua partecipazione in alcun modo limitare i diritti dell'imputato, nel caso del giudizio ordinario deve disporsi la sua citazione per la prima udienza dibattimentale mediante notifica del decreto che dispone il giudizio mentre nell'ipotesi del rito abbreviato sarà il G.U.P. che con l'ordinanza emessa ex comma quarto dell'art. 438 c.p.p. disporrà il rito contratto e contestualmente la citazione del terzo.

Quanto al luogo della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza, ove il terzo abbia già partecipato al procedimento nella fase cautelare perchè sottoposto a sequestro anticipatorio della confisca allargata, varrà la nomina del difensore di fiducia effettuata in tale fase se non espressamente limitata alla sola fase cautelare mentre, in assenza di precedenti nomine, dovrà procedersi nelle forme della prima notificazione a soggetto libero.

In relazione alle modalità di assistenza del terzo nel procedimento certamente trova applicazione la disciplina dettata dall'art. 100 c.p.p. secondo cui le parti private diverse dall'imputato stanno in giudizio a mezzo difensore munito di procura speciale; al proposito, la corte di cassazione, ha già avuto modo di affermare che ai fini della proposizione del ricorso per cassazione avverso le ordinanze in materia di misure cautelari reali, il terzo interessato alla restituzione dei beni deve conferire una procura speciale al suo difensore, nelle forme previste dall'art. 100 c.p.p. (Cass.n.13154 del 19/03/2010). Argomento questo ripetutamente statuito anche con riguardo alla rappresentanza del terzo nel procedimento per l'applicazione di misure di prevenzione al proposito del quale si afferma che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto, avverso il decreto che dispone la misura di prevenzione della confisca, dal difensore del terzo interessato non munito di procura speciale, ex art. 100, cod. proc. pen. (Cass.Sez. U, n.47239 del 30/10/2014). Ne deriva affermare che allo stato dell'interpretazione è certo che il terzo citato a partecipare al giudizio di cognizione ex comma 1 quinquies dell'art. 104-bis disp. att. c.p.p. sta in giudizio con l'assistenza di difensore munito di procura speciale.

Certamente di non facile soluzione si prospetta l'identificazione del ruolo del terzo e gli obblighi delle parti e del giudicante nel caso di patteggiamento ex art. 444 c.p.p. e ciò per almeno due ordini di aspetti; innanzi tutto, infatti, ove la richiesta di applicazione pena venga formulata nel corso delle indagini preliminari ovvero prima della conclusione dell'udienza preliminare, il terzo non è stato ancora citato non avendo avuto inizio il giudizio di cognizione penale. In secondo luogo, ai sensi dell'art. 445 primo comma cod.proc.pen., l'irrogazione di una pena inferiore ai due anni non esclude l'applicazione della confisca di cui all'art. 240 c.p. senza però che alcuna previsione specifica riguardi anche il caso della confisca allargata oggi disciplinata da altra e differente norma e cioè l'art. 240 bis cod.pen.. Non sembra quindi che il giudice del patteggiamento possa disporre la confisca allargata nei confronti del terzo mai citato ed in tali casi ove la misura sia stata ugualmente disposta il terzo avrà diritto a proporre ricorso per cassazione facendo valere l'illegalità della misura ed ove la pronuncia abbia acquistato autorità di cosa giudicata potrà proporre incidente di esecuzione.

Peraltro, ove dovesse essere formulata la richiesta di applicazione pena nel corso di procedimenti ove sia già costituito il terzo, a seguito ad esempio di decreto di giudizio immediato che allo stesso deve certamente essere comunicato, deve tenersi conto dell'orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di patteggiamento, l'estensione dell'applicabilità della confisca, per effetto della L. n. 134 del 2003, a tutte le ipotesi previste dall'art. 240 c.p., e non più solo a quelle previste come ipotesi di confisca obbligatoria, impone al giudice di motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro, ovvero, in subordine, quelle per cui non ritiene attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in ordine alla provenienza del denaro o dei beni confiscati (Cass. n. 6618/2014) e ciò essenzialmente perchè non è revocabile in
dubbio che il giudice sia tenuto a motivare le ragioni per cui ritiene di dover disporre la confisca di specifici beni sottoposti a sequestro ovvero, subordinatamente, le ragioni per cui non possono reputarsi attendibili le giustificazioni eventualmente addotte in merito alla provenienza del denaro o dei beni confiscati. La sommarietà e sinteticità della motivazione tipicamente propria del rito differenziato del patteggiamento della pena non può, in vero, indeterminatamente estendersi all'applicazione della misura di sicurezza patrimoniale (Cass. n. 10531/2007).

In conclusione, sul punto, sebbene la giurisprudenza abbia cercato di garantire la posizione dell'interessato che ha subito la confisca allargata all'esito di patteggiamento imponendo un obbligo specifico di motivazione è certo però che la posizione del terzo fittizio intestatario resta fortemente pregiudicata da una scelta operata da un diverso soggetto processuale, l'imputato, rimanendo esclusa la possibilità di contestare la sussistenza del reato presupposto nonché venendo privato della possibilità di proporre appello. Non è escluso pertanto che tali forti anomalie impongano soluzioni differenti anche a seguito dell'intervento del giudice delle leggi.

Sul punto va ancora ricordato che recentemente risulta rimessa alle Sezioni Unite la questione (ordinanza n. 17770/2019 della VI sezione penale della Corte di cassazione, pronunciata il 16 gennaio e depositata il 19 aprile 2019) così formulata: «Se, a seguito dell'introduzione della previsione di cui all'art. 448, comma 2-bis, c.p.p., sia ammissibile o meno, nei confronti della sentenza di applicazione della pena, il ricorso per cassazione con cui si deduca il vizio di motivazione in ordine all'applicazione di misura di sicurezza, personale o patrimoniale». Si tratta di un aspetto che certamente può influenzare anche la posizione del terzo che abbia subito una confisca allargata a seguito di pronuncia di patteggiamento per uno dei reati previsti dall'art. 240-bis c.p. e che rimanendo estraneo all'accordo sulla pena non dovrebbe però trovare ostacoli di sorta nella proposizione dei mezzi di impugnazione ed, in particolare, di un ricorso per cassazione con il quale si profili anche il difetto di motivazione.

Il diritto alla prova del terzo nel giudizio ordinario

Come già anticipato, il tema della identificazione della posizione del terzo nel giudizio cui sia citato a seguito dell'applicazione della disciplina prevista dal comma 1-quinquies del citato art. 104-bis certamente può oscillare tra diverse soluzioni. Non può tuttavia essere esclusa a priori una soluzione prettamente formalistica e che attribuisca a tale partecipazione il solo effetto di citare il terzo ai fini di permetterne la partecipazione al processo senza però attribuirgli il diritto di difendersi provando; in sostanza, al terzo sarebbe consentito di partecipare al procedimento con l'assistenza di un difensore al quale viene attribuito esclusivamente un diritto di interlocuzione, esclusa ogni altra facoltà. Ed al proposito si potrebbe infatti sostenere che essendo la posizione del terzo presa in considerazione esclusivamente in una norma contenuta nelle disposizioni di attuazione, peraltro dedicata alle modalità di amministrazione dei beni nella fase del sequestro anticipatorio, e non avendo il legislatore introdotto alcuna modifica ai titoli V e VI del libro primo del codice di rito dedicato ai soggetti, la previsione, lungi dall'introdurre una nuova “parte” nel processo penale, ha inteso soltanto garantire il contraddittorio nei confronti di un soggetto chiamato a subire un provvedimento ablatorio. Soggetto al cui coinvolgimento non corrisponde però alcun diritto alla prova, in assenza di espresse modifiche alla disciplina generale dettata dall'art. 493 c.p.p. che non include il terzo confiscato tra gli aventi diritto alla prova.

Questa soluzione, che trova innegabili plurimi riferimenti normativi, appare però superabile sulla base di due ordini di argomenti; innanzi tutto la giurisprudenza formatasi sulla vigenza dell'art. 12-sexies l. 356/1992 in relazione ai beni confiscati ai terzi ritenuti fittizi intestatari attribuiva a questi ultimi un diritto alla prova che non può ritenersi ora sacrificato per effetto della nuova previsione normativa la cui evidente ratio è quella di garantire il diritto del terzo di partecipare al processo. Difatti, si era già affermato che il terzo che rivendichi la legittima proprietà del bene confiscato o altro diritto reale sullo stesso e ne chieda la restituzione, qualora non abbia partecipato al procedimento nel quale è stata applicata la misura può proporre incidente di esecuzione, nell'ambito del quale può svolgere le deduzioni e chiedere l'acquisizione di elementi utili ai fini della decisione (Cass. n. 14928/2008); più recentemente si è aggiunto che il terzo intestatario del bene ha diritto ad essere avvisato dell'udienza, trattandosi di "interessato" legittimato ad agire, in base all'art. 606, comma primo, cod. proc. pen., al fine di dimostrare che l'intestazione del bene non è solo fittizia. In motivazione la Corte ha precisato che tale principio consegue ad un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 666, comma terzo, c.p.p., volta ad assicurare il contraddittorio in sede di incidente di esecuzione e a garantire il diritto di proprietà, che sia rispettosa del diritto di difesa di cui all'art. 24, secondo comma, Cost. nonché dell'art. 6, par. 1, CEDU (Cass. n.25868/2018). Pare evidente pertanto che l'orientamento formatosi antecedentemente la espressa previsione della partecipazione del terzo al giudizio di cognizione, attribuiva allo stesso non soltanto la facoltà di proporre incidente di esecuzione ma altresì quella di avanzare richieste in tale fase idonee a contestare i presupposti della misura ablativa.

In secondo luogo, una interpretazione che escluda il diritto di difendersi provando in capo al terzo parrebbe certamente non consona all'orientamento della CEDU; nei casi Varvara c. Italia e nel già esaminato caso GIEM c. Italia la Corte europea ha ripetutamente affermato la violazione dei principi della convenzione nei casi di sanzioni inflitte a soggetti rimasti estranei al procedimento. E ha ribadito che l'irrogazione di una misura sanzionatoria può avvenire soltanto nei confronti di chi abbia partecipato al processo equo nei termini stabiliti dall'art. 6 della stessa Convenzione in cui si prevede espressamente il diritto di difendersi provando.

E posto che per la CEDU la confisca ha natura essenzialmente sanzionatoria, non può ammettersi l'idea di una partecipazione meramente passiva al procedimento all'esito della quale un soggetto può subire un provvedimento ablativo di un diritto soggettivo di proprietà.

Ne consegue affermare che tali orientamenti della giurisprudenza di legittimità e convenzionale propendono per fare ritenere che il terzo citato nel giudizio di cognizione penale di cui al citato comma 1 quinquies dell'art. 104 bis cod.proc.pen., ha il diritto di difendersi provando le circostanze poste a sostegno della propria domanda; e quindi, oltre al diritto al contraddittorio rispetto alle prove formulate dall'accusa, il terzo avrà diritto egli stesso a citare propri testi e/o consulenti, produrre documenti ed effettuare ogni altra attività processuale al fine di dimostrare l'insussistenza della interposizione fittizia ovvero il regolare acquisto dei beni oggetto della richiesta di confisca.

Cenni sul sistema delle impugnazioni penali del terzo

Stabilito il diritto del terzo citato ex art. 104-bis, comma 1-quinquies, a partecipare attivamente al procedimento con la facoltà di difendersi provando, ne consegue quale logico corollario il diritto del terzo a proporre impugnazione; anche a tale posizione si applica, quindi, la disciplina prevista dall'art. 579 comma terzo cod.proc.pen. secondo cui l'impugnazione contro la sola disposizione che riguarda la confisca è proposta con gli stessi mezzi previsti per i capi penali. Il terzo quindi ha un diritto proprio ed indipendente dalle scelte dell'imputato a proporre appello e successivo ricorso per cassazione ovvero ricorso per saltum ex art. 569 primo comma cod.proc.pen. contro il capo della sentenza che disponga la confisca allargata di beni sui quali vanti diritti reali o di godimento.

Occorre rammentare che sulla base dei principi della soccombenza in primo grado, dell'interesse ad impugnare e dell'effetto devolutivo dell'appello, il giudice di appello non può disporre il sequestro e la confisca previsti dall'art. 12-sexies d.l. 8 giugno 1992, n. 306 (convertito con legge n. 356 del 1992), oggi 240-bis c.p, qualora il giudizio di primo grado si è concluso senza l'applicazione della predetta misura, e non è stata proposta impugnazione dal pubblico ministero in relazione a tale punto della decisione, in quanto, altrimenti, la misura ablatoria sarebbe disposta in violazione del principio devolutivo e del divieto di reformatio in peius (Cass. n. 39911/2014). Tale principio deve essere analogamente applicato al caso del sequestro e della confisca allargata nei confronti del terzo; se cioè a seguito del sequestro preventivo anticipatorio disposto nella fase delle indagini preliminari all'esito dello svolgimento del giudizio di primo grado la richiesta di confisca allargata nei confronti del terzo intestatario fittizio sia respinta, è onere del pubblico ministero proporre appello non potendo il giudice di secondo grado applicare la suddetta misura di sicurezza patrimoniale d'ufficio anche in seguito alla eventuale riforma della pronuncia assolutoria.

Di particolare interesse si profila l'applicazione della nuova disposizione dettata dall'art. 578-bis c.p.p. secondo cui “quando è stata ordinata la confisca in casi particolari prevista dal primo comma dell'art. 240 bis del codice penale e da altre disposizioni di legge, il giudice di appello o la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione o per amnistia, decidono sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell'imputato”. Difatti, il terzo che abbia subito il provvedimento di confisca ex art. 240 bis cod.pen., non può essere pregiudicato nella trattazione della propria impugnazione per effetto della declaratoria di prescrizione del reato attribuito all'imputato, dovendo il giudice dell'impugnazione procedere all'esame delle questioni proposte nel suo interesse.

È quindi possibile che, a fronte di una condanna di primo grado con contestuale confisca nei confronti solo del terzo, l'imputato abbia interesse soltanto alla eliminazione della pronuncia di condanna nella fase delle impugnazioni ottenuto attraverso la dichiarazione di prescrizione od amnistia; in tale caso, però, non trova applicazione la disciplina dettata dall'art. 129, secondo comma, c.p. secondo cui in presenza di una causa estintiva il giudice pronuncia assoluzione soltanto quando dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, poiché la presenza della confisca impone la conferma di tale punto della decisione di primo grado solo a condizione del riconoscimento della responsabilità dell'imputato e della non fondatezza dei motivi di gravame proposti dal terzo.

In conclusione

In sede di prime interpretazioni giurisprudenziali dell'art. 104-bis, comma 1-quinquies disp. att. c.p.p. la corte di cassazione ha ripetutamente negato l'immediata applicazione anche ai procedimenti in corso dell'obbligo di citazione dei terzi nel processo e del potere degli stessi di proporre impugnazione ed ha riaffermato la possibilità di tutela della posizione del terzo interessato dalla confisca attraverso i rimedi cautelari della richiesta di restituzione e del successivo appello cautelare reale ovvero tramite l'incidente di esecuzione.

Quanto alla posizione del terzo nei giudizi di cognizione che abbiano ad iniziare successivamente l'introduzione del citato comma 1 quinquies, anticipato dalla legge di modifica al codice antimafia del 17 ottobre 2017 n.161, il diritto del terzo a partecipare al procedimento e per converso l'obbligo degli organi giudiziari di permetterne la partecipazione, in coerenza con l'orientamento giurisprudenziale sui poteri del terzo nel procedimento di esecuzione e con la giurisprudenza della CEDU nel caso GIEM c.Italia, deve attribuire allo stesso il potere di difendersi provando nonché di proporre autonoma impugnazione del punto della sentenza che lo interessi.

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