Il trust familiare è atto gratuito, facile bersaglio di revocatoria

01 Ottobre 2019

Se il trust viene posto in essere in virtù di una spontanea determinazione volitiva del disponente e in mancanza di un vantaggio patrimoniale, l'atto costitutivo del trust deve essere considerato a titolo gratuito, come...
Massima

Se il trust viene posto in essere in virtù di una spontanea determinazione volitiva del disponente e in mancanza di un vantaggio patrimoniale, l'atto costitutivo del trust deve essere considerato a titolo gratuito, come per l'appunto si verifica nel caso di trust familiare in esame (nel quale il disponente rivestiva anche la qualità di beneficiario).

In ogni caso l'onerosità dell'atto di disposizione patrimoniale non può essere posta in relazione all'eventuale compenso stabilito per l'opera del trustee, in quanto l'onerosità dell'incarico affidato a quest'ultimo attiene (non al rapporto di trust, ma) all'eventuale remunerazione per il mandato conferito.

Il caso

Un istituto bancario, creditore munito di decreto ingiuntivo, non potendo soddisfarsi sui beni del debitore, in quanto costituiti in trust, conviene davanti al tribunale di Milano il trustee per ottenere, ai sensi dell'art. 2901 c.c., la dichiarazione di inefficacia dell'atto di costituzione del suddetto trust. L'azione revocatoria proposta si fonda sul presupposto che il trust fosse stato scientemente predisposto dal debitore al fine di recare pregiudizio alle ragioni creditorie. Resiste in giudizio il trustee, eccependo l'insussistenza dei presupposti dell'azione revocatoria sulla base di tre punti: 1) il trust ha natura onerosa; 2) non vi è consapevolezza del pregiudizio arrecato ai creditori, a causa del trasferimento dei beni al trustee; 3) l'atto compiuto non è dolosamente preordinato a sottrarre beni alla garanzia dei creditori.

Il tribunale di primo grado accoglie l'azione revocatoria e dichiara inefficace il trust. Tale sentenza viene confermata anche in secondo grado dalla corte d'appello.

Ricorre in cassazione il trustee, sostenendo che la corte territoriale, in primo luogo si limita a affermare la gratuita dell'atto di costituzione del trust senza indicarne le ragioni e in secondo luogo, viola il riparto dell'onere probatorio, sollevando la banca, creditore procedente, dal dover provare in capo a terzi la conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie e la loro partecipazione dolosa all'intento fraudolento del debitore.

La questione

La questione al vaglio della cassazione richiede di stabilire se, ai fini dell'esercizio dell'azione revocatoria ordinaria, sia da qualificarsi a titolo gratuito il trust familiare. Tale istituto è caratterizzato dal fatto che il disponente, il trustee e i beneficiari sono tutti familiari e dal fine di assicurare il mantenimento dell'attuale tenore e qualità di vita familiare dei beneficiari stessi, tra i quali è compreso lo stesso disponente.

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione affronta la problematica della natura gratuita o onerosa del cosiddetto trust familiare e del conseguente riparto dell'onere della prova in caso di esperimento dell'azione revocatoria.

La Corte compie un inquadramento sistematico del trust. Tale figura di provenienza anglosassone non ha attualmente nel nostro ordinamento una sua legge regolatrice. Il trust è disciplinato dalla Convenzione dell'Aja dell'1 luglio 1985, recepita nell'ordinamento italiano dalla l. 16 ottobre 1989, n. 364, entrata in vigore il 1 gennaio 1992. Pur non essendo una figura tipica, il trust è comunque espressione di autonomia negoziale ed è legittimo per l'ordinamento interno quando la causa che lo regge è meritevole di tutela, ai sensi dell'art. 1322, comma 2, c.c.

La cassazione precisa che il trust è uno strumento di pianificazione patrimoniale, che si distingue tuttavia dal fondo patrimoniale e dalle società fiduciarie.

Con il trust il disponente trasferisce i suoi beni in proprietà al trustee, il quale li deve amministrare nell'interesse dei beneficiari o per la realizzazione dello scopo voluto dal disponente. Il patrimonio conferito nel trust diviene un patrimonio separato, posto al riparo da eventuali pretese dei creditori personali del disponente, del trustee e dei beneficiari.

L'istituto oggetto del caso in esame è un trust familiare, caratterizzato dal fatto che i beneficiari del trust sono oltre al disponente i suoi due figli. Secondo la Cassazione, l'atto di conferimento dei beni, posto in essere allo scopo di provvedere al soddisfacimento dei propri bisogni ed esigenze familiari, ha sicuramente natura gratuita e può essere oggetto di azione revocatoria.

Come rilevato nei precedenti gradi di giudizio, la Corte precisa che nella fattispecie in concreto ricorrono i presupposti oggettivi e soggettivi per l'accoglimento della revocatoria e precisamente: l'esistenza di un credito; l'effettività del danno causato dall'atto traslativo alle ragioni creditorie (eventus damni); la consapevolezza del debitore di aver diminuito con l'atto dispositivo le garanzie patrimoniali (consilium fraudis). Il credito, infatti, è sorto antecedentemente alla costituzione del trust e il disponente prima di spogliarsi della titolarità dei beni aveva proposto per iscritto il saldo e stralcio del debito. Il disponente, inoltre, sapeva di non essere titolare di altri beni, oltre a quello conferito nel trust (considerati anche i pignoramenti negativi tentati dal creditore). Non è invece necessaria, in quanto richiesta solo per gli atti a titolo oneroso, ai sensi dell'art. 2901, comma 1, n. 2, la prova della consapevolezza da parte del beneficiario che l'atto avesse arrecato pregiudizio alle ragioni creditorie (partecipatio fraudis). Per la cassazione, invero, l'istituzione del trust familiare è atto a titolo gratuito, poiché ha natura volontaria. Esso non integra di per sé adempimento di un dovere giuridico, non essendo obbligatorio per legge ed, inoltre, non trova contropartita in un'attribuzione in favore del disponente. Il negozio istitutivo di un trust, per considerarsi a titolo oneroso, deve essere posto in adempimento di un obbligo e dietro pagamento di un corrispettivo. Ciò si verifica, ad esempio nei trust di garanzia, che sono istituiti da un debitore in seguito ad un accordo con i propri creditori. Onerosità e gratuità vanno, peraltro, poste in relazione all'interesse che qualifica il rapporto di trust (che è quello del beneficiario).

Precisa infine che il corrispettivo in denaro, percepito dal trustee per assolvere l'incarico nei confronti dei beneficiari, non consente di superare la natura volontaria del trust familiare, il quale resta pertanto atto a titolo gratuito.

Osservazioni

Il trust è uno strumento duttile che può essere utilizzato per perseguire diversi scopi meritevoli di tutela. Con l'introduzione della legge sul "dopo di noi" (l. 22 giugno 2016, n. 112), tale strumento ha ricevuto un ulteriore riconoscimento e beneficia di importanti agevolazioni fiscali, che comprovano l'intento del legislatore di incentivare, in determinati ambiti, l'adozione del trust. Tuttavia, in molti casi si assiste ad un utilizzo distorto dell'istituto. Il trust costituisce, infatti, deroga ad uno dei principi cardine del nostro ordinamento, contenuto nell'art. 2740 c.c., che prevede che il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti suoi beni presenti e futuri. Il debitore può pertanto sfruttare l'effetto segregativo del trust, impedendo al creditore, nonostante sia munito di titolo esecutivo, di procedere ad esecuzione forzata sui suoi beni. Pertanto, quando il debitore fa un uso sconsiderato dell'istituto, con il fine di diminuire le garanzie patrimoniali in pregiudizio del creditore, quest'ultimo può tutelarsi con il rimedio dell'azione revocatoria. Certamente, a fronte di un trust familiare, ove l'interesse sotteso è quello di conservare i beni per il mantenimento della famiglia, l'atto è valido, poiché meritevole di tutela. Tuttavia, la sentenza in commento si inserisce in un percorso tracciato dalla precedente giurisprudenza, che conferma la natura gratuita del trust familiare, il quale resta dunque facilmente esposto alla prospettiva di essere travolto dalla dichiarazione di inefficacia derivante dall'azione revocatoria. In tale contesto, le probabilità di esperire un'azione vittoriosa sono verosimilmente maggiori per il creditore revocante, il quale non deve provare - come per gli atti a titolo oneroso - che il pregiudizio sia conosciuto anche dal terzo beneficiario oltre che dal debitore. Come sostenuto dalla Cassazione: «la nozione di atto dispositivo e di terzo contenute nell'art. 2901 c.c. vanno parametrate alle peculiarità di un istituto che attribuisce alla disposizione del patrimonio un contenuto differente dalla tradizionale visione della circolazione dei beni». L'azione revocatoria è, peraltro, ancora più semplice laddove l'atto segregativo, a titolo gratuito, sia posteriore al sorgere del credito, in quanto il consilium fraudis e l'eventus damni sono in re ipsa nell'atto traslativo del trust.

Va infine rilevato che, in caso di esercizio dell'azione revocatoria, il tempo che trascorre dalla proposizione della domanda al passaggio in giudicato della sentenza non è indifferente, soprattutto in considerazione della probabile dichiarazione di inefficacia che il creditore può ottenere. Pertanto, onde evitare che il creditore revocante incorra nel rischio di perdere le possibilità di soddisfacimento del credito e al fine di deflazionare il contezioso, è stato introdotto di recente un nuovo rimedio più efficace e veloce, una sorta di «revocatoria semplificata» prevista dal nuovo art. 2929-bis c.c. (introdotto con il d.l. n. 83/2015 conv. in l. 132/2015, poi modificato dalla l. 119/2016). Tale strumento consente al creditore di procedere ad esecuzione forzata senza agire in revocatoria. Rispetto all'azione revocatoria ordinaria, che consente al creditore di conservare le garanzie patrimoniali, rendendo inefficaci nei suoi confronti gli atti compiuti dal debitore con intento fraudolento, il rimedio di cui all'art. 2929-bis c.c. funge invece da mezzo di soddisfacimento diretto del credito.

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