Notificazione a mezzo PEC e non leggibilità degli allegati

02 Ottobre 2019

Nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione della PEC e di consegna della stessa nella casella del destinatario, si determina una presunzione di conoscenza della comunicazione da parte del destinatario analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall'art. 1335 c.c..
Massima

Nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione della PEC e di consegna della stessa nella casella del destinatario si determina una presunzione di conoscenza della comunicazione da parte del destinatario analoga a quella prevista, in tema di dichiarazioni negoziali, dall'art. 1335 c.c..

Spetta quindi al destinatario, in un'ottica collaborativa, rendere edotto il mittente incolpevole delle difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione legate all'utilizzo dello strumento telematico.

Il caso

Il caso scrutinato dalla Corte di Cassazione trae origine da un contenzioso giuslavoristico relativo alla condanna dell'Inail a pagare le indennità temporanea totale e parziale, oltreché le spese mediche, in relazione ad un sinistro sul lavoro occorso nel 2002.

In particolare, oggetto di contenzioso era se, dopo la riforma portata dal decreto legislativo n. 38/2000, fosse rimasto a carico del suddetto Istituto il pagamento dell'inabilità temporanea.

La questione

La questione giuridica che si è posta nel giudizio di legittimità in materia di processo telematico e che merita di essere approfondita verte intorno alla eccezione di tardività della notificazione del ricorso introduttivo sollevata dal controricorrente.

Costui rilevava infatti che il ricorso era stato notificato via PEC in data 16 giugno 2014 e che in data 11 giugno 2014 era stata comunicata solo la relata di notifica in quanto il file asseritamente contenente il ricorso per Cassazione non poteva essere aperto.

Le soluzioni giuridiche

La soluzione giuridica cui perviene la Corte di Cassazione si basa sul richiamo di propria precedente giurisprudenza nella quale si afferma che la posta elettronica certificata è sistema che consente di inviare e-mail con valore legale ed è equiparato ad una raccomandata con ricevuta proprio perché in grado di fornire la certezza dell'invio e della consegna (o della mancata consegna) delle e-mail al destinatario.

Secondo la Corte tale sistema è stato creato proprio al fine di garantire, in caso di contenzioso, l'opponibilità a terzi del messaggio; proprio a tal fine i gestori certificano quindi con le proprie "ricevute" che il messaggio:

a) è stato spedito;

b) è stato consegnato;

c) non è stato alterato.

A supporto di tale funzionalità vi è anche il fatto che ad ogni avviso inviato dai gestori è apposto anche un riferimento temporale che certifica data ed ora di ognuna delle operazioni descritte.

In conseguenza di ciò, afferma la Corte di Cassazione, la semplice verifica dell'avvenuta accettazione dal sistema e della successiva consegna, ad una determinata data ed ora, del messaggio di posta elettronica certificato contenente l'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica.
L'eventuale mancata lettura dello stesso da parte del difensore per eventuale malfunzionamento del proprio computer va invece imputato a mancanza di diligenza del difensore che nell'adempimento del proprio mandato è tenuto a dotarsi dei necessari strumenti informatici e a controllarne l'efficienza.

In forza di tali principi viene dunque espresso il principio di diritto di cui in massima, che impone la collaborazione del destinatario della notificazione, onerato di avvisare il soggetto notificante della eventuale illeggibilità della notificazione.

Osservazioni

La decisione assunta dalla Corte di Cassazione si presta invero a diversi profili critici, apparendo più che altro errati i presupposti che originano poi il ragionamento in massima.

O meglio, i principi affermati sono certamente corretti in astratto ma non si conciliano con il caso concreto.

Prima di approfondire i rilievi critici va fatta una considerazione preliminare e cioè che l'esperienza insegna come nella stragrande maggioranza non si verifica alcun caso di illeggibilità dei documenti digitali ma semmai l'incapacità del destinatario di aprirli perché non dotato dei software che consentono la gestione dei documenti firmati digitalmente.

Si tratta invero di casi in cui è evidente la colpa del destinatario della notificazione e sui quali più volte si sono espressi sia la giurisprudenza di merito che di legittimità.

Diverso sarebbe invece il caso in cui il documento fosse stato in effetti corrotto e perciò illeggibile.

In tal caso ci si troverebbe di fronte ad un documento che non raggiungerebbe il proprio scopo, nel caso specifico comunicare i motivi di ricorso per Cassazione alla controparte, è che in ultima analisi non potrebbe neppure essere definito un atto giudiziario valido.

In assenza di precedenti giudiziari in termini è sufficiente ricordare che, in tema di caratteristiche che deve possedere un documento per poter essere considerato tale, la norma internazionale ISO 15489:2016 contempla le categorie:

  • della affidabilità, intesa come la capacità di un documento di essere ritenuto credibile come rappresentazione completa e accurata dell'atto o fatto che rappresenta e su cui possono fondarsi successivi atti;
  • della usabilità, intesa come la capacità del documento di essere rintracciato, recuperato, esibito e interpretato.

Inoltre, ma in realtà come primo punto da considerare, vi sarebbe una evidente lesione del diritto costituzionale alla difesa. In effetti è difficile ipotizzare come la controparte potrebbe essere difesa senza conoscere i motivi di ricorso alla Suprema Corte.

CONCLUSIONI

A valle delle riflessioni che precedono vi è dunque la considerazione che, ove davvero si fosse trattato di un documento illeggibile, la decisione corretta avrebbe dovuto essere altra. A ben vedere ci si sarebbe trovati davanti ad un documento inesistente o comunque radicalmente nullo.

In conseguenza di ciò non appare neppure corretto onerare il destinatario, chiedendogli una collaborazione che non trova peraltro fondamento in diritto, se non in una generale clausola di buona fede.

Si ritiene che un corretto bilanciamento degli interessi avrebbe dovuto portare a sanzionare il comportamento del ricorrente, che avrebbe colpevolmente generato e notificato un atto nullo / inesistente, compromettendo il diritto di difesa della controparte.

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