Le prestazioni all'estero di un soggetto in regime forfetario possono essere soggette ad una doppia imposizione
30 Settembre 2019
Introduzione
I commi da 54 a 89 dell'art. 1 della Legge 23 dicembre 2014, n. 190 (c.d. "Legge di stabilità 2015") hanno disciplinato il nuovo regime forfetario, destinato agli operatori economici di ridotte dimensioni. Tale regime, rappresenta il regime naturale delle persone fisiche che esercitano un'attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché siano in possesso dei requisiti stabiliti dal comma 54 dell'articolo 1 della Legge n. 190/2014 (Legge di Stabilità 2015) - come da ultimo modificato, a decorrere dal 1° gennaio 2019, dalla Legge n. 145/2018 (Legge di bilancio 2019) - ossia, non aver conseguito, nell'anno precedente, ricavi superiori ad euro 65.000,00 e, contestualmente, non incorrano in una delle cause di esclusione previste dal successivo comma 57.
Il regime forfetario prevede, come i precedenti regimi di favore per le piccole imprese e i piccoli professionisti, rilevanti semplificazioni ai fini IVA e ai fini contabili, e consente, altresì, la determinazione forfetaria del reddito da assoggettare a un'unica imposta in sostituzione di quelle ordinariamente previste, nonché di accedere ad un regime contributivo opzionale per le imprese. In sintesi, (art. 1 c. 64, 67 e 75 L. n. 190/2014, Circ. AE 4 aprile 2016 n. 10/E) per i primi cinque anni di attività, salvo il rispetto di alcune condizioni, sul reddito imponibile si applica un'imposta sostitutiva dell'IRPEF, delle addizionali regionali e comunali e dell'IRAP pari al 5%. Trascorsi i cinque anni o in caso di mancato rispetto delle condizioni, l'imposta è pari al 15%.
Ai fini IVA, i contribuenti in regime forfetario non addebitano l'imposta in rivalsa né esercitano il diritto alla detrazione dell'imposta assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti nazionali, comunitari e sulle importazioni. Pertanto, le fatture emesse da un contribuente in regime forfetario non recano l'addebito dell'imposta. Il caso
Si consideri ora un caso concreto, quello espresso nella Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate del 15 marzo 2019, n. 36/E, di un avvocato italiano, che applica il regime forfetario e che ha, tra i suoi clienti, una società con sede nella Repubblica di San Marino. Quest'ultima, al momento del pagamento di una fattura emessa dal professionista ha applicato una ritenuta del 20%, sulla base dell'articolo 14 della Convenzione contro le doppie imposizioni in essere tra Italia e San Marino, ratificata in Italia con la Legge 19 luglio 2013 n. 88 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2014. Ipotizzando un compenso di Euro 2.000, l'avvocato è tenuto a subire una decurtazione, pari alla ritenuta a titolo di imposta di Euro 400 ed a ricevere un pagamento netto di Euro 1.600. L'avvocato, avendo aderito ad un regime fiscale agevolativo, non può recuperare, nella dichiarazione dei redditi, la ritenuta effettuata dal cliente sammarinese (Euro 400); inoltre, è tenuto al pagamento dell'imposta sostitutiva del 15% sul 78% del proprio imponibile lordo, anche sulla ritenuta che lo stesso non può utilizzare.
Ipotizzando il compenso di Euro 2.000, l'avvocato è tenuto a versare un'imposta sostitutiva del 15% su un reddito forfetariamente stabilito in Euro 1.560, pari ad Euro 234. In conclusione, a fronte del compenso di Euro 2.000, l'avvocato ha lasciato all'Erario sammarinese la somma di Euro 400 ed a quello italiano l'importo di Euro 234, per un totale di Euro 634, equivalente ad una tassazione percentuale del 31,70%.
Il contribuente in regime forfetario subisce una duplice tassazione sul maggiore reddito, come ritenuta a titolo di imposta dallo Stato di San Marino e come imposta sostitutiva dallo Stato Italia. Ci si chiede se vi è una soluzione per evitare tale situazione. A tal fine è bene procedere in diversi passaggi.
1° passaggio: Esame della Convenzione Il primo passaggio consiste nel verificare il contenuto della Convenzione tra l'Italia e il Paese Estero. Non tutte le relazioni tra l'Italia e gli altri Paesi del mondo prevedono una doppia imposizione. La funzione delle convenzioni contro le doppie imposizioni, mutuate dal modello di convenzione OCSE, è quella di evitare la doppia imposizione in senso giuridico, ossia quella che riguarda uno stesso soggetto per uno stesso reddito in due Stati diversi.
L'Agenzia delle Entrate nella Risoluzione del 29/08/2019, n. 352/E ha ricordato che «L'articolo 14, paragrafo 1, della Convenzione tra Italia e Germania per evitare le doppie imposizioni sul reddito, ratificata dalla Legge 24 novembre 1992, n. 459 (di seguito la Convenzione o il Trattato internazionale), regola la ripartizione della potestà impositiva tra i due Stati con riferimento ai redditi derivanti dall'esercizio di professioni indipendenti. In particolare, tale disposizione prevede che "I redditi che un residente di uno Stato contraente ritrae dall'esercizio di una libera professione o da altre attività di carattere indipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che detto residente non disponga abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio delle sue attività. Se egli dispone di tale base fissa, i redditi sono imponibili nell'altro Stato, ma soltanto nella misura in cui sono imputabili a detta base fissa". Tale disposizione convenzionale, dunque, sancisce una potestà impositiva esclusiva dello Stato di residenza, sempreché il professionista non disponga abitualmente nell'altro Stato contraente di una base fissa per l'esercizio delle sue attività».
Non è così nella Convenzione tra Italia e San Marino. L'articolo 14 della citata convenzione, sottoscritta e ratificata con la Legge 19 luglio 2013, n. 88, nonché del protocollo aggiuntivo del 13 giugno 2012 regola i rapporti tra i due Paesi nell'ambito della "libera professione".
In particolare:
Quindi, sulla base di tale disposizione convenzionale, il reddito del povero avvocato (rientrante nella definizione di "libera professione") viene assoggettato a tassazione sia in Italia, Paese di residenza del contribuente che a San Marino, Stato in cui l'attività indipendente è esercitata.
2° passaggio: Calcolo dell'imposta del Paese impositore L'avvocato, come indicato nel passaggio precedente, è soggetto a tassazione nel Paese Estero. Occorre, di conseguenza, verificare quali imposte il libero professionista deve versare nel Paese Estero. Con riferimento alla disciplina nazionale sammarinese, l'articolo 102 della legge n. 166 del 2013, recante le disposizioni sull'imposta generale sui redditi, dispone, con riferimento ai redditi da lavoro autonomo ed assimilati, che tutti gli operatori economici che corrispondono, anche occasionalmente, compensi in danaro o natura o comunque denominati per prestazioni di lavoro autonomo o assimilate a soggetti residenti all'estero, anche quando le prestazioni sono effettuate in regime di impresa, devono operare una ritenuta a titolo di imposta del 20%.
In Italia, i compensi percepiti dall'avvocato, in regime forfetario, in ragione dell'esiguità della misura dell'imposta sostitutiva, non sono soggetti alla ritenuta di acconto, previo rilascio di un'apposita dichiarazione al sostituto dalla quale risulti che il reddito, cui le somme percepite afferiscono, è soggetto all'imposta sostitutiva, determinata applicando all'ammontare dei compensi un coefficiente di redditività pari al 78% (cfr. articolo 1, comma 64, della legge di stabilità 2015); detta imposta, calcolata nella misura del 15%, è sostitutiva delle imposte sui redditi, delle addizionali regionali e comunali e dell'IRAP.
3° passaggio: Verifica di regimi fiscali alternativi In considerazione di quanto sopra l'avvocato dovrebbe utilizzare la ritenuta versata nel Paese Estero a riduzione dell'imposta da versare nel Paese Italia. Ma la normativa italiana non è sempre logica e l'Agenzia delle Entrate nella Risoluzione del 15/03/2019 n. 36/E, ha precisato che: «il reddito in esame è soggetto ad una imposta sostitutiva, con la conseguenza che lo stesso - per espressa previsione dell'art. 3, comma 3, lettera a), del TUIR - non concorre alla formazione del reddito complessivo. Tale circostanza esclude, a parere della scrivente, la possibilità di fruire, per la ritenuta subita sui compensi corrisposti dal committente sammarinese, del credito per le imposte assolte all'estero, di cui all'art. 165 del TUIR. Tale disposizione stabilisce, infatti, che "Se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi prodotti all'estero, le imposte ivi pagate a titolo definitivo su tali redditi sono ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero ed il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione". Sulla base della richiamata disposizione, dunque, per beneficiare del credito per le imposte assolte all'estero, occorre, tra l'altro, che il reddito estero concorra alla formazione del reddito complessivo in Italia del soggetto residente (cfr. Circolare n. 7/E del 4 aprile 2017). Tale requisito non ricorre nel caso in esame, in quanto, come detto, i redditi prodotti dall'istante in regime forfettario non partecipano alla formazione del suo reddito complessivo. Tale interpretazione, peraltro, risulta coerente con i principi già affermati dalla scrivente nella circolare n. 9/E del 5 marzo 2015, in cui è stato chiarito che l'art. 165 del TUIR "…non è quindi applicabile in presenza di redditi assoggettati a ritenuta a titolo di imposta, a imposta sostitutiva o a imposizione sostitutiva operata dallo stesso contribuente in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi" (cfr. paragrafo 2.2.)».
Quindi, per poter evitare la doppia imposizione, rimane solo l'ipotesi di far concorrere il reddito estero a quello complessivo, abbandonando il regime forfetario. Tutto ciò appare piuttosto singolare, ma anche incoerente. La Convezione tra Italia e San Marino nasce per «evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito» e dovrebbe tutelare i contribuenti da qualsiasi tipo di imposta che grava sul reddito personale. La Convenzione dovrebbe operare, a prescindere dal tipo di imposta e dalla modalità con cui si determina ed avere attenzione a che sul medesimo reddito non vi sia una doppia tassazione. Sulla base di tale principio è difficile comprendere per quale ragione un'imposta sostitutiva proprio del reddito delle persone fisiche, che quindi, la sostituisce in toto, non possa essere presa in considerazione dalla Convenzione medesima. Istanza di rimborso
La tesi dell'Agenzia delle Entrate appare estremamente letterale. Nella sostanza il povero avvocato che voglia mantenere il regime forfetario è costretto a versare le imposte sia all'estero che in Italia. L'affermazione per cui tale soggetto dovrebbe optare per la tassazione ordinaria, non tiene conto che il regime forfetario viene adottato dai lavoratori autonomi e dai piccoli imprenditori proprio perché caratterizzato da varie semplificazioni amministrative, quali la non necessità di tenere la contabilità, la non applicazione degli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA), la non applicazione dell'IVA, ecc. L'uscita di tale regime, per aderire alla tassazione ordinaria, comporta, quindi, scelte che eccedono la semplice determinazione del reddito all'estero. La tesi dell'Agenzia delle Entrate esalta il rigore formale di una norma specifica, a discapito di un principio generale, che è quello di evitare le doppie imposizioni dei redditi percepiti, a prescindere dalla modalità di tassazione. Ne è dimostrazione il fatto che alcune Convenzioni (come quella Italia-Germania) tutelano i contribuenti dal rischio di subire una doppia tassazione, prevedendo che un Paese rinunci alla propria imposizione. In considerazione di quanto sopra si potrebbe pensare di presentare istanza di rimborso per doppia imposizione. Tale soluzione è sempre possibile a patto che la Convenzione non si occupi specificatamente di una situazione identica o similare a quella prevista nel Caso sopra citato.
Tornando all'esempio riportato in precedenza, l'art. 23 della Convenzione Itala - San Marino afferma: «Se un residente dell'Italia possiede elementi di reddito che sono imponibili a San Marino, l'Italia, nel calcolare le proprie imposte sul reddito specificate nell'articolo 2 della presente Convenzione, può includere nella base imponibile di tali imposte detti elementi di reddito, a meno che espresse disposizioni della presente Convenzione non stabiliscano diversamente. In tal caso, l'Italia deve detrarre dalle imposte così calcolate l'imposta sui redditi pagata a San Marino ma l'ammontare della detrazione non può eccedere la quota di imposta italiana attribuibile ai predetti elementi di reddito nella proporzione in cui gli stessi concorrono alla formazione del reddito complessivo. Tuttavia, nessuna detrazione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione italiana».
In tale situazione l'unico modo per poter evitare la doppia imposizione è quella di presentare istanza di rimborso dell'imposta versata all'estero. Nel caso il rimborso deve essere richiesto all'autorità italiana competente in base alle procedure da questa stabilite, in applicazione dell'art. 28 della Convenzione Italia-San Marino. Specularmente e sempre nelle ipotesi in cui sia prevista, per disposizione convenzionale, la tassazione esclusiva di un componente reddituale in San Marino, gli eventuali prelievi fiscali subiti in Italia all'atto dell'erogazione del reddito non danno diritto al credito d'imposta, ma al rimborso delle imposte pagate in Italia. Tuttavia, Il paragrafo 3 dell'art. 23 in esame prosegue disponendo che “nessuna detrazione sarà accordata ove l'elemento di reddito venga assoggettato a San Marino ad imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito in base alla legislazione sammarinese”. In conclusione
Sulla base di quanto sopra affermato, dunque, è possibile affermare che se un lavoratore autonomo in regime forfetario svolge attività all'estero, può subire una doppia tassazione, sia in Italia che all'Estero, solo se la Convenzione disciplina l'ipotesi di tassazione mediante imposta sostitutiva. In tale situazione, per beneficiare del credito per le imposte assolte all'estero, occorre che il reddito estero concorra alla formazione del reddito complessivo in Italia del soggetto residente (cfr. Circolare n. 7/E del 4 aprile 2017) e, quindi, che il contribuente rinunci al regime forfetario. |